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MODELLO CON EFFETTI CASUALI ED EFFETT

3.2 – I modelli econometric

MODELLO CON EFFETTI CASUALI ED EFFETT

MODELLO CON EFFETTI CASUALI ED EFFETTI

TEMPORALI SOFFERENZE

INDUSTRIALI Coefficiente p-value Coefficiente p-value

Num Banche 3,871 0,011 ** 4,871 0,000 ***

Gdp per capita 0,017 7,01e-06 *** 0,013 0,000 ***

SOFFERENZE

COSTRUZIONI Coefficiente p-value Coefficiente p-value

Num Banche 13,491 0,000 *** 17,080 1,38e-05 ***

Gdp per capita 0,022 0,031 ** 0,015 0,125

SOFFERENZE

SERVIZI Coefficiente p-value Coefficiente p-value

Num Banche 5,484 0,008 *** 6,890 0,000 ***

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Nel modello con effetti casuali (con e senza effetti temporali) i coefficienti delle variabili indipendenti sono sempre positivi infatti non avvalorano la tesi secondo la quale all’aumentare del PIL le sofferenze bancarie diminuiscono, come molti studi hanno affermato. Allo stesso tempo, anche all’aumentare del numero di banche, l’ammontare delle sofferenze non diminuisce (come nel caso del modello con effetti fissi) ma aumenta, ciò significa che secondo questo modello un maggior numero di banche diminuisce il potere di mercato di ogni singola banca che per ottenere profitti concede prestiti anche a quei soggetti che sono considerati non bancabili. Tuttavia il Test di Hausman identifica questo modello come non consistente in quanto l’ipotesi che le stime siano consistenti sono verificate nel caso in cui l’effetto casuale non sia correlato con i regressori, ma questa ipotesi è spesso violata infatti un p-value molto vicino allo zero suggerisce il rifiuto dell’ipotesi nulla dei modelli con effetti casuali mentre avvalora il modello con effetti fissi.

Possiamo dunque concludere che le stime dei modelli con effetti fissi suggeriscono che all’aumentare del numero di banche e del gdp per capita di ogni provincia le sofferenze bancarie diminuiscono. Questo modello rende significativo l’effetto del prodotto interno lordo pro capite ed è fondamentale controllare per gli effetti inosservati che sono fissi nel tempo come la qualità del sistema giudiziario.

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CONCLUSIONI

Le sofferenze bancarie nel nostro Paese sono ingenti e le banche italiane devono saper sfruttare l’attuale contesto macro-economico ponendosi obiettivi lungimiranti: non solo quello di cancellare l’eredità della crisi ma anche quello di recuperare un adeguato livello di redditività per remunerare adeguatamente il capitale. Ciò potrà avvenire solo intensificando le azioni volte a ridurre i costi operativi e ad innalzare i livelli di efficienza e di produttività affrontando le sfide connesse con i forti cambiamenti in atto nella struttura del mercato e nelle esigenze della clientela. Affinchè queste azioni siano messe in atto in Italia è anche importante andare a snellire, semplificare e rendere più veloci le procedure giudiziali che sono troppo lunghe.

Per quanto riguarda l’analisi empirica condotta in questo elaborato è possibile concludere che il modello di regressione con effetti fissi è adatto allo studio delle sofferenze bancarie e conduce a risultati significativi sia da un punto di vista statistico che economico. Il modello effetti casuali, invece, sarebbe consistente solo se fosse verificata l’ipotesi che sta alla base (ossia che i regressori non sono correlati con il fattore inosservato), tuttavia questa ipotesi è violata come conferma il Test di Hausman. L’evidenza è dunque a favore del modello con effetti fissi.

I risultati del modello con effetti fissi con e senza effetti temporali sono che le sofferenze nette bancarie di ogni provincia si riducono all’aumentare della concorrenza bancaria e all’aumentare del PIL pro capite. In particolare, per quanto riguarda l’aumento del Prodotto Interno Lordo pro capite di ogni provincia, un miglioramento dell’attività economica, implica una riduzione dei valori delle sofferenze nette sia nel settore industriale che delle costruzioni e dei servizi. Per quanto riguarda il tema della concorrenza, ampiamente discusso in letteratura, e tuttora oggetto del dibattito sul trade-off tra concorrenza e stabilità, da questa analisi emerge che un aumento della concorrenza bancaria non è di per sé negativo, anzi induce ad una riduzione delle sofferenze bancarie. Un maggior numero di banche infatti non implica un aumento del rischio da parte delle banche e quindi un aumento delle sofferenze bancarie. È importante tuttavia notare che se non si tenesse conto degli effetti fissi non osservabili ma che sono presenti all’interno della provincia, avremmo il risultato opposto e quindi quello che viene fuori dal modello con effetti casuali.

