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Il modello sociale europeo: la presente architettura istituzionale Analisi istituzionale degl

CAPITOLO 2. Il modello sociale europeo: dai progetti democratico-sociali degli anni ‘70, alle

2.2. Il modello sociale europeo: la presente architettura istituzionale Analisi istituzionale degl

maggiori forze sociali coinvolte nel processo politico sociale

La governance europea viene qualificata come una governance frammentata. La frammentazione dell’autorità politica si rivela nella tecnocrazia e in una legalità esaltata: “<...>as political authority becomes more fragmented, adversarial legalism becomes a more

attractive mode of governance for lawmakers”194. La frammentazione delle competenze

riguardo le aree dove il metodo comunitario non si può applicare ha portato al rafforzamento

192COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E

SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali. Accesso: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1457706909489&uri=COM:2016:127:FIN

193Vanderbroucke, F. (2015). A European Social Union: Unduly Idealistic or

Inevitable?.Accesso:http://www.frankvandenbroucke.uva.nl/wp-content/uploads/2016/06/232.pdf.

194Kelemen, R. D. (2006). Suing for Europe adversarial legalism and European governance. Comparative Political

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della posizione della Corte europea di giustizia. Diamond Asciagbor e Catherine Barnard195 rilevano come il modello sociale europeo sia rintracciabile esclusivamente nelle risoluzioni della Corte e nei processi riguardanti l’occupazione, il lavoro e la mobilità del capitale umano. Ciò che resta importante è che la prevenzione sociale e le pensioni, così come le assicurazioni,rimangano non trasferibili.

Il modello sociale europeo potrebbe essere visto come un insieme di modalità di coordinamento che si sono istituzionalizzate o per l’iniziativa delle istituzioni comunitarie stesse (mai gli Stati membri), o per l’iniziativa delle forze sociali, dei gruppi d’interesse o di liberi cittadini. L’istituzionalizzazione delle forme di coordinamento sociale è avvenuta e continua in modo parallelo e reattivo alle dinamiche politiche e, soprattutto, alle sfide economiche che l’Ue continua a incontrare. I modi della governance sociale sono il metodo aperto di coordinamento, lanciato dal Consiglio europeo nel 2000, il processo di Lussemburgo (il coordinamento delle politiche d’impiego), il Semestre Europeo e, infine, il Pilastro europeo dei diritti sociali – lanciato dalla Commissione nel 2016.

Un’altra faccia del modello sociale europeo è evidenziata con l’introduzione del Semestre europeo – il processo inter istituzionale di esaminazione della performance economico-sociale nei paesi membri che dura sei mesi e il cui esito, in forma di raccomandazioni della Commissione, si estende anche al campo sociale, poiché la dimensione sociale resta una componente essenziale per il raggiungimento degli indicatori economici. Il Semestre europeo si conclude con la formulazione delle raccomandazioni prodotte dalla Commissione europea e obbligatorie per tutti gli Stati membri. Nell’area di sviluppo sociale, le raccomandazioni normalmente concernono la disoccupazione e le misure di austerità per una migliore performance economica.

Nonostante il difetto più evidente del modello sociale europeo sia la mancanza di competenze comunitarie e il carattere di un coordinamento soft del processo, a mio avviso, una caratteristica molto forte di esso consiste nella diversità delle prospettive delle istituzioni europee stesse. Da ciò provengono una molteplicità eccessiva delle risoluzioni e documenti che si replicano senza imporre, però, un approccio solido e uniforme.

195 Barnard, C. (2014). EU Employment law and the European Social Model: the past, the present and the future.

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Il coordinamento della sicurezza sociale, il diritto del lavoro e le modalità dell’occupazione sono questioni discusse separatamente e coordinate da diversi meccanismi comunitari. Come risultato, le dinamiche del mercato di lavoro quali flessibilità e riduzione di costi del lavoro, attraverso il precariato e il lavoro a tempo determinato, sono presenti assieme agli aspetti della sicurezza sociale.

