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Il Ministero per i Beni e le attività culturali

3.2. Il ruolo dello Stato

3.2.1. Il Ministero per i Beni e le attività culturali

In questo paragrafo saranno esaminati i soggetti pubblici che svolgono un ruo- lo, a vario titolo, nel sistema dei beni culturali in Italia. L’analisi partirà dalla di- samina della disciplina relativa al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, istituito nel gennaio del 1975.79

Il provvedimento ha attribuito “alla specifica competenza di un ministero ap- positamente costituito la gestione del Patrimonio Culturale e dell’Ambiente al fine di assicurare l’organica tutela di interessi di estrema rilevanza sul piano in- terno e internazionale”. Concentrando le competenze in un solo ministero, prima attribuite alla Pubblica Istruzione e Presidenza del Consiglio, furono maturi i tempi per una gestione del sistema dei beni culturali nella quale fosse presente una forte istanza di indirizzo politico.

Le attribuzioni e le competenze del nuovo Ministero risultano principalmente dal Decreto Legge 14 dicembre 1974, n. 657 con le modifiche apportate dalla legge di conversione del 1975. Il Ministero provvede alla tutela e alla valorizza-

79 Il Ministero fu istituito con Legge 29 gennaio 1975, n. 5 sulla forte spinta di Giovanni Spa-

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zione del patrimonio archeologico, storico, artistico e naturale; alla diffusione dell’arte e della cultura, coordinando e dirigendo iniziative all’interno e all’estero, fatte salve le attribuzioni del Ministero degli Affari Esteri; promuo- ve, ferme restando le competenze delle Regioni, gli studi e la programmazione di scelte, iniziative e ricerche in materia di parchi e riserve naturali.

Parziali modifiche al quadro sono state apportate con il trasferimento alle Re- gioni delle funzioni in materia di urbanistica80 e l’istituzione del Ministero

dell’Ambiente.81

Il sistema fu radicalmente modificato, invece, con l’istituzione nel 1998 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.82

La riforma del ministero, è in qualche modo “figlia anche dell’ampia istruttoria e delle proposte maturate in seno alla commissione che proprio a questi fini fu costituita presso il Ministro all’inizio della XIII legislatura” (cd. commissione Cheli); risente, e non poteva essere diversamente, dell’intensa opera di riforma organizzativa e strutturale posta in essere, sia pure con provvedimenti di setto- re, nei due anni precedenti.83

Non si trattò solo di un cambiamento di denominazione, ma, almeno nelle in- tenzioni, di una radicale modifica di indirizzo, poiché alla tradizionale supre-

80 Trasferimento avvenuto con D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. 81 Legge 8 luglio 1986, n. 349.

82 D. Lgs. 20 ottobre 1998, n. 368.

83 CAMMELLI, M., Il nuovo Ministero: questioni risolte e problemi aperti, in Aedon, Il Mulino, Bo-

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mazia della tutela si è andata ad affiancare una nuova sensibilità alle tematiche della valorizzazione.84

Analizzando il testo normativo emerge peraltro che l’intento era quello di far confluire sotto una stessa struttura attività come il cinema, lo spettacolo ed il teatro che, fino ad allora, venivano gestite in maniera del tutto separata dai be- ni culturali. Il Decreto del 1998 prevedeva una serie di possibilità nell’ambito della valorizzazione, tra cui quella di stipulare accordi con amministrazioni pubbliche o con soggetti privati, dare in concessione a soggetti diversi da quelli statali la gestione di servizi finalizzati all’ottimizzazione della valorizzazione del patrimonio artistico. Da ciò si palesa un quadro di rapporti con altri enti pub- blici, in particolare gli enti locali, e con i privati, nettamente diverso rispetto al passato, basato sull’abbandono del principio del monopolio statale a vantaggio dei principi di sussidiarietà e collaborazione.85

Sul finire del 2003 è stata varata la riforma del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, attuata con D. Lgs. 8 gennaio 2004, n. 1.86

84 Dal 2001 sono state profondamente modificate la struttura e l’organizzazione dei Ministeri.

Con la formazione del secondo Governo Berlusconi è entrata definitivamente in vigore la nuova normativa sui ministeri e sulla Presidenza del Consiglio, che ha preso le mosse dalla cosiddetta Legge Bassanini, la quale rappresenta la prima riforma organica in materia a partire dall’Unità d’Italia. In FAMIGLIETTI, G., La riforma dei Ministeri, in PANIZZA, S. - ROM- BOLI, R. (a cura di), L’attuazione della Costituzione – Recenti riforme e ipotesi di revisione, Plus, Pisa, 2006.