Non sorprende il fatto che Wooldridge (2002) abbia dichiarato che il modello a effetti fissi si adatta meglio allo studio di regioni e territori in quanto è in grado di considerare

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l’esistenza di fattori inosservabili e invarianti. Infatti mentre il modello a effetti fissi assume una correlazione arbitraria tra le variabili indipendenti e la componente non osservata, il modello a effetti causali assume che la correlazione tra la variabili indipendenti osservate e variabili non osservate sia pari a zero.

Il risultato finale è che gli effetti delle province che sono fissi nel tempo sono molto importanti e, se non si tenesse conto di questi fattori che non si possono osservare e che non sono catturati dai regressori, verrebbe fuori la relazione opposta. In relazione a quanto emerso nella letteratura, in questo caso un fattore inosservato a livello di provincia potrebbe essere il grado di efficienza del sistema giudiziario. Dunque controllando grazie agli effetti fissi la qualità del sistema giudiziario a livello di provincia il risultato è che un aumento del numero di banche, che in questo studio rappresenta un indicatore dell’aumento della concorrenza porta, come un aumento del gdp per capita, ad una riduzione delle sofferenze nette bancarie.

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APPENDICE

1. Le tecniche di gestione

In questo paragrafo vengono trattate le tecniche di gestione utilizzate dalle banche per far fronte al problema dei crediti deteriorati e cercare di smaltirli, sebbene una soluzione vera e propria può essere individuata soltanto a priori: selezionare attentamente i soggetti a cui vengono concessi i prestiti. Nonostante ciò, esistono strumenti per arginare l’impatto negativo delle attività deteriorate quando esse sono già presenti nei bilanci delle banche.

Nobile (2017) ha affermato che per liberarsi di questi crediti i gruppi bancari hanno tre opzioni. La prima é iniziare un iter giuridico che porti alla risoluzione dei crediti in sofferenza con l’istituto finanziario che entra in possesso del collaterale, ma un processo di questo genere dura in media cinque anni. La seconda opzione è la vendita immediata di questi crediti cartolarizzati a condizioni di prezzo sfavorevole per le banche e un conseguente accantonamento delle perdite nel bilancio bancario. Questa seconda opzione è spesso accompagnata da aumenti di capitale, il cui successo in condizioni di volatilità non é sempre garantito. La terza opzione consiste nel rimanere in uno stato di inerzia, attendendo che il debitore insolvente ritorni solvente o che il prezzo offerto sul mercato per queste attività si avvicini a quello che la banca ha iscritto in bilancio. Ognuna di queste opzioni implica dei costi ma, negli ultimi mesi sono stati adottati provvedimenti legislativi per favorire la stabilità del sistema bancario italiano.

La riforma delle banche popolari e delle casse di credito cooperativo ha portato alla creazione del terzo polo bancario con la fusione tra il Banco Popolare e il Banco Popolare di Milano; la creazione del fondo Atlante (di natura privata, ma appoggiato indirettamente dallo Stato) ha evitato il fallimento di Veneto Banca e Popolare di Vicenza; l’introduzione di una garanzia pubblica sulla tranche senior dei crediti cartolarizzati porterà probabilmente ad un aumento di qualche punto base del prezzo di mercato dei crediti deteriorati, mentre le procedure di insolvenza introdotte nel 2016 potrebbero accelerare i tempi di recupero dei crediti deteriorati (in questo caso solo sui nuovi crediti e non su quelli già esistenti). Nonostante questi miglioramenti normativi non c’é all'orizzonte la possibilità di una soluzione bancaria sistemica e l’aspetto dei crediti deteriorati é solo una parte del problema perchè come dichiarato da Visco (2016) tutte le banche italiane devono accrescere la redditività, adeguando il modello di attività

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a un contesto di mercato profondamente mutato a seguito dell’evoluzione tecnologica e delle riforme regolamentari.

