• Non ci sono risultati.

S11 : Metodologie evidence-based in ambito forense In memoria di Anna Costanza Baldry

S11.160: Lo stalking: percezione e rappresentazione sociale

Giannini A1, Paoli E2, Cordellieri P2, Fraschetti A2, Mari E2, Burrai J2

1Università degli Studi di Roma-La Sapienza, 2Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di

Roma-La Sapienza

Introduzione Il termine stalking connota un insieme di comportamenti posti in essere da un persecutore nei confronti della propria vittima. Anche se rientra tra le condotte perseguite penalmente da numerose legislazioni in ambito internazionale, si tratta di un fenomeno ancora non sufficientemente indagato. Ci si è dunque chiesti quali siano le rappresentazioni sociali e le conoscenze rispetto a tale fenomeno. Metodo La ricerca è stata condotta attraverso la somministrazione di un questionario atto ad indagare le rappresentazioni sociali, alcune dimensioni psicologiche e le conoscenze sulla normativa vigente sullo stalking. Il questionario si compone di tre parti: dati demografici, item volti ad indagare le conoscenze sul reato, una scala di valutazione del bisogno di chiusura cognitiva (BCC; Webster & Kruglanski, 1994), la scala sui cosiddetti “miti dello stupro” (RMAS; Burt, 1980) e la scala di disimpegno morale (DMC; Caprara et al, 2006). In particolare, nella terza parte, volta ad indagare le rappresentazioni sociali, ci siamo serviti di quattro scenari composti facendo riferimento a situazioni descritte in alcune sentenze della Corte di Cassazione e riferite a casi realmente accaduti configuranti il reato di “atti persecutori” (Art.612 bis c.p.). Risultati Al questionario hanno risposto 175 partecipanti: il 56,6% è rappresentato dal

genere femminile (n=99) e il 43,4% (n=76) dal genere maschile, di età tra i 18 e i 49 anni (età media 29,42 anni). L’analisi dei dati relativi alla scala dei miti sullo stupro ha evidenziato una differenza di genere statisticamente significativa: il genere maschile ha ottenuto punteggi superiori rispetto al genere femminile sulla maggior parte delle misurazioni effettuate, soprattutto nella terza sottoscala “Non era realmente uno stupro” (F(1,170) = 9,267; p = .003) e nella quarta sottoscala “Lei ha mentito” (F(1,173)=17,312; p < .000). È emersa un’alta correlazione con la scala del disimpegno morale, soprattutto rispetto alla dislocazione della responsabilità e all’attribuzione della colpa alla vittima (r = .705; p < 0,01). L’analisi delle risposte fornite ai quesiti, posti di seguito agli scenari, non ha evidenziato differenze statisticamente significative di genere riguardo le conoscenze e i possibili comportamenti da poter mettere in atto. La maggior parte del campione conosce lo stalking, un fenomeno che per il 77,7% non riguarda esclusivamente gli ex partner. Il 70% del campione è altamente favorevole a pene di reclusione e l’80% è favorevole alla riabilitazione del reo. Discussione La ricerca è stata condotta con l’obiettivo di indagare le conoscenze rispetto al fenomeno dello stalking e le rappresentazioni sociali sui reati persecutori. Le risposte fornite evidenziano alcune differenze statisticamente significative su alcune dimensioni psicologiche che sembrano influenzare le rappresentazioni sociali del fenomeno.

S11.083: Errori di valutazione con evidenze video

de’Sperati C1, Gregori-Grgic R1

1Laboratory of Action, Perception and Cognition, Facoltà di Psicologia, Università Vita-Salute San

