• Non ci sono risultati.

Il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel"

Copied!
180
0
0

Testo completo

(1)

Il Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel

Rivista Marittima 2017 Supplemento alla Rivista Marittima

Edizione Giugno 2017 Ezio FerranteIL GRANDE AMMIRAGLIO PAOLO THAON DI REVEL2017

(2)

In Copertina:

Foto di dipinto a olio su tela (archivio Revel)

(3)

Ezio Ferrante

Il Grande Ammiraglio PAOLO THAON DI REVEL

RIVISTA MARITTIMA 2017

(4)

Supplemento alla Rivista Marittima

Alla memoria della duchessa Clorinda Thaon di Revel Imperiali, figlia del Grande Ammiraglio, senza il cui prezioso e insostituibile ausilio quest’opera non avrebbe mai potuto essere scritta.

(5)

Giugno 2017

Presentazione . . . Pag. 5

Introduzione . . . » 7

Capitolo I - Una famiglia di uomini illustri . . . » 11

Capitolo II - Carriera di un uomo di mare . . . » 23

Capitolo III - Grande Guerra e politica navale . . . » 51

1. Verso la Guerra . . . » 51

2. Venezia, il Poeta e l’Ammiraglio . . . » 61

3. La VITTORIA “perduta” . . . » 69

Capitolo IV - Ministro della Marina . . . » 89

Capitolo V - L’Ammiraglio della Vittoria . . . » 105

Nota archivistica . . . » 133

Nota bibliografica . . . » 135

Appendice documentaria . . . » 139

INDICE

(6)

Supplemento alla Rivista Marittima

(7)

Giugno 2017

Le commemorazioni del centenario della prima guerra mondiale, avviate ormai dal 2014 e tuttora in corso, hanno por- tato anche la Rivista Marittima a dare ampio spazio agli avvenimenti, alle storie e ai personaggi, di questo periodo storico, in particolare legati alla Grande Guerra combattuta sul mare. Questo è avvenuto non solo con la pubblicazione di un nu- mero speciale sulla Prima Guerra Mon- diale uscito nel maggio del 2015, ma con tutta una serie di articoli su fatti e perso- naggi del periodo che sono apparsi men- silmente sul fascicolo ordinario. La posizione di rilievo ricoperta in quegli anni dal grande ammiraglio Thaon di Revel ci ha portato inoltre lo scorso anno a ripubblicare on-line sul sito della Ma- rina l’importante volume a Lui dedicato scritto dall’allora capitano di fregata Ezio Ferrante e pubblicato dalla Rivista Marit- tima nel 1989. Il centenario della Grande Guerra, il valore storico-editoriale del- l’opera pubblicata, nonché le numerose richieste ricevute di copie originali, ormai purtroppo non più disponibili, non pote- vano che indurci a proporre all’Autore una nuova stesura dell’opera, proposta prontamente e con entusiasmo accettata dal contrammiraglio Ferrante.

Presentiamo dunque oggi, insieme al fa- scicolo del mese di giugno, mese da sem- pre legato ai ricordi e alle imprese della Grande Guerra in virtù delle celebrazioni della Giornata della Marina, questa nuova edizione del volume, con ulteriori

approfondimenti sulla vita del Grande Ammiraglio e arricchita inoltre di nuove immagini in tutte le sue parti.

L’opera, a oltre settant’anni dalla morte di Thaon di Revel, occupa dunque ancora un posto a sé tra quelle a Lui dedicate: ri- spetto ad altre biografie disponibili, quella qui presentata ha infatti non solo l’importante merito di coprire l’intero arco della Sua esistenza, quando spesso altre si concentrano sugli eventi che lo hanno visto protagonista durante la Grande Guerra, ma anche di basarsi in massima parte sulla gran mole di docu- menti inediti dell’archivio privato della famiglia Thaon di Revel, cui l’Autore ha avuto il privilegio di accedere.

Ne deriva un ritratto, nitido e preciso, di elevato spessore morale, di Paolo Thaon di Revel, un uomo vissuto a cavallo tra l’ottocento e il novecento, proveniente da una famiglia che aveva già espresso altri uomini insigni e che ebbe una carriera in Marina contrassegnata da una serie di luminosi successi, conseguendo i massimi onori e riconoscimenti cui un militare di professione del suo tempo potesse aspi- rare: due volte Capo di Stato Maggiore della Marina, Grande Ammiraglio, Duca del Mare, Collare della SS. Annunziata, Primo Segretario del Re per gli Ordini Cavallereschi e poi, nella carriera poli- tica, Ministro della Marina, Senatore del Regno e Presidente del Senato.

La parte più nota della Sua vita, intera- mente spesa per l’Italia e per la Marina,

PRESENTAZIONE

la Direzione

(8)

Supplemento alla Rivista Marittima

è sicuramente quella che si riferisce al primo conflitto mondiale dove Egli portò le nostre armi alla vittoria sul mare e la Marina italiana può vantare dunque in Lui il massimo artefice di uno dei suoi momenti più fortunati. Ma il Grande Ammiraglio continuò a rendere ancora eminenti servigi alla Nazione, segnati da qualche amarezza, nel periodo tra le due guerre, e anche dopo, fino alle tristi gior- nate del settembre 1943, vivendo infine un dignitoso tramonto e spegnendosi ap- partato poco meno di tre anni dopo la conclusione del secondo conflitto mon- diale, senza così poter assistere alla rina- scita del Paese e della stessa Marina.

Il tutto è raccontato dall’ammiraglio Fer- rante in modo vivo e avvincente, tale da permettere una lettura sempre interes- sante cui non viene mai meno il sostegno di una documentazione preziosa e inec- cepibile, che conferisce allo scritto dignità scientifica e originalità.

La figura del Grande Ammiraglio conti- nua quindi a vivere di vita propria in pre- ziosi scritti che concorrono a renderne la sua memoria sempre viva nella Forza Armata. E ne sono testimonianza non solo i continui richiami a Thaon di Revel nell’ambito delle commemorazioni in corso della Grande Guerra ma anche la

solenne celebrazione del centenario dell’aviazione navale, istituita nel 1913 da Revel stesso, allora Capo di Stato Mag- giore della Marina, o la solenne cerimo- nia tenuta nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma per la Giornata della Marina nel 2015, con la deposizione di una corona d’alloro sul se- polcro monumentale del Grande Ammi- raglio, e non ultima la recente iniziativa dell’Accademia Navale di riportare sulla parete lato mare della mensa allievi un motto tratto dal suo discorso pronunciato come Comandante dell’Accademia, in oc- casione della cerimonia di consegna della bandiera d’Istituto da parte del Re: “Siate senza macchia e sarete senza paura”, un viatico impegnativo per i giovani di al- lora e soprattutto per quelli di oggi.

Ci sia consentito dunque auspicare che la ripubblicazione del volume, in questa nuova e aggiornata versione, come già accaduto per le opere recentemente rie- dite dal nostro periodico, incontrerà il fa- vore di tanti Lettori, dagli studiosi e appassionati di storia navale a chi opera giornalmente sul mare, e degli enti istitu- zionali, accademici, scientifici e culturali.

La Direzione

(9)

Giugno 2017

È stato con vivo entusiasmo non di- sgiunto da una certa qual commozione che, dopo un trentennio, ho ripreso in mano la biografia del Grande Ammira- glio aderendo all’invito della Rivista Ma- rittima per una seconda edizione critica a stampa, sull’onda lunga del Centena- rio della Grande Guerra e del successo riportato dalla ristampa online sul sito web della Rivista stessa del testo origi- nale del 1989. Tre anni prima, in occa- sione di una expertise affidatami da una casa editrice romana per un’edizione critica delle lettere del poeta d’Annunzio a Thaon di Revel, avevo avuto la for- tuna di conoscere la duchessa Clorinda Thaon di Revel Imperiali, figlia del Grande Ammiraglio. Dell’iniziativa edi- toriale in parola invero non se ne fece alla fine nulla, ma intanto i contatti erano stati stabiliti, con reciproca stima e simpatia, sicché a seguito della fre- quentazione assidua di casa Revel, al- lora in via Mercalli a Roma e di fronte alla ricchezza documentaria dell’archi- vio di famiglia, religiosamente custodito, nacque a poco a poco l’idea di scrivere una biografia del Grande Ammiraglio.

Un’idea che, non appena da me formu- lata, venne subito accolta con estrema disponibilità dai vertici della Rivista Ma- rittima del tempo, sia dal Direttore, con- trammiraglio Achille Zanoni che dal suo vice, contrammiraglio (aus.) Francesco Pascazio, che molti dei collaboratori ‘sto- rici’ ben ricorderanno.