Mediobanca è intervenuta nel dibattito che vede i propositi della Banca d’Italia contrapporsi a quelli della BCE. Se Unicredit, per esempio, ha ricevuto il plauso della BCE per aver varato un piano di costante cessione delle sofferenze nel tempo, Intesa Sanpaolo appare ancora restia nell’intraprendere questa strada, e nel piano recentemente presentato alla BCE ha sottolineato che manterrà buona parte dei crediti deteriorati in house al fine di evitare un’ulteriore svalutazione connessa al tasso di sconto applicato dal mercato. La visione di Mediobanca si pone tra la BCE, la quale da mesi sollecita le banche seriamente compromesse a liberarsi delle sofferenze attraverso la cessione dei portafogli sul mercato (e gli acquirenti non mancano - si pensi solo al fatto che Banca Ifis, piccolo intermediario con solidi interessi nel mercato factoring, ha acquistato un pacchetto di NPL per un valore di 2 miliardi di euro) e Banca d’Italia che invece è più scettica nel ritenere che una qualche correlazione diretta tra mantenimento dei NPL in house e fluidità del credito esista. Secondo Gabriele Barbaresco, capo dell’Ufficio studi di Mediobanca, le soluzioni in house di gestione dei NPL risultano essere più efficaci rispetto alla cessione a terzi.

Al convegno "I Non Performing Loans tra politiche di vigilanza e mercato" organizzato da CRIF, The Credit Risk Club in collaborazione con l'Università Cattolica di Milano è stato affrontato il tema della gestione dei Non performing Loans considerando se venderli subito o aspettare la bad bank. Quest’ultima ha ricevuto l’appoggio del titolare dell’Esm16

ed è una proposta dell’EBA. L'idea è stata lanciata da Andrea Enria, Presidente dell'EBA, e l'obiettivo della asset management company sarebbe liquidare entro 3 anni al massimo i NPL che, se non venduti entro la data limite, tornerebbero però nei bilanci delle banche. La bad bank potrebbe migliorare le condizioni di mercato ma soprattutto dovrebbe eliminare le barriere all'ingresso nella vendita dei crediti non performanti grazie a una maggiore trasparenza sui dati, con sistemi giudiziari teoricamente più efficienti e con prezzi di mercato coerenti con il Real Economic Value (REV).

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L’European stability mechanism (Esm) ha la finalità di mobilitare le risorse finanziarie e metterle a disposizione dei Paesi dell’area euro in difficoltà finanziaria. Il sostegno si può esplicitare attraverso una serie di strumenti di finanziamento e deve comunque rispettare le condizioni di politica economica, a condizione che sia indispensabile per salvaguardare la stabilità di tutta l’Eurozona.

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Una misura che dovrebbe essere accompagnata da un'azione di bail in17 sugli azionisti, almeno in una prima fase, evitando la mutualizzazione dei rischi sull'Unione Europea. Ma la bad bank, o asset management company, premierebbe le banche che in questi anni hanno sbagliato di più nella gestione dei loro Non Performing Loans, secondo Giovanni Bossi, Amministratore Delegato di Banca IFIS (banca che si è posta tra i più grandi investitori nel mercato dei NPL, comprando portafogli dal valore nominale di oltre 3 miliardi di euro nel 2016). Insomma, la bad bank potrebbe avere un effetto distorsivo sul mercato e non ha senso parlare della sua costituzione se non può essere realizzata in fretta, bloccando il mercato dei NPL stessi in attesa di vendere crediti non performanti a un valore più basso. Per ora le banche continuano a scegliere tra due strade differenti per liberarsi dalle sofferenze: gestire internamente i NPL, con un ritorno medio del valore assoluto intorno al 47% (dati Banca d'Italia), oppure (come accade nella maggior parte dei casi) cedere la gestione al mercato, vendendo i crediti deteriorati ai fondi con un ritorno atteso dimezzato (23%).

La proposta di Romani (2017), Segretario generale di First Cisl, è quella di costituire una o più società di gestione dei crediti deteriorati delle banche, con una proprietà composta da più portatori di interesse, tra cui lo Stato, i quali sono partecipi della sorte del sistema bancario: lavoratori, associazioni di imprese, fondazioni bancarie, banche stesse. Dopo aver acquistato gli attivi deteriorati, chi è davvero orientato a una loro corretta gestione potrebbe agire per il recupero di quanto dovuto, rilevando anche le eventuali scorrettezze nella fase di erogazione del credito che abbiano contribuito a determinare le insolvenze. Questo consentirebbe di non vendere i portafogli di Non Performing Loans a società che hanno intenti esclusivamente finanziari con il rischio che si aiuti chi ha causato le insolvenze, lasciando ai cittadini e ai lavoratori l'onere di coprire i buchi. Con la proposta di Romani, ovvero di una gestione in house, direttamente o con l'ausilio di società che coinvolgano i diversi portatori di interesse dell’attività bancaria, i crediti deteriorati potrebbero essere rilevati ad un prezzo non speculativo, coerente con il possibile valore di recupero. Questa scelta consentirebbe alle banche di non subire una perdita di capitale traumatica, con un conseguente minor