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Il modello sociale europeo e il discorso dell’Europa sociale: da una crisi all’altra Analis

CAPITOLO 2. Il modello sociale europeo: dai progetti democratico-sociali degli anni ‘70, alle

2.1. Il modello sociale europeo e il discorso dell’Europa sociale: da una crisi all’altra Analis

anni 70 al periodo del dopo-Maastricht

Questo capitolo riguarda la legittimità sovrannazionale, come descritta nel capitolo precedente e cerca di approfondire l'eventuale nesso tra gli strumenti di partecipazione al sistema istituzionale dell'Ue e la sua legittimità, concentrandosi sulla dimensione sociale europea.

A partire degli anni ’70, fino alla fine degli anni ’80, i governi socialisti e social- democratici fioriti in Europa, ad eccezione della Gran Bretagna e del movimento sociale di Delors, hanno raggiunto importanti risultati nel promuovere l’idea della dimensione sociale comunitaria. Questi risultati, preliminari nella sostanza, rappresentano solo una tappa nel processo della costruzione dell’Europa sociale. Il discorso per un’Europa più socialmente avanzata e marcata è dovuto alle sfide emerse come conseguenza della crisi economica estrapolatasi sul tutto il sistema istituzionale e politico dell’Ue. L’azione comunicativa dell’Ue, dovuta al distacco dei cittadini e l’opposizione alle misure d’austerità, si rivela molto logicamente nelle promesse politiche di una focalizzazione sul pilastro sociale. Mentre le pratiche decisionali rimangono le stesse, con gli indicatori economici dell’Ue sono ancora in stagnazione.

Le logiche evolutive del modello sociale europeo sono storicamente sottoposte alla crescita economica e del mercato comune. A sua volta, il cuore della crescita economica europea è legato alle questioni del lavoro, con la mobilità del capitale e della manodopera come obiettivo fondatore comunitario. Mentre il coordinamento inter istituzionale è storicamente nellastruttura del processo d’integrazione europea.Ancora prima della votazione sul Trattato di Roma, i governi dei sei paesi fondatori avevano lanciato un meccanismo consultivo riguardo al mercato del lavoro domandandosi se l’occupazione e la mancante regolazione in campo sociale potesseroimpedire la costruzione del mercato comune. Agli esperti dell’Organizzazione internazionale di lavoro, OIL, fu assegnata la missione consultiva, che divenne abituale con gli anni, accumulando unaserie di comitati consultivi composti di

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esperti nazionali. L’approccio riguardantel’elemento sociale delle politiche comunitarie cambiò solo a partire degli anni ‘70.Comunque, va rilevato che, originariamente, il fatto di integrare le questioni legate al lavoro, alla mobilità di manodopera, alla protezione sociale,previsti nel Trattato di Roma, mancava per non essere cruciale al mercato comune, perciò si è implementato un progetto concentratosi esclusivamente sul commercio, ritenuto prioritario rispetto al processo politico tradizionale, nel quale il legame nel triangolo tra il cittadino, il proprietario e lo stato finì in un conflitto risolto costituzionalmente. Tuttavia, la varietà degli interessi cominciava a infiltrarsi a livello comunitario, e l’Ue ha adottatol’approccio del“mediatore onesto” (honest broker), impostando condizioni di competizione leale, che, però cessa di essere rispettato proprio nella dimensione sociale, quando le grandi aziende europee sfruttano le differenze di retribuzione per il proprio vantaggio. Così, ancora oggi, la questione degli stipendi minimi in Europa non trova accordo nel Consiglio europeo e rimane irrisolta.

Il modello sociale europeo, sia nell’insieme nazionale, sia in quello sovrannazionale, è studiato nel diritto pubblico e neldiritto del lavoro. In questo senso, il conflitto, che è un elemento sostanziale della vita socio-politica, è risolto con i provvedimenti costituzionali, ossia per mezzo della democrazia. Quello che leggiamo nei trattati europei rappresenta già un compromesso riassuntivo dei due livelli – non solo quello nazionale, ma anche quello tra i governi degli stati-nazione aderenti all’Unione.