L’archivio della famiglia Thaon di Revel costituisce dunque la fonte documentaria principale che sta alla base della pre- sente opera, anche se è stato necessario procedere alle opportune integrazioni con uno studio archivistico incrociato, dato il prevalente carattere «privato» e

«personale», nel senso letterale del ter- mine, dell’archivio in parola.

Non si potrebbe infatti rivolgere al Grande Ammiraglio l’accusa che gli sto- rici britannici si videro costretti a formu- lare nei confronti di personaggi come Winston Churchill e Lloyd George, cioè quella di aver inserito indebitamente nei propri dossier privati documenti di rile- vanza pubblica, politica e militare, pri- vandone paradossalmente gli stessi archivi governativi.

Quindi con l’ausilio principale dell’archi- vio di famiglia, utilizzato per la prima volta in maniera organica, mi sono così accinto a ricostruire la lunga biografia di Thaon di Revel, che si protrae per quasi un secolo, dal 1859 al 1948 e di cui, sino ad allora, si era potuto apprezzare, in ge- nere, solo il periodo relativo al primo con- flitto mondiale, mentre si ignoravano quasi completamente sia i precedenti quarant’anni di carriera in Marina, che le vicende legate alla storia politica e mi- litare del Paese del trentennio successivo alla Grande Guerra.

Nei numerosi studi biografici sulla figura e sull’opera del Grande Ammiraglio, oggi peraltro fortemente datati, in definitiva

INTRODUZIONE

l’Autore

(10)

Supplemento alla Rivista Marittima

il periodo del primo conflitto mondiale aveva finito per rappresentare, per dirla con Fernand Braudel, una specie di «fa- scio di luce» che s’immetteva in due grandi zone d’ombra, che adesso invece possiamo contribuire a rischiarare, al- meno nei loro momenti più significativi.

E se la critica storiografica ha sempre guardato con un certo sospetto il genere biografico (dalla condanna della storio- grafia ellenistica alle petizioni di principio di tanti studiosi, da Gustav Droysen ad Ar- naldo Momigliano, per intenderci), biso- gna sottolineare invece come, nella storiografia navale, il genere biografico vanti una lunga e consolidata tradizione, tanto che, per fare un esempio, lo stesso Alfred Thayer Mahan, si parva licet com- parare magnis, non l’aveva affatto disde- gnata (come stanno a dimostrare i suoi lavori sugli ammiragli Farragut e Nelson).

Il problema di fondo semmai rimane

sempre quello di trovare un giusto punto d’equilibrio tra «pubblico» e «privato».

Da un lato, senza la pretesa di riscrivere ogni volta la storia generale e, d’altro, senza nemmeno cedere troppo alle ten- tazioni del privato e del quotidiano. In altre parole, in un reciproco non perdersi di vista tra l’immagine e il ruolo pubblico del personaggio da un canto, la sua vita e il suo carattere dall’altro.

Su tali premesse, l’auspicio, formulato al- lora come ora, a distanza di un trenten- nio, è sempre quello di offrire ai Lettori della Rivista Marittima (che lo stesso Revel era solito leggere sempre con grande attenzione) un contributo per una rivisitazione critica della figura del Grande Ammiraglio, indubbiamente la più fulgida nella storia contemporanea della Marina italiana.

L’Autore

(11)

Giugno 2017

(12)

Supplemento alla Rivista Marittima

(13)

Giugno 2017

Negli antichi Stati sabaudi la famiglia dei conti Thaon di Revel, originaria della con- tea di Nizza, comincia a svolgere un ruolo di primo piano, ai vertici politici e militari del Regno, alla fine del Settecento. Le ori- gini storiche della famiglia risalivano in- vero alla seconda metà del Cinquecento quando il capostipite Filippo, «capitano delle milizie di Lantesca e Belvedere», viene accolto nell’Ordine dei Cavalieri di Malta «con prove segrete di nobiltà». La leggenda che, da sempre, aleggiava nella memoria familiare, lo avrebbe voluto in- fatti nientemeno che figlio di Maria Stuarda e del conte di Bothwell “l’impe- tuoso Lord del Border”, e che, portato in salvo da Davide Rizzio, segretario della Regina, nella propria città d’origine (Nizza appunto), avrebbe prestato giura- mento nell’Ordine gerosolimitano lo stesso anno della tragica morte dell’infe- lice Maria Stuarda (1587) (1).

Lo stemma gentilizio dei Thaon di Revel, che era poi un feudo nelle Alpi Marit- time, è «d’azzurro, al capo d’oro, na- scente dal mare d’argento, fluttuoso di verdi, tenente in bocca un serpe di nero, squamoso d’argento, e fissante una stella d’oro nell’angolo destro del capo»; il motto, «et sapienti prodest» (che in fran- cese suonava «Bon pour qui sait») (2).

Spigolando nell’albero genealogico della famiglia, il documento che ne riflette la storia più antica (in considerazione che i documenti originari sono andati per- duti a seguito delle vicissitudini familiari

al tempo della Rivoluzione francese e dell’Impero napoleonico), troviamo nu- merosi personaggi che avevano rag- giunto una posizione ragguardevole.

Come Giuseppe Orazio, giudice della città di Nizza, Giovanni Battista, cava- liere dell’Ordine di Malta e progettista delle fortificazioni di Marsa Muscetto e, soprattutto, Ignazio Pietro che, dopo es- sersi acquistato una salda reputazione militare all’epoca della guerra di Succes- sione austriaca, venne nominato, nel 1761, «comandante generale delle armi del Regno».

Ma nella storia politica e militare del Regno di Sardegna un posto privilegiato è stato sempre accordato a Carlo Fran- cesco, viceré di Sardegna e comandante dell’Armata delle Alpi che si batté con- tro i francesi che però, in maniera caval- leresca, lo avevano definito «l’unica testa pensante tra i generali piemontesi di quel tempo» (3).

Le turbolente vicende dell’epoca fini- scono per coinvolgere direttamente la fa- miglia (con l’esilio, la proibizione di fregiarsi dei titoli di feudi che ormai erano diventati «dipartimenti» francesi, l’abolizione delle relative rendite e, come accennato, la distruzione del prezioso archivio di famiglia). In tali frangenti però si era stabilito quel profondo le- game diretto e personale con la Corona, che mai verrà meno e che finisce per rap- presentare il filo conduttore dell’intera storia familiare. Nel 1797 troviamo in- CAPITOLO PRIMO

UNA FAMIGLIA DI UOMINI ILLUSTRI

(14)

fatti Carlo Francesco go- vernatore di Torino, assi- stito dai propri figli, Giuseppe Alessandro, suo capo di stato mag- giore e Ignazio, già mini- stro del Re di Sardegna in Olanda, suo «aiuto supe- riore» (4). La Restaura- zione naturalmente segna l’apice del successo di chi mai aveva abbando- nato la causa del Monarca sabaudo. All’indomani del 1815 infatti, Giuseppe Alessandro, capofamiglia della linea marchionale, diventa ispettore gene- rale dell’Esercito e primo organizzatore della neo- costituita Arma dei Cara- binieri Reali. Quindi Ignazio, capofamiglia della linea comitale, go- vernatore di Genova e vi- ceré di Sardegna e infine, nel 1829, «maresciallo delle Armate del Re». En- trambi, come già il loro padre, vengono insigniti del Collare del Supremo Ordine della SS. Annun- ziata (5).

Il maresciallo Ignazio, conte di Pralungo, ebbe una numerosa prole, co- stituita da ben dodici figli e in questa carrellata im- pressionistica sulla storia di famiglia dobbiamo sof- fermarci su almeno tre di essi, che rivestono un par- ticolare rilievo ai fini del nostro assunto: Adriano, Genova e Ottavio.

Adriano (1813-1854) fu protagonista di un episo- dio particolare di cui ab-

La fregata a vela da 64 cannoni IL COMMERCIO DI GENOVA, che deve il proprio curioso nome ai commercianti genovesi che ne pagarono la costruzione per offrirla in dono alla marina. L’unità, capitanata dal CV Francesco Sivori, avrebbe parte- cipato alla brillante spedizione navale contro il Bey di Tripoli nel settembre 1825 (Coll. Revel).

Il BRICK (o BRIC o BRIG) ZEFFIRO, “storpiatura straniera del nostro brigantino”, scri- verà il purista padre Alberto Guglielmotti, un nome destinato a ripetersi, come noto, nell’onomastica della Regia Marina. Da notare, a fattor comune, la bandiera in cui la croce genovese di S. Giorgio (la repubblica di Genova era stata da poco annessa ai domini del Regno di Sardegna) è innestata nella croce sabauda, in uso dal 1816 al 1848 quando, dopo la promulgazione dello Statuto Albertino, venne sostituita dal tricolore con lo stemma sabaudo (Coll. Revel).

