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Morbo seu igne gehennali vulgariter dicto igne sancti Anthon

LE ATTIVITÀ DEI CANONICI ANTONIANI L’ASSISTENZA

2. Morbo seu igne gehennali vulgariter dicto igne sancti Anthon

Le testimonianze letterarie raccolte negli studi di Alessandra Foscati e Laura Fenelli mostrano che la cultura popolare della penisola italiana, almeno a partire dal XIV secolo, è influenzata dalla tradizione di sant’Antonio che cura la malattia o che punisce con la malattia detta, appunto, Fuoco di sant’Antonio490. Gli antoniani potrebbero certo aver cavalcato questa fama per raccogliere in Italia le questue destinate all’abbazia del Delfinato491.

historique», 41, fasc. 166 (1991), p. 475-484. Cfr. MISCHLEWSKI, Un ordre hospitalier, op. cit., p. 54 e 59, n. 36.

486

ASV, Reg. Vat. 354, c. 119v-121v; cfr. FALCO, op. cit., f. 91r e MISCHLEWSKI, Un ordre

hospitalier, op. cit., p. 81-82, p. 88 n. 14.

487

Su Hans Von Waltheym e il suo pellegrinaggio cfr. W. PARAVICINI, Hans von Waltheym, pelerin et

voyageur, «Provence historique», 41, fasc. 166 (1991), p. 433-464; PARAVY, Le Pèlerinage à Saint-

Antoine, op. cit.; l’edizione della memoria di viaggio a cui si fa qui riferimento è F. E. WELTI (cur.),

Die Pilgerfahrt des Hans von Waltheym im Jahre 1474, Bern 1925, in particolare le p. 19-22.

488

WELTI (cur.), Die Pilgerfahrt des Hans von Waltheym, op. cit., p. 20, v. 17-30.

489

ADI, B 2977, c. 470r-487v.

490

Cfr. FOSCATI, «Antonius maximus monachorum», op. cit., p. 305 e nota 90; FENELLI, Dall’eremo

alla stalla, op. cit., p. 88-99.

491

Le novelle sono fonti indirette e letterarie, pertanto necessitano di un approccio critico. La loro attendibilità è da valutarsi cautamente poiché, come nel caso di cronache e annali, è strettamente

131 Oggi, l’espressione popolare ‘Fuoco di sant’Antonio’ è associata all’herpes zoster, patologia virale che interessa la pelle e le terminazioni nervose, causata dal virus della varicella rimasto dormiente all’interno dell’organismo492. Se è vero che le «malattie cambiano nel corso del tempo, non solo rispetto alla loro frequenza, ma anche rispetto alle loro manifestazioni cliniche»493, è altrettanto vero che lo stesso nome può, nel corso del tempo, essere attribuito a malattie di diversa eziologia ma di simili manifestazioni esterne494, fatto che poteva verificarsi molto di più in passato rispetto a oggi. Richiamando quanto detto da Alessandra Foscati a proposito della percezione della malattia e delle trasformazioni semantiche dei termini nosografici, si potrebbe dire che la storia del Fuoco di sant’Antonio – alla quale la studiosa ha consacrato le sue recenti ricerche – non può essere elaborata solo sulla base dei testi medici dell’Occidente medievale, ma deve essere ricostruita con l’ausilio di altre fonti testuali495. Scrive la Foscati:

L’indeterminatezza semantica è comunque un dato sempre da considerare in un eventuale studio delle malattie medievali; se ne deduce che l’argomento non può essere praticato partendo da preconcetti basati su moderne evidenze nosografiche come si è fatto, fino a questo momento, nei numerosi studi riguardanti l’ignis sacer o fuoco di sant’Antonio (la sinonimia delle due

espressioni deve essere ridiscussa) e classificato oggi come ergotismo496.

