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grafici 8-14. Il vuoto lasciato sul mercato monetario da Ticinum viene colmato essenzialmente da

5.1 Moneta longobarda

L’unico esemplare certamente riferibile alla serie longobarda individuato ad oggi nel medagliere aquileiese, è un’emissione in argento462. Si tratta di un nominale convenzionalmente definito da ¼ di siliqua imitante le produzioni ravennati di Giustiniano I e Giustino II463, mentre recentemente Cividale è stata proposta come zecca di emissione464. Il rinvenimento di questo esemplare ad Aquileia è tutt’altro che casuale in quanto rispecchia una caratteristica specifica dell’area friulana465. Un aspetto ben delineato in questo senso è infatti l’assoluta prevalenza delle primissime emissioni in argento longobarde definite “irregolari”, quindi imitative, rispetto alla totale assenza delle successive produzioni regali466, attestate invece in altri siti del Nord Italia e non, sotto controllo longobardo467. Il fenomeno viene normalmente interpretato alla luce della preesistente area monetaria bizantina che rese più agevole l’utilizzo di una moneta in argento per i

462 PASSERA,SACCOCCI 2011, cc. 31-32, fig. 2.

463

Tipo MEC 295. Cfr. per la corretta terminologia SACCOCCI 2010, p. 33 con bibliografia ivi citata.

464 ARSLAN 2010ab, pp. 183-186; da ultimo SACCOCCI 2012, pp. 173-175. Per CALLEGHER 2001a, p. 690, non esistevano al momento prove certe per collocare in Cividale la produzione di queste imitazioni.

465 Rinvenimenti di monete simili, anche se incerta è l’attribuzione ad un’autorità emittente longobarda, si hanno a Col di Cur, tra Raveo e Muina (UD); VILLA 2001, p. 860, n. 83; ARSLAN 2005, n. 2440 = GIANAZZA 2016, p. 94; ARSLAN 2014a, p. 439, e Venzone (UD); PASSERA 2002, p. 100, nota 64; ARSLAN 2005, n. 2490 = GIANAZZA 2016, p. 100. Sicure imitazioni longobarde in argento di Giustiniano I e Giustino II (15 esemplari), vengono dalle necropoli di Cividale; CALLEGHER 2001a, p. 687 e tav. II; ARSLAN 2005, nn. 2300, 2310, 2325 = GIANAZZA 2016, pp. 92-93. Una recente acquisizione proviene invece dagli scavi del capitolium di Brescia; ARSLAN 2005, n. 3544 = GIANAZZA 2016, p. 151; ARSLAN 2014a.

466 ROVELLI 2000, pp. 199-200; SACCOCCI 2000, pp. 224-229; CALLEGHER 2001a, pp. 687-689; ROVELLI 2001, p. 361; PASSERA 2002, pp. 99-100; SACCOCCI 2012, p. 173.

467 Vedasi il caso del Veneto con un esemplare per Grimoaldo o Arioaldo da Oderzo; CALLEGHER 2001a, pp. 689-690; ARSLAN 2005, n. 9120 = GIANAZZA 2016, p. 396; CALLEGHER 2009, e uno stesso nominale per Pertarito dagli scavi del

Capitolium a Verona; ARSLAN 2005, n. 9500 = GIANAZZA 2016, p. 409; RMRVe III/1, 19(3)/440. Per la documentazione dalla Transpadana si rimanda ad ARSLAN,UGGÉ 2005, p. 42. Per la possibile produzione a Cividale di emissioni più tarde vedasi SACCOCCI 2012, pp. 177-178 con bibliografia ivi citata.

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Longobardi, al momento del loro insediamento nell’area468. S’ipotizza inoltre una circolazione delle piccole frazioni in argento, in particolare il nominale cd. da 1/8 di siliqua, in concorrenza con i nominali in bronzo più pesanti del sistema bizantino, se non in sostituzione degli stessi469. Non sembra un caso che esemplari riferibili ai prototipi originari della zecca di Ravenna siano attestati nel territorio circostante470. Non si conosce il contesto originario di pertinenza dell’esemplare aquileiese, tuttavia la totalità dei rinvenimenti di questa serie proviene essenzialmente dalle necropoli civadalesi e siti pedemontani del Triveneto471, fatta eccezione per l’esemplare dal

Capitolium di Brescia472. È già stato notato come la scarsità dei rinvenimenti monetali aquileiesi di età longobarda sia imputabile anche alla mancata individuazione di una necropoli nel territorio473; tuttavia il recente ritrovamento bresciano in un contesto urbano apre a nuove ipotesi sulla possibile destinazione di queste emissioni. In assenza di ulteriori dati, la pertinenza del pezzo aquileiese ad una sepoltura longobarda deve quindi rimanere a livello di semplice ipotesi.