85 Il D. Lgs. 368 del 1998 conferma il ruolo di coordinamento ed armonizzazione tra centro e

periferia svolto dalle commissioni regionali. Fra gli organi consultivi del ministero c’è anche la conferenza dei presidenti delle commissioni regionali per i beni e le attività culturali. Rima- ne sempre il ministro il soggetto che approva il programma triennale degli interventi nel set- tore dei beni culturali, sentito il Consiglio per i beni culturali e ambientali. In AINIS, M. – FIORILLO, M., I beni culturali, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, 2003, pag. 1504.

86 In attuazione della delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e

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La riforma non tocca la struttura del Ministero, ma si limita a modificarne al- cuni aspetti. A livello di struttura centrale sono mantenute le direzioni generali che dipenderanno da quattro dipartimenti, mentre viene cancellata la figura del Segretario generale, le cui funzioni sono assolte dal capo del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici.87

A livello periferico sono definiti il ruolo e le funzioni delle Direzioni regionali, ai cui responsabili vengono affidati poteri di gestione e coordinamento.

A distanza di poco più di due anni dalla riforma appena esposta, nell’ottobre del 2006,la struttura ministeriale è stata nuovamente modificata.88

In un’ottica di razionalizzazione e contenimento delle spese è stata reintrodot- ta la figura del Segretario generale, andando in parte a riprendere l’impianto costruito con D.Lgs. 368/1998. Una piena organizzazione verticistica, pirami- dale e burocratica è stata messa a punto un anno più tardi con D.P.R. 26 no- vembre 2007, n. 233. Dalla normativa pare che si sia stato fatto un passo indie- tro a proposito degli spazi di autonomia e degli ambiti di competenza delle so- printendenze, delle biblioteche e degli archivi.

L’organizzazione presente a livello periferico si compone di: Direzioni Regio- nali, Soprintendenze e Soprintendenze di settore.

Con riguardo alle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici si tratta di uffici a livello dirigenziale centrale che assommano in sé funzioni relative al- la cura dei rapporti con il Ministero e le strutture periferiche delle regioni, degli

87 I quattro dipartimenti sono: Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici, Dipartimento

per i beni archivistici e librari, Dipartimento per lo spettacolo e lo sport, Dipartimento per la ricerca, l’innovazione e l’organizzazione.

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enti locali e delle altre istituzioni presenti in Regione. Ai Soprintendenti regio- nali sono assegnati compiti estesi, oltre a compiti di coordinamenti essi hanno pure poteri di amministrazione attiva e di organizzazione delle risorse stru- mentali e umane.

Possono essere anche titolari di Soprintendenze dotate di autonomia speciale, istituite nella Regione. Tale previsioni ha suscitato molte polemiche e perples- sità in dottrina, in virtù del fatto che verrebbero ad assommarsi in un’unica persona svariate attribuzioni.89

Le soprintendenze sono in Italia organi periferici del Ministero per i beni e le attività culturali regolati dal D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio “con compiti in ambito territoriale in materia di beni culturali, paesaggistici, museali, archivistici. Le soprintendenze dipendono dal- le Direzioni regionali per i beni culturali e il paesaggio”. In generale si possono individuare quattro tipi di soprintendenze.90

La tipologia e l’oggetto di interesse di questi organismi può variare notevol- mente. Generalmente le soprintendenze si occupano della tutela dei beni cul- turali di uno specifico territorio; spesso, ma non sempre, su base regionale. Al- cune soprintendenze uniscono le funzioni di due o più settori d'interesse rela-

89 BARBATI, C., I soggetti, in BARBATI,C.,CAMMELLI,M.,SCIULLO,G.(a cura di), Il

diritto dei beni culturali, Il Mulino, Bologna, 2006, pag. 146.