È dal trattato del Read (1771), medico dell’università di Montpellier, che si è affermata l’equivalenza tra ignis sacer, Fuoco di sant’Antonio ed ergotismo, e si è

legata all’opinione personale dell’autore nei confronti di fatti, personaggi, popolazioni e località. Tuttavia, richiamando il già menzionato concetto di ‘sociologia medievale’ (cfr. supra, cap. 1, § 4), esse sono utili a comprendere mentalità, usi e costumi di una società. Nel caso della malattia denominata ‘Fuoco di sant’Antonio’ le fonti letterarie, confrontate con altre fonti (opere mediche e documenti d’archivio), non solo aiutano a comprendere gli usi antoniani e il loro impatto sulla società, ma contribuiscono all’esame del quadro complessivo delle interpretazioni dei signa clinici.

492

Herpes Zoster in Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 2007, ad vocem, url: http://www.treccani.it/enciclopedia/herpes-zoster_(Enciclopedia-della- Scienza-e-della-Tecnica)/ (ultimo accesso: 10 aprile 2015).

493

M. D. GRMEK, Malattia e Salute, in Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 2007, ad vocem, url: http://www.treccani.it/enciclopedia/malattia-e- salute_%28Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica%29/ (ultimo accesso: 1 settembre 2014).

494

«Molti fra i termini medici usati nel passato – alcuni dei quali appartenenti alla terminologia medica corrente – hanno subito dei cambiamenti di significato, in qualche caso per motivi eccentrici rispetto alla stessa pratica medicale. Inoltre un medesimo termine poteva fungere da vettore semantico andando a designare quelle che oggi, alla luce della moderna diagnostica, vengono catalogate come malattie di vario tipo caratterizzate da differenti eziologie», FOSCATI, Ignis sacer. op. cit., p. IX-X.

495

A. FOSCATI, Il ‘mal degli ardenti’. Per una storia culturale delle malattie nel Medioevo, in

Conoscenze mediche sul corpo come tramite di cultura tra Oriente e Occidente. Atti della giornata di

studi (Bologna, 20 aprile 2009), Mimesis, Milano-Udine 2010, p. 49-81, p. 50.

496

132 fatta strada la teoria che la nascita della confraternita antoniana fosse dovuta a un’ondata di ergotismo497. Nel 1834, Conrad Heinrich Fuchs propose uno studio sulle epidemie accomunate da cancrena, putrefazioni e autoamputazioni, comparando tra loro le descrizioni riportate nelle cronache medievali498. Secondo la sua schedatura, tra l’857 e il 1347 si sarebbero verificati, in Europa, ventisei picchi di ergotismo, individuato nell’ignis sacer, o Fuoco di sant’Antonio o Fuoco di san Marziale499. Seguendo lo stesso metodo, gli studiosi successivi hanno preso in considerazione altre descrizioni presenti nelle cronache e in altre fonti secondarie500.

L’ergotismo è un’intossicazione alimentare data dal consumo di pane preparato con farina di segale intaccata da un ascomicete, detto claviceps purpurea o ergot, dal quale deriva l’espressione ‘ergotismo’. Gli sclerozi prodotti dall’ergot sulla segale sono ricchi di alcaloidi velenosi, vaso-costrittori, che hanno gravi effetti sull’organismo che li assume: compromettono la circolazione e interagiscono sul sistema nervoso centrale, dando luogo a due forme della malattia: una cancrenosa e una convulsiva501. L’equivalenza tra ergotismo e Fuoco di sant’Antonio è stata formulata sulla base di alcuni precisi segni clinici: il colore nero della pelle e la sua insensibilità. È stata la lettura «pregiudiziale» di fonti decontestualizzate a dar luogo,

497

A. P. READ, Traité du Seigle ergoté, Imprimerie de Jean-François Le Roux, Strasbourg 1771, in particolare le p. 55-62. Nel corso del Settecento, medici e studiosi francesi, sulla scorta dell’individuazione dell'ergotismo da parte del medico Tuillier (resa nota nel 1676), passano al vaglio di una diagnosi retrospettiva le epidemie descritte dalle cronache dell’epoca medievale. Il trattato di Read non è che l’apice di questi studi: cfr. MISCHLEWSKI, Un ordre hospitalier, op. cit., p. 134; FOSCATI, Ignis sacer, op. cit., p. XIV. Si è visto che la prima testimonianza del valore taumaturgico delle reliquie risale alla guarigione di Guérin, cfr. supra, Cap. I, § 2.

