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MOTIVAZIONI CHE LE HANNO SPINTE A MIGRARE, PROCEDURE DI ASSUNZIONE E ARRIVO NEL PAESE DI DESTINAZIONE

Perché andare a lavorare all’estero?

Alle 134 ragazze che hanno compilato il questionario di tipo B è stata rivolta una domanda a scelta multipla riguardante le motivazioni che stanno alla base della loro decisione di lavorare all’estero. Il grafico a colonne illustra le principali ragioni alla base di tale scelta:

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TAB. 1, MOTIVAZIONI ALLA BASE DELLA DECISIONE DI LAVORARE ALL’ESTERO

Le preferenze indicano che il principale motivo di emigrazione è proprio la possibilità di guadagnare più denaro in Giordania. Vi sono tuttavia altre motivazioni: la Giordania infatti è uno dei paesi per cui è più facile ottenere un visto d’entrata, o ancora alcune ragazze non avevano alcuna idea riguardo a quale fosse il loro paese di destinazione e sono partite fidandosi della scelta compiuta per loro dall’agenzia di reclutamento. Infine alcune ragazze hanno deciso di recarsi in Giordania perché nel territorio erano già presenti membri della famiglia e amici stretti.

Alcune ragazze non hanno scelto nessuna delle opzioni precedentemente elencate precisando di essere state ingannate dall’agenzia che aveva loro promesso un lavoro altrove, in stati quali Arabia Saudita, Taiwan e Singapore e non in Giordania.

Non è quindi una sorpresa scoprire che è la povertà, o meglio una condizione di vita che viene percepita come tale, a spingere le donne a emigrare altrove per guadagnare i soldi necessari al mantenimento della famiglia, all’educazione dei figli, a pagare certi debiti, a costruire una casa. Le economie da cui provengono le ragazze che lavorano come collaboratrici domestiche in Giordania sono economie deboli con un mercato del lavoro incapace di assorbire l’esubero di mano d’opera, come è stato infatti già sottolineato nel paragrafo riguardante i paesi asiatici da cui proviene la forza lavoro oggetto dello studio. Non deve quindi stupire che la prima ragione d’emigrazione sia proprio la necessità di ottenere un’occupazione più remunerativa.

Tuttavia, come già sottolineato in precedenza, le interviste condotte con le ragazze hanno anche reso possibile evidenziare quella dimensione di imparità di genere e ruolo che si cela dietro la comune e immediata necessità di inviare rimesse in patria. Se , come è stato infatti affermato, provvedere alla famiglia è il motivo principale e più comune, questo spesso si accompagna però ad altre e più personali motivazioni, che includono la violenza domestica o un quadro di ineguaglianza nella distribuzione del carico di lavoro nella famiglia.

0 20 40 60 80 100

120 Possibilità di maggio guadagno

Semplice ottenere un visto lavorativo L'agenzia di reclutamento ha deciso il paese di destinazione

Presenza di amici e parenti in Giordania Già precedente esperienza lavorativa in Giordania, desiderio di tornare

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S. è una donna dello Sri Lanka sulla quarantina che lavora in Giordania come collaboratrice domestica da ormai 18 anni. Non ha una famiglia propria poiché si è separata dal marito prima di avere figli e con i soldi inviati nello Sri Lanka aiuta i genitori ormai anziani e bisognosi di cure oltre che le famiglie dei suoi fratelli e sorelle. S. ammette di essere fuggita dallo Sri Lanka in seguito a un matrimonio che definisce un “incubo”. Mio marito non mi lasciava uscire, era gelosissimo, non voleva lavorassi e non mi permetteva di vedere i miei genitori, non avevo più una vita! È stato un anno tremendo, ero sempre sola, alla fine sono riuscita a scappare e ho deciso di chiudere qualsiasi tipo di rapporto con lui. Ma cosa potevo fare? Avevo paura a rimanere in Sri Lanka, paura che mi venisse a cercare, e anche la mia famiglia era preoccupata per me. Allora ho pensato che partire fosse la cosa migliore per me e anche per la mia famiglia.

Non poche sono anche le ragazze che sono costrette a migrare poiché sono madri sole, prive del supporto di un qualsiasi membro di sesso maschile della famiglia e che pertanto si vedono costrette ad emigrare all’estero.

Procedure di assunzione

Per quanto riguarda invece le procedure di assunzione, le ragazze si rivolgono generalmente alle agenzie di reclutamento presenti nel loro paese di origine e queste provvedono a inoltrare le loro domande alle agenzie giordane. In ogni agenzia Giordana che abbiamo visitato è presente un catalogo da cui i futuri datori di lavoro possono scegliere la propria domestica. Oltre ad informazioni quali livello di istruzione, competenze linguistiche e precedenti esperienze lavorative le ragazze sono obbligate anche ad allegare una foto (preferibilmente a figura intera) e a comunicare altezza e peso corporeo, nonché la religione praticata. Le agenzie giordane intervistate hanno inoltre sottolineato che quanto affermato dalle ragazze non sempre corrisponde a realtà, le agenzie dei loro paesi d’origine tendono infatti a modificare i dati in modo da rendere la propria forza lavoro più competitiva sul mercato.