90 Le soprintendenze per i beni archeologici, le soprintendenze per i beni architettonici e pae-

saggistici, le soprintendenze per i beni storici, artistici ed etnoantropologici, le soprintendenze archivistiche.

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tive ad un territorio. Altre, sono indirizzate alla tutela di un particolare e speci- fico oggetto.91

Le soprintendenze sono dirette da un Soprintendente che ha la responsabilità delle azioni di tutela ed è coadiuvato da un ufficio, che può avere gradi di complessità differenti a seconda del peso dell’oggetto di tutela.

Le attività delle soprintendenze si esplicano nell'individuazione dei beni, con indagine conoscitiva e successivo iter vincolistico sui singoli beni, nonché nella protezione degli stessi, ovvero controllo, attraverso specifici permessi, sui la- vori di restauro, sui trasferimenti, le esportazioni e sui progetti di interes- se paesaggistico.

Il Ministero concorre agli interventi di restauro con finanziamenti sui lavori oppure come stazione appaltante di restauri su beni di appartenenza pubblica, ecclesiastica o similare. Si occupa inoltre della valorizzazione del patrimonio, ovvero di promozione e sviluppo di attività culturali necessarie a diffondere i valori dei beni.

Il regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività cultura- li prevede specifiche competenze delle soprintendenze all’interno delle azioni svolte dal Ministero per i beni e le attività culturali tra le quali quella secondo cui esse “unificano e aggiornano le funzioni di catalogo e tutela nell'ambito della regione di competenza, secondo criteri definiti dalle competenti direzioni centrali”.

91 Come quella speciale del polo museale di Firenze, che si occupa di vari musei quali quello

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A rigor di precisione va detto che è stata varata dal Consiglio dei Ministri una riforma del Ministero per i beni e le attività culturali che tra le principali novità prevede un più forte contributo dei privati nella gestione e nella valorizzazione di siti culturali e musei.92

Il provvedimento rende l’amministrazione dei beni culturali più snella, efficien- te e economica attraverso: l’ammodernamento della struttura centrale e la semplificazione di quella periferica; l’integrazione definitiva tra cultura e turi- smo; la valorizzazione dei musei italiani (20 musei e siti archeologici di interes- se nazionale dotati di piena autonomia gestionale e finanziaria con direttori al- tamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche); il rilancio delle politiche di innovazione e formazione; la valorizzazione delle arti contempora- nee; la revisione delle linee di comando tra centro e periferia (semplificazione delle procedure per ridurre i contenziosi) ed il taglio delle figure dirigenziali. Il Ministro Franceschini ha annunciato la riforma parlando di “cambiamento profondo”, poiché “il provvedimento rivoluziona il modello organizzativo dei beni culturali italiani”, in quanto improntato ad una logica di snellezza.

Tra le novità anche il rilancio delle politiche di innovazione e formazione, la valorizzazione delle arti contemporanee, la revisione delle linee di comando tra centro e periferia. Secondo quanto sostenuto sempre dal Ministro, la riforma in questione è “una importante e necessaria riorganizzazione che supera la contrapposizione ideologica tra tutela e valorizzazione e permette di investire

92 Per gli sviluppi della riforma può essere consultato il sito del Ministero di Beni e delle atti-

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nel settore della cultura e del turismo come fattore trainante della ripresa eco- nomica del Paese”.93

Nei confronti di questa modifica si sono però sollevate molte critiche, in parti- colare da parte dei sovrintendenti storico-artistici, i quali hanno scritto anche una lettera di appello al Ministro, poiché la loro sensazione è “che si voglia spingere più sulle politiche di valorizzazione che su quelle di tutela”.

È stato anche sostenuto che il “ridimensionamento delle competenze delle so- printendenze rischia di causare danni alla tutela del patrimonio e del paesag- gio”.94

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