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MINISTRO DELLA MARINA

Nel documento Il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel (pagine 91-107)

Supplemento alla Rivista Marittima

cato della vita nazionale, Revel si fosse rivolto di-rettamente al Sovrano per acquisire il suo pa-rere in merito. Nel primo pomeriggio di quel 31 ot-tobre si presentò a casa Revel, allora ancora in via Mario Pagano (dove pur-troppo nessuna lapide lo ricorda, al pari della suc-cessiva abitazione ro-mana di via Mercalli, dove si trasferirà nel 1936), Giacomo Acerbo, neosottosegretario alla Presidenza del Consiglio che, a nome di Mussolini, invitava l’ammiraglio per le ore diciassette all’Hotel Savoia, in via Ludovisi, per quella che sarebbe

stata la prima riunione di gabinetto del nuovo governo di unità nazionale (98). E proprio lì in effetti, per la prima volta, incontrò Mussolini e, oltre al generale Diaz, Giovanni Giuriati, Costanzo Ciano, il principe Colonna di Cesarò, persona-lità già a lui note, ebbe occasione di co-noscere quelli che sarebbero stati i suoi nuovi colleghi di governo (tra cui il filo-sofo Giovanni Gentile, il nazionalista Luigi Federzoni, l’economista Alberto De Stefani e così via). E in seguito avrebbe conosciuto pure il prof. deputato del Partito Popolare Giovanni Gronchi, Sot-tosegretario al dicastero dell’Industria e Commercio e … poi Presidente della Re-pubblica! La prima cosa che disse il Pre-sidente incaricato era che per tutti i personaggi convocati aveva preventiva-mente ottenuto il pieno assenso del So-vrano, il che doveva rappresentare per tutti, in un certo senso, un invito vinco-lante per la partecipazione al nuovo go-verno.

Nonostante l’eccessiva kermesse fascista gli desse subito fastidio (e dalla quale si

sarebbe mantenuto sempre lontano per stile di vita e signorilità di modi) e nono-stante gli fosse stato affiancato come sottosegretario Costanzo Ciano (di cui aveva un ottimo concetto come mari-naio, ma che finiva per giudicare «insop-portabile» in sede propriamente politica), Revel si mise subito al lavoro come ministro della Marina, in quell’an-tico Palazzo Sant’Agostino, tra via dei Portoghesi e via della Scrofa, che per quattro anni e mezzo, complessiva-mente, l’aveva già visto come capo di Stato Maggiore.

All’indomani della Grande Guerra la R.

Marina costituiva un organismo potente, con 16 grandi navi corazzate (navi da battaglia e incrociatori), 16 incrociatori leggeri ed esploratori, 44 cacciatorpedi-niere, 95 torpedicacciatorpedi-niere, 59 sommergibili, 95 MAS e un numeroso naviglio ausilia-rio, anche se il materiale navale era stato duramente provato dalla guerra, du-rante la quale erano state percorse dalle unità militari italiane nientemeno che 25 milioni di miglia pari a 1. 200 volte il

Nominato Ministro della Marina nel primo Gabinetto Mussolini, Thaon di Revel il 24 maggio 1923 viene insignito dell titolo di Duca (a cui solo nel 1940 si aggiunse il pre-dicato «del Mare») e il 4 novembre 1924 gli fu conferito il grado di Grande Ammira-glio, equipollente a quello di Maresciallo d’Italia (archivio Revel).

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giro del mondo! Peraltro, la situazione nell’immediato dopoguerra era stata ag-gravata dai nuovi impegni adriatici, dalla sia pur lenta smobilitazione (ritardata, rispetto a quella posta in essere dal-l’Esercito), dall’incerto andamento delle assegnazioni di bilancio (99), nonché dalla tradizionale ristrettezza degli or-ganici in relazione ai bisogni di arma-mento del naviglio.

La prima preoccupazione del ministro Revel è dunque quella di procedere ad un riordinamento interno dell’intera orga-nizzazione dell’apparato militare marit-timo, con la verifica e la ridistribuzione delle voci di spesa in quei bilanci di eco-nomia dei primi anni Venti («impari alle più elementari necessità», dirà subito), nell’intento di dare la preferenza alle somme abitualmente stanziate dai suoi immediati predecessori sui capitoli di spesa inerenti alle nuove costruzioni e alla manutenzione del naviglio, alle ne-cessità della difesa costiera e foranea. In tal modo egli voleva evitare che, qualora si fosse continuato col sistema prece-dente, l’efficienza della flotta si riducesse a 3/4 nel 1928 e addirittura alla metà nel 1932.