Nell’analisi giuridica del modello sociale di Ruth Nielsen e Erika Szyszczak che si limita a citare gli estratti dei trattati europei relativi alla questione sociale, il modello sociale, come proposto nel Trattato di Maastricht, consiste nella sussidiarietà, nella cittadinanza, nell’emendamento al titolo della politica sociale del Trattato di Roma, nella coesione economica e sociale, nei protocolli di politica sociale158enell'apposito accordo. 159

Nel caso dell’Ue, come sistema politico asimmetrico, complesso e di natura sovrannazionale, la crisi dei tardi anni ’70 suscitò l’intensificazione del dibattito per l’evoluzione della dimensione sociale all’interno dell’istituzionalizzazione europea. Il

158 Trattato dell’Unione Europea. Protocollo 28. Sulla coesione economica, sociale e territoriale. Accesso: http://eur-

lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:12016E/PRO/28.Agreement On Social Policy Concluded Between The Member States of the European Community With The Exception Of the United Kingdom of Great Britain And Northern Ireland.

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dibattito, intanto, era intenso a causa dell’accesso dei paesi dell’Europa Meridionale, economicamente meno competitivi rispetto a quelli dell’Europa Occidentale. Con la ratifica dell’Atto unico Europeo (Sigle EuropeanAct, SEA) nel 1986160, tuttavia, il nesso dell’europeizzazione fu esteso anche al concetto di distribuzione, attraverso agli meccanismi appositamente stabiliti – i fondi strutturali europei. Il Libro Bianco, “Crescita, competitività e occupazione” (“Growth, Competitiveness and Employment”, 1994) rilevaval’importanza della flessibilità nel mercato del lavoro nei singoli paesi,in modo da poter garantire e provvedere al livello necessario per la crescita economica. Invece, Il Libro Bianco “European Social Policy

– a Way Forward for the Union”, pubblicato nello stesso 1994, sottolineava, ancora di più,

l’importanza della creazione dei posti di lavoro.

Da allora, effettivamente, le responsabilità delle Comunità economiche europee si estese anche alla sostenibilità non esclusivamente economica, che, comunque, essendo il prerequisito della crescita economica, doveva garantire il rispetto del Patto di crescita e stabilità (Growth and Stability Pact, 1997), approvato dopo i primi anni dell’implementazione del Trattato di Maastricht. Loukas Tsoukalis sostiene che: “the word “growth” was

apparently added for mostly decorative purposes”161, così come il consolidamento nella procedura del deficit eccessivo (excessive deficit procedure).

L’Atto unico europeo, come risultato delle negoziazioni sul futuro istituzionale dell’Ue,è stato anche l’esito della crisi decisionale, quando le decisioni unanimi su certe tappe dell’europeizzazione non erano più compatibili con la crescita dei paesi membri. Le novelle, incorporate negli appositi trattati concernevano la procedura decisionale al Consiglio (1), i poteri della Commissione (2), i poteri del Parlamento europeo (3), e infine, l'estensione delle competenze delle Comunità (4).162 Nel campo decisionale, la più importante novella è legata alla maggioranza qualificata del Consiglio necessaria per prendere decisioni nell’area dell’occupazione,quando si tratta dell’ambiente, delle condizioni e della sicurezza del lavoro.

160Unione europea (1986). L’Atto europeo unico. Accesso: http://eur-lex.europa.eu/legal-

content/EN/TXT/?uri=URISERV%3Axy0027

161Tsoukalis L. (2005). What Kind of Europe. Oxford University Press. P. 153.

162Unione europea. L’Atto unico europeo (1986). Accesso: http://eur-lex.europa.eu/legal-

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Le questioni concernenti la prevenzione e la protezione sociale vanno votate, come prima, con l’unanimità del Consiglio e non entrano nelle competenze dirette dell’Unione.

Un forte elemento redistributivo, integrato all’interno dello scheletro comunitario è stato ereditato, con lo stesso approccio applicato da decenni nella politica agraria comunitaria, il CAP. La funzione distributiva, a partire dell’adozione dell’Atto unico europeo dal 1986, aparte ciò che riguarda lo sviluppo rurale, si estende anche sulla coesione territoriale ed economico-sociale, sullo sviluppo regionale e quello sociale. Gli strumenti principali, in questo caso, sono i fondi: di sviluppo regionale, il Fondo europeo sociale, il Fondo europeo regionale, il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia:

A crucial and arguable revolutionary element of the Single European Act, the Treaty revision of 1986, was the inclusion of redistribution as a part of the overall European package deal. In Community jargon, this is called “economic and social cohesion”. Thus, liberalization has become directly linked to redistribution, and in practical terms it has meant significant transfers of funds to less developed countries and regions of the Union through the Structural Funds and, later, the Cohesion Fund. This important link has been repeatedly confirmed in subsequent rounds of budgetary negotiations, and it extends at least until 2006.163