498

C. H. FUCHS, Das heilige Feuer des Mittelalters. Ein Beitrag zur Geschichte der Epidemien, «Wissenschaftliche Annalen der gesamten Heilkunde», VIII (1834), p. 1-81.

499

Nel 994 l’area di Limoges (Alta Vienne) fu interessata da una pestilentia ignis fermata, secondo la leggenda, dall’azione taumaturgica delle reliquie di san Marziale, cfr. FOSCATI Il ‘mal degli ardenti’, op. cit., p. 56. La biografia di San Marziale di Limoges, vescovo missionario del III secolo, fu scritta dal suo successore Aureliano (Vita sancti Martialis), ma la sua venerazione in Francia è nota soprattutto grazie a Gregorio di Tours (Histoire des Francs, V).

500

Come FENELLI, Il Tau, op. cit., p. 33-37, cfr. FOSCATI, Il ‘mal degli ardenti’, op. cit., p. 52. Mischlewski amplia il discorso spiegando che, poiché prima del XVII secolo il legame tra l’ergotismo e la cancrena era sconosciuto, era possibile che si utilizzasse l’espressione ‘fuoco di sant'Antonio’ anche per indicare una semplice malattia cancrenosa, evidentemente non riconducibile a ferite in supporazione, congelamento e affini, e confusa con l’ergotismo, cfr. MISCHLEWSKI, Un ordre

hospitalier, op. cit., p. 134.

501

Ergotismo, in Dizionario di Medicina, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 2010, ad vocem, url: http://www.treccani.it/enciclopedia/ergotismo_(Dizionario-di-Medicina)/ (ultimo accesso: 10 febbraio 2015). Nel Medioevo la segale era coltivata in molte parti d’Europa, soprattutto nell’area centrale. Gli studi ottocenteschi hanno evidenziato una correlazione tra l’ergot, il clima umido e le annate piovose. Cfr. M. MONTANARI,La fame e l’abbondanza. Storia dell’alimentazione in Europa,

133 secondo la Foscati, a questo tipo di equivalenza502. Attraverso l’analisi delle fonti, la ricercatrice mette in luce come, in realtà, l’espressione ignis indicasse troppe affezioni perché si possa pensare di darne oggi un elenco completo, ma evidenzia soprattutto che si riferiva, più in generale, a qualsiasi malattia che dava luogo a cancrena503. Rispetto al Tardo antico, nel corso del Medioevo l’espressione ha subito uno «slittamento semantico» a seguito della comparsa dei trattati di medicina influenzati dal corpus ippocratico-galenico trasmesso dagli arabi, nei quali con il termine apostema si indicavano le malattie che davano segni clinici quali bolle, ematomi, cisti, tumori504. Per chiarire cosa fosse per la medicina del Tardo antico l’ignis sacer si può fare riferimento alle Etymologiae di Isidoro di Siviglia, composte tra VI e VII secolo, nelle quali troviamo che

Erisipela est quem Latini sacrum ignem appellant, id est execrandum per antiphrasim. Siquidem in superficie rubore flammeo cutes rubescunt. Tunc mutuo rubore quasi ab igni vicina invaduntur loca, ita ut etiam febris excitetur505.

Nel Tardo antico e nell’alto Medioevo, dunque, l’ignis sacer corrispondeva all’erisipela, malattia rintracciabile nelle fonti mediche greche506, che in termini odierni è definita un’infezione della pelle causata da streptococco507. Con la diffusione della medicina araba, l’ignis sacer ‘diventava’ una malattia della classe degli apostemi.

