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Il terrorismo e la “questione sicurezza”: tra allarmismi, paure e realtà

4. Il rapporto Islam-media: cos’è cambiato dopo l’11 settembre

4.2 Le parole ricorrenti: l’immagine dell’Islam nei quotidian

4.2.1 Il terrorismo e la “questione sicurezza”: tra allarmismi, paure e realtà

Non esiste una definizione univoca di terrorismo. Il governo statunitense, definisce il terrorismo indicandolo come

la minaccia o l’uso della violenza per scopi politici da parte di individui o gruppi, sia che agiscano in favore o contro le autorità governative, quando queste azioni siano intese a scioccare, stordire o intimidire un gruppo di riferimento più ampio della vittima stessa. Il terrorismo ha coinvolto gruppi che hanno cercato di sovvertire specifici regimi, di alleviare quelle che percepiscono come sofferenza di una nazione o di gruppi, o di minare l’ordine politico come scopo di per se stesso122

Il terrorismo ha quindi alcune caratteristiche principali e imprescindibili: 1) incutere paura nell’immediato;

2) indirizzarsi ad un pubblico più ampio di quello direttamente colpito dall’attacco, sfruttando la pubblicità mediatica;

3) attaccare luoghi apparentemente casuali ma dall’alto significato simbolico; 4) compiere atti percepiti “fuori dalla norma” dalle società che li subiscono;

5) influenzare il comportamento sociale e politico in diversi modi, in molte società e a tutti i livelli123

In conclusione, esso deve avere “natura politica, scegliere obiettivi civili e creare un clima di estrema paura”124. Il dibattito su ciò che possa essere definito un atto di “autodifesa” o aggressione, è il fulcro della discussione sul nuovo fenomeno del terrorismo pseudo-religioso di stampo islamista radicale. Dalla sua definizione dipendono le misure che devono essere prese per arginare il fenomeno: mentre in passato il terrorismo si riferiva principalmente ad avvenimenti interni a Paesi in cui operavano gruppi terroristici, come le Brigate Rosse in Italia, ora il campo d’azione e le motivazioni politiche sono decisamente differenti. Il terrorismo internazionale di tipo islamista (di cui Al-Qaeda125 è uno dei maggiori

122

Cfr Gnosis, rivista italiana di intelligence http://www.sisde.it/gnosis/Rivista7.nsf/ServNavig/11#%287%29.

123

R. Gritti, op. cit., p.227.

124

L. Napoleoni, Terrorismo S.p.A., Il Saggiatore, Milano, 2008, p.11.

125

Al Qaeda significa “la base” e nasce in Afghanistan nei primi anni ’80. Il suo fondatore, figlio di un immigrato

yemenita in Arabia Saudita, è Osama Bin Laden, ed è colui che costituisce i primi “campi di addestramento” in Afganistan per i c.d. mujaheddin (che all’epoca combattevano contro i sovietici). L’organizzazione diventa internazionale a partire dal 1996, quando Bin Laden proclama la jihad contro gli Usa, per poi costituire nel 1998 il “Fronte internazionale islamico per la guerra santa contro gli ebrei e i crociati”, che accoglie altri sette gruppi jihadisti radicali (Taliban, Harakat al-Ansar, Al-Jihad, Jamahaa Islamyya, Tala’i al-fath, Gaysh Muhammad) e nazionalisti (Hezbollah, Hamas, Jihad islamico palestinese, Laskar-e-Taiba, Movimento islamico uzbeko e Abu

rappresentanti) è diventato dal 2001 uno degli aspetti cruciali della politica internazionale. Gli attentati dell’11 settembre vengono compiuti da individui che si proclamano di fede musulmana e rivendicati dall’organizzazione terroristica: ci si confronta quindi per la prima volta con una nuova forma di terrorismo, che viene (erroneamente) definito terrorismo “islamico”. Esso, infatti, è di matrice religiosa, ma si tratta di un terrorismo islamista–radicale, nel senso che viene usato dall’organizzazione come mezzo per condurre le masse alla costruzione di un Califfato islamico126.

Nel corso degli anni, il ricorso all’aggettivo “islamico” a seguito della parola “terrorismo” comporta però un «processo di “attribuzione causale” all’islam di atti la cui natura è profondamente politica e ideologica, indipendentemente dal deposito di simboli a cui attinge»127. Già la semplice differenza tra islamico e islamista potrebbe significare un passo avanti e una maggiore correttezza nel riferirsi all’argomento: mentre islamico è colui che professa la fede musulmana, con il termine islamista si indica colui che desidera la costituzione di uno stato islamico. Dall’analisi dei dati relativi al terrorismo raccolti per il decennio 2000-2009, vediamo invece che su La Repubblica la definizione di “terrorismo islamico” compare in 1876 articoli, a fronte di 89 in cui si fa riferimento al “terrorismo islamista”128, mentre sul Corriere ne troviamo 965 per “terrorismo islamico”, e 50 per “terrorismo islamista”.

Secondo uno studio effettuato da Angelo Pittaluga sul confronto tra “pericolo islamico” e mezzi di comunicazione, nei media

si può cogliere l’utilizzo martellante di alcuni termini di forte impatto comunicativo: ‘fondamentalismo’, ‘estremismo’, ‘terrorismo’, che sono oramai diventati sinonimo di fondamentalismo islamico, estremismo islamico, terrorismo islamico. Talmente assidua è la ripetizione mediatica di tali concetti che è divenuto superfluo specificare l’aggettivo ‘islamico’129.