Così, nell’arco di un triennio di gestione Revel, la percentuale delle spese per la costruzione e manutenzione del naviglio nella complessa orditura dei bilanci na-vali, sale dal 2,3 al 4,6%, mentre vengono contratte le spese generali e quelle con-cernenti gli arsenali di Stato per la Ma-rina (che passano rispettivamente dal 2 allo 0,50% e dal 23,77 all’11%).

La politica di costruzioni navali attuata da Thaon di Revel si iscrive tecnicamente sull’onda lunga dei risultati concordati in sede internazionale con il Trattato di Wa-shington sulla limitazione degli arma-menti navali, sottoscritto il 6 febbraio 1922 (100), e s’impernia essenzialmente su unità leggere e subacquee e sui primi incrociatori (tipo Trento e Trieste) co-struiti in ottemperanza alle limitazioni

stabilite dal Trattato stesso (disloca-mento 10 mila t e calibri massimi delle artiglierie 203 mm). Sicché nel triennio 1924-’26 vennero impostate 14 unità di superficie (2 incrociatori e 12 cacciator-pediniere) e 15 sommergibili di vario di-slocamento (dalle 770 t del Mameli alle 1.368 della classe «Balilla» (101).

Ma il vero merito del ministro Revel, sulla scorta dell’esempio fornito in ge-nere dai suoi predecessori in divisa blu chiamati alla direzione politica della Ma-rina (esattamente 79 ufficiali su di un to-tale complessivo di 113 ministri della Marina che si succedono nelle 54 combi-nazioni ministeriali da Cavour a Musso-lini), è quello di svincolarsi dalla stretta dei cosiddetti bilanci d’annata, che non offrivano nessuna garanzia in tempi

Durante la sua gestione politica della Marina (ottobre 1922-maggio 1925) Revel, nostante le endemiche ristret-tezze di bilancio, diede impulso al rinnovamento della flotta italiana imperniato sulla costruzione di cacciatorpe-diniere, sommergibili e dei primi incrociatori da 10 mila t, il tipo concordato nella Conferenza di Washington sulla li-mitazione degli armamenti navali (nella foto l'incrociatore TRIESTE in costruzione presso lo Stabilimento Tecnico Trie-stino) (foto Ufficio Storico della Marina Militare)

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medi e lunghi, e di battersi per un pro-gramma navale quinquennale che riuscì a far approvare, sullo scorcio ormai del suo mandato, con la legge di bilancio 1925-’26, ponendo le basi del successivo sviluppo della R. Marina.

Durante la sua permanenza a Palazzo Sant’Agostino come ministro, Revel mo-stra di essere perfettamente al corrente della mutata situazione internazionale e dei suoi riflessi inevitabili nel campo ma-rittimo, come possiamo rilevare dai suoi interventi parlamentari in sede di discus-sione del bilancio della Marina (102), in cui egli afferma che, pur dopo la vitto-riosa guerra in Adriatico, non bisogna farsi illusioni perché la guerra futura, quando sarà portata, come probabil-mente accadrà, in altri scacchieri marit-timi (come lo Ionio, il Tirreno e, più in generale, nel Mediterraneo), i metodi di guerra sperimentati con successo in Adriatico (di cui egli stesso, come ab-biamo visto, era stato un difensore ad ol-tranza), non saranno più sufficienti perché «i caratteri geografici di questi versanti e la posizione degli

appresta-menti avversari sareb-bero assai diversi», senza peraltro dimenticare che la situazione militare ma-rittima dell’Adriatico, sebbene di gran lunga al-leggerita rispetto a quella esistente prima della guerra, non era stata de-finitivamente risolta a fa-vore dell’Italia, «e perciò volevo andare in Dalma-zia!», proclama Revel tra gli applausi generali della Camera.

«Cosicché si può, senza tema di errare, asserire che i compiti guerreschi saranno, rispetto al pas-sato, capovolti e primo fra tutti dovrà considerarsi quello del mantenimento delle comunicazioni marittime. La difesa costiera deriverà indirettamente dalle misure che sa-ranno prese per impedire all’avversa-rio di ostacolare il libero sviluppo dei nostri traffici. Vincolando l’avversario in zone favorevoli allo svolgimento della nostra manovra, impedendogli per quanto è possibile le scorrerie nei nostri mari, noi raggiungeremo i due scopi. Ma per far ciò occorre che le forze mobili di cui la Marina dispone siano pari al gravoso compito che loro sarà imposto. È per questo che primo dovere che io reputo spetti al Ministro della Marina è precisamente quello di occuparsi della costruzione e dell’effi-cienza del naviglio (...) e il mio più grande desiderio — conclude Revel — è una Marina più Grande per una Pa-tria più Grande».