Supplemento alla Rivista Marittima

(15)

Giugno 2017

biamo notizia da una let- tera della marchesa Co- stanza d’Azeglio al nipote Emanuele (detto

«minimo» per distin- guerlo dal più celebre Massimo). All’indomani della sfortunata battaglia di Custoza del 1849, mi- nistro del Re di Sardegna alla corte di Sua Maestà apostolica a Vienna, si trovò infatti a trattare una questione delicatis- sima che, attraverso la sua mediazione diploma- tica, si può così riassu- mere: i Piemontesi avrebbero eliminato i dazi gravanti sulle merci austriache in transito per i domini sabaudi, mentre gli Austriaci, a loro volta,

avrebbero dissequestrato i beni dei no- bili lombardi emigrati dopo i fatti del 1848. Senonché, mentre i Piemontesi avevano già posto in essere il provvedi- mento in parola, gli Austriaci si erano ben guardati dal fare quanto avevano promesso ad Adriano di Revel. Durante la cerimonia per gli auguri a Francesco Giuseppe in occasione del Capodanno 1849, Adriano, con un coup de main colse l’occasione per ricordare pubblica- mente al Cancelliere dell’Impero la sua mancata promessa e siccome questi fa- ceva finta di non ricordarsene, Revel esclamò: «Dans la chambre nous étions vous et moi; vous dites ne pas l’avoir dit;

je vous assure que je l’ai entendu».

E gli Austriaci alla fine mantennero quanto avevano promesso! Mezzo se- colo dopo, quando Paolo Thaon di Revel si recò a Vienna con l’ambasceria del ge- nerale Del Majno per annunciare all’Im- peratore l’avvento al trono di Vittorio Emanuele III, ci fu qualcuno a Corte che gli chiese se era parente di quel Revel ...

che aveva dato del bugiardo al Cancel- liere di Sua Maestà Apostolica!

Genova (1817-1910), che doveva il suo nome, non certo comune, al ricordo del periodo in cui il padre Ignazio era stato governatore della città ligure, parimenti fu destinato ad una brillante carriera mi- litare che lo portò al grado di Generale d’armata, dopo aver partecipato pratica- mente a tutte le campagne risorgimentali ed essere stato addetto militare a Vienna, primo aiutante di campo del principe Umberto, ministro della Guerra, senatore del Regno e collare dell’Ordine della SS.

Annunziata (il quarto della famiglia). Fu anche autore di numerose opere storiche di cui il generale Ponzio Vaglia, primo aiutante di re Umberto, era solito dire, tra il serio e il faceto: «A sun scritt da can, ma sun franc ben interessant» (6).

Infine Ottavio (1803-1868), padre del Grande Ammiraglio, capofamiglia del ramo comitale dei Thaon di Revel dopo la morte dei fratelli maggiori (Federico e Lio- nello), fu primo segretario del ministero

La goletta LA VIGILANTE, “il minimo dei bastimenti nella squadra - per dirla sempre col padre Guglielmotti - armata in guerra da sei a dodici piccoli cannoni”. Agli albori della regia marina ne esistevano tre esemplari: oltre alla Vigilante, la Staffetta sempre sarda e l’Argo già pontificia (Coll. Revel).

(16)

delle Finanze subalpino (cioè ministro delle Finanze) e lo stesso Cavour, che ta- lora non ne condivideva le vedute, ebbe a definirlo «uno dei pochi finanzieri del Regno». Fu tra i promotori e firmatari dello Statuto Albertino, contribuendo a vincere le ultime esitazioni e perplessità dello stesso Monarca sabaudo. Si racconta infatti che, accingendosi Carlo Alberto a recarsi a Genova, in preda a gravi disordini politici, Revel bruscamente lo avesse am- monito: «Maestà, a Genova si va o con i cannoni o con lo Statuto», e il Re firmò!. E tanta era la stima e la popolarità di cui era circondato che in articulo mortis, al suo capezzale, venne lo stesso Don Bosco per somministrargli l’estrema unzione.

È stato il filosofo Giovanni Gentile, sem- pre così attento alla storia risorgimentale, a pubblicare le «Lettere di Carlo Alberto a Ottavio Thaon di Revel» (Treves, Milano 1931), un complesso di 22 lettere scritte

Il conte Ottavio Thaon di Revel (1803-1868), padre del Grande Ammiraglio, Ministro delle Finanze del Regno sabaudo e firmatario dello Statuto albertino (archivio Revel).

Supplemento alla Rivista Marittima Stralcio dell’albero genealogico della famiglia THAON DI REVEL compilato da Ottavio Eugenio, Marchese di St. André con Revel.

(°) Federico, Lionello, Orazio, Alessandro, Marziano, Carlo, Carolina, Flavia, Ersilia, Adriano.

(°°) Eredita il titolo marchionale dopo l’estinzione della linea primogenita.

(°°°) Grande Ammiraglio e Duca del Mare.

(°°°°) Ministro delle Finanze dal 1935 al 1943.

(17)

Giugno 2017

durante la campagna del 1848 (dal 3 aprile al 9 settembre), in cui Carlo Alberto si rivolge al «très cher Revel», firmandosi «votre très affectionné C. Albert», sfo- gandosi a cuore aperto sulle vicis- situdini del momento. Un complesso documentario che come ebbe a scrivere Paolo Bo- selli, all’epoca primo segretario del Re per gli Ordini cavallere- schi, rappresenta «un volume im- portantissimo di storia autentica con un carattere proprio, con una autorità senza pari» (7).

Ottavio, già vedovo due volte (8), in terze nozze sposò Carolina de Regard de Clermont de Vars, di antichissima nobiltà savoiarda (9)

Due momenti di storia della famiglia Thaon di Revel in due pubblicazioni apparse rispettivamente a cura del filosofo Giovanni Gentile e del Ge- nerale Genova Thaon di Revel.

Due immagini della prima fanciullezza di Paolo Thaon di Revel, trascorsa tra la casa patrizia di Via Cavour a Torino e la tenuta di Cimena. Nella foto, in maschera, il piccolo Paolo è con i fratelli Adriano e Vittorio, gemelli di cinque anni più grandi (foto Ufficio Storico della Marina Militare).

(18)

(motto araldico: «Brave à tout regard»), il cui padrino di battesimo era stato il conte Santorre di Santarosa e il cui fratello, Fer- dinand, era morto in seguito alle ferite ri- portate nella battaglia di Novara. All’epoca del terzo matrimonio (allietato nel 1854 da due gemelli, Adriano e Vittorio, e poi, nel 1859, da Paolo, il futuro Grande Am- miraglio), Ottavio di Revel aveva da poco superato i cinquant’anni e la vita in casa Revel si svolgeva come nella maggioranza delle famiglie nobili più illuminate del tempo. «La vita era senza fasto ma co- moda, da signori che non posavano a lussi, ma a cui non mancava nulla», come leggo nel citato fascicolo «I Thaon». Con la famiglia di Ottavio vivevano poi i fratelli Carlo e Marziano, le nipoti Enedina e Pao- lina (figlie del defunto fratello Lionello), tant’è che, quando un giorno uno zelante segretario gli volle mostrare quanto gli co- stava il mantenimento della sua famiglia allargata, Ottavio sprezzantemente gli ri- spose: «Non tengo una pensione». Bei tempi che permettevano dei bei gesti!, era il commento della duchessa Clorinda.

Tutto sarebbe radicalmente cambiato, con la morte inaspettata di Ottavio nel febbraio del 1868, quando «il piccolo Paolo», come tutti lo chiamavano, aveva poco meno di nove anni. I ricordi di Paolo relativi a questo primo periodo della sua infanzia tragicamente segnata dalla morte del padre, si riferiscono soprat- tutto alla tenuta di Cimena, acquistata con il patrimonio dotale della moglie del maresciallo Ignazio, che era venuta, come si ricordava in famiglia, «en charrette» da Nizza a Torino all’epoca della Rivoluzione francese. Era lì che il bambino rimaneva affascinato di fronte ai racconti del vec- chio «Matthé» (Matteo) che aveva parteci- pato alla campagna napoleonica in Russia e che poi era diventato l’ordinanza del maresciallo Ignazio.

Parimenti, il mondo dei ‘grandi’, come sempre accade, avrebbe conservato nella propria memoria alcuni episodi della

sua infanzia. Un giorno Paolo chiese alla madre: «Quel âge avez vous?», «J’ai cent ans», ed il bambino si mise a piangere, spiegando poi che «Si vous avez cent ans maintenant vous allez mourir». Un’altra volta, addormentatosi in salotto, alla madre che gli chiedeva «Paul, tu dors?», il bambino rispondeva pronto «Non, je pense». Il ricordo più tragico e vivo è co- stituito, naturalmente, dalla morte del padre. In una lettera alla madre del 13 febbraio 1870, dodici anni dopo il lut- tuoso evento, Paolo scriverà:

«Oh! Quanto fu mai doloroso per me il giorno 9 febbraio il quale riconduceva l’anniversario della morte di Papà. Oh, quanto quel giorno avrei desiderato di essere a Torino e parlare di lui con te.

