Sul modo di prodursi delle fratture craniche assumono particolare importanza vari elementi:
1) la forma, il peso e la natura del corpo contundente;
2) la velocità dell’impatto corpo contundente contro il cranio; o del cranio contro il corpo contundente;
3) la libertà di movimento della testa: infatti se la testa è libera di muoversi, lo farà nella stessa direzione dell’oggetto impattante e in questo modo parte dell’energia verrà assorbita dal movimento stesso;
4) l’ampiezza della superficie di contatto: se questa superficie è ridotta, tutta l’energia si concentrerà in questa piccola zona, se è ampia l’energia si diffonderà su una superficie più vasta.
Come risultato dell’impatto, possono presentarsi varie situazioni:
- Danno al cuoio capelluto: epidermide, derma, galea aponeurotica, periostio. A volte la cute può rimanere intatta mentre può esserci danno nei tessuti più
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fratture craniche, è un potenziale sito d’ingresso di batteri con possibilità di sviluppo di infezioni. Il danno al cuoio capelluto è un importante indicatore per capire quale sia stato il sito d’impatto primario e per questo uno studio dei danni esterni è sempre richiesto, soprattutto quando si sospetta un abuso fisico. Nella maggior parte dei casi la frattura è ipsilaterale alla sede d’impatto e in una minoranza dei casi è controlaterale;
- fratture craniche;
- Danno intracranico: contusioni, danno assonale, ematomi epidurali, sottodurali o subaracnoidei ed emorragie intracerebrali.
È stato dimostrato che l’elasticità del cranio è tale da consentire una depressione di circa un centimetro nel punto in cui viene applicata la forza traumatizzante ed è per questo che possono essere prodotte lesioni endocraniche senza fratture ossee. Grazie alla sua elasticità, la scatola cranica subisce per traumi bipolari una deformazione massiva mentre per traumi unipolari può subire una deformazione localizzata in corrispondenza della zona traumatizzata o una deformazione massiva, per la compressione del cranio tra la forza impattante e quella fissa di appoggio sulla colonna vertebrale, o polo di reazione.
Tutte le fratture si possono ricondurre a due tipi fondamentali: complessi fratturativi localizzati e diffusi.
Quando abbiamo un trauma bipolare ovvero dovuto a due forze uguali e contrarie che agiscono su poli diametralmente opposti del cranio, i poli all’inizio subiscono un avvicinamento perché aumenta la curvatura dei meridiani che uniscono i poli ma contemporaneamente le molecole situate su ciascun meridiano si allontanano da quelle poste sui meridiani vicini e si vengono a formare fratture dette
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“meridianiche” o “da scoppio” o “da strappamento” che hanno una direzione parallela a quella secondo cui agisce la forza contusiva bipolare.
Allo stesso modo, però, l’aumento di curvatura dei meridiani può causare una frattura nel punto di massima curvatura creando una frattura detta “equatoriale” o “da incurvamento” o “da inginocchiamento” e in questo caso la direzione della frattura è perpendicolare a quella della forza applicata.
Quando invece viene applicata una forza unipolare, la pressione esercitata non è risentita ugualmente su tutto il cranio ma decresce di intensità a mano a mano che ci si allontana dal punto di compressione. Questa forza tende a rendere piana la superficie convessa del segmento cranico e questo appiattimento causa allontanamento delle molecole ossee che è maggiore alla periferia per cui qui si verranno a formare delle fratture distribuite come i raggi di una ruota rispetto al punto di applicazione della forza.
Inoltre nel punto di passaggio dalla periferia dell’appiattimento alla restante superficie cranica non appiattita si produrrà un inginocchiamento della parete dove si avrà la formazione di una frattura che prende il nome di “frattura equatoriale”. Altre volte, invece, solo la parte compressa viene danneggiata perché la trasmissione dell’energia è stata interrotta dal prodursi della frattura equatoriale. Questo tipicamente si verifica quando la frattura è causata da oggetti di piccola superficie con elevata forza di azione e le fratture che ne derivano prendono il nome di “fratture meridianiche ed equatoriali dirette” e danno luogo ad un complesso fratturativo circoscritto come le fratture a stampo, da infossamento, a terrazza che si producono per l’azione di martelli, scalpelli, tubi di ferro.
Quando invece la frattura equatoriale non si forma perché l’aumento di curvatura ai limiti della zona di applicazione della forza non riesce a vincere l’elasticità della teca cranica, allora le fratture meridiane da sgranamento possono estendersi oltre la zona di applicazione della forza e si parla di fratture meridianiche dirette irradiate e
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di complesso fratturativo a tipo diffuso. Questo, tipicamente, si ha per azione di mezzi contundenti a superficie larga.