Il significato dei fondi strutturalinel quadro del bilancio comunitario e l’approccio generale alla distribuzione delle risorse tra gli Stati e le Regioni deriva dal Protocollo 28 del Trattato di Maastricht, secondo il quale le parti coinvolte considerano “il desiderio di una

maggiore flessibilità nelle modalità di assegnazione delle risorse provenienti dai fondi strutturali”164. L’Unione europea ha sempre voluto un controllo trasparente dei fondi strutturali, che comunque, non raggiungono direttamente il cittadino, ma hanno come primo destinatario le autorità locali e regionali e sono distribuiti attraverso i bandi europei cui aderiscono le autorità locali e regionali. Da questo punto di vista, riferendosi alla legittimità, il modello europeo nasconde una tappa di controllo in più (per esempio, le analisi ex-ante dei programmi implementati con il finanziamento dai Fondi strutturali e il Fondo europeo

163Tsoukalis, L. (2005). What Kind of Europe? Oxford University Press. P. 19.

164Trattato dell’Unione Europea. Protocollo 28. Sulla coesione economica, sociale e territoriale. Accesso: http://eur-

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sociale165). Comunque, i fondi strutturali non sono percepiti come facenti parti di un pacchetto orientato al cittadino, anzi – è sempre stato uno strumento del mercato comune più efficace. Il finanziamento proveniente dai fondi strutturali comunitari è stato politicamente articolato anche nei paesi fondatori, come l’Italia, suscitando un dibattito sulla distribuzione distorta dei fondi strutturali. Inoltre, tale questione è divenuta una delle aree prioritarie nella politica estera di governiRenzi/Gentiloni.

L’era dello stato sociale in Europa comunitaria risultò possibile grazie all’impulso socialista nei singoli paesi membri, grazie alle iniziative di Jaques Delors, ma non solo. Il periodo dell’avanzamento sociale europeoè duratofino al 1989 edè terminato con la Carta dei diritti fondamentali (Charter of Fundamental Rights) nel 1989. Il resto delle iniziative intorno alla questione sociale hanno una natura reattiva come conseguenza delle condizioni esterne, tra cui la crisi finanziaria e la recessione dei tardi anni‘2000. Fritz W. Sharpf sostieneche:

The 2008 crisis emphasized the urgency of interests’ convergence in more areas, i.e. fiscal and stabilization with the ECB, taking the lead in decision-making. Whereas at national level more crisis-driven claims regarding the regulatory competences (1) and distribution of the EU resources (2) have arisen among the Member States.166

Loukas Tsoukalis ritiene che il più grande difetto dell’Ue stia nella limitata capacità di superare le crisi che impongono i più gravi rischi politici:

There’s also a political risk linked to legitimacy deficit of the Union and the weakness of the institutional structure, which is not adequately equipped to cope with crises. And there is no easy exit option, if things go wrong.167

La tappa fondamentale successiva nell’istituzionalizzazione del modello europeo sociale è rappresentata dagli emendamenti al Trattato di Amsterdam e dalProcesso di Lisbona, con l’apposita strategia di Lisbona orientata sull’occupazione come cuore di tutte le misure comunitarie nella dimensione sociale. La strategia di Lisbona 2000 offre una nuova visione del modello europeo sociale. Frank Vadenbroucke nella sua analisi introduce il concetto di

165Commissione europea. Fondi strutturali e di investimento europei. Accesso: https://cohesiondata.ec.europa.eu/.

166Scharpf, F. W. (2002). The European social model. JCMS: Journal of Common Market Studies, 40(4), 645-670. P. 32.

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“horizontal social change”168, in riferimento alla Strategia, scopo della quale era anche di provvedere una base legale più solidale per le politiche del welfare al livello sovrannazionale nell’Unione europea. La focalizzazione sulle riforme strutturali annunciata al Vertice di Lisbona mette l’occupazione al centro del modello sociale, mentre tutte le garanzie sociali rimangono all’interno del contesto decisionale nazionale, richiedendo l’unanimità al Consiglio dell’Ue, riguardo qualsiasi tipo di legislazione (maternità, stipendio minimo, assicurazione al lavoro). La ricercatrice Diamond Ashiagbor ha studiato le strategie dell’Ue per combattere la disoccupazione e sottolinea l’importanza di distinguere la politica sociale dell’Ue con la strategia nel campo di occupazione: “change in emphasis from the development

of a social policy for the EU to the development of an employment strategy”169. Per

Ashiagbor, il rafforzamento delle priorità per l’occupazione rappresenta una sfida per l’ulteriore progresso nelle politiche sociali170: “ <…> the main contention is that the

objectives underlying the Employment and Lisbon Strategies do indeed risk relegating social and employment policy to the role of mere adjuncts of economic integration”.171 Di conseguenza, cresce l’importanza del diritto del lavoro nel definire il modello europeo sociale.