Né egli trascura, nonostante il rigido si-stema di economie introdotto nell’am-ministrazione marittima, le tradizionali relazioni internazionali affidate alle

Un'immagine di Pola italiana sullo sfondo dei ricordi dell'antichità classica; Revel era solito dire che «ci sono dei ricordi che costituiscono dei diritti » (archivio Revel).

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unità da guerra anche nei primi anni Venti (1921-’23). Con l’incrociatore Libia si continua così a svolgere quello che per molto tempo sarebbe stato l’ultimo giro del mondo (sino agli anni 1956-’57, quando un altro periplo sarà compiuto dall’Incrociatore leggero Montecuccoli, che toccò 34 porti di quattro continenti al comando dell’allora CV Gino Brindelli e di cui si festeggia oggi il 60° anniversa-rio, nel segno di una tradizione navale che, nell’arco dei primi sessant’anni di storia unitaria, poteva vantare ben 22 circumnavigazioni del globo, oltre a nu-merosissime crociere oceaniche, nell’as-sunto, come tiene a ribadire sempre Revel, che:

«L’efficienza permanente della Marina militare ha una importanza di primo ordine ai fini nazionali, non solamente per la preparazione della guerra, ma anche per lo svolgimento della politica estera, soprattutto nei riguardi dei paesi con noi confinanti e dei paesi lon-tani. Una nazione come la nostra che ha un sesto dei suoi figli all’estero, sparsi in ogni punto del globo, che ha colonie politiche lontane, soprattutto di popolazioni importantissime, come l’onorevole Carlo Del Croix [presidente della potente Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra] ha fatto recentemente presente al Presidente del Consiglio, deve potersi affermare e fermamente portare l’espressione della propria forza a contatto dei figli lon-tani. Solo le navi possono ciò fare. Ciò si risolve in un elemento di prestigio mondiale, oltre che nella più valida protezione dei propri cittadini al-l’estero».

Sempre disposto a fare tutte le econo-mie necessarie ad ogni costo (non a caso ricordava che il padre, il conte Ottavio, era stato Primo Segretario delle Finanze di Re Carlo Alberto), ma non per quanto

riguarda le esercitazioni e la naviga-zione, perché, come spesso soleva dire,

«è condizione imprescindibile per chi vive nel mare, sotto e sopra il mare, di essere ben preparato. Io preferirei qua-lunque altra economia — ribadisce il Mi-nistro — all’economia di combustibile, che porterebbe a non navigare, perché non importa avere ottime navi e ottimi apparecchi di guerra, quando il perso-nale sia incapace di bene impiegarli»

(103). Il lontano dramma di Lissa con tutte le sue contraddizioni — modernis-sime e costosismodernis-sime navi, ma con equi-paggi spesso incapaci di utilizzarne al massimo tutte le potenzialità — non era passato alla fine invano! (104). I pro-blemi del personale erano sempre stati al centro dell’interesse propositivo di Revel, specialmente quando era Coman-dante dell’Accademia navale. E ora come ministro della Marina era sempre più propenso a considerare la carriera mili-tare non semplicemente alla stregua delle carriere civili degli altri funzionari dello Stato, ma semmai al pari delle «li-bere professioni, ove solo i più capaci, valenti, arditi e volenterosi, e talvolta i più fortunati, salgono e giungono alle maggiori vette, mentre i mediocri o inetti si fermano alle prime balze». Ne-mico giurato dell’avanzamento per an-zianità, criterio ancora dominante nella legge 59/1889, allora vigente, ne ispirò le linee guida della riforma che meglio valorizzava l’avanzamento a scelta e che, successivamente venne approvata con legge 1179/1926, rimasta in vigore sino alla normativa del 1955 (105). Con risultati che lasciamo giudicare ex-post al capitano d’industria, come allora si di-ceva, Adriano Olivetti, per il quale sono due istituzioni sapevano formare i pro-pri dirigenti: la Chiesa cattolica e … la Marina militare!

