Capitolo II – il regime fiscale dei dividendi e degli interessi in ambito intra UE
3.3 I dividendi nel Modello OCSE (l’articolo 10)
3.3.2 Il regime di tassazione previsto dal Modello: il tema del beneficiario effettivo nei
infatti, ha rimesso nelle mani del giudice del rinvio, di volta in volta, la valutazione dell’effettiva idoneità della disciplina dell’altro stato contraente ad evitare la Doppia imposizione e quindi di valutare l’effettiva imposta di cui i dividendi sono stati gravati. A detta di alcuni studiosi, si tratta però anche di un’occasione persa per affermare il principio dell’alternatività della scelta del contribuente tra il regime della Direttiva e il regime della convenzione di riferimento269.
3.3.2 Il regime di tassazione previsto dal Modello: il tema del beneficiario effettivo nei dividendi
L’imposizione dello stato in cui è residente la società erogante è tuttavia limitata nell’applicazione delle aliquote sulla ritenuta dalla effettività o meno del soggetto percettore nella qualifica di beneficiario.
Se infatti, per il soggetto che venga riconosciuto come beneficiario simulato è prevista un’aliquota pari al 15%, per il soggetto percettore che invece non sia considerato tale ma effettivo e che sia una società in posseso del 25% del capitale del soggetto distributore, l’aliquota si abbassa
considerevolmente sino al 5%. Rispetto a tale previsione si possono riconoscere due differenze con la disciplina della Direttiva Madre-figlia: in primis, qui è richiesta una maggior presenza nelle quote della società controllata e, in secundis, lo diciamo adesso, non è previsto un periodo di tempo
268 SCHETTINI, GIANNELLI, La Direttiva Madre-figlia e il credito d’imposta sui dividendi ai sensi della convenzione Italia-Francia, nota a Cass. sentenza n. 23367, 6 ottobre 2017, in Diritto Bancario, 7 novembre 2017
269 MANZITTI, La doppia imposizione internazionale nel difficile coordinamento tra convenzioni bilaterali e direttiva Madre-figlia, nota a Cass. sentenza n. 2313 31 gennaio 2020, in Rivista telematica Dir. Trib., 22 aprile 2020
minimo di possesso delle quote antecedente alla distribuzione. A rilevare, infatti, è semplicemente il possesso al momento in cui i dividendi sono distribuiti agli azionisti. Il periodo minimo di tempo prima della distribuzione potrebbe essere inserito facoltativamente in sede bilaterale ma il Modello non lo prevede per esigenze di semplicità celerità nell’accertamento dei requisiti. Questa
deregulation può, però dar vita a fenomeni per cui gli aumenti di capitale per raggiungere la soglia del 25% potrebbero essere fatti solo nell’imminenza delle distribuzioni e l’unico modo per
contrastarle e non riconoscere la riduzione dell’aliquota è, quindi, solo quello di appellarsi al divieto dell’abuso del diritto270.
Le aliquote sopraindicate possono comunque subire delle variazioni, essendo concesso agli stati inserire delle riserve, riportate ai paragrafi 69-81. Esempi possono essere la previsione australiana di tassare sempre a non meno del 15% i dividendi erogati a società residenti in Australia o la riserva del Canada nell’applicare un’imposta alla fonte con aliquota al 10% per le holding. L’Italia, invece, prevede l’aliquota del 5% solo per partecipazioni dirette superiori al 50% mentre per quelle inferiori applica la riserva.
Per quanto riguarda la modalità con cui attuare il prelievo, gli stati membri OCSE non hanno vincoli particolari in forza del Modello e possono alternativamente scegliere tra due opzioni: 1) attraverso la celeberrima ritenuta alla fonte a titolo d’imposta operata dalla società che eroga gli utili; 2) attraverso l’autoliquidazione indicandoli in dichiarazione dei redditi, attraverso l’aliquota
“normale” prevista ottenendo il rimborso per la parte pari alla differenza tra questa e l’aliquota pattuita in sede convenzionale.
Passiamo ora a trattare una figura o un istituto che abbiamo già visto considerato, seppur attraverso modalità differenti, nelle Direttive 96/2011 e 49/2003. Stiamo parlando della clausola del Beneficial owner, che anche nel Modello OCSE riveste un ruolo rilevante per l’applicazione delle aliquote più favorevoli.
Il beneficiario effettivo ha nel Modello OCSE due scopi: in prima istanza, la funzione attribuita anche ad un’altra serie di clausole e cioè quella di fornire un efficace meccanismo antiabuso. Il suo scopo è, infatti, quello di impedire che soggetti che non avrebbero diritto ad un trattamento
favorevole previsto da un trattato contro la Doppia imposizione, ne beneficino invece, interponendo tra il soggetto erogante e se stessi una società conduit o anche detta “passante” che risponda invece ai requisiti per l’agevolazione pur essendo però una mera beneficiaria simulata. Ha, in più, la
270 VALENTE, Convenzioni internazionali contro le Doppie imposizioni, in Ipsoa Manuali, Milano, Wolters Kluwer, 2016, p. 582
finalità di far ricondurre nel reddito d’impresa, ex art. 7 Modello, i redditi percepiti dal beneficiario effettivo che nello stato della fonte eserciti la propria attività attraverso una stabile organizzazione.