La sera del 9 febbraio mi pareva che quel giorno pochi anni prima fosse suc- cesso qualcosa di triste: ed i o avevo ben ragione» (10).

E sarebbe stato per sempre grato al fratel- lastro Ignazio, maggiore di lui di ven- t’anni, che quella tragica notte gli promise di svegliarlo se la situazione del padre si fosse aggravata, mantenendo la promessa.

La morte del conte Ottavio segnò una svolta dolorosa per la famiglia anche dal punto di vista economico; infatti la legge del maggiorascato attribuiva la quasi to- talità dei beni al primogenito Ignazio e la- sciava solo una modesta rendita alla vedova e ai tre figli minori, i gemelli Adriano e Vittorio di tredici anni e Paolo di nove. La famiglia si trasferì dalla grande casa di via Cavour al modesto apparta- mento di via della Rocca e ben presto ne iniziò la diaspora. Dapprima con Adriano, ammesso al collegio militare della Nunzia- tella e poi con il piccolo Paolo che, dopo aver frequentato l’istituto Paternò ed il collegio salesiano Val Salice, presso To- rino, fu mandato a Genova al collegio bar- nabita di S. Anna gestito dai fratelli Piccone, un istituto preparatorio agli

Supplemento alla Rivista Marittima

(19)

Giugno 2017

esami di ammissione alla Scuola di Marina di Genova. Ma la lontananza, anziché al- lentare i legami con la famiglia, in un certo senso li stringe ancora di più; scrive Paolo in una lettera del 30 ottobre 1870:

«Carissima madre, non puoi immagi- nare la grandissima consolazione che io provai ricevendo la tua affettuosis- sima lettera. Sii certa che io non cesso un momento di pensare a te, o dolce madre mia. Ti prometto, o maman, che ti dirò sempre tutto. Ti aprirò il mio cuore e vedrai tutto il bene e tutto il male che faccio, vedrai quello che penso, il mio più profondo pensiero, ti dirò il mio cuore come tu mi dirai il tuo».

In una lettera del 30 gennaio 1871 mo- stra di infuriarsi col fratello Adriano che tarda a rispondere: «Scriverò ancora una lettera oggi e poi non gli scriverò mai più finché non risponde ad almeno una delle mie lettere, e manterrò la mia parola.

Però, quantunque io non voglia più scri- vergli, io l’amo moltissimo, ti prego adunque di darmi sue notizie». Alla se- verissima scuola dei fratelli Piccone, gli studi del piccolo Paolo procedono tra le solite contrarietà scolastiche quotidiane:

«Ecco i castighi che ho avuto nella setti- mana — leggiamo in una lettera del 28 maggio 1872 — castigato per condotta in chiesa (2 punti), per condotta in stu- dio (5 punti), per negligenza a scuola di italiano (1 punto)». Precisando inoltre:

«sono stato castigato in chiesa per aver riso un momento, in studio per chiedere un quaderno o un libro o altra cosa, in negligenza per aver sbagliato un la- voro». Ma in complesso gli studi proce- dono bene e nel settembre del 1872, alla fine del secondo anno, viene promosso con la media del 7,33.

Durante la permanenza nel collegio di S.

Anna, a Genova, nonostante la situa- zione familiare profondamente cam- biata dopo la morte di Ottavio, il piccolo

Paolo si avvale sempre della fitta rete di relazioni sociali che fanno capo alla sua famiglia, frequentando i salotti di quel ristretto mondo dell’aristocrazia sa- bauda di cui egli, per privilegio di na- scita, faceva parte (in particolare i nomi che vengono ricordati più spesso nel suo epistolario sono quelli della contessa Re- viglio della Venarìa, delle marchese Bec- caria Incisa, Planargia, Anna Gerbaix de Sonnaz e di Alberto de Viry).

Sino a questo punto non c’è, nell’episto- lario, alcun accenno esplicito alla scelta professionale marittima, niente che ci il- lumini sui motivi di una decisione che da sempre rappresenta, in casi analoghi, una vera e propria crux historicorum per lo studioso che cerca di darle una spiega- zione razionale. Ma se ciascuno di noi ri- flette sulle proprie esperienze, non è in

Paolo Thaon di Revel allievo della Scuola di Marina dove era entralo l’8 luglio 1873 e da dove uscirà con il grado di guardiamarina nel 1877, alternandosi tra Na- poli e Genova secondo l’ordinamento del tempo (foto Ufficio Storico della Marina Militare).

(20)

fondo difficile vedere come nella scelta professionale spesso l’elemento fortuito si innesti su quello propriamente razio- nale, come l’occasione offerta dal caso si fondi con il fattore della propria volontà, naturalmente in tutta una serie di grada- zioni possibili, in modo che alla fine, in questa mistione tra elementi fortuiti e vo- lontari, si arrivi alla decisione definitiva.

Molti anni dopo, il Grande Ammiraglio ri- corderà quanta influenza abbia avuto sulla sua scelta un libretto che la madre gli aveva donato al momento di partire per Genova, il cui titolo, ancor oggi gelo- samente custodito nella sua biblioteca, è Beautés de la Marine ou recueil des traits les plus curieux concernant les marins vo- yageurs et les marins militaires des temps modernes, di A. Caillot (11).

Ed è proprio nel momento in cui il giovane Revel entra nella Scuola di Marina (se- condo l’ordinamento degli studi del tempo si facevano infatti due anni a Napoli e tre

a Genova) (12), che comincia ad affrontare col necessario filtro critico la propria scelta, che indirettamente gli era stata ad- ditata dalla madre facendogli frequentare il collegio preparatorio di S. Anna.

Il 21 luglio 1873, quattro giorni dopo la sua ammissione alla Scuola di Marina, in procinto di imbarcare, secondo la prassi del tempo, scriverà alla madre: «Farò una crociera, dopo la quale vi dirò franca- mente se la marina è di mio gradimento o no. Alors je n’aurai pas de respect pour dire ce que je pense, sayez en sure, chère maman». La prima crociera dell’allievo Revel sulla fregata ad dica Vittorio Ema- nuele, nave scuola dell’epoca, durerà dal 15 luglio al 2 novembre 1873 e lo porterà a Plymouth, Portsmouth, Brest, Cher- bourg, Lisbona e Gibilterra. Un’espe- rienza eccezionale per un ragazzo di quattordici anni nella seconda metà dell’Ottocento. E nelle lettere di quel pe- riodo possiamo quasi rinvenire una spe-

La pirofregata a elica VITTORIO EMANUELE, varata nel 1856 e radiata nel 1900, a doppia propulsione, velica e vapore, è un tipico esempio di quelle unità miste del periodo di transizione dalla vela al vapore. Al comando del CV Giovan Battista Albini (MOVM) si coprì di gloria nell’attacco alla piazzaforte pontificia di Ancona il 28 settembre 1860 (Coll. Revel).

Supplemento alla Rivista Marittima

(21)

Giugno 2017

cie di giornale di viaggio, in cui riferisce alla madre le impressioni avute durante la navigazione e nei porti stranieri, attra- verso quella «finestra sul mondo» che gli si era aperta per la prima volta.

Tra le sue riflessioni ne possiamo co- gliere qualcuna più indicativa per la ve- rifica professionale in corso; scrive in una lettera del 31 luglio (da Gibilterra):

«Ti dirò che questa vita non mi piace molto. Sto bene. Soffro poco. Ma non ti posso scrivere di più».

Ed ancora il 21 settembre (da Lisbona) in maniera ancora più esplicita: «La ma- rina per il navigare mi piace, ma quando si va in paesi e città straniere il pensare che, sopra cento giorni di viag- gio, settanta sono di navigazione, è una vita così monotona che mi piace nulla.

Scusami, se fosse solo questo, pazienza ancora, ma tu, nel più bello che dormi, sei svegliato precipitosamente e devi montare in coperta perché si avvicina una boriana (sic), una tempesta. E ciò è successo più di una volta a noi... e poi quello che mi affligge assai è lo stare lontano da mia madre, da casa». Quanti allievi nel corso della storia della ma- rina si saranno così sfogati con i geni- tori? Ancora una volta la marina velica mostrava di essere una scuola di vita trasformando i ragazzi imbarcati in uo- mini, allargando nel contempo i propri orizzonti spaziali con la visione di città sconosciute e, nel contempo, la consa- pevolezza di far parte di una comunità internazionale ben più grande di quella che si era potuta immaginare, la comu- nità degli uomini di mare, sia nella sua dimensione storica sia nei suoi risvolti attuali (grande impressione farà al gio- vane allievo la visita alla Victory del mi- tico Nelson e la frequentazione degli allievi britannici e dei «mitchmen» — i guardiamarina — sul vascello-scuola Britannia), unitamente al piacere di sco- prire dal vero quei luoghi studiati a scuola sulla carta geografica.