Raffaele

La diffusione di videocamere di sorveglianza è in piena espansione. In molti casi, l’accesso a materiale videoregistrato è cruciale per stabilire la realtà dei fatti. Soprattutto in condizioni di ambiguità interpre- tativa, l’osservazione ripetuta a diverse velocità o angolazioni può essere di grande aiuto per ricostruire gli eventi. Tuttavia, recenti ricerche hanno messo in luce la presenza di errori di valutazione nell’ispezione di scene video: un’azione umana osservata al rallentatore viene più facilmente interpretata come un’azione volontaria, con evidenti possibili conseguenze sul piano processuale (Caruso et al 2016). Il presente contributo si soffermerà sulla possibilità che questo tipo di errore sia presente anche osservando un’azione video a velocità normale. Questa ipotesi si basa su una serie di esperimenti nei quali abbiamo riscontrato la presenza di un errore sistematico, o bias, nel valutare la “giusta” velocità di scene visive presentate in forma di videoclip. Primo, la velocità di scene naturali, incluse azioni umane, viene facilmente sottostimata. L’errore, che è rilevabile sia utilizzando il metodo dell’aggiustamento che il metodo della doppia scala, è presente sia con che senza soundtrack, e non è correlato con la capacità di stimare un intervallo temporale. Attiene dunque all’interpretazione visiva di scene dinamiche complesse (Rossi et al 2018). Secondo, la tendenza alla sottostima varia in funzione dell’età, per esempio è più marcata in bambini di 6-7 anni (Zuliani et al 2019). A differenza che negli adulti, nei bambini emerge anche un’influenza della dimensione del display – un videoclip sembra più lento se presentato su un piccolo display. Terzo, il bias di velocità non si traduce necessariamente in un giudizio esplicito di lentezza: un osservatore adulto non si accorge se una partita di calcio è riprodotta a velocità alterata, sia essa aumentata o diminuita rispetto alla velocità originale (fino a ±12%, de’Sperati & Baud-Bovy 2017). Quarto, dati preliminari suggeriscono che la risposta corticale a variazioni della velocità di riproduzione di un videoclip sia presente anche quando gli osservatori non si accorgono della manipolazione. Queste osservazioni indicano che la dinamica del movimento umano riprodotto in video può subire una distorsione percettiva, seppure in forma subliminale. La tendenza alla sottostima di velocità va dunque nella stessa direzione della percezione di velocità che si sperimenta durante la riproduzione al rallentatore, anche se in quest’ultimo caso la riduzione di velocità è percettivamente del tutto evidente. E’ pertanto plausibile, anche se rimane da dimostrare, che la tendenza all’attribuzione di volontarietà di un’azione sia presente, magari in maniera attenuata, anche ispezionando materiale video riprodotto a velocità normale. In contesti giuridici, questo fenomeno potrebbe tradursi in una tendenza a interpretazioni “colpevoliste”.

S11.115: False confessioni Il ruolo della memoria e delle convinzioni

Mazzoni G1

1Università degli Studi di Roma-La Sapienza

Le false confessioni rappresentano un fenomeno relativamente raro, ma che non puo’ essere solo spiegato come il risultato di forme di coercizione durante gli interrogatori. Occorre considerare componenti personologiche e tendenze individuali alla suggestionabilita’ che interagiscono con meccanismi di memoria e le convizioni relative agli accadimenti della propria vita e del contesto in cui e’ avvenuto un crimine. Questi aspetti vengono brevemente illustrati, accompagnati da dati di ricerca che mettono in evidenza il ruolo della malleabilita’ della memoria e delle convinzioni nel determinare una falsa confessione e i successivi resoconti dei fatti confessati.

S11.236: Il dolo Il contributo delle scienze cognitive

Sartori G1

1Università degli Studi di Padova

Un settore della psicologia forense nella quale c’è stata poca comunicazione tra la ricerca sperimentale e le applicazioni giudiziarie è il dolo. Il diritto penale ha da tempo affrontato le varie sfaccettature della intenzionalità coinvolta alla base delle varie fattispecie di reato. Da questo punto di vista, invece, li studio delle scienze cognitive in merito all’intenzionalità non hanno questa lunga tradizione. E le distinzioni che sono state fatte sono piuttosto semplici dirti che se affrontate dal punto di vista del diritto penale. In questa presentazione cercherò di analizzare sistematicamente gli studi di psicologia cognitiva che possono essere applicati alla modellistica legale nel campo del dolo. Ad esempio nel caso del dolo eventuale la giurisprudenza usa dei modelli cognitivi che non corrispondono a quanto si sa in tema di presa di decisione sotto pressione temporale. Ad esempio si usano modelli che sono più simili a quelli alla base di decisioni senza limiti di tempo come quando si decide di acquistare un’auto. L’uso di tali modelli influenza in modo importante il processo decisionale del giudice.

S11.046: Il flash nelle testimonianze traumatiche: Applicazioni della Flashbulb Memories Checklist in un campione di vittime di violenza