Il processo del dialogo sociale, il cosiddetto “Val Duchesse”è coordinato dalla Commissione europea. La comunicazione prosegue attraverso i canali formalizzati, con i partner sociali strettamente istituzionalizzati. Da un lato, osserviamo un approccio formalizzato alle dinamiche sociali, dall’altro lato, però, sull’area di competenze degli Stati nazione, nel Consiglio europeo, vediamo le dinamiche puramente politiche che condizionano lo sviluppo istituzionale dell’Ue. Per ciò non è possibile parlare di un dialogo e di un coinvolgimento sociale degli interessi, per quanto né le opinioni del Comitato europeo economico sociale, né le risoluzioni dei gruppi di lavoro nell’ambito del dialogo sociale, né altri strumenti consultativi, sono garantiti in un atto legislativo, pur essendo prioritari per il Parlamento europeo stesso.

Comunque, non si tratta di una semplice mancanza di competenze tra le istituzioni europee, né di un sistema decisionale distorto legato all’assenza di volontà dei paesi membri a sacrificare la propria sovranità. Si tratta, invece, di culture politiche diverse, tra le quali il compromesso è fattibile solo attraverso i meccanismi tecnocratici. Ciò è dovuto all’impossibilità di formalizzare costituzionalmente il conflitto sociale al livello sovrannazionale, le contraddizioni negli interessi economici diventano predominantirispetto a altre logiche di sviluppo istituzionale dell’Ue. È il motivo principale per cui le iniziative della Commissione europea volte a sviluppare la dimensione sociale, non trovano sostegno politico e, solo nei tardi anni ’80, con una congiuntura favorevole alle dinamiche sociali nei governi nazionali, si sono ottenuti risultati importanti (La Carta dei diritti fondamentali, Il Protocollo 28 del Trattato dell’Unione europea).

Nella situazione in cui la Commissione europea incontra l’opposizione alle iniziative concernenti iregolamenti sociali, la Commissione stessa è condizionata a dover imporre le proprie regole, per promuovere cambiamenti positivi, entrando in tal modo nel conflitto, non solo con le competenze nazionali, ma piuttosto con le cultura politiche, che variano da un paese all’altro. Quindi, non è solo la questione della coesione economica, sociale e territoriale, a essere una categoria prioritaria incorporata nel modello sociale comunitario. Il modello

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sociale entra nellospazio delle differenti culture politiche e diventa più difficilmente governabile.

Nell’Unione europea troviamo le istituzioni consultive, incorporate nello scheletro istituzionale comunitario, le quali hanno una scarsa capacità decisionale e nessuna competenza per inoltrare iniziative legislative. Sono i comitati – il Comitato europeo sociale ed economico, il Comitato delle regioni – ha possedere tali prerogative. Pur essendosi allargata, dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona, la posizione dei Comitati è ancora poco influente. L’attività del Comitato europeo economico e sociale innesca la divergenza tra le azioni giuridiche e la comunicazione ufficiale delle istituzioni comunitarie, soprattutto la Commissione. In ciò, troviamo un caso molto curioso, che caratterizza l’intero processo decisionale e le logiche inter istituzionali: l’opinione del Comitato economico e sociale in merito alla Comunicazione della Commissione concernente lo sviluppo del dialogo sociale a livello comunitario. Tale opinione viene prodotta per reagire all’iniziativa della Commissione sul dialogo sociale, come segno del proprio corporativismo:

1.2. In the communication the Commission concentrates on all forms of consultation between employers and employees at European level. 1.3. The ESC's position is not mentioned by the communication. As the consultative assembly of the representatives of the various categories of economic and social activity in the Member States,the ESC is an integral part of the institutional set-up of the European Communities.196

Quindi, il Comitato europeo economico sociale – difficilmente ha raggiunto un grado di fiducia dalla Commissione e altre istituzioni nel processo legislativo, mentre il Parlamento è percepito come una tappa essenziale, sebbene piuttosto tecnica nel nodo decisionale, il cui apice si è sempre trovato nel Consiglio europeo.

Ancora meno influente è la posizione delle agenzie decentralizzate di competenza tecnica tra cui la Fondazione europea per la formazione (European Training Foundation). Da un lato tali agenzie sono abbastanza autonome nelle loro azioni, coordinando le priorità con la Commissione, ma dall’altro lato, spesso rappresentano uno spreco di sforzi professionali

196Il Comitato economico e sociale europeo (1997). Opinion of the Economic and Social Committee on the

'Commission communication concerning the development of the social dialogue at Community level. Accesso:

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senza poter raggiungere alcuna accettazione o riconoscimento. A mio avviso, non essendo integrate nel processo legislativo, tali poli di interesse professionale non svolgono appieno la loro funzione.

