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Modello di regressione logistica relativo alla probabilità di avere oltre quattro transizioni in entrata e in uscita

Nel documento I confini del tempo di lavoro. (pagine 105-109)

dall’episodio di lavoro - Anni 2002-2003 (coefficienti di regressione e significatività)

Coefficiente Significatività (a)

SESSO Maschio - - Femmina -0,49 *** CLASSE DI ETÀ 15-24 - - 25-34 0,24 35-44 0,31 45-54 0,16 55-64 0,32 TITOLO DI STUDIO Licenza elementare - - Licenza Media -0,12 Diploma e professionali -0,09 Laurea 0,42 *** STATO CIVILE Sposati/conviventi - - Single 0,08 POSIZIONE OCCUPAZIONALE Dipendente stabile - - Dipendente a termine 0,42 *** Indipendente tradizionale 1,25 *** Indipendente su commessa 1,39 ***

LAVORO FUORI ORARIO

No - -

Sì (tutti i giorni o qualche volta a settimana) 0,90 *** RIPARTIZIONE GEOGRAFICA Nord-ovest - - Nord-est 0,30 *** Centro -0,21 Mezzogiorno -0,17 Costante -3,01 ***

Numero dei casi 6.257

R2 0,10

e di lavoro che stiamo analizzando, a riprova del fatto che la flessibilità/precarietà (Barbieri e Scherer, 2005) dei rapporti d’impiego si riverbera anche sui tempi e le modalità di organizzazione del resto della vita dei soggetti. Da notare il fatto che le classi di età non risultano influenzare in modo significativo la probabilità di sovrapposizioni fra tempi di lavoro e di vita, una volta che si controlla per le caratteristiche ricordate. Ciò si spiega, probabilmente, con il fatto che sono le professioni esercitate, nonché le modalità di regolazione delle stesse, che determinano l’organizzazione dei tempi di vita e lavoro.

Sulla probabilità di avere un elevato “turn-over” da e verso il lavoro, può influire significativamente il fatto di essere soliti svolgere lavoro “extra”, cioè al di fuori dell’orario di lavoro principale. Si tratta di quei soggetti che hanno dichiarato di lavorare (abitualmente o più volte la settimana) al di fuori del normale orario di lavoro, durante il proprio tempo libero o portandosi il lavoro a casa. Com’è ovvio, questa dichiarata disponibilità e commitment verso la propria professione ha un diretto impatto sulla probabilità di esperire sovrapposizioni fra tempi di lavoro e di vita, come si vedrà nel paragrafo 2.4.

2.3 - Quando i confini sfumano: il lavoro fuori dell’orario di lavoro L’ipotesi che la tradizionale distinzione tra tempo di lavoro e di non lavoro tende ad attenuarsi è stata affrontata soprattutto grazie al questionario individuale incluso nell’indagine sull’uso del tempo. Infatti, questo fenomeno, già emerso nell’Indagine multiscopo del tempo libero, non viene colto appieno dall’analisi dei time budget, perché di alcune attività (relazioni personali, lettura, telefonate, uso del computer) svolte al di fuori dell’orario di lavoro molto spesso non viene indicato (nel database utilizzato in queste analisi) il motivo, che potrebbe essere di nuovo il lavoro.

Come illustrato anche nel rapporto annuale Istat (2006), ben il 23,2 per cento delle persone occupate dichiara di lavorare al di fuori del suo orario di lavoro, di portarsi il lavoro a casa o lavorare durante il tempo libero e il 14,2 per cento dichiara di farlo tutti i giorni o qualche volta la settimana; inoltre al 14,4 per cento capita frequentemente di lavorare anche nei giorni non lavorativi. Le attività extra-orario sono innanzi tutto relazionali e di auto-formazione. Come mostra la figura 2.9, tra chi lavora fuori orario di lavoro, il 65 per cento dichiara di usare per lavoro

il telefono almeno una volta la settimana, il 54,6 per cento di leggere riviste e libri e il 51,7 per cento di incontrare persone. Seguono l’uso di strumenti informatici (il 47,2 per cento usa il computer e il 33,9 per cento naviga in internet) e, in minor misura, le attività amministrative (il 31,1 per cento compra materiale e il 20,9 per cento tiene contabilità). L’intensità di tali attività extra-orario è confermata dal fatto che oltre il 45 per cento dichiara di farne quattro o più sulle sette previste dal questionario.