Quando la forza traumatizzante non esaurisce la sua azione nella produzione del primo complesso fratturativo, un nuovo segmento di sfera di circonferenza maggiore subirà la compressione e verranno a formarsi nuove linee di frattura meridianiche ed equatoriali.
Le fratture meridianiche avranno una rima di frattura più aperta verso il tavolato interno invece quelle equatoriali hanno una rima di frattura più aperta verso il tavolato esterno per effetto della maggiore flessione delle curve medesime.
Per traumi unipolari inferti sul sincipite possiamo avere delle fratture irradiate verso la base che potranno interessare qualsiasi regione dell’ovoide cranico (frontale, temporo-parietale, occipitale) dato che il polo di reazione si viene a trovare nel punto diametralmente opposto al polo d’urto. Per traumi inferti sulle altre regioni della volta, la deformazione sarà caratterizzata da un maggiore incurvamento in corrispondenza dell’arco che unisce il polo d’urto a quello di reazione e qui si avrà la formazione delle fratture.
Tutte queste fratture descritte possono essere più semplicemente distinte in:
1) Le fratture lineari: sono fratture non scomposte che hanno una traiettoria lineare attraverso il cranio e coinvolgono l’intera sezione trasversale dell’osso. Nei bambini più spesso coinvolgono la volta cranica includendo l’osso parietale, frontale e occipitale. Queste sono il risultato di un trasferimento di bassa energia su una su ampia superficie del cranio. Le fratture lineari sono traumi da contatto ed in genere sono dovute alla deformazione del cranio in un punto lontano dal punto dell’impatto. Nei bambini e nei giovani adulti, gli ematomi epidurali costituiscono la complicanza più grave delle fratture lineari. Il rischio aumenta
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quando la linea di frattura attraversa il decorso di un vaso durale o di un seno venoso.
2) Le fratture complesse: possono essere concentriche o stellate; si formano quando il cranio impatta con un oggetto solido ad alta velocità. Queste possono essere disposte in senso parallelo alla direzione del trauma e vengono definite “meridianiche” o in senso perpendicolare alla direzione del trauma e vengono definite “equatoriali”.
3) Le fratture depresse: sono associate al trasferimento di elevata energia su una piccola area del cranio. Possono variare da “fratture comminute” a depressioni senza frattura che prendono il nome di “fratture a ping pong.” Queste fratture a ping pong sono osservate principalmente durante i primi mesi di vita in cui il periostio non è ben ossificato infatti sono analoghe alla fratture al legno verde che si presentano nelle ossa lunghe dei bambini. Queste fratture depresse non accidentali si trovano più comunemente sull’osso parietale nei bambini e sulla volta nei neonati.
4) Le fratture diastasiche: sono le fratture in cui le rime di sutura si allontanano tra di loro. Possono essere associate ad una frattura che attraversa la sutura o possono trovarsi in assenza di frattura. Sono più comuni nei bambini perché le suture non sono saldate. Sono state associate anche ad idrocefalo o osteogenesi imperfetta.
Queste fratture tipiche della volta cranica possono irradiarsi anche alla base del cranio attraverso certe linee con interruzioni o sdoppiamenti lungo il loro decorso dovute alla maggiore o minore resistenza della parete. Questo perché la volta cranica viene a poggiare sulla base attraverso una serie di archi o pilastri che fanno capo ad un centro di resistenza ovvero l’apofisi basilare dell’occipitale. Di questi
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pilastri se ne individuano sei: uno anteriore (frontale), uno posteriore (occipitale), due antero-laterali (orbito-sfenoidali), e due postero-laterali (petrosi).
Un trauma applicato all’apice del cranio può causare una frattura alla base del cranio o alla regione temporale; un colpo alla regione occipitale causa una frattura lineare al livello della fossa cranica posteriore; un trauma a livello della regione temporoparietale può causare una frattura che corre dall’osso temporale alla base del cranio; un trauma al livello dell’osso frontale può causare una frattura che va dall’orbita alla mascella.
È anche possibile che l’energia lesiva seppur incapace di produrre lesioni della volta ma sufficiente a determinare una deformazione massiva del cranio, produca invece fratture isolate della base nelle zone di minore resistenza, come ad esempio in corrispondenza del tetto dell’orbita. Tali fratture si possono considerare indirette perché si formano in punti lontani dal punto di applicazione della forza anche se con questa non hanno alcuna connessione di continuità come quelle che si producono per traumi su mento o sul podice nei quali la forza traumatizzante viene trasmessa attraverso la mandibola o la colonna vertebrale.