La flessibilità diventa la direzione principale del percorso politico nel campo sociale al Vertice di Lisbona, mentre per i ministeri nazionali l’obiettivo è quello di armonizzare i piani d’azione nazionali (National Action Plans, NAP), riguardo le modalità di occupazione. La Strategia europea per l'occupazione è in qualche modo precedente al piano d’azione comunitaria relativo alla dimensione sociale e sarebbe potuto diventarne la base politica. Tuttavia, secondo Aschiagbor, la Strategia funge da grilletto, preservando il processo decisionale nel campo dellapolitica sociale, perché enfatizza le stesse priorità che prevedeanche la politica macroeconomica dell’Unione. Come misure più concrete, la Strategia di Lisbona introduce il processo di peer-review e il metodo di coordinamento aperto (Open method of coordination).

168Vanderbroucke, F. (2015). A European Social Union: UndulyIdealisticor Inevitable?

Accesso:http://www.frankvandenbroucke.uva.nl/wp-content/uploads/2016/06/232.pdf.

169Ashiagbor, D. (2005). The European employment strategy: labour market regulation and new governance. Oxford:

Oxford University Press. P. 72.

170 Idem. P.110-112.

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Secondo sia il diritto pubblico, sia quello costituzionale, non esiste un vero e proprio modello europeo sociale, mentre quello che veramente spinge il processo dell’integrazione europea è ed è sempre stata la stabilizzazione macroeconomica. Questo approccio è fondato sul disegno legislativo asimmetrico del costituzionalismo sovrannazionale europeo, ossia sui provvedimenti legislativi della democrazia costituzionale.

La risoluzione del classico conflitto sociale, che come abbiamo visto, è una parte essenziale del processo di statalizzazione e istituzionalizzazione è integrata, incorporata in qualsiasi sistema, come anche per la dimensione sociale, la cui istituzionalizzazione nell’Unione europea avviene attraverso deliberazione, consultazione e coordinazione. L’idea dell’istituzionalizzazione dei conflitti sociali e politici è il cuore della nozione della democrazia costituzionale europea, che comunque è stata screditata dalle condizioni poste dalla molteplicità degli interessi nazionali rappresentati nell’Ue. Così, con il declino del costituzionalismo, lo scheletro istituzionale europeo assume una natura post-politica, ossia asimmetricamente esecutiva o regolativa.172

Con il sostegno degli esperti dell'Organizzazione internazionale del lavoro, i fondatori dell'Ue hanno adottato le conclusioni del rapporto dell'OIL come guida riguardo alle politiche sociali e l’occupazione, nello specifico. Poiché l'obiettivo politico - il mercato unico - è stato raggiunto senza l'inclusione delle questioni sociali nei principali documenti dell’Ue, non è stato necessario includere gli strumenti e i limiti giuridici e politici nel processo dell’integrazione. Proprio come nel 2008, alla fine degli anni '60 diventa evidente che non è possibile ignorare la crescente disoccupazione ed era richiesto assumersi in qualche forma a livello dell’integrazione europea la responsabilità sociale.

Sia le azioni comunitarie nella dimensione sociale,sia il discorso intorno alle politiche sociali dell’Ue hanno una natura ripetitiva, poiché i documenti strategici si replicano l’un l’altro. Per esempio, il Libro bianco sullo sviluppo sociale replica le priorità formulate, al tempo, dal Consiglio europeo. Le voci istituzionali intorno al mercato comune e ad altri corpi politici non si replicano, avendo un unico canale di comunicazione, date le competenze chiaramente definite. Il processo di coordinamento, che prevale nella dimensione sociale, offre una molteplicità dei documenti, analisi, piani strategici simultaneamente prodotti da tutte

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le istituzioni comunitarie, che, come abbiamo accennato sopra, hanno sviluppato ben diverse visioni politiche ed istituzionali sulla stessa questione dell’integrazione sociale.

Nel 1994, nello stesso Libro bianco della Commissione sulle politiche sociali, l’occupazione si pone come priorità assoluta173. Mentre ancora oggi testimoniamo lo stesso

dibattito sul distacco dei lavoratori e social dumping, non incluso in nessun atto legislativo, data la necessità dell’unanimità del voto sulle politiche sociali nel Consiglio europeo:

Se non si registrerà alcun esito positivo in sede di Consiglio per quanto concerne tale testo entro la fine del 1994, la Commissione senza pregiudizio per il quadro giuridico avvierà ulteriori discussioni con le parti sociali e, sulla base dei loro pareri, considererà se tale problema possa essere risolto mediante accordi collettivi a livello europeo o nuove proposte di azione in tale campo174.

