Capitolo II – il regime fiscale dei dividendi e degli interessi in ambito intra UE
3.1 Il Modello di Convenzione OCSE
essere quella facente riferimento al bilanciamento con il concetto di contesto, così come definito ex art. 31 nella Convenzione di Vienna, per cui qualsiasi rinvio al diritto interno deve attenersi e rispettare lo scopo del trattato e non permettere il venire in essere di circostanze di Doppia imposizione. Non sembra, infine, che il Commentario al Modello OCSE, di cui parleremo approfonditamente nel prossimo paragrafo, possa intervenire in soccorso dell’interprete nell’interpretazione diretta, non essendo né un documento vincolante riferibile alla singola convenzione contro la Doppia imposizione né una norma generalmente riconosciuta di diritto internazionale248. La dottrina maggioritaria ritiene che la posizione manifestata nel Commentario possa e debba essere presa in considerazione per determinare se il contesto effettivamente richieda una interpretazione diversa da quella fornita dal diritto nazionale.
Quanto detto finora in relazione all’art. 3 c.2 del Modello OCSE è dirimente alla sola
interpretazione non uniforme. Ai fini della nostra trattazione è comunque importante sottolineare che, ad esempio, l’interpretazione e circoscrizione dei termini “dividendi” e “interessi” è affidata all’interpretazione uniforme che ad essi attribuisce un significato preciso, rispettivamente agli articoli 10 c.3 e 11 c.3249.
uno strumento utilissimo ai fini interpretativi252 di carattere neutrale e slegato da logiche di forza contrattuale253.
Il percorso che ha portato alle prime versioni del Modello è stato lungo e denso di tentativi più o meno riusciti.
Le prime iniziative in tal senso, infatti, furono portate avanti, a partire dai primi anni ’20 del secolo scorso dalla Società delle Nazioni, con il grande contributo dei paesi del Sudamerica, che vedremo avere un ruolo importante nel complesso della materia avendo prodotto specificatamente un cd.
Modello Sudamericano.
Il successivo passo venne fatto dal neo denominato OCSE nel 1963, con la pubblicazione del modello e relativo commentario intitolato: “Draft Double Taxation Convention on Income and Capital”, a cui contestualmente all’uscita si promettevano già future modifiche e revisioni.
Queste vennero a concretizzarsi nel 1977 con la prima vera e propria versione di quello che
conosciamo come Modello OCSE contro la Doppia imposizione. Le modifiche più rilevanti rispetto alla versione del ’63 riguardavano, in realtà, non tanto il Modello in sé quanto piuttosto il
Commentario, redatto con una funzione di accompagnamento e di interpretazione delle norme contenute nel primo.
Nel corso del tempo vennero compiuti ulteriori studi che, in concerto con la decisione del 1991 di adottare il principio della dinamicità e quindi a una revisione costante, portarono ad uno sviluppo sempre più rapido. Nel 1992 vide la luce un nuovo Modello che, così come avvenuto con il precedente, apportava sostanziali modifiche per lo più al solo Commentario.
Le ultime due versioni più recenti sono, infine, quella del 2003, quella del 2014 e quella del 2017, frammezzate da una serie di interventi occorsi fra l’uno e l’altro attraverso i cosiddetti Drafts Contents. I più rilevanti ai fini della nostra ricerca sono quelli del 2005, in cui state apportate delle modifiche all’art. 10 paragrafo 13, in materia di dividendi e all’articolo 11 paragrafi 7-17 e 30 per gli interessi. Nel 2008, invece, il Comitato per gli affari fiscali ha reinterpretato quanto contenuto nel Commentario, in riferimento all’articolo 10 del Modello nella parte relativa gli utili distribuiti da soggetti operanti nel settore del Real Estate. Importante sottolineare il fatto che i vari interventi e proposte contenuti nei Drafts sono poi stati in seguito accolti nella versione del 2014, con un
esempio su tutti dato dalla proposta di revisione del concetto di Beneficiario effettivo avanzata nel
252 D’AGNONE, Sulla rilevanza a fini interpretativi del commentario al modello OCSE sulla Doppia imposizione fiscale: la Cassazione cambia orientamento, nota a Cass. n. 1811 17 gennaio 2014, in Rivista Diritto e Pratica Trib., n.
3, 2014, p. 1069
253 VALENTE, Convenzioni internazionali contro le Doppie imposizioni, in Ipsoa Manuali, Milano, Wolters Kluwer, 2016, p. 42
2012 e appunto codificata nel Modello del 2014 e confermata nelle modifiche del 2017.