Questa clausola ha visto la sua prima apparizione nella versione del Modello del 2005. Nel corso del tempo è stata poi oggetto dell’attenzione di molti studiosi e operatori che hanno elaborato diverse teorie e proposte in merito. Queste indicazioni sono poi state accolte dall’OCSE nel Commentario del 2014, specificatamente, con l’intervento sugli articoli 10, 11, e 12 del Modello.
Ricordiamo che la sua nozione è stata introdotta per chiarire il significato dell’espressione dell’art.
10 par. 2 “pagati... a un residente” e perciò, nel 2014 si è intervenuti indicando come l’interpretazione della clausola dovesse farsi nel rispetto del suo obiettivo primario.
L’interpretazione è quindi quella di non prevedere un obbligo, per lo stato della fonte, di astensione dall’imposizione sui redditi in forma di dividendi percepiti direttamente da un soggetto residente in uno stato con cui abbia stipulato una convenzione.
Questa interpretazione suggerisce quindi una nozione a-tecnica e non restrittiva diversa da quella che potrebbe essere indicata dal diritto dello stato che la applica271. Il significato dell’espressione va quindi individuato non attraverso il rinvio al diritto interno, che tra l’altro in alcuni casi come quello italiano non ne fornisce neanche una definizione specifica, secondo quanto sarebbe prescritto
dall’art. 3 par. del Modello, ma facendo riferimento alla norma derogatoria per cui è il contesto a rilevare e, quindi, nel caso concreto, facendo riferimento alla nozione fornita nelle singole convenzioni e al suo scopo antielusivo che in esse ricopre e alla nozione, per i paesi membri dell’UE, fornita nella Direttiva Interessi-canoni. Quest’ultima definizione si discosta, però, da quella contenuta nel Commentario del 2014.
Ciò ha creato problemi anche alla stessa Corte di Cassazione che in un primo momento ha riconosciuto come valida la definizione del Commentario 2014, per poi discostarvisi in più
occasioni, affermando come il beneficiario effettivo sia colui che ha “la disponibilità economica e giuridica del provento formalmente percepito272”. La confusione è evidente pensando a come nel Commentario “la mera retrocessione del controvalore economico di dividendi, interessi e canoni non è sufficiente ad escludere la qualità di effettivo beneficiario del diretto percipiente,
richiedendosi infatti che tale retrocessione sia anche “dipendente” dalla percezione di tali proventi273. Solo successivamente si è ripresa la reale definizione del Commentario, evidenziando
271 ESCALAR, La nuova definizione OCSE di beneficiario effettivo, in Corriere Tributario, n° 47, 2017, p. 3685
272 Corte di Cass. n. 25281/2015
273 ESCALAR, La nuova definizione OCSE di beneficiario effettivo, in Corriere Tributario, n° 47, 2017, p.3689
che il soggetto a cui è riservato il godimento dei dividendi in questione sia il destinatario finale e non un semplice intermediario o agente.
Così come abbiamo visto anche in ambito europeo, vediamo adesso il rapporto tra le clausole antiabuso del diritto e la clausola del beneficiario effettivo.
Infatti, il riconoscimento della qualifica di beneficiario effettivo non implica che non possano essere applicate eventuali norme antiabuso, con il conseguente disconoscimento delle agevolazioni
previste negli articoli 10,11,12 del Modello. Questo è ciò che prevede il paragrafo 12.5 del Commentario rispetto l’art. 10.
Il rispetto della clausola del beneficiario effettivo dimostra solamente che il percipiente non ha poi l’obbligo di ritrasferire i proventi ad un altro soggetto. Ciò non toglie, però, che siano realizzate altre condotte elusive. Allo stesso modo si può affermare che una condotta elusiva di altro genere non debba implicare il mancato riconoscimento del ruolo di beneficiario effettivo.
Il riconoscimento dei vantaggi prescritti dagli articoli 10, 11 e 12 potrebbe essere disconosciuto ad un soggetto che sia beneficiario effettivo solo in forza di una determinata norma antielusiva contenuta nel trattato. Il problema è che poche convenzioni bilaterali contengono tali norme non essendo stipulate con l’obiettivo primario di combattere la Doppia non imposizione e l’elusione e di tale problematica è ben conscia l’OCSE che sta, a tal proposito, spingendo per l’adozione di accordi multilaterali in tal senso, con norme antielusive di carattere generale come previsto dall’art. 7 della Convenzione multilaterale OCSE. L’importanza di norme antielusive previste a livello pattizio è riconducibile anche al fatto che le singole norme antielusive italiane non possono portare al disconoscimento dei vantaggi a colui che a livello internazionale sia il beneficial owner per il principio pacta sunt servanda, per gli articoli 26 e 27 della Convenzione di Vienna e per l’art. 75 del D.P.R. 600/1973.
Per concludere, la negazione dei vantaggi fiscali derivanti dallo status di beneficiario effettivo può avvenire solo per mano di specifiche norme antielusive a livello di fonti convenzionali ovvero ad opera di norme interne ma solo se capaci di disconoscere la qualificazione di effettivo percettore di tali dividendi.