5. L’islam tangibile: simboli religiosi, laicità dello Stato, libertà religiosa
5.1 Il dibattito sulle moschee
5.1.2 La moschea come luogo di dialogo
Mentre la maggior parte degli articoli tende a creare sospetto attorno alle varie moschee,
musalla e centri islamici sparsi sul territorio italiano, solo un numero esiguo di articoli
presenta la moschea come luogo di dialogo. La scarsa copertura mediatica è data innanzitutto dal fatto che eventi di questo tipo non sono estremamente comuni, ma è altrettanto interessante notare che, anche quando i suddetti casi avvengono, non acquistano sulle pagine di La Repubblica e il Corriere della Sera la visibilità che possono acquisire notizie di arresti per terrorismo tra fedeli e imam di una moschea e/o chiusure delle stesse. Sebbene queste iniziative possano costituire le basi su cui fondare la tanto agognata convivenza locale, e possano essere poste maggiormente in evidenza proprio per dimostrare che il dialogo è possibile e realizzabile, le notizie relative a questo genere di incontri territoriali non godono di grande attenzione. Gli unici eventi a cui si dedica maggiore interesse riguardano gli avvenimenti che coinvolgono le alte sfere della Chiesa, come la visita di Benedetto XVI alla Moschea Blu in Turchia272 nel dicembre 2006 – che ebbe risalto anche perché avvenuta dopo la lectio magistralis tenuta a Ratisbona e dopo le conseguenti proteste islamiche per le parole pronunciate dal Papa sull’Islam. La presenza di articoli su questo tipo di manifestazioni “locali” nei quotidiani si può quindi inquadrare nell’ottica dell’“eccezionalità”, nel senso che l’iniziativa, anche se meno “notiziabile” di un’inchiesta per terrorismo, appare comunque come un qualcosa di “stra-ordinario”, di non comune. L’idea che due fedi, pregiudizialmente considerate “opposte”, in contrasto, decidano di condividere un’iniziativa insieme è comunque un avvenimento che “fa notizia”. Un esempio è l’articolo riferito alla moschea di Colle Val d’Elsa (assurta anch’essa agli onori delle cronache per le contestazioni leghiste), che viene definita “un piccolo laboratorio di costruzione dell’Islam italiano e di rapporti interreligiosi”273. L’articolo, del 2004, è decisamente significativo, in quanto viene pubblicato nei giorni del rapimento delle due cooperanti italiane Simona Pari e Simona Torretta.
271
http://www.dire.it/HOME/islam_moschee.php?c=37016&m=3&l=it.
272
Redazione, “Il Papa nella Moschea Blu prega insieme al Muftì”, La Repubblica, 1 dicembre 2006, p. 2.
273
M. Politi , “Parroci e imam marciano insieme, Il ‘padre nostro’ entra in moschea”, La Repubblica, 20 settembre 2004, p.22.
Un altro esempio di relazioni imam-parroci lo si trova nell’articolo “Centocelle, frammenti di discorso interreligioso”, in cui si descrive l’esperienza di un prete e di una guida religiosa musulmana della frazione di Centocelle che vivono a stretto contatto e operano vicendevolmente per l’integrazione della comunità. L’imam, la cui moschea – si legge nell’articolo – è un luogo “aperto” e di confronto, viene definito dal parroco “molto importante in seno alla comunità, persona che io stimo molto. È un moderato, dotato di notevole apertura”. La guida musulmana è inoltre “membro del direttivo della moschea e della Associazione Culturale Islamica in Italia “Al Huda” (La retta via) la cui sede è nello stesso stabile della moschea, un grande seminterrato precedentemente adibito a palestra”. Da notare che “Al Huda” è la medesima moschea che veniva definita con parole piuttosto negative nell’articolo di Repubblica dell’aprile 2004274: questo dimostra quindi quanto le informazioni sui luoghi di culto islamici siano frammentarie, e da considerare, in qualsiasi caso – sia esso positivo o negativo –, con le dovute cautele. Di interscambio tra le comunità si può parlare anche nella vicenda di Habib, l’islamico sacrestano. In questo caso, il luogo simbolo di dialogo non è una moschea, bensì una chiesa, che ha accettato come sacrestano e custode dell’edificio sacro un islamico, a dimostrazione che l’integrazione può raggiungere anche luoghi che sembrerebbero “inaccessibili”275.
Un altro caso, che possiamo definire di “cooperazione”, si ravvisa nelle pagine de il Corriere e di La Repubblica del novembre 2007. I giornali trattano infatti la notizia del parroco di un piccolo centro in provincia di Treviso, Ponzano Veneto, il quale, per permettere ai musulmani residenti in zona di pregare, mette a disposizione ogni venerdì l’oratorio della propria chiesa. La disponibilità del parroco, che potrebbe essere un esempio di dialogo e cooperazione tra religioni, e potrebbe favorire proficuamente la convivenza, purtroppo non è accettata dal Vescovo e dal governo politico locale: in seguito ai continui richiami della curia, alle proteste di alcuni fedeli cattolici e del governatore leghista della regione, Zaia, il parroco ha dovuto impedire l’utilizzo delle aree ecclesiastiche per lo svolgimento della preghiera musulmana, e la moschea è così divenuta “itinerante”, dovendo adattarsi i fedeli ogni volta a trovare un luogo in cui poter pregare il venerdì276. Sulla questione, che era quindi stata risolta (seppur temporaneamente) con un semplice accordo tra le parti, si è creato un caso nazionale, e si è
274
A. Monda, “Centocelle, frammenti di discorso interreligioso”, Corriere della Sera, 6 dicembre 2004, p. 52.
275
L. Accattoli, “Habib, l’islamico che fa il sacrestano”, Corriere della Sera, 24 agosto 2004, p. 16.
276
P. Fantelli, “La ‘Dichiarazione d’intenti per la federazione dell’Islam italiano’: un primo commento”, www.statochiese.it , Luglio 2008; F. Baron, “Islamici in parrocchia, il vescovo impone l’alt al parroco”,
Corriere della Sera, 11 novembre 2007, p. 9; O. Liso, “Moschea part time nell’oratorio”, La Repubblica, 10
assistito ad una strumentalizzazione della vicenda che non ha permesso il raggiungimento di alcuna soluzione concreta.
Nel corso degli anni sono comunque numerosi gli incontri interreligiosi avvenuti tra imam, rabbini e rappresentanti della Chiesa cattolica277, sia all’interno che all’esterno dei luoghi sacri; numerose sono le dichiarazioni volte ad intraprendere il dialogo reciproco, e a raggiungere la piena integrazione nel rispetto delle regole stabilite dallo Stato italiano.