Il passaggio alla costruzione dell’Unione monetaria, la terza fase dalla quale parte anche il Trattato di Maastricht, ha solo messo in evidenza la divergenza tra le priorità delle élite europee e le promesse fatte nella comunicazione ufficiale politica. L’integrazione monetaria, innescatasi nel frattempo, ha messoi processi integratori in un contesto ancora più complicato. È da allora che la moneta unica, secondo le percezioni dei cittadini, è diventatail flagello di tutti i processi integratori.

Il distacco tra le politiche comunitarie e i cittadini si conclude nel dibattito intorno alle politiche fiscali comunitari. Frank Vanderbroucke sostiene che il principio di solidarietà sociale, che lui chiama “il circolo di solidarietà” e, andando oltre, il concetto di cittadinanza, non vengonopienamente realizzati se i lavoratori dei diversi paesemembri vengono messi nelle condizioni di una competizione “intollerabile tra i sistemi sociali”, che è in contraddizione con il concetto di cittadinanza europea175.

173Commissione europea (1994). Libro bianco sulla politica sociale europea. Accesso: http://europa.eu/rapid/press-

release_MEMO-94-55_it.htm.

174Commissione europea (1994). Libro bianco sulla politica sociale europea. Accesso: http://europa.eu/rapid/press-

release_MEMO-94-55_it.htm.

175Vanderbroucke, F. (2016). The relationship between the posting debate and the Brexit debate.Euractiv. Accesso:

https://www.euractiv.com/section/social-europe-jobs/opinion/the-relationship-between-the-posting-debate-and- the-brexit-debate/

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La cittadinanza nelle condizioni di uno Stato nazionale è basata, a parte di questione dell’identità europea, sull’accordo sociale e fiscale, che rappresentano le fondamenta di statualità. Nell’Unione europea prevale la regolazione nazionale nella dimensione fiscale. L’introduzione di una politica fiscale comunitaria che garantisca i finanziamenti e l’afflusso del denaro nei fondi europei strutturali e sociali e in altri strumenti, potrebbe creare un legame più trasparente, definitivo e, forse, meglio funzionante, con i cittadini. Mentre la sua assenza è, invece, vista da più autori e esperti come la fonte principale della crisi di legittimità sovrannazionale dell’Ue176.Inoltre, la sostenibilità del modello europeo e, soprattutto

dell’Unione monetaria europea, è su larga scala condizionata dalla questione dell’integrazione fiscale, un prerequisito essenziale per un bilancio europeo allargato e meno suscettibile alle crisi e perturbazioni del genere politico-economico:

The EU budget is small, albeit with a pronounced redistributive dimension in both of its two major items of expenditure. The CAP represents essentially a transfer from taxpayers (an also consumers through higher prices) to farmers working mostly in favor of big farmers. It also involves large inter-country transfers as a function of the relative size of agricultural production in each country. Thus, in terms of cohesion, which is the official term for the objective of narrowing the gap between rich and poor inside the Union, the CAP continues to produce mixed results.177

Di un rilievo per il modello sociale europeo resta la questione delle politiche fiscali comunitarie, che ostacola non solo la sostenibilità dell’intera Unione (che affronta la propria incapacità di calmare le crisi nei singoli paesi membri in recessione), ma non permette di parlare di un nesso immediato tradizionale che colleghi le istituzioni con i cittadini nei sistemi politici attraverso la tassazione. Molti degli avvocati del progressodell’europeizzazione sostengono che una tassa comunitaria imposta immediatamente sul cittadino potrebbe cambiare l’attitudine alle dinamiche comunitarie.

Nell’Unione europea la natura del conflitto sociale si è trasformata. Mentre la dimensione macroeconomica era un incentivo nelle dinamiche comunitarie, è nei periodi della crisi che la questione sociale torna nel discorso pubblico europeo. Questi stessi indicatori sono stati centrali nell’integrazione europea sin dai tempi della fondazione della Comunità del

176Whyman, P., Baimbridge, M., Mullen, A. (2012). The political economy of the European Social Model. Routledge.

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carbone e dell'acciaio, ma nel discorso pubblico e nelle azioni comunicative rientrano esclusivamente nei momenti di crisi. Per gli studiosi del diritto costituzionale,