Quest’ultima versione presenta, come novità, il coordinamento con le 15 actions previste dal progetto BEPS del 2013 e 2015. Il Modello 2017 è, infatti, stato elaborato seguendo il nuovo paradigma suggerito proprio dall’OCSE e in fase di attuazione anche da parte dei paesi del G20 con lo scopo di implementare gli strumenti multilaterali in modo da affiancarli a quelli bilaterali per incidere maggiormente sui fenomeni di Doppia imposizione254.
Terminati i cenni storici, proseguiamo nell’analisi del Modello e del ruolo del Commentario OCSE analizzandone la struttura. Esso è composto da 7 capitoli per complessivi 31articoli. Andando per ordine in modo molto chiaro, nei primi due sono riportati i requisiti soggettivi e oggettivi per
vedersi applicato il Modello. Successivamente, il già analizzato, articolo 3 elenca alcune definizioni generali per la comprensione e interpretazione del testo, lasciando poi a due separati e singoli articoli (il 4 e 5) il compito di disciplinare rispettivamente i fondamentali concetti di residenza e stabile organizzazione. Il capitolo successivo (cap. III) è dedicato alle singole categorie reddituali.
Questo capitolo è, per chi scrive, il fulcro della funzione ultima del Modello, avendosi in queste pagine la distribuzione dei poteri impositivi tra i differenti stati in relazione ai differenti tipi di reddito. Tali poteri posso concernere uno solo dei paesi contraenti in via esclusiva ovvero essere esercitabili da tutti gli stati coinvolti, in misura piena o limitata a soglie prestabilite.
Il problema più rilevante si pone nel momento in cui è necessario qualificare alcune fattispecie dubbie all’interno delle singole e diverse categorie reddituali, un po' come visto, all’interno dell’ordinamento italiano, per la suddivisione dei proventi finanziari nelle categorie dei redditi di capitale e diversi.
In questo caso, però è lo stesso Modello a fornire, attraverso l’interpretazione uniforme e le definizioni generali del secondo capitolo, gli strumenti per muoversi in tale ambito, a meno che queste non facciano rinvio a norme interne dei singoli stati, attraverso l’interpretazione non uniforme, che potrebbero riservare qualificazioni reddituali diverse e fattispecie identiche255. Non si dirada del tutto la nebbia nel caso in cui i proventi coinvolti siano ascrivibili a situazioni border line tra il reddito d’impresa, disciplinato all’art. 7 e i redditi costituiti da plusvalenze, dividendi, e interessi, soggetti, ad esempio in Italia, al principio di attrazione del reddito d’impresa, ponendosi il dubbio se la relativa disciplina vada ricercata nell’articolo 7 o negli altri e quale disciplina debba prevalere in caso di contrasto. La questione è stata risolta in parte facendo riferimento a specifici articoli interpretativi del Modello stesso e in parte utilizzando la regola generale del “trattamento separato”. Questo non prevede alcuna attrazione nel reddito d’impresa ma
254 VALENTE, Il nuovo modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni: profili di novità, in Il Fisco, n° 6, 2018, p. 558
255 CORDEIRO GUERRA, Diritto Trib. Internazionale, II ed., Milano, Wolters Kluwer, 2016, p. 426
anzi all’articolo 7 è lasciato un ruolo residuale, per cui nel caso degli utili, ad esempio, questi entreranno a far parte di questa categoria solo nel caso in cui non si tratti di tipologie di utili
disciplinati da altre norme, come avviene per i dividendi e interessi agli articoli 10 e 11 del Modello per cui la disciplina sarà la medesima sia che siano percepiti da una persona fisica non esercente attività d’impresa sia quando siano percepiti da un soggetto che, invece, svolga attività d’impresa256. Si può dire, perciò, che ogni tipologia di reddito è disciplinata dal corrispondente articolo
convenzionale ad essa dedicata.257
Bisogna, comunque, evidenziare che in alcuni casi sono previste da queste stesse norme speciali alcune deroghe, come nell’articolo 10 c.4 e nell’articolo 11 c.4, per cui alcune tipologie di dividendi e interessi percepiti da stabili organizzazioni (come qualificate dall’art. 5 Modello) nello stato della fonte, sono ricondotte alla disciplina imputata alla categoria dei redditi d’impresa, secondo il principio generale dell’attrazione nel reddito d’impresa.
I capitoli successivi, per concludere, sono dedicati nell’ordine alle imposte sul patrimonio (cap. IV), ai metodi contro la doppia imposizione e quindi esenzione e credito d’imposta (cap. V), ad alcuni principi cardine nonché alle procedure amichevoli e di cooperazione (cap. VI), e, per terminare, alle modalità di entrata in vigore e cessazione della validità (cap. VII).