Figura 2.9 - Occupati che dichiarano di svolgere a fini lavorativi, ma fuori dall’orario di lavoro, alcune attività per attività svolta - Anni 2002-2003 (composizione percentuale)

Va rilevato anche che un occupato su dieci ritiene che il proprio tempo di lavoro e il proprio tempo libero siano due cose difficilmente separabili o addirittura completamente sovrapposte. Ma, poiché si tratta di una valutazione soggettiva, si è preferito limitare l’analisi ai comportamenti, sia pure riferiti. Quindi, sono state prese in esame tre dimensioni oggettive della diffusione dell’impegno lavorativo oltre il tradizionale confine: la probabilità di lavorare fuori dell’orario di lavoro,

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Usa pc Naviga in internet

Usa telefono Compra materiale Incontra persone Tiene contabilità Legge riviste

Tutti i giorni Una o più volte alla settimana Qualche volta al mese Qualche volta l’anno Mai

la probabilità di farlo spesso e la probabilità di lavorare anche nei propri giorni non lavorativi.

Per vedere come il fenomeno sia diversamente diffuso tra gli occupati sono state costruite delle regressioni logistiche binomiali per rilevare come queste tre probabilità sono differenti secondo alcune caratteristiche personali del lavoratore (genere, età, livello di istruzione), del lavoro svolto (posizione occupazionale secondo la duplice alternativa dipendente/indipendente e stabile/instabile, qualificazione professionale, settore economico, presenza di altri lavori) e del contesto socio-economico (ripartizione geografica). Inoltre, abbiamo considerato altri due aspetti del lavoro per i soli lavoratori dipendenti (tempo pieno/parziale, ricorso usuale allo straordinario) e per i soli lavoratori indipendenti (tempo pieno/parziale e presenza di orario fisso). Sono stati invece scartati un altro indicatore di contesto (il grado di urbanizzazione) e la tipologia familiare, perché non è emersa alcuna influenza sul fenomeno e d’altronde non vi era alcuna ipotesi plausibile che potesse prevederla.

Dalle analisi preliminari sull’intero campione e sui due sotto- campioni dei dipendenti e degli indipendenti è emerso che la probabilità di lavorare al di fuori dell’orario di lavoro risultava molto più elevata tra gli insegnanti, tra chi aveva un’altra attività lavorativa e, tra i dipendenti, tra chi faceva usualmente straordinari. Si è posto così un problema semantico di interpretazione del concetto “orario di lavoro” da parte di alcuni lavoratori. Gli insegnanti potrebbero aver considerato “orario di lavoro” solo quello in aula e quindi classificato le attività di preparazione delle lezioni e di correzione dei compiti, svolte di regola a casa, tra quelle svolte fuori orario. Ciò ha imposto di analizzare la diversa diffusione del fenomeno anche escludendo gli insegnanti. Per controllare altri rischi di confusione semantica una soluzione simile è stata adottata pure per i pochissimi doppiolavoristi (appena il 3,6 per cento degli occupati) e i molti dipendenti (ben il 36,1 per cento) con abituale ricorso a straordinari, che è ragionevole pensare svolti presso la stessa azienda. Ci si potrebbe, infatti, chiedere se per costoro le attività dichiarate fuori orario coincidono con il secondo lavoro o lo straordinario oppure vi si aggiungono. Se prendiamo alla lettera la domanda posta, si dovrebbe pensare che si aggiungano, ma un controllo è parso opportuno.

Nell’impossibilità di riprodurre qui tutti i modelli di analisi multivariata prodotti8, si sono scelti i principali che sono presentati nelle Tavole 2.14 e 2.15.

Tavola 2.14 - Modelli di regressione logistica. Totale occupati dai 15 ai 64

Nel documento I confini del tempo di lavoro. (pagine 105-109)