Lanciano T1, Lamorte D1, Curci A1

1Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

Introduzione In seguito ad eventi di natura traumatica gli individui avvertono il bisogno di reiterare la propria esperienza al fine di elaborare gli eventi attribuendo loro un significato logico e coerente. Un grosso contributo sul tema proviene dalla letteratura sui ricordi traumatici, la quale concorda nel ritenere che il periodo immediatamente successivo al trauma sia un momento cruciale per la costruzione di una narrazione significativa e coerente del trauma stesso, accompagnata da un processo di elaborazione cognitiva ed emotiva. Gli studi sulle caratteristiche narrative delle memorie traumatiche hanno fornito risultati contrastanti: da un lato evidenze empiriche sottolineano la debolezza del ricordo traumatico in termini di frammentazione, distorsioni ed errori (traumatic memory argument), mentre altre ricerche supportano la superiorità del ricordo traumatico rispetto ad altri ricordi emotivi (trauma superiority argument). Obiettivo del presente lavoro è indagare le caratteristiche qualitative, fenomenologiche e strutturali di ricordi traumatici, utilizzando uno strumento per misurare la natura flashbulb del ricordo di eventi privati (Flashbulb Memories Checklist; FBMC). Metodo Lo studio è condotto su un campione di 20 donne vittime di violenza, reclutate presso un Centro Antiviolenza della Regione Puglia (M=37.80; DS=9.21). Al campione è stata somministrata una batteria contenente la FBMC e l’Autobiographical Memory Charecteristics Questionnaire. Inoltre le narrazioni dei ricordi traumatici sono state sottoposte ad una analisi linguistica (Sentiment Analysis). Al fine di comparare i risultati con un’altra tipologia di evento traumatico, è stato scelto un secondo campione composto da 30 parenti di vittime della strada, membri dell’Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada (50% uomini; M=53.63; DS=11.90). Risultati I risultati mostrano come i ricordi degli eventi traumatici – considerati tutti di massima rilevanza e significatività emotiva - siano caratterizzati da livelli medio-alti di vividezza e sicurezza del ricordo (caratteristiche flashbulb) e livelli elevati di dettagli percettivi e fenomenologici. Anche l’analisi linguistica rivela una struttura narrativa mediamente coerente e chiara, connotata da una consistente presenza di termini emotivi. Conclusioni La FBMC applicata a ricordi traumatici riesce a mettere in luce la qualità di questi ricordi. La ricchezza di dettagli periferici, idiosincratici e fenomenologici sarebbe utile ai fini di una valutazione generale dell’accuratezza del ricordo, con notevoli ricadute anche in ambito forense per la valutazione dei resoconti narrativi di testimoni di eventi traumatici.

S11.045: Quanto siamo accurati e sicuri nell’identificare una menzogna? Uno studio con interviste video-registrate

Curci A1, Lanciano T1, Battista F1, Guaragno S1, Ribatti R1 1Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

Introduzione La letteratura concorda nel ritenere la capacità di un individuo di discriminare una menzogna da una verità (lie detection) come poco accurata e debolmente associata al livello di sicurezza. Sia le forze dell’ordine che gli intervistatori non professionisti solitamente adottano criteri ingenui ed esperienziali su cui basare la loro lie detection, es. la complessità cognitiva del racconto o le caratteristiche emotive, espressive e paraverbali dell’intervistato. L’attuale studio ha un duplice obiettivo: a) valutare l’abilità di giudici ‘ingenui’ (non di professione) nel fare lie detection a partire dalla visione di un’intervista video-registrata, b) valutare la probabilità di un intervistato di essere identificato come bugiardo o sincero da un gruppo di giudici ‘ingenui’. Lo studio ha inoltre l’obiettivo di identificare i criteri adottati per supportare la lie detection. Metodo Lo studio adotta un disegno a modello misto con la Condizione dell’intervista video-registrata (bugiardo vs. sincero) come variabile between-subjects (effetto fisso), e un effetto random per il campione dei giudici ‘ingenui’. Le variabili dipendenti sono: a) accuratezza della detection, b) sicurezza della detection, c) criteri adottati per supportare la detection. Lo studio ha coinvolto 2 campioni. Un campione di 50 giudici (50% donne; M etá = 24.54; DS = 3.41) visiona il 50% delle interviste video-registrate selezionate casualmente da un totale di 20 interviste, e distribuite tra le due condizioni (bugiardo vs. sincero, da 3 a 7 video per ogni condizione per un totale di 10 video). Un campione di 20 intervistati (50% donne; M etá = 23.50; DS = 1.91) è assegnato casualmente alle due condizioni sperimentali: al 50% viene chiesto di raccontare ed essere intervistato circa una vacanza mai avvenuta (condizione ‘bugiardo’), mentre al restante 50% viene chiesto di raccontare ed essere intervistato circa una vacanza accaduta realmente (condizione ‘sincero’). Risultati I risultati mostrano come l’abilità di discriminare una menzogna da una verità sia moderatamente accurata e associata a un lieve senso di sicurezza, con una maggiore accuratezza nell’identificare una verità rispetto ad una menzogna. L’accuratezza nella detection sembra essere associata negativamente al livello di sicurezza quando l’intervistato è bugiardo, e associata positivamente quando l’intervistato è sincero. Inoltre, la rilevazione di una bugia è maggiormente supportata da criteri relativi alle caratteristiche emotive, mentre la rilevazione della verità è maggiormente supportata da criteri relativi alla complessità cognitiva. Conclusioni La capacità ingenua e non professionale di un individuo di discriminare una menzogna da una verità appare casualmente accurata e questo dato presenta fortissime implicazioni per la decisione giudiziaria circa la credibilità dei testimoni.