L’immaginario collettivo pertanto assume come frame il concetto di terrorista = islamico, da cui deriva islamico = musulmano. Da qui ad arrivare a terrorista = musulmano, il passo è breve.

Sayyaf). Con queste ultime organizzazioni, Osama Bin Laden prende accordi di volta in volta in base alle

operazioni da compiere, affinché non venga minata la sua autorità. Attualmente, il movimento è diventato un’“ideologia militante, un movimento globale diffuso in 65 Paesi” (P. Manduchi, Dalla penna al mouse: gli

strumenti di diffusione del concetto di gihad, Franco Angeli, Milano, 2006, pp.224-225).

126

L. Napoleoni, op. cit., Il Saggiatore, Milano, 2008, p. 207.

127

M. Bruno, op.cit., p.65

128

Chiave di ricerca:

129

A. Pittaluga, “Pericolo islamico e mezzi di comunicazione”, in M. Verga (a cura di), Quaderno dei lavori

Allo stesso tempo, è facile notare come al concetto di “terrorismo” venga accostato quello di “fondamentalismo”. Quest’ultimo però non deve essere confuso con il terrorismo (come spesso si verifica nei media), né con l’Islam: “dal punto di vista sociologico, il fondamentalismo religioso è un’ideologia e un movimento sociale che utilizza i simboli e i valori di una tradizione religiosa per fini sociali e/o politici. Si tratta dunque di un approccio religioso alla società e al potere politico”130. I movimenti che si considerano fondamentalisti principalmente si suddividono in due categorie: la corrente che aspira a tornare ai valori tradizionali della religione, distaccandosi dalla modernità considerata come la causa dell’allontanamento dell’uomo dal divino, e il movimento che considera necessario fondare o rifondare lo Stato e la società secondo precetti religiosi. Essi hanno poi diverse “declinazioni”, in base all’approccio più o meno violento del gruppo, al grado di politicizzazione, agli obiettivi da raggiungere, al livello di presenza nelle istituzioni sociali. Considerando quindi queste variabili, in riferimento al fondamentalismo di matrice islamica, si parla di fondamentalismo “teocratico” (volto ad islamizzare la società e le istituzioni politiche) al cui interno troviamo alcune frange definibili come “nichiliste” (le quali hanno l’obiettivo di abbattere il potere e ricrearne uno nuovo basato sulla sharia131, hanno un ridotto consenso sociale e ricorrono totalmente alla violenza per raggiungere i propri obiettivi).

Tutti questi movimenti hanno in comune l’idea dell’“infallibilità dei testi sacri”, “la supremazia della legge religiosa su quella terrena” e un forte anti-modernismo, ma non per forza il terrorismo, che è caratteristico del fondamentalismo nichilista132. Sebbene il fondamentalismo religioso possa rappresentare il terreno di reclutamento per gruppi e movimenti del fondamentalismo più politicizzato, attivista e aggressivo, la corrente puritana (o revivalista) è sostanzialmente una corrente mite e quietista dal punto di vista politico. Nonostante quindi esista una connessione strutturale tra le due forme di fondamentalismo (una con finalità religiose, l’altra con obiettivi politici), esse non rappresentano lo stesso fenomeno: si può dire pertanto che tutti i terroristi religiosi siano dei fondamentalisti, ma non che tutti i fondamentalisti siano terroristi133. Ciò non significa che la percentuale di terroristi religiosi pseudo-islamici sia irrilevante: nel mondo musulmano essi sono più numerosi di quelli presenti nei paesi cristiani. La differenza però è soltanto quantitativa e non qualitativa: anche nel mondo cristiano esistono i fondamentalisti nichilisti, come l’IRA in Irlanda, o l’Esercito di

130

R. Gritti, La politica del sacro, Guerini e Associati, Milano, 2004 p. 185.

131

La sharia, o normativa rivelata dell’Islam, è, per i musulmani, il sistema normativo di riferimento, fisso e non modificabile. Essa, in quanto rivelata, è immutabile, ma si produce e si sviluppa soprattutto mediante la produzione del fiqh (il diritto sacro dedotto dalla sharia), opera dei giuristi (S. Mervin, L’Islam. Fondamenti e

dottrine, Pearson Paravia Bruno Mondadori, Milano, 2004, pp. 40-42).

132

R, Gritti, op. cit., pp.184-190; M. Bruno, op.cit., pp. 66-69.

133

Resistenza del Signore in Uganda. Quindi, affermare che esistono religioni più fondamentaliste di altre non è corretto, ma è giusto affermare che vi siano fedi in cui i fondamentalisti sono più numerosi che in altre.

Nei quotidiani invece, non è infrequente leggere inesattezze a riguardo: ne è un esempio l’articolo “I cani sciolti della Jihad”. Già nel titolo, jihad viene inteso come sinonimo di “guerra santa” anche se non è propriamente tale134, e se si prosegue la lettura dell’articolo, si nota che “fondamentalista” è utilizzato come sinonimo di “terrorista”. Inoltre, è interessante osservare come il lemma “fondamentalista” abbia subito un processo di “sostantivazione”, nel senso che la parola, che dovrebbe essere utilizzata per indicare un “religioso intransigente nell’esigere il più stretto rispetto dei fondamenti della propria fede”135, è inevitabilmente e automaticamente collegata all’islamismo, e spesso non è accompagnata da ulteriori specificazioni. Il fondamentalismo è quindi implicitamente considerato appartenere all’area islamica, quando, in realtà, esso nacque per la prima volta all’interno della cultura cristiana degli Usa, in ambito protestante, agli inizi del ‘900136.