In un’altra lettera del 25 agosto, al mo- mento di uscire per la prima volta dal Mediterraneo, Paolo annota:

«La fortezza di Gibilterra non ti si offre a prima vista. Vedi, uscendo dal Medi- terraneo, qualche forte, indi un gran monte che dicono abbia la faccia di un leone e poi la città che è ben piccola, ma il pensare che quel monte è una fortezza piena di batterie ti è cosa ve- ramente meravigliosa».

Nei sistematici studi a tavolino fatti alla Scuola di Marina, i dubbi sulla professione che, in un primo tempo, sembravano aver assalito Paolo alla dura prova della vita di mare, a mano a mano si dissipano, mentre il giovane allievo scopre il mondo intorno

La visione della nelsoniana VICTORY, icona della storia navale, dovette molto impressionare il giovane Revel tanto da conservarne sempre una stampa d’epoca tra le sue carte (Coll. Revel).

(22)

a lui (come la visita al teatro San Carlo di Napoli, di cui scrive alla madre che «il est très grand et beau. Plus grand que nôtre thêatre Regio»). Negli studi e nella pratica professionale di questi primi anni in Ma- rina, Paolo non fa che confermare il giudi- zio espresso, possiamo quasi dire di primo acchito, dal contrammiraglio Si- mone di Saint Bon, presidente della com- missione d’esami per l’ammissione alla Scuola di Marina e allora ministro della Marina, che in una lettera del 16 agosto 1873 aveva scritto alla madre che Paolo gli era sembrato «très intelligent et d’un ca- ractère ferme» (Appendice Documentaria, citata d’ora innanzi AD, doc. n. 2).

Nelle lettere di questi anni il rilievo mag-

giore è concesso ai problemi e ai feno- meni delle navigazioni intraprese sicché, indirettamente, tali lettere acquistano un’importanza eccezionale per la storia della Marina, in quanto ci permettono di rivivere dall’interno le navigazioni del tempo, al di là dei rapporti ufficiali, spesso necessariamente aridi o troppo burocratici. Nella campagna del luglio-no- vembre 1874 la fregata Vittorio Emanuele naviga nell’Egeo e nel Mediterraneo cen- trale, sostando a Corfù, Pireo, Patrasso, la baia di Suda e Malta. Nelle sue lettere ci rendiamo conto come gradualmente si af- fini la sensibilità e lo spirito di osserva- zione del giovane allievo, i cui giudizi diventano sempre più profondi. La Grecia gli appare un Paese che «cammina indif- ferente sulle rovine dell’antica sua gloria», mentre la sua curiosità viene in partico- lare attratta dal pascià Rauf, governatore dell’isola di Creta (un pascià «a tre code», come precisa fanciullescamente Paolo, vale a dire «il massimo grado dei pascià»), che ha studiato a Parigi e a Vienna, parla benissimo l’italiano e che a Creta è «gene- rale di truppa e pure ammiraglio nomina- tivo della flotta», ma che in definitiva, scrive Revel, «finge di seguire la religione turca solo come strumento d’ambizione».

Come profondo credente — e lo sarà sem- pre intensamente per tutta la vita — Paolo si piccava di ben distinguere i semplici

‘officianti’ dai ‘credenti’ veri e propri!

Gli studi procedono bene, come si rileva da una lettera che il comandante Di Suni scrive alla contessa Revel in data 18 di- cembre 1874 (e in queste corrispondenze, dirette e personali, si rivela ancora una volta il riguardo che le gerarchie marit- time, con Saint Bon in testa, nutrivano nei confronti della contessa savoiarda): «Il co- mandante e gli ufficiali della Scuola sono molto contenti e m’hanno riferito che Paolo s’impegna molto di più dell’anno precedente» e ancora, il 28 novembre 1875, «S’è condotto magnificamente a bordo». Nella terza campagna d’istruzione

Supplemento alla Rivista Marittima Nella Coll. Revel è conservata una serie di cartoline

(spesso usate come tali nella corrispondenza di Paolo con la famiglia) dedicate alla “vita di bordo”. La pre- sente col suo “serra le vele” sembra assumere un valore quasi emblematico del periodo che vede il tramonto della navigazione a vela, destinata però sempre a rima- nere nel cuore di tutti i marinai (Coll. Revel).

(23)

Giugno 2017

(giugno-ottobre 1876, sempre con la Vitto- rio Emanuele) gli allievi della Scuola di Ma- rina si recano addirittura negli Stati Uniti, a Filadelfia, e le lettere di Paolo in questo periodo si fanno più «tecniche», ricche di spunti nautici e professionali. Si lamenta, per esempio, che l’uscita dalla rada di Gi- bilterra sia stata fatta «a vapore» mentre due anni prima il comandante Arminjon (che parimenti troviamo tra i corrispon- denti della contessa Carolina) si era fatto un punto d’onore di uscirne «a vela». Gli Stati Uniti (Filadelfia, New York, Washin- gton) da un lato lo disorientano (con lo stesso effetto che avevano esercitato su un altro ufficiale, Augusto Vittorio Vecchi, che vi si era recato col trasporto Volturno nel 1864 e che aveva riferito le proprie im- pressioni nelle Memorie di un Luogote- nente di vascello) (13), mentre dall’altro lato lo deludono pure. La città di Washin- gton gli sembra «plutôt triste» ed il Cam- pidoglio statunitense una semplice

«imitation du Romain, mais il est bien in- férieur». Il 21 gennaio 1876 anche il co- mandante Arminjon si rivolge, come accennato, alla madre di Paolo per elo- giarne il carattere «rispettoso e obbe- diente nei confronti dei Superiori», e il successivo 4 luglio, riprendendo l’argo- mento, allude al «caractère franc et loyale»

e alle «bonnes dispositions pour l’étude».

Gli studi stanno ormai volgendo al ter- mine e dal punto di vista nautico si con- cludono nell’estate del 1877 con la solita campagna d’istruzione estiva della Vittorio Emanuele (questa volta in navigazione nel Mediterraneo occiden- tale). Paolo elogia la «jolie ville» di Al- geri, frutto del lavoro dei coloni francesi, mentre a Malta lo colpisce il tramway, «una specie di omnibus con le rotaie», come lo definisce. Il 1 dicem- bre 1877 viene infine nominato guar-

diamarina e con i gradi da ufficiale rag- giunge la sua prima destinazione di ser- vizio che, con un certo orgoglio, comunica alla madre: M. Paul de Revel

— Officier de Marine embarqué sur le cuirassé «Affondatore» — Naples.

Il primo avvenimento pubblico che lo colpisce a bordo è la scomparsa del re Vittorio Emanuele, della quale si trovano numerose tracce nelle sue lettere del gennaio 1878; scrive infatti al fratello Vittorio (14):

Caro Vittorio,

ieri perdevamo il nostro re Vittorio Emanuele. La dolorosa notizia mi per- venne ad ora molto tarda e ti assicuro che molto m’impressionò. Ecco come tutti ad uno ad uno se ne vanno, chi prima e chi dopo, e dagli ultimi loro mo- menti impariamo a giudicare, a de- durre i loro veri sentimenti, la loro vera condotta. Ci siano essi di fiaccola, giac- ché così vuole Iddio e sappiamoci sem- pre degnamente e virtuosamente condurre, e giammai dimentichiamo che la morte è il rendez-vous generale ove presto o tardi si finisce. Viviamo bene per morir bene. E ci sia guida quel padre che degnamente servì pro Dio e pro Paese. Preghiamo per il defunto re e gridiamo Viva Umberto. (15).

Alla fine della sua vita, quasi settant’anni dopo, il Grande Ammiraglio, ripercor- rendo idealmente tutta la sua esistenza e la sua carriera, quando sembrava che il suo mondo soccombesse sotto i colpi di maglio provocati dal secondo conflitto mondiale con i conseguenti cambiamenti sociali e istituzionali, sarà solito ripetere:

«Io ho prestato giuramento in Marina sotto Vittorio Emanuele II, sono nato con l’Italia e muoio con lei».