Di natura funeraria sembra connotarsi un secondo pezzo conservato nel medagliere aquileiese e riferibile all’ambito longobardo. Si tratta di un’imitazione suberata di un solido a nome di Giustiniano I474. Reperti simili sono già attestati in contesti funerari, come un esemplare imitativo per la stessa autorità emittente da Cobern in Germania e un’imitazione di una moneta per Eraclio da una tomba di Sirmione475. Pezzi di questo tipo vengono ricondotti anche ai Longobardi e la tecnica produttiva sembra presupporre la disponibilità di officine sviluppate e di manodopera specializzata476. Non trovano per il moneto riscontro ad Aquileia le produzioni di moneta imitativa in oro, in particolare tremissi, che caratterizzano invece la ricca documentazione proveniente dalle necropoli di Cividale477. Tale assenza si deve con buona probabilità anche alla già citata mancanza di consistenti testimonianze funerarie di cultura longobarda. Il dibattitto sulla funzione della monetazione longobarda rimane ancora aperto, diviso tra le tesi che vedono, da un lato, un ruolo

468

CALLEGHER 2001a, p. 686; PASSERA 2002, p. 99.

469 ARSLAN,UGGÉ 2005, p. 38.

470

Un esemplare da Premaricco; vedi supra nota 438. Cfr. ARSLAN 2007b, p. 10.

471 CALLEGHER 2001a, p. 687; ARSLAN 2010bd, pp. 160-162.

472

Bibliografia alla nota 465.

473 PASSERA,SACCOCCI 2011, p. 31.

474

GORINI 1992a, p. 213, n. 129; ARSLAN 2010bd, p. 163, nota 56.

475 ARSLAN 2010ab, pp. 189,194; ARSLAN 2010bd, pp. 162-163, 182.

476

Vedi bibliografia alla nota precedente.

477

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non monetario, di status symbol, tutt’al più funzionale all’accumulo di ricchezza, visti i rinvenimenti concentrati in sepolture e ripostigli478, e dall’altro una possibile funzione economica, alla luce degli standard ponderali impiegati del tutto attinenti al sistema del solido bizantino479. Ad oggi Aquileia, attraverso i suoi rinvenimenti altamente decontestualizzati, non può fornire ulteriori contributi alla discussione, sperando invece in nuove future scoperte grazie alle indagini archeologiche in corso.

Altra tematica di rilievo riguarda il possibile impiego della moneta in bronzo di età romana durante la prima età medioevale, per la circolazione di basso livello sicuramente in ambito bizantino, stante un sistema monetario ancora imperniato sul solido di età costantiniana, e ipoteticamente in quello longobardo, dove monete romane e bizantine si trovano spesso associate all’interno delle sepolture480. A questo proposito l’apporto dell’archeologia è fondamentale in quanto solo attraverso l’analisi delle stratigrafie e dei contesti è possibile inquadrare correttamente il fenomeno. Per questo motivo il sito di Aquileia ad oggi non può contribuire con nuovi dati, in assenza di evidenze stratigrafiche databili con precisione alla fase altomedioevale. Infatti le più recenti associazioni materiali note contenenti monete non si datano al momento oltre il V sec. d.C. (vedi supra cap. 3). È tuttavia più che legittimo pensare che, data l’enorme mole di circolante disponibile in loco durante l’età tardoantica, parte della stessa possa essere sopravvissuta e successivamente reimpiegata nel corso della prima età altomedioevale per le esigenze legate alla circolazione minuta o per scopi non monetari.

