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Nel 2007, con “African American Literature and the Classicist Tradition”, Tracy L. Walters restringe il campo di indagine e incentra la propria ricerca esclusivamente sulla riscrittura del mito da parte delle donne, e in particolare dei miti incentrati sul tema della maternità largamente impiegati nella letteratura afro-americana. Lo studio della Walters rappresenta un importantissimo contributo allo studio della ricezione femminile dei classici e della mitologia classica in particolare. In esso, infatti, l‘autrice riconosce come doppiamente minoritario l‘approccio delle scrittrici afro-americane ai classici, nella misura in cui razza e genere hanno determinato in loro una doppia esclusione simile a quella esposta da Liz Lochhead in ambito scozzese.

For African American women writers in particular, the Persephone figure serves as an archetype for Black women who by virtue of their race and gender see themselves as double minorities oppressed by patriarchy. (Walters, 2007: 27)

Nel corso del ventesimo e del ventunesimo secolo le scrittrici afro- americane rivisitano il mito classico secondo una prospettiva non solo nera, ma specificatamente femminile. ―Like many other women […] Morrison‘s goal is to present classical myth from the Black female perspective‖, scrive Walters (2007: 114). Rovesciando infatti i modelli razzisti, sessisti, androcentrici ed egemonici di alcuni miti classici, esse inglobano nella narrazione una nuova tradizione mitologica che, affondando le proprie radici nell‘esperienza afro-

Marianna Pugliese

americana, include finalmente il soggetto nero femminile in tutta la sua interezza. La vita dei neri viene dunque raccontata per la prima volta dagli occhi dei neri, e per di più da una prospettiva interamente femminile.

Le figure mitiche di subalterne offese, tradite e rese cattive, oppure di donne forti che cercano e trovano il riscatto, trasformandosi così da vittime in carnefici, sono quelle che meglio si prestano a questo tipo di riscrittura, così come quelli legati in genere al tema della maternità. Ed ecco dunque che miti classici come quello di Demetra, di Persefone, di Niobe o di Medea vengono trasformati in figure femminili di madri dalla pelle scura che vivono il dramma della separazione dai propri figli o diventano assassine per necessità. Importanti tropi femminili, dunque, quali l‘incesto, l‘oppressione e la violazione sessuale, il rapporto tra madri e figlie, o la lotta per l‘affermazione della propria identità, diventano perni essenziali nell‘attività di riscrittura di Toni Morrison, e di quella femminile afro-americana in generale, poiché, trattandosi di veri e propri taboo all‘interno della stessa comunità nera, costituiscono delle verità nascoste da rivelare. Così facendo, l‘esperienza particolare delle donne afro-americane viene unita a quella delle madri mitiche in un legame eterno e atemporale che conferma l‘approccio universale della scrittura, ed offre finalmente alle scrittrici la possibilità di dar voce a chi troppo a lungo ha dovuto tacere o è stato solo incapace di poter parlare.

Nel 1773 Phillis Wheatley diede inizio alla complicata e incessante attività di riscrittura del mito da parte di scrittrici afro-americane, pubblicando la sua prima ed unica collezione di poesie intitolata “Poems on Various

Subjects, Religious and Moral”; da allora, la rielaborazione dei classici, e del

mito in particolare, continua a tingersi - per le scrittrici americane di discendenza africana - di molteplici colori che, nelle loro mille sfumature e tonalità, aiutano a ridipingere in maniera sempre nuova, e ogni volta meravigliosa, l‘originale.

Nel corso del diciottesimo e diciannovesimo secolo i neri si erano appropriati dei miti classici per dimostrare sostanzialmente la loro umanità agli occhi del bianco e del padrone. L‘utilizzo della tradizione dei bianchi, infatti, si poneva come una sfida attraverso cui dimostrare non solo la legittimità e la

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rispettabilità del genio poetico nero (contrariamente a quanto lo stesso Thomas Jefferson aveva pensato nel definire la poesia di Phillis Wheatley povera ed elementare, inferiore a quella bianca per forma e contenuti), quanto piuttosto per rivendicare uguale dignità e pari diritto ad essere ammessi al novero degli umani. Lo stupore e la soddisfazione che ne derivano sono palpabili nelle parole di William Sanders Scarborough:

I was on my program for my paper on ―The Chronological Order of Plato‘s Works‖, designing to prove the order in point of time of Plato‘s writings by the Greek used by him and by the circumstances that surrounded him at the time of writing. The [session] was held in the Rotunda of the University used as its library. The white aristocracy turned out in large numbers. There was hardly standing room. […] The feeling that came over me was a strange one, as I stepped forward to present my paper. Every eye was fixed upon me and a peculiar hush seemed to pervade the room. It was a rare moment. Like a flash the pas unrolled before my mind, my early Atlanta examinations, Calhoun‘s famous challenge, that no Negro could learn Greek. For a moment I felt embarrassed as I faced my audience aware too that they must experience a peculiar feeling at the situation – a Negro member of that learned body standing in intellectual manhood among equals and where no Negro had never been allowed to enter, save as a servant – a Negro to discuss the writings of a Greek philosopher. (Scarborough cit. in Ronnick, cur., 2005:121).

Molte donne afroamericane iniziano così a studiare i classici e a riscrivere miti per affermare non solo il diritto e la dignità di un‘esistenza, bensì il potere e la forza del sesso e della razza5. Nel corso degli anni quaranta e cinquanta del novecento, invece, al bisogno di dimostrare la propria umanità o la pari dignità intellettuale, si sostituisce un vero e proprio rifiuto per l‘astorica universalità del mito greco-romano, in favore del folklore afro- americano e della tradizione mitologica del vecchio continente nero.

By and large the Black novelists of the fifties rejected the a-historical universality of Greco-Roman myth and ritual for a mixture of Christian and social myths and rituals rooted in the particularity of the Black American experience. For example, the myth of Whyte supremacy and the rituals that reinforce and perpetuate the Manichean Black and White, evil and good, significations of Western mythology with its overtones of

5 Si veda, ad esempio, A Voice from the South (1892) di Anna Julia Cooper, in cui la marginalizzazione delle

donne viene per contrasto paragonata alla libertà e al rispetto riservati alle poetesse e alle scrittrici nell‘antica Grecia.

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an apocalyptic clash are still major sources for themes, symbols, and images in the novels of the fifties. (Bell, cit. in Walters, 2007: 10).

Questo cambio di direzione nella rielaborazione del mito che, nel corso degli anni cinquanta, dunque, vede gli scrittori afro-americani impegnati a riconsiderare i miti sociali e religiosi d‘Africa, e ad allontanarsi sempre più dai modelli occidentali, porterà nelle decadi successive alla nascita del cosiddetto ―Black Arts Movement‖. Basandosi sulle teorie politiche del nazionalismo nero (Black Power) e supportando il Civil Rights Movement (1955-1968), gli artisti appartenenti a questo movimento cercano di creare una nuova forma d‘arte popolare e politica. Attaccando tutti i valori della classe medio borghese bianca, e rigettando le convenzioni poetiche di origine occidentale, essi mirano a produrre un‘arte significativa per il popolo di colore, capace di promuovere l‘idea del separatismo nero6.

In questo scenario, a metà tra tradizione e innovazione, classicità e modernismo, Grecia e Africa, si colloca Toni Morrison con la sua innovativa estetica nera: riconoscendo l‘importanza di attingere ad ogni cultura per evincere i tratti universali dell‘esperienza umana, Toni Morrison non disdegna i modelli della tradizione classica, né lesina rimandi al folklore africano; al contrario, infonde nella propria narrativa entrambe le tradizioni, mescolando alla mitologia greca quella africana per esaltare i tratti comuni dell‘uomo ed esplorare al contempo il carattere universale del mito.

Contrariamente alle enormi difficoltà con cui sia la critica eurocentrica che quella afrocentrica riconoscono il legame tra la tradizione greco-romana e quella africana, Toni Morrison insiste sulle affinità tra le due culture e sui retaggi letterari del mito. Avvicinarsi alla tradizione classica non significa dover necessariamente sacrificare la voce nera: al contrario, come Toni Morrison dimostra, entrambe possono coesistere all‘interno della stessa narrativa che, così costruita, recupera il mito occidentale pur fondandosi saldamente nell‘esperienza nera.

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Tra le conseguenze più immediate e visibili di questo movimento vi fu sicuramente la nascita, a partire dai primi anni ‘70, di numerosi dipartimenti universitari votati allo studio della letteratura e della cultura afro- americana. In questo contesto, dunque, si comprende l‘importanza del sottocampo dei ―Classica Africana‖ quale primo luogo di incontro e confronto tra gli stessi autori afro-americani.

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