502

«Occorre ricordare come nel Medioevo, e in gran parte dell’Età moderna, si effettuasse una diagnosi con criteri ben diversi da quelli attuali e si avessero differenti nozioni sulla specificità eziologica delle malattie […] per comprendere come la malattia fosse realmente concepita in passato occorre accantonare le moderne conoscenze su di essa le quali falsano l’indagine storica», FOSCATI,

Ignis sacer, op. cit., p. XVI.

503

«Probabilmente si pensò che l’espressione potesse essere particolarmente appropriata per denominare quell’inspiegabile fuoco dalla caratteristiche divine ed infernali nello stesso tempo, che carbonizzava a poco a poco i corpi portando a morte sicura, all’interno di un contesto in cui qualsiasi fuoco, inteso come misterioso, oscuro, apparentemente non terreno, doveva necessariamente essere percepito come appartenente alla dimensione del sacro», FOSCATI, Ignis sacer, op. cit. p. 59-60.

504

Sulla cultura ippocratico-galenica trasmessa in Europa grazie alla rielaborazione araba si vedano J- P. GENET, La mutation de l’éducation et de la culture médiévales. L’Occident Chrétien XII- milieu XV

siècle, Paris 1999; D.JACQUART,F.MICHEAU, La médecine arabe et l’Occident médiéval, Paris 1990; J. AGRIMI,C.CRISCIANI, Edocere Medicos: medicina scolastica nei secoli XIII-XV, Napoli 1988.

505

«L’erisipela è la malattia che i Latini chiamano fuoco sacro, ossia, per antifrasi, esecrando: la cute, infatti, assume in superficie un colore rosso fiamma ed il rossore si trasmette alle zone vicine, quasi fossero invase da un fuoco, facendo divampare la febbre». ISIDORO DI SIVIGLIA, Etimologie o Origini, Libri I-XI, a cura di A. Valastro Canale, Torino 2004, p. 370-371.

506

IPPOCRATE, Aforismi IV, 25.

507

Erisipela, in Dizionario di Medicina, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 2010, ad vocem, url: http://www.treccani.it/enciclopedia/erisipela_(Dizionario-di-Medicina)/ (ultimo accesso: 10 aprile 2015).

134 L’espressione Fuoco di sant’Antonio faceva il suo ingresso nel panorama medico con l’insegnamento della chirurgia nelle università sorte nel XIII secolo e in particolar modo alla scuola medica di Montpellier508. La malattia è, infatti, menzionata nel Compendium medicinae del cancelliere e maestro di Montpellier Gilberto Anglico (circa 1180-1250)509, nella Chirurgia Magna di Lanfranco da Milano (circa 1245-1306)510 – che da Bologna era passato a Lione e poi a Parigi – e nelle opere di altri maestri della scuola di medicina di Montpellier, come Bernard de Gordon (circa 1258-1320)511, Henri de Mondeville (circa 1260-1320)512 e Gui de Chauliac (1300-1368)513. Nei testi tardomedievali l’espressione indicava una forma di cancrena, e continuava ad essere associata a san Marziale, alla Vergine e, talvolta, a san Lorenzo o san Giorgio514.