Il riutilizzo di un circolante più antico nei territori longobardi è stato favorito sicuramente dalla vicinanza dell’area monetaria bizantina, dove il numerario romano trovava il più naturale contesto d’impiego. La stessa presenza ravvicinata dei Bizantini ha consentito una penetrazione consistente del loro circolante anche all’interno dei territori occupati dai Longobardi, come attestato dai numerosi rinvenimenti di VII, VIII e IX secolo. Alla luce di ciò prende sempre più piede l’ipotesi che i Longobardi accettassero pagamenti in moneta essenzialmente in oro481. Il cambio della guardia

478

ARSLAN 2010b, pp. 175-177, 186-188.

479 CALLEGHER 2001a, p. 681; CALLEGHER 2008, pp. 66-67; da ultimo SACCOCCI 2012, pp. 175-177. Su questo punto contra ARSLAN 2010c, p. 171.

480 Fondamentale rimane il contributo edito in SACCOCCI 1997; da ultimo SACCOCCI 2016. Vedasi ASOLATI 2000, p. 116; ASOLATI 2002b, pp. 198-201 per i contesti di VI-VIII secolo dalla laguna di Venezia. Per la presenza di monete tardoantiche nelle necropoli cividalesi vedasi ARSLAN 2010b, pp. 179-183; per una sintesi recente sulla presenza di moneta romana e bizantina nelle necropoli longobarde vedasi ASOLATI 2012, pp. 173-183; ARSLAN 2014b.

481

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seguito all’invasione del 568 d.C. non ha quindi inibito la penetrazione del circolante bizantino anche in area friulana, anzi lo stesso doveva rivestire un ruolo di moneta sussidiaria all’interno dei domini longobardi, specie nel caso del bronzo e forse alla pari del numerario romano482. Diventa quindi legittimo pensare che anche parte della documentazione bizantina aquileiese, con riferimento particolare al VII secolo, sebbene affluita con buona probabilità per il tramite della vicina Grado, sia da ricondurre a tutti gli effetti alla presenza longobarda nel centro altoadriatico e sia quindi frutto di rinvenimenti locali, piuttosto che provenienti dalla vicina città lagunare come ipotizzato in alternativa. In generale la presenza degli Ostrogoti prima e dei Bizantini poi e del loro sistema monetario ha garantito, verosimilmente anche per Aquileia, la persistenza di un’economia monetaria dopo l’età romana e con buona probabilità anche dopo l’instaurarsi nell’area dei Longobardi483. Questo non esclude a priori che gli scambi di basso livello, che non implicavano il ricorso alla moneta in oro, possano essersi avvalsi di transazioni non in moneta, basate su forme di scambio alternative484.

Nel delineare un bilancio dei rinvenimenti di monete longobarde ad Aquileia va notato come questo sito sia l’unico, oltre a Cividale, nell’ambito del Ducato del Friuli ad aver restituito testimonianze certe di questa monetazione. Pur nella limitata consistenza di questa documentazione, se confrontata alla realtà della capitale ducale, questo fatto non può che avere ripercussioni dirette di natura prettamente storica. I reperti aquileiesi non sono altro che riflesso dell’importanza del sito durante la dominazione longobarda, nello specifico come centro religioso. Vista la scarsità di reperti relativi alla cultura materiale del periodo, per l’ennesima volta le monete forniscono un’evidenza decisiva in questo senso stante la loro specificità. Come già anticipato non è possibile stabilire con certezza l’origine funeraria di questi rinvenimenti, vista anche l’assenza di necropoli longobarde, che normalmente restituiscono questi reperti, nel territorio aquileiese. Questo non toglie certo importanza a questi materiali che mantengono un valore storico primario per le ricerche sull’Aquileia longobarda, attraverso lo studio combinato delle varie fonti, come si vedrà in seguito.

A conclusione dell’analisi dei rinvenimenti monetali altomedioevali di Aquileia, si può osservare come le caratteristiche degli stessi non presentino particolari specificità, uniformandosi di volta in

482

CALLEGHER 2001a, pp. 694-695; PASSERA 2002, pp. 100-101. Vedasi anche il contributo edito in SACCOCCI 2005, sebbene relativo ai secoli VIII-XI.

483

CALLEGHER 2001a, pp. 678-679.