E nell’agosto del 1924 si svolgono così, dopo dieci anni, le prime manovre stra-tegiche ‘a partiti contrapposti’ nel

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nale di Sicilia, imperniate sulla prote-zione del traffico mercantile, secondo il seguente tema che evidentemente pre-suppone uno stato conflittuale con la Francia (ipotesi tra le più accreditate a quell’epoca per lo scenario della guerra futura): «Un convoglio formato da otto piroscafi, proveniente da Smirne con un carico indispensabile per lo sforzo bel-lico nazionale, ha potuto raggiungere Tobruk e di lì si deve portare in un porto nazionale (costa orientale della Sicilia, dello Ionio o dell’Adriatico meridionale) ad una velocità di sette nodi». Alle eser-citazioni in parola partecipava un com-plesso aeronavale, distinto nei due partiti “Azzurro” e “Rosso”, di 5 coraz-zate, 13 unità di superficie, 26 sommer-gibili, 4 squadriglie di MAS, 6 squadriglie di idrovolanti e 5 aeronavi.

In questo periodo Thaon di Revel (che sin dal 4 novembre 1919 era stato nominato Cava-liere dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata, il 748° cavaliere nella storia dell’Ordine e il quinto membro della propria fa-miglia a fregiarsi dell’altissima onorificenza (dopo Carlo Fran-cesco, Giuseppe Alessandro, Ignazio e Genova, che ne furono insigniti rispettivamente nel 1799, 1815, 1820 e 1905), riceve due ambitissimi riconoscimenti dallo Stato: infatti il 24 maggio 1924 il Sovrano, con motu pro-prio, gli conferisce il titolo di Duca, mentre il 4 novembre dello stesso anno, per equipara-zione con il grado di Maresciallo d’Italia, viene nominato Grande ammiraglio. Ma sarà opportuno, avvalendosi delle risultanze of-ferte dall’archivio di famiglia,

Il Grande Ammiraglio con le insegne del Col-lare della S.S. Annunziata (archivio Revel).

Lettera del ministro Revel a D’Annunzio (la «Sirenetta» è la figlia di Revel stesso; con tale vezzeggiativo era solito chiamarla il Poeta durante il pe-riodo veneziano) (archivio Revel).

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per fare in proposito due precisazioni.

In realtà Vittorio Emanuele avrebbe vo-luto conferire a Revel il titolo di mar-chese, ma l’Ammiraglio vi si oppose decisamente, per due ragioni, sia d’or-dine familiare che istituzionale, con le seguenti motivazioni: «Il titolo di mar-chese esiste già nella mia famiglia [dove infatti, ricordiamo, i membri del ramo principale si fregiavano del titolo di

‘marchesi di St. André con Revel’] e sa-rebbe troppo poco per la Marina rispetto al titolo di Duca della Vittoria attribuito

al generale Diaz. In fin dei conti — faceva rilevare Revel con una nota di amara ironia

— la Marina non ha mai avuto una Caporetto!».

Un’altra precisazione è al ri-guardo necessaria: il titolo di Duca era stato concesso senza nessun predicato e solo nel corso degli anni successivi la stessa opinione pubblica co-minciò lentamente ma costan-temente a designare Revel con l’appellativo di «Duca del Mare», inesistente dal punto di vista araldico. Sicché, dopo di-ciassette anni dal conferimento del titolo privo di predicato, il Sovrano (che evidentemente non aveva gradito la sua oppo-sizione al conferimento del ti-tolo di marchese) con un secondo motu proprio in data 11 gennaio 1940 gli conferì uf-ficialmente quel predicato «del Mare» (peraltro non estensibile alla figlia) che in fondo, nella prassi quotidiana e giornali-stica, gli era già stato attribuito, come scriveva Marc’Antonio Bragadin, «dalla stessa voce del popolo», quel popolo, fatto ma-gari di semplici marinai che avevano prestato servizio alle sue dipendenze nella sua lunga carriera navale e che, per la semplicità e l’affabilità dei suoi modi, lo continuavano a sentire sempre molto vicino.

Tra le numerose lettere di congratula-zioni per la nomina a Duca e a Grande Ammiraglio, tra cui possiamo ritrovare i rappresentanti dell’establishment nobi-liare, politico e militare del tempo, a Revel riuscì particolarmente gradita la lettera di un suo ex-marinaio, Retali Mas-similiano, di Marina di Campo, nell’isola d’Elba, che così scriveva al suo antico Co-mandante:

Conferimento a Thaon di Revel della nomina a Balì di Gran Croce da parte del Sovrano Militare Ordine di Malta, una nomina che gli risultò particolar-mente gradita in quanto nella sua famiglia si contavano, nel corso dei quat-tro secoli precedenti, numerosi appartenenti all'Ordine stesso (archivio Revel).