NOTE

(l) La «leggenda» familiare non trova però riscontri nella storiografia, come in N. Brysson Morrison, Maria Stuarda, dall’Oglio editore, Milano 1964, sebbene nella famiglia si ricordasse la presenza, fino al secolo scorso, del ritratto di una «Dama misteriosa» che dalla descrizione (capelli rosso-oro, volto ovale, palpebre pesanti tipiche degli Stuart) faceva pensare proprio a Maria Stuarda. Tanto più che la collana che la «Dama misteriosa» esibiva

(24)

nel quadro esisteva veramente tra i gioielli di famiglia. Cfr. Archivio privato della famiglia Thaon di Revel (d’ora innanzi citato semplicemente CTR, cioè «Carte Thaon di Revel»), fascicolo «I Thaon».

(2) Vds. conte Silvio Mannucci, Nobilario e Blasonario del Regno d’Italia, Roma 1929, vol. IV, p. 174 e conte Luigi Guelfi Carmajani, Albo d’oro delle famiglie nobili e notabili italiani, Firenze 1979, p. 727. Il titolo di conte di St. André (che poi era un sobborgo di Nizza) e conte di Pralungo, erano stati acquisiti dalla famiglia con un’accorta politica matrimoniale, secondo le consuetudini del tempo: il primo da Pietro (1567-1642), mediante il matrimonio con Camilla Doria Micheletti, il secondo da Gaspare (1670-1710), mediante il matrimonio con Geltrude Provana.

(3) La definizione è riportata da S. Naselli, in Giuseppe de Maistre e i suoi scritti, Bocca, Torino 1933, p. 33.

(4) Sulla storia della famiglia in questo travagliato periodo, ulteriori notizie si possono trarre da Mémoires sur la guerre des Alpes et les événements en Piémont pendant la Révolution française, Imprimérie Royale, Bocca Frères, Turin-Rome-Florence, 1871 (a cura di Genova di Revel, il figlio più giovane del maresciallo Ignazio, sulla base di appunti e note di famiglia). Del maresciallo Ignazio esiste inoltre, tra le carte di famiglia, un diario autografo ‘in cifra’ relativo agli anni 1789-1794, l’unico documento che praticamente si è salvato del più antico archivio dome- stico. Sicuramente ascrivibile a Ignazio è anche quel Testament Politique apparso in forma anonima (Paris 1826).

Il titolo marchionale (marchese di Revel con St. André) fu concesso per primo a Carlo Francesco ed ereditato dal suo primogenito Giuseppe Alessandro, mentre il secondogenito, Ignazio, si fregiava del titolo di conte di Pralungo.

Tali indicazioni torneranno utili quando, ai primi del Novecento, lo stesso Paolo Thaon di Revel, in occasione di una revisione promossa dalla Consulta araldica, si interesserà direttamente del problema. Sui tre personaggi in questione (cioè Carlo Francesco, Giuseppe Alessandro e Ignazio), in particolare, Enciclopedia Militare, Istituto edi- toriale scientifico - Il Popolo d’Italia, Milano 1933, vol. VI, pp. 1200-1201.

(5) Il Collare del Supremo Ordine della SS. Annunziata era il maggior Ordine cavalleresco della Monarchia sa- bauda, e poi del Regno d’Italia, istituito nel lontano 1362 da Amedeo VII. Il Collare costituiva la massima ricom- pensa per i personaggi che si erano segnalati per eminenti servigi nelle cariche dello Stato, prima sabaudo e poi italiano e implicavano nel regio cerimoniale il titolo di eccellenza e di cugino del re, il diritto agli onori militari e la precedenza sulle più alte cariche dello Stato. In merito, vds. Elenco dei cavalieri dell’Ordine supremo della SS . Annunziata nel VI centenario della fondazione, Cascais 1962.

(6) Tra le quali ricordiamo: La spedizione di Crimea (Milano 1891); Da Ancona a Napoli. Miei Ricordi (Milano 1892); Umbria e Aspromonte. Ricordi diplomatici (Milano 1894); Sette mesi al Ministero (Milano 1895); La cessione del Veneto (Firenze 1906). Nell’abitazione del Grande Ammiraglio era conservata la stampa «Arrivo a Venezia del generale Genova Thaon di Revel» (da «L’Emporio pittoresco» del 1866), in occasione dell’annessione del Veneto all’Italia, di cui peraltro lo stesso Ammiraglio avrebbe celebrato il Cinquantenario nel 1916 quando, come vedremo, ricoprirà la carica di Comandante in Capo della piazzaforte marittima di Venezia.

(7) CTR, lettera di Paolo Boselli al Grande Ammiraglio in data 8 novembre 1931; quest’ultimo, poco contento del magro commento critico di Gentile, fece premettere la lettera del Boselli a tutte le copie del libro in parola in suo possesso.

(8) Ottavio aveva sposato dapprima Wilhelmina Dorià Cirié e poi Teresa Caccia da Romentino, da cui aveva avuto due figli: Ignazio, erede del titolo comitale e Alessandro (1841-1858). Sul ruolo di Ottavio nei fatti del1848, A. Colombo, «Ottavio Thaon di Revel nel1848» in Rassegna mensile municipale di Torino, giugno 1831. Per il giu- dizio di Cavour che, nonostante la divergenza di vedute, gli affidò la trattativa per il prestito britannico Hambro che avrebbe finanziato le campagne risorgimentali, vds. CTR, Lettera di Cavour al conte De Raymondi, in data 17 agosto 1847.

(9) I de Regard sono discendenti, sempre secondo la tradizione familiare, dalla famiglia Claudia de’ Riguardati di Spoleto, di cui avrebbe fatto parte Abbondanza de’ Riguardati di Norcia, madre di S. Benedetto.

(10) La filza dell’epistolario Lettere alla Madre rappresenta il primo filone documentario a cui possiamo attingere nell’archivio Revel. Si tratta di un epistolario costituito da ben 242 lettere, che abbracciano il periodo febbraio 1870- febbraio 1883 (la contessa Carolina sarebbe infatti scomparsa il 2 aprile 1884). A tali lettere del figlio Paolo se ne devono poi aggiungere altre 15, come accennato, di Ufficiali della R. Marina e degli educatori di Paolo. La lingua abi- tuale, secondo gli usi del tempo, è il francese, che solo raramente viene sostituito dall’italiano.

(11) Ferra Libraire, editeurs, 16 Rue des Grands Augustins, Paris 1843.

(12) Ex - R.D. 27 maggio 1869, art. 1 - alinea B, al giovane Paolo viene accordata la frequenza gratuita, come co- municato alla madre con lettera prot. 283 della R. Scuola di Marina di Napoli in data 7 agosto 1873.

(13) Voghera, Roma 1897, p. 215 e segg. Tra l’altro Vecchj candidamente confessa come «in su le prime gli Stati Uniti mi paiono un paese inintellegibile».

(14) Mentre il fratello Adriano era entrato nella carriera militare, il gemello Vittorio aveva brillantemente in- trapreso quella consolare, una delle tre carriere superiori previste dal «Regolamento per l’ammissione degli aspi- ranti alla carriera della R. Segreteria di Stato per gli Affari Esteri» (le altre due erano l’interna e la diplomatica vera e propria che però, ricordiamo, sino al 1923, esigeva che i candidati godessero di una propria rendita).

(15) Il cordoglio per la scomparsa del Re, dalla quale Paolo evidentemente era stato profondamente colpito, torna anche nel suo Giornale particolare, scritto all’epoca dell’imbarco sul Regio Piro-Ariete Affondatore (CTR), dove il giovane guardiamarina si diffonde a parlare delle solenni esequie che Roma aveva riservato al sovrano, alle quali aveva personalmente partecipato.

Supplemento alla Rivista Marittima

(25)

Giugno 2017

Non c’è compito forse più arduo per lo studioso che descrivere la vita di un uf- ficiale di Marina. Spesso infatti (ed è pos- sibile rendersene conto nell’esame del fondo archivistico «biografie» conser- vato all’Ufficio Storico della Marina) non è disponibile che una semplice ed essen- ziale griglia di dati relativi alle destina- zioni di servizio, a bordo e a terra, ai progressivi avanzamenti di grado matu- rati nel corso della carriera, a cui è diffi- cile dare un contenuto più personale.

Tutto qui. Naturalmente, quando si tratta di un personaggio destinato ad ascendere ai vertici della gerarchia e ad assumere una rilevante funzione istitu- zionale nelle diverse contingenze stori- che della vita del Paese, come giustamente mettono in evidenza i bio- grafi del Grande Ammiraglio (per esem- pio Luigi Arimattei), anche le cosiddette

«date minori» risultano utili per illu- strare la caratura progressivamente as- sunta dal personaggio in parola, «per dare risalto alla rapidità con cui il futuro Capo supremo della Marina italiana do- veva percorrere tutti i gradi della sua splendente carriera». E naturalmente, nei diversi incarichi e destinazioni che si succedono a ritmo così serrato, bisogna anche ricostruire il carattere dell’uomo, l’indole del personaggio, che ci offrono in un certo qual senso la chiave privile- giata per meglio comprendere molti epi- sodi, determinate scelte, il carattere improntato ad un rigido senso del-

l’onore e a una morale di stampo antico, la concezione quasi «mistica » della di- sciplina che lo spinge ad espletare i do- veri del proprio incarico non per timore di pena o per speranza di premi futuri,

«nec spe nec metu», ma per assumersi sempre le proprie responsabilità, pa- gando il più delle volte di persona (anche per gli errori degli altri), sempre pronto ad accettare autentiche lezioni di vita da qualsiasi parte esse potessero provenire.