Grazie all’analisi delle fonti mediche e agiografiche, Alessandra Foscati dimostra che nel basso Medioevo l’espressione ‘Fuoco di sant’Antonio’ intendeva qualsiasi tipo di malattia cancrenosa, indipendentemente dall’eziologia. La studiosa

508

La scuola medica di Montpellier ricevette i suoi primi statuti dal cardinale Conrad d’Urach, legato pontificio, nel 1220, ma già nel 1180 il signore della città, Guilhem VIII, aveva dato disposizioni circa l’insegnamento della disciplina. Per lungo tempo fulcro dello studio medico nel sud della Francia, questa università ha visto tra i suoi maestri i migliori medici del tardo medioevo, tra i quali ricordiamo Gilles de Corbeil (1140-1224), Arnau de Vilanova (ca 1230-1311) e Petrus Hispanus (ca 1220-1277, papa Giovanni XXI nel 1276). Benché l’istituzione avesse una sua biblioteca già dal 1240, nel corso dell’epoca moderna il patrimonio librario fu disperso e i manoscritti attualmente conservati presso la Facoltà di medicina vi sono stati trasferiti solo nel 1794, con la fondazione dell’Ecole de santé, grazie all’interesse del medico-bibliotecario Gabriel Prunelle (1774-1853) e all’appoggio di un ex studente di Montpellier, il ministro dell’interno Jean-Antoine Chaptal (1756-1832). Cfr. L. DULIEU (cur.), La

médecine à Montpellier du XIIe au XXe siècle, Hervas, Paris 1990; Médecine, art et histoire à Montpellier, «Nunc Monspeliensis Hippocrates», n. spécial hors série (2000); H. LORBLANCHET, La

Bibliothèque Universitaire de Médecine de Montpellier, «Bulletin de l’Académie des Sciences et

Lettres de Montpellier», 3 (2007), p. 85-90.

509

Gilberto Anglico è considerato la prima figura di rilievo del panorama medico medievale inglese, ed è noto soprattutto per le sue indicazioni relative ai medicamenti. La sua notorietà e la sua esperienza come maestro a Parigi e Montpellier hanno scaturito dei dubbi sulla sua origine inglese, cfr. G. Keil, Magister Giselbertus de villa parisiensis. Betrachtungen zu den Kranewittbeeren und

Gilberts pharmakologischem Renomné, «Sudhoffs Archiv», 78 (1994), p. 80-89.

510

FOSCATI, Ignis sacer, op. cit., p. 80-81. Su Lanfranco da Milano cfr. Dizionario Biografico degli

Italiani, vol. 63, Istituto dell’Enciclopedia Italiana 2004, ad vocem, url:

http://www.treccani.it/enciclopedia/lanfranco-da-milano_(Dizionario-Biografico)/ (ultimo accesso: 1 settembre 2014).

511

Bibliothèque Universitaire de Médecine de Montpellier (da qui BUMe), ms. H451, Bernard de Gordon, Lilium medicine, XV secolo, c. 23r.

512

BNFr, ms. Colbert 4478, c. 77v, manoscritto che contiene una traduzione in francese della

Chirurgia di Henri de Mondeville risalente al XIV secolo.

513

BUMe, ms. H184, Gui de Chauliac, La grande chirurgie, cc. 46v-47v. Si tratta di una traduzione francese del XV secolo, nella quale si nota che il copista ha scritto «feu de Saint» e che il nome «Antoine» è stato aggiunto in interlinea, da mano presumibilmente coeva, solo alla c. 47r.

514

135 cita un racconto miracoloso trasmesso da un manoscritto del Quattrocento: una donna, «essendosi fratturata un braccio, si rivolge al barbiere il quale applica un bendaggio troppo stretto che le rende il braccio ‘infuocato’». Rivoltasi ai chirurghi, questi affermano che è sopravvenuto du feu dont le glorieux saint [Antoine] est requis. Solo l’intercessione del santo riesce a guarirla, anche se la donna perde una mano, che verrà offerta come ex voto515. Valutando numerosi altri esempi, Alessandra Foscati conclude che

all’interno di una tale varietà lessicale e nosologica che complica il lavoro dello storico, mi pare comunque di poter affermare che l’interpretazione semplificata del fuoco di sant’Antonio medievale prevalentemente, se non addirittura esclusivamente, come malattia ergotica, non possa più essere accettata.

3. L’Ospedale di Saint-Antoine-l’Abbaye e l’assistenza