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«Eccellenza, gradisca dal mio più profondo del cuore le mie più vive fe-licitazioni per l’alta ono-rificenza avuta. Chi scrive è un vecchio mari-naio della vecchia nave Palinuro e rammen-tando il temporale pas-sato fuori Palermo, passato nel 1894 come pure nella campagna di Madera, ricordando quello dell’entrata di Vigo di Spagna, poté ap-prezzare le alte doti di comandante e di mari-naio di V. E.. Il mio desi-derio è quello che, fino che avrò vita, di posse-dere quale ricordo una sua fotografia con de-dica che gli sembrerà opportuna. Augurando-gli lunga vita anche per la nostra amata Marina.

Sempre subordinato, il già 1° nocchiere della R.N. Giulio Cesare (in congedo)».

Retali Massimiliano Marina di Campo (Elba) 29-5-1923

E il Grande ammiraglio Thaon di Revel, duca del Mare e ministro della Marina, pur carico di onori, non modifica, ma ad-dirittura accentua in questo periodo la semplicità della sua vita di sempre. Pro-fondamente modesto, era solito citare spesso una massima della sua lettura pre-ferita, «L’Imitazione di Cristo»: «per grandi e potenti che si sia, non si può ag-giungere nulla alla propria statura».

Aveva un grande rispetto per l’individua-lità del prossimo, chiunque esso fosse, e spesso ricordava una frase che gli era parsa particolarmente veridica: «La

Li-bertà di un individuo finisce dove comin-cia quella di un altro». Sempre buon cam-minatore, si manteneva in perfetta forma fisica (da giovane aveva battuto un pri-mato andando a piedi da Torino ad Asti in otto ore e cinquanta minuti) ed al Mini-stero della Marina era solito in quegli anni recarsi ancora a piedi dalla sua abita-zione, sia la mattina sia il pomeriggio, con due itinerari diversi: la mattina, da via Mario Pagano (che è una traversa di via XX Settembre), entrava a Villa Borghese, e quindi, passando per Piazza del Popolo, giungeva in via dei Portoghesi. Il

pomerig-Nel periodo tra le due guerre Revel ricoprì anche cariche di carallere scientifico e culturale, tra cui quella di presidente del Comitato Talassografico. La lettera di con-gratulazioni qui riprodotta gli fu indirizzata, appunto, dal Direttore di tale organismo (archivio Revel).

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gio, invece, compiva un percorso più di-retto, attraverso il centro della città, fa-cendo così rivivere in tal modo l’austera figura di Simone Pacoret di Saint Bon che, ministro della Marina agli inizi degli anni Settanta dell’Ottocento, si era dovuto far convincere, dopo molte insistenze, a re-carsi in carrozza almeno per la firma reale al Quirinale, dato che al ministero ci andava sempre e solo a piedi!. Non solo per le sue origini ma evidentemente anche per il suo carattere, Vittorio Ema-nuele lo sentiva sempre vicino e, come nelle oscure giornate di Caporetto, anche nei momenti di pericolo non poteva che rivolgersi a lui. Ad esempio, durante la vi-sita ufficiale in Spagna dei Sovrani (1923), quando alla stazione di Barcellona la folla irrequieta ruppe i cordoni e quasi travolse il corteo reale, Vittorio Emanuele istinti-vamente, pur tra le numerose persone del seguito che lo circondavano, immediata-mente si rivolse al Grande Ammiraglio con queste parole: «Revel, Revel, stia vi-cino alla Regina!». E l’essere chiamato per nome dal Sovrano nel momento del peri-colo, era stata, per chi aveva il culto quasi mistico della Monarchia, una grande

sod-disfazione, e ogni volta che Revel ricordava l’epi-sodio, al pari di quello av-venuto cinque anni prima nelle tristi giornate di Ca-poretto, non poteva fare a meno di commuoversi. Ma per il ministro Revel si ad-densavano all’orizzonte una serie di amarezze e delusioni, tanto più pro-fonde quanto erano state rosee le speranze della vi-gilia, e che possiamo rias-sumere in tre punti

sod-disfazione, e ogni volta che Revel ricordava l’epi-sodio, al pari di quello av-venuto cinque anni prima nelle tristi giornate di Ca-poretto, non poteva fare a meno di commuoversi. Ma per il ministro Revel si ad-densavano all’orizzonte una serie di amarezze e delusioni, tanto più pro-fonde quanto erano state rosee le speranze della vi-gilia, e che possiamo rias-sumere in tre punti

Nel documento Il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel (pagine 91-107)

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