484

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volta al quadro già noto in letteratura. Questo vale indistintamente per la monetazione ostrogota, rapportabile nei suoi caratteri al bacino nord italico, per quella bizantina legata all’area monetaria della laguna veneta e altoadriatica, e quella longobarda caratterizzata dalle peculiarità riscontrate nel Ducato del Friuli rispetto ai restanti domini longobardi in Italia. Questa documentazione dal punto di vista monetario non desta particolari problematiche interpretative, ampliando semplicemente il quadro a disposizione per l’area nord italica, che si va sempre più definendo nelle sue caratteristiche. Le vere ricadute derivanti dallo studio della moneta altomedioevale ad Aquileia riguardano il suo potenziale informativo per le vicende storiche della città. Non si finirà mai di sottolineare come poche altre classi di materiali medievali aquileiesi hanno una consistenza paragonabile a quella dei rinvenimenti monetali, e come questi diventino di conseguenza una fonte storica primaria. Nel prossimo capitolo questa potenzialità verrà ampiamente valorizzata attraverso il confronto con le restanti fonti disponibili per la storia altomedioevale di Aquileia, alla pari di quanto fatto per il precedente periodo tardoantico.

Appendice

Viene qui considerata la scoperta, presso Terzo di Aquileia, di una moneta in bronzo di Vespasiano recante il numerale XLII sotto forma di contromarca incisa485. La scelta deriva dal fatto che non esiste ancora piena condivisione sull’ambito culturale al quale il fenomeno vada ricondotto. Infatti, se da un lato sempre più elementi tendono ad escludere una genesi nell’ambito vandalo, tesi suggerita in passato dalla presenza di nominali in bronzo emessi dai Vandali recanti il valore di 42

nummi486, gli ultimi studi al riguardo non trovano una conclusione univoca. L’attribuzione agli Ostrogoti si basa essenzialmente sull’evidenza dei rinvenimenti, concentrati nell’area italica centro settentrionale e sovrapposti a quelli di moneta ostrogota con valore superiore al nummus, e su quella del possibile legame ponderale con la serie anonima Invicta Roma/lupa487. Quest’ultimo elemento trae spunto da un’interpretazione alternativa che vede nei numerali XLII e LXXXIII un riferimento ad un corrispondente peso in silique, standard che richiama da vicino quello della nuova monetazione in bronzo dell’imperatore Giustino II (565-572 d.C.)488. Secondo quest’ipotesi

485 GORINI 1992c, p. 217; ARSLAN 1994b, p. 512; ARSLAN 2005, n. 2470 = GIANAZZA 2016, p. 99. Non è chiaro se l’esemplare sia attualmente custodito o meno presso il medagliere del Museo Nazionale di Aquileia.

486 MORRISON 1983.

487

ASOLATI 2012, pp. 113-146, con repertorio aggiornato dei ritrovamenti; ASOLATI 2013b, pp. 15-17.

488

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la pratica della contromarcatura dei bronzi imperiali andrebbe quindi riferita ai Bizantini, e per riflesso si sarebbe diffusa prettamente nei territori longobardi del Nord Italia, vista la loro attitudine ad attrarre numerario bizantino.

L’esemplare aquileiese non fornisce certo utili elementi per contribuire al dibattitto in merito, salvo ribadire l’areale dei rinvenimenti e la sovrapposizione con le attestazioni di numerario ostrogoto di taglio maggiore. Tuttavia, e come sempre, sarà l’analisi completa del medagliere locale a restituire eventualmente nuovi dati, potenzialmente utili alla definizione culturale di questa pratica.

127

6.L’

APPORTO DEI RINVENIMENTI MONETALI ALLA STORIA DELL

’A

LTO

M

EDIOEVO AQUILEIESE

Come già proposto per l’età tardoantica, nel presente capitolo si vuole vagliare l’evidenza dei rinvenimenti monetali alla luce delle restanti fonti storiche e archeologiche disponibili, in questo caso con l’obiettivo di gettare nuova luce sulla storia del primo Alto Medioevo ad Aquileia. Come più volte ribadito, il contributo della numismatica diventa decisivo in quanto la moneta è ad oggi una delle testimonianze materiali di età medioevale, anche dal mero punto di vista numerico, più significativo nel panorama aquileiese. Il suo apporto alla ricostruzione delle vicende storiche, non solamente attinenti alla storia monetaria, si dimostra quindi di prim’ordine, come verrà ampiamente argomentato in seguito.