«Severissimo verso se stesso — aggiun- gono i suoi biografi — era severissimo verso il prossimo, ma sempre meno, via via che si scendeva nella gerarchia o nella scala sociale, il che lo faceva rispettare da tutti e amare da molti, specialmente dagli inferiori». Un approccio basato sulla comprensione, condivisione e ascolto, af- fabilità, generosità e umiltà (e non senza un pizzico di umorismo) sono concetti e valori che Revel ci propone sua sponte, molto tempo prima di quanto professato dalle moderne teorie del management delle risorse umane che tendono proprio a una rilegittimazione di una leadership responsabile. E quello che colpisce più di tutto nelle corrispondenze private di Revel, quando parla della sua vita a bordo, è la sensazione pervasiva di sen- tirsi parte di un tutto, soprattutto un senso di appartenenza orgogliosa, uno spirito di gruppo e, diremmo oggi in ter- mini sociologici, un cameratismo soli- dale, sempre rispettoso dei ruoli e dei CAPITOLO SECONDO

CARRIERA DI UN UOMO DI MARE

(26)

ranghi. Da guardiamarina, mentre stava ordinando una manovra con un tempo d’inferno, sentì un marinaio che, sotto il diluvio che imperversava, esclamava: «Eh già! Lui fa presto a comandare, ha il cap- potto lui e non si bagna di certo». Al che Revel si tolse immediatamente la cerata in modo da affrontare gli stessi disagi del marinaio; aveva ricevuto una di quelle le- zioni che non avrebbe dimenticato facil- mente!. Revel aveva un altissimo senso della responsabilità, propria e altrui, e il giudizio peggiore che poteva emettere su una persona era «non lo ha fatto perché aveva paura delle responsabilità». E quanto agli ‘ordini’ era sempre convinto che, se non venivano eseguiti alla perfe- zione, la colpa era di chi li aveva impartiti in maniera non chiara, donde la costante preoccupazione di assicurarsi sempre che un ordine venisse ben compreso.

Del periodo in cui fu imbarcato sull’Af- fondatore, esiste, come accennato, un

«Giornale particolare di Paolo di Revel», denso di calcoli astronomici, di dati tec- nici, con un’attenta disamina dei pro- blemi inerenti alla navigazione, effettuata con la descrizione della quotidiana rou- tine di bordo di un’unità da guerra in tempo di pace, ma anche ricca di spunti per quanto riguarda il contesto storico- geografico delle località visitate dall’unità nella sua campagna nel Mediterraneo orientale (fine gennaio-agosto 1878), nello stile della letteratura dei viaggi.

Con particolare attenzione il giovane Revel segue, per esempio, gli esercizi di tiro dell’unità durante la navigazione da Salonicco a Volos (11 maggio 1878) e analizza criticamente le mende tecniche di quella nave che, appena dodici anni prima, era stata additata come la nave - miracolo della R. Marina, anche se nello scontro navale di Lissa non aveva affatto dato buona prova di sé (i tempi troppo lunghi dell’evoluzione dei pezzi, l’ecces- siva loro bassezza rispetto alla coperta, la scarsa libertà di brandeggio limitata

dalle sovrastrutture stesse, l’incomodo sistema di caricamento). Le note tecni- che sui problemi inerenti al servizio (tiro e manovra) sono la caratteristica più marcata del suo «Giornale», con cui si immerge sempre più nella propria pro- fessione. Durante la sosta a Smirne, tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo, una chiromante gli predice che, dopo aver raggiunto le massime soddisfazioni dalla sua carriera, alla fine «sarebbe morto sulla paglia». Come vedremo, tale profezia avrebbe avuto, durante la sua lunga vita, interpretazioni diverse da parte dello stesso Revel che, solo al ter- mine della sua esistenza, arrivò a com- prenderne il significato più profondo.

Un’esperienza eccezionale si offre poi a Revel quando imbarca sulla fregata ad elica Garibaldi che si appresta a com- piere il suo secondo viaggio di circum- navigazione del mondo (aprile 1879-agosto 1882), dopo quello degli anni 1872-’74. Il sesto invero effettuato da una nave della R. Marina. I precedenti peripli del mondo si devono infatti alla pirocorvetta Magenta (1866-’69), alla corvetta Vettor Pisani (sia nel 1871-’73 che nel 1874-’77) e all’incrociatore Cri- stoforo Colombo (1877-’79). E nel poco più di mezzo secolo che intercorre tra la proclamazione del Regno e l’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, cioè dal 1861 al 1915, nel con- testo di settanta campagne oceaniche ef- fettuate dalle unità della R. Marina, i viaggi di circumnavigazione saliranno a ben ventuno. Per dirla in estrema sintesi, la letteratura critica (16) ha messo bene in evidenza quali siano le complesse mo- tivazioni d’ordine politico — diploma- tico — economico e scientifico che spingevano le navi della «Nuova Italia» a

«mostrare la bandiera» nei mari del mondo, con le sue missioni di presenza e immagine. La Marina costituiva, allora come oggi, la «finestra sul mondo» e la

«prima portavoce» degli interessi nazio-

Supplemento alla Rivista Marittima

(27)

Giugno 2017

nali nella sua «proie- zione» su scala interna- zionale, godendo sempre dell’immunità dell’amba- sciatore e della forza del soldato, come scrisse ai suoi tempi l’ammiraglio Virgilio Spigai, ovvero presentandosi «come braccio secolare della po- litica estera, a comple- mento, sostegno e sostituzione della diplo- mazia», come ebbe a esprimersi l’ambascia- tore Walter Maccotta, col- laboratore storico della Rivista Marittima. In ma- niera più stringata “un mix di hard e soft power”, come diremmo ai nostri giorni. Nel periodo consi-

derato, in particolare, sotto un profilo sociologico, l’ufficiale della R. Marina per la sua estrazione elitaria (si trattava in genere di figli ‘cadetti’ di famiglie no- biliari, come nel caso di Revel), i legami personali e familiari, i severi studi com- piuti, la conoscenza delle lingue, il sa- persi muovere con disinvoltura negli ambienti internazionali, viene visto come un vero e proprio ‘alter ego’ del prototipo del diplomatico del tempo, at- tore di un collegamento sempre più stretto fra azione diplomatica, politica navale e conquista dei mercati esteri in funzione di un programma ‘organico’ di espansione nel mondo dell’Italia, appena uscita dal Risorgimento nazionale.

Per due episodi, il viaggio intorno al mondo della fregata Garibaldi merita di essere ricordato. Innanzitutto, per il ruolo svolto a protezione delle comunità di italiani all’estero in una delle ricor- renti crisi politico-militari sudamericane (il conflitto tra Cile e Perù). In secondo luogo, per il contributo dato, nel viaggio di ritorno, al principio della libertà di na-

vigazione con la riapertura del Canale di Suez alla navigazione internazionale, durante la crisi provocata dalla rivolta xenofoba di Arabi Pascià nel 1882. Il modo in cui Revel (promosso sottote- nente di vascello il 1° luglio 1880) vive una tale esperienza, lo possiamo pun- tualmente ricostruire dalle Lettere alla madre del periodo (dal 4 aprile 1879 al 16 luglio 1882), un complesso documen- tario imponente (ben 73 lettere), attra- verso cui possiamo ripercorrere analiticamente quest’esperienza alta- mente formativa non solo sotto il profilo strettamente nautico-tecnico, ma anche dal punto di vista, se così vogliamo esprimerci, politico-internazionale. Nelle numerose tappe di questa straordinaria esperienza internazionale, che peraltro ben conosciamo attraverso una serie di testimonianze incrociate (16), l’epistola- rio di Thaon di Revel ci offre lo specchio fedele delle sue impressioni, come uomo e come marinaio, con una maturazione ben diversa da quel semplice spirito di servizio che sembrava dominare le pa-

Sulla fregata GARIBALDI, al comando di Costan tino Morin, negli anni 1879-1882 il sottotenente di vascello Revel matura un'eccezionale esperienza con il giro del mondo, in cui i fatti più salienti furono costituiti dalla guerra in corso tra il Cile e il Perù e la riapertura, effettuata dal 'unità ita liana stessa, del Canale di Suez alla na- vigazione internazionale (foto Ufficio Storico della Marina Militare).