Dalla prospettiva del Consiglio europeo e del suo segretariato, il modello sociale è parte dello spazio politico, sebbene le negoziazioni su varie direttive possano assumere un rilievo inaspettato, oppure non passare per un cambiamento imprevedibile di votazione.

Infine, il Parlamento europeo e la visione del modello sociale sono limitati dalle lenti di un processo tecnico-amministrativo, anziché politico.Ciò consiste nel dover accettare le opinioni prodotte dai comitati, le proposte legislative inoltrate dalla Commissione, amministrare gli interessi attraverso i comitati tematici, previe le sessioni plenarie. Non si tratta di un processo legislativo di sostanza, come notano molti ricercatori, ma di un processo molto dettagliato e burocratizzato. Al contrario, gli interessi politici e la loro rappresentanza non passano in senso stretto attraverso il Parlamento, ma sono amministrati attraverso i canali di consultazione impostati nella Commissione stessa.

La Commissione e l’Ue necessitano un’auto legittimazione. Mentre gli incentivi integratori (regionalisation drivers) sono storicamente legati al mercato comune, nei momenti di crisi nella costruzione del mercato comune, hanno richiesto più sforzi e perfino sacrifici. Le azioni e le logiche integrazioniste necessitano una giustificazione anche quando le azioni dell’Ue servono a imporre le misure d’austerità. Ciò richiederebbe una comunicazione al riguardo, per evitare una distorsione tra le azioni e le parole. Perché è proprio il nesso politico immediato, il più naturale, come nota Marco Dani, ossia il conflitto sociale, che riesce a bilanciare le attese di tutte le parti coinvolte e le possibilità di manovra cui dispongono le autorità.

Sull’esempio delle politiche sociali si vede che la natura asimmetrica del disegno istituzionale si rivela soprattutto nelle aree dove le competenze dell’Unione sono limitate, oppure là dove nascondono una molteplicità d’azioni consultive che ne diminuiscono l’efficienza.

Le logiche del distacco tra le politiche comunitarie (1) e la retorica ufficiale dell’Ue (2) e le esigenze dei cittadini – la cosiddetta domanda per l’ammortizzatore di sicurezza – si sono collocate su larga scala nella diversificazione delle competenze tra le varie istituzioni del corpo comunitario. La Banca Centrale Europea che ha competenza esclusiva nel rilascio di

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banconote europee, ma anche del controllo sulla disciplina monetaria nei Paesi membri – molto spesso non viene percepita come un’istituzione al favore del cittadino, ma piuttosto come un elemento punitivo imposto dal sistema istituzionale comunitario, propenso a porre limitazioni sulle spese pubbliche nazionali, deprivando gli Stati membri della loro sovranità. Tale messaggio viene propagandato dalle forze politiche radicali ovunque in Europa. La Banca centrale europea, secondo le logiche semplicistiche della comunicazione di massa, sarebbe responsabile per le misure di austerità imposte sui governi in Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda. L’austerità rimane un messaggio politico molto forte anche nei Paesi che hanno dimostrato più sostenibilità a superare la crisi, come la Francia. Le misure di austerità, che innanzitutto riguardano la spesa pubblica nella dimensione sociale, entrano a far parte del discorso legittimante dell’Unione europea attraverso le singole istituzioni percepite dal pubblico come la vera e propria radice della crisi e, come conseguenza, delle misure d’austerità subite.

Pertanto, la natura istituzionale asimmetrica non permette all’Ue di adottare una visione solida di se stessa e del modello sociale nello specifico. Lo stesso principio di sussidiarietà è uno strumento giuridico capace di compromettere la visione sulle politiche e sulle decisioni se alcune parti al livello nazionale, regionale o locale non considerano tali decisioni legittime. Le battaglie politiche intorno alle misure sociali, come lo stipendio minimo, la maternità, i lavoratori distaccati e altre iniziative, la cui implementazione sicuramente richiede un finanziamento addizionale provvisto dai paesi più potenti economicamente e di cui usufruiscono i cittadini provenienti dai paesi meno benestanti, blocca una ragionevole via di mezzo nell’accontentare le forze sociali. E come conseguenza, le misure provvisorie e preliminari non trovano più il sostegno del pubblico:

Declining public support in the new members has much to do with what may be called “reform fatigue”. After all, a very large part of the political agenda in prospective members had simply been taken over for years by the obligation to implement in advance EU legislation.197

La trasformazione economica dalla centralizzazione alla regionalizzazione e le attività di networking che caratterizzano gli ambienti lavorativi di oggi offrono nuove forme di

197 Philip B. Whyman, Mark Baimbridge, Andrew Mullen (2012). The Political Economy of the European Social Model.

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rapporti nella dimensione sociale,che richiedono nuove modalità di governance. Flexicurity, ovvero la flessibilità dell’assicurazione sociale, è un concetto largamente praticato nei paesi di Benelux, dove, a partire dei primi anni ’90, si è posta la domanda se fosse fattibile conciliare le nuove modalità d’impiego con la sicurezza sociale. In Olanda, la flexicurity è il risultato delle trattative e della contrattazione sociale tra i partner sociali. Tale approccio permette di aprire varie possibilità ai lavoratori di intraprendere contratti di lavoro brevi, anche come le forme di cooperazione contrattuale, a progetto, avendo allo stesso tempo l’accesso ai servizi sociali e l’assicurazione sociale al pari dei cittadini con i contratti a tempo indeterminato198. Il

principio è stato preso in considerazione dall’Unione europea, che l’ha inserito nella comunicazione della Commissione europea del giugno 2007199 e con la discussione al relativo

Consiglio dell’Ue a novembre 2007. La Commissione ammette:

The additional flexibility obtained during the crisis does not seem to be compensated by increased security. Rather the contrary. Undoubtedly, in countries where flexicurity policies were/are in place (Nordic and Continental) the effects of the crisis (in terms of unemployment and GDP growth) have been less severe than in other countries characterised by high labour market rigidities. This implied more room for manoeuvring for the former when deciding activation and support policies. However many historical and institutional factors, besides the degree of flexicurity, played a role in the economic fate of the European countries. It is still unclear whether the increased flexibility will produce the economic advantages to reach enhanced security levels in the long run or if rising social inequality, worsened by flexibility, will rather damage the social fabric and will ultimately be detrimental to the entire economy.200

La flessibilità delle relazioni sociali all’interno dei mercati di lavoro nazionali dipende dal livello di appoggio politico e sociale inciascuna comunità: ossia, dal livello di fiducia nel governo e nei servizi pubblici201, nel modo responsabile di raccogliere e redistribuire i fondi

198Wilthagen, T., Tros, F. (2004). The concept of “flexicurity”: a new approach to regulating employment and labour

markets. Transfer: European Review of labour and research, 10(2), 166-186.Accesso:

http://ptwresearch.org/uploaded_files/publications/tros3.pdf

199Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social

Committee and the Committee of the Regions - Towards Common Principles of Flexicurity: More and better jobs through flexibility and security {SEC(2007) 861} {SEC(2007) 862} / COM/2007/0359 final/http://eur-

lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=CELEX:52007DC0359

200 Commissione europea (2013). Flexicurity in Europe. Final Report. Accesso:

http://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=10227&langId=en.

201Philip B. Whyman, Mark Baimbridge, Andrew Mullen (2012). The Political Economy of the European Social

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pubblici. Queste sono le pietre angolari che si manifestano con le nuove forme d’intraprendenza e le attività economiche e questo fonda la solidarietà sulla quale funziona lo Stato.

They transform social policy into joint risk management by encouraging people to accept more risks, with beneficial externalities for society.’ To achieve this, new forms ofinter-temporal, intergenerational and interregional types of solidarity are required. The main thrust of the argument is that more flexibility needs more not less security.202

Dalla cultura politica e dei valori del dialogo sociale risalgono le potenzialità della comunità di sostenere una sicurezza sociale flessibile (1). La decentralizzazione e la localizzazione dei rapporti sociali (2) sull’esempio di Olanda e Danimarca offrono le strategie per una protezione sociale e una sostenibilità degli ambienti lavorativi più garantiti. A questo riguardo,una maggiore presenza dell’Ue come interlocutore potrebbe fungere da garante invece dello Stato.

2.3. Il tentativo dell’approccio alla legittimità sovrannazionale nel