(28)

gine del «Giornale dell’Affondatore». Il giovane sottotenente di vascello si co- mincia ad aprire ad una visione più vasta dei problemi inerenti alla naviga- zione, a un’immagine più complessa delle persone che ha occasione d’incon- trare e dei Paesi che ha la ventura di vi- sitare. Nei Paesi «très intéressants et peu connus», le forti impressioni si succe- dono incalzanti: dallo stretto di Magel- lano, che ad un certo punto gli sembra quasi un lago circondato da altissime montagne, in cui non si vede più né l’en- trata né la possibilità d’uscita, alla quasi palpabile immensità del Pacifico in cui

«nous avons perdu de vue toute éspèce de terre», alle descrizioni a forti tinte delle città straniere conosciute, al modo sempre cauto ma preciso in cui cerca di penetrare a poco a poco nella realtà più intima dei Paesi visitati. Il Perù, per esempio, gli appare il paese «où l’on change de gouvernement à tous mo- ments» e, naturalmente, la sua atten- zione è attratta in particolare dalle vicende militari e navali della guerra al- lora in corso (come il bombardamento navale cileno della città di Arica o il blocco navale alle coste peruviane) come pure da minori episodi di guerra (ad esempio, l’attacco di una torpediniera ci- lena contro la fregata peruviana Union).

E naturalmente, se è vero che «tutto il mondo è paese», come recita il vecchio adagio, particolarmente lusingato sarà Revel quando, nel colloquio con alcuni ufficiali savoiardi della Marina francese, sentirà parlare in termini molto lusin- ghieri della famiglia de Vars, la famiglia della madre. Tra i libri letti durante la lunga crociera all’estero, troviamo «Imi- tation de Jésus-Christ», opera che la madre gli aveva donato al momento di partire per il collegio S. Anna (con la de- dica «Aime toujours Dieu et n ‘oublie pas que de ta conduite dépend le bonheur de ta mère»), mentre dai libri e dalle riviste che chiede alla madre si può chiara-

mente capire come Revel sia in grado di apprezzare quella che è stata definita

«la deliziosa polverosità di un classico», di riconoscere quella che Proust definiva

«le Vernis des Maîtres» In definitiva come la cultura sia per lui più che mai

«l’arte dell’imparare» nel senso più pro- fondo, direi crociano, del concetto. Se la sosta a San Francisco non fa che confer- mare il suo giudizio precedentemente espresso sugli Stati Uniti, il Giappone in un certo senso lo delude (e non si perita di dichiararlo apertamente), anzi gli pro- cura un certo fastidio l’eccessivo forma- lismo e la troppo zelante esteriorità, unitamente alla «très peu de decence»,

Supplemento alla Rivista Marittima Un'immagine di Thaon di Revel da tenente di vascello;

durante la permanenza in tale grado (1886-1895) rivestì l 'incarico di ufficiale d'ordinanza del principe Eugenio di Savoia-Carignano ed alternò numerose destinazioni d’imbarco (foto Uf ficio Storico della Marina Militare).

(29)

Giugno 2017

anche se non esita a riconoscere che è accompagnata da «très peu de malice».

Infine, come annota sempre nelle sue lettere, nel viaggio di ritorno, il passag- gio del Canale di Suez, pur in un conte- sto politico così farraginoso, è avvenuto

«senza il più piccolo fastidio». Tra gli imbarchi che si succedono in maniera continuativa dal novembre del 1882 al giugno del 1884 e, quindi, dal luglio del1888 al novembre del 1896 (vds. A.D.

- doc. n. 1), una parentesi interessante è costituita dal periodo in cui venne chia- mato a svolgere l’incarico di ufficiale d’ordinanza del principe Eugenio di Sa- voia-Carignano, un personaggio invero trascurato dalla storiografia, nonostante il ruolo di primo piano svolto durante tutte le campagne risorgimentali (17).

La permanenza presso la Casa militare del principe (formata da un colonnello e due ufficiali subalterni, uno dell’Esercito ed uno, appunto, della Marina) che abi- tava a Torino, a Palazzo Chiablese (18), risulta particolarmente gradita al Revel, sia per motivi personali (ritorno dopo molti anni nella sua città anche se da poco, purtroppo, è scomparsa la madre), sia per motivi d’ordine più generale in quanto la piccola corte del principe Euge- nio costituisce un osservatorio interes- sante che gli consente di riallacciare, con maggiore intensità, quelle relazioni so- ciali di famiglia che, nonostante tutto, erano sempre rimaste attive nel ristretto ambiente della nobiltà subalpina, la cui differenza da quella romana, come era solito ripetere, consisteva nel fatto che

«la prima aveva sempre dato, la seconda aveva sempre preso!». Inoltre il principe Eugenio, come ricorda Revel in numerose testimonianze del suo archivio, quasi esclusivamente di carattere personale e privato nel senso letterale del termine, era una persona simpatica e di spirito che tutte le sere, dopo il pranzo, aveva l’abi- tudine di riunire i propri ufficiali, raccon- tando e commentando fatti e aneddoti

della sua vita e di quella di personaggi di primo piano che, al di là di ogni carattere ufficiale, il Principe aveva conosciuto anche nei loro atteggiamenti privati. Tra queste testimonianze di vita vissuta ad esempio, il Principe raccontò di una volta in cui aveva venduto a Vittorio Emanuele un cavallo che zoppicava. Quando il Re se ne era accorto e aveva cercato ripetuta- mente di manifestare le proprie rimo- stranze sul dubbio «affare» che aveva concluso, il Principe lo aveva più volte messo a tacere, interrompendolo e cam- biando discorso. E quando la sera stessa Vittorio Emanuele riuscì finalmente a chiedergli la ragione di quel suo strano comportamento della mattina, quest’ul- timo gli rispose: «Voestu fe savé a tuti che t’ses stais...», cioè «Ma volevi proprio far sapere a tutti che sei stato uno stupido?».

Un’altra volta, al deputato Saracco, uomo della ‘sinistra’ che in una cerimonia pub- blica cercava di nascondere la Croce di cavaliere con il risvolto del proprio man- tello, il Principe, al quale non era sfuggita la manovra in corso, lo apostrofò con la seguente battuta: «Sarac, se i dà tant fa- stidi, ch‘as la gava» (Saracco se le procura tanti fastidi, se la tolga pure!).

In un’altra occasione fu lo stesso Revel che stava per cadere in uno degli inno- centi tranelli tesi dal Principe che l’aveva mandato, tra il serio e il faceto, dal prin- cipe Amedeo per l’adesione a una inizia- tiva benefica in favore dei reduci della campagna nell’Italia meridionale, ben sa- pendo come Amedeo fosse molto ‘spara- gnino’ nell’elargire contributi in denaro. A rimanere sorpreso questa volta però fu lo stesso Eugenio, quando il suo ufficiale d’ordinanza ritornò con una offerta ina- spettatamente lauta e, date le circostanze, addirittura sorprendente. Sicché cedendo alla curiosità, il Principe chiese a Revel come era riuscito in un’impresa ritenuta impossibile. Il suo segreto presto fu rive- lato: «L’ho chiamato Maestà!». Amedeo in- fatti era noto per la sua ‘debolezza’ di

Riferimenti

Documenti correlati

ENEA Ente per le Nuove tecnologie l’Energia e l’Ambiente Lungotevere Thaon di Revel, 76 00196 Roma... NUCLEARE DA FISSIONE Stato

Romano Nanni, direttore della Bi- blioteca e del Museo Leonardiano di Vinci, è morto a Empoli il 14 feb- braio 2014, a 61 anni, dopo essere stato colpito qualche anno fa da una

Ultima modifica scheda - data: 2020/11/03 Ultima modifica scheda - ora: 16.20 PUBBLICAZIONE SCHEDA. Pubblicazione scheda -

dell'assolutismo moderato -con intenzione di promuovere riforme- e vede di buon occhio intellettuali progressisti), lo nomina prima direttore della Gazzetta di Milano, poi (1769)

scattate da Alessandro Tosatto, si sottolinea anche il legame con la parrocchia di Vicopò, con cui San Paolo forma una «nuova parroc- chia», e nella quale «un circolo ricreativo

Al di là di questi interventi, contrattuali ed extra contrattuali, a difesa delle fasce più deboli della popolazione, alla fine dell’Ottocento va manifestandosi infatti

Ma Giovanni Battista Montini è stato anche l’ecclesiastico collaboratore di due Pontefici, soprattutto di Pio XII, riuscendone ad assimilare la capacità di direzione e

Nel pensiero di Giovanni Paolo II vi era uno sforzo di togliere alle espressioni ‘Europa orientale’ ed ‘Europa occidentale’ il significato (culturale, politico e anche