A questo proposito si riportano le parole T., direttore generale di un’agenzia di reclutamento della capitale che nel corso dell’intervista ha affermato che un datore di lavoro recatosi all’aeroporto per andare a prendere la propria collaboratrice domestica appena arrivata dallo Sri Lanka si è in un primo momento rifiutato di assumerla a causa del colore troppo scuro della sua pelle e perché la sua apparenza era molto diversa dalla foto da lui visionata all’agenzia di reclutamento. Solo dopo un’ora di colloquio il proprietario dell’agenzia è finalmente riuscito a convincere il datore di lavoro a dare comunque un’opportunità alla ragazza.

Prima della partenza le ragazze sono sottoposte ad un test di gravidanza e ad altri accertamenti di tipo medico, alcune agenzie giordane particolarmente attente rifanno lo stesso test di gravidanza non appena la ragazza arriva in Giordania.

La maggior parte delle ragazze deve partecipare a un training prima di poter essere mandata all’estero a prestare servizio come collaboratrice domestica. Nel training le ragazze ricevono una

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formazione generale su come svolgere i lavori domestici, più una preparazione linguistica e culturale di base riguardante il paese di destinazione. I contenuti e le modalità di svolgimento di queste formazioni pre- partenza sono competenza specifica delle varie agenzie di reclutamento e la loro efficacia non è quindi sempre garantita in quanto il livello qualitativo del training può essere soggetto a notevoli variazioni. Anche la durata del corso è arbitraria e in genere si aggira intorno alle 2 o 3 settimane di formazione.

Al campione di ragazze che hanno risposto alle domande dell’intervista di tipo B sono state rivolte due specifiche domande riguardanti il training . Delle 134 ragazze che hanno risposto solo il 48,5% ha frequentato uno specifico corso di formazione prima della partenza. Il restante 51,5% invece è partito senza avere preso parte ad alcuna formazione specifica. Dalle interviste condotte con le ragazze è emerso che i training sono stati istituiti da circa una decina di anni e che precedentemente invece le ragazze partivano senza avere la possibilità di essere adeguatamente formate. Inoltre vi sono molte agenzie di reclutamento che non forniscono tale servizio e, infine, non poche ragazze hanno alle spalle lunghi anni di lavoro nel settore domestico e dei servizi alla persona e pertanto, nel momento in cui si sono rivolte ad un’agenzia locale per partire alla volta della Giordania, la loro esperienza lavorativa pregressa ha permesso loro di evitare il corso di formazione. Alle ragazze è stato inoltre chiesto se ritengono che il training sia uno strumento importante al fine di acquisire informazioni e competenze indispensabili nel paese di origine: il 72% delle ragazze ha affermato che il training è generalmente utile, mentre il restante 28% ha dichiarato di non averne beneficiato o di no ritenerlo importante.

Nel corso di un’intervista A., cittadino giordano sposato con una donna filippina che gestisce con la moglie in un’agenzia di reclutamento, ha affermato che “il training è importante. Le ragazze che non hanno un’adeguata preparazione e non sanno nulla delle tradizioni e della cultura locale possono andare incontro a problemi di vario tipo, e questo le espone a rischi ancora più grandi di quelli che si trovano a fronteggiare invece le ragazze che sono state preparate adeguatamente allo shock culturale attraverso appunto un’adeguata formazione. Il training minimizza la possibilità di subire uno shock culturale. Un buon training deve inoltre fare comprendere alle ragazze che differenze minime nelle modalità di comunicazione possono portare a fraintendimenti e problemi vari, le ragazze devono imparare come comunicare con efficacia con i propri datori di lavoro”.

Firma del contratto

Una volta trovato un datore di lavoro interessato ad assumere una data lavoratrice, questa viene convocata presso l’agenzia di reclutamento del paese d’origine, dove le viene chiesto di firmare il contratto che ne sancisce l’assunzione. A tutte le ragazze è stato chiesto se hanno effettivamente visionato, compreso e firmato tale contratto prima di venire in Giordania e se posseggono una copia dello stesso: il 72,7% delle ragazze lo ha compreso e firmato mentre il 27,3% delle intervistate è partito senza avere firmato alcun contratto, inoltre le ragazze che hanno firmato un contratto ne possiedono una copia solo nel 15% dei casi.

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Alle 134 ragazze che hanno risposte alle domande dell’intervista di tipo B è inoltre stato chiesto se il salario menzionato nel contratto ufficiale è stato realmente corrisposto dal datore di lavoro: nel 41,8% dei casi le intervistate hanno affermato che non è mai stata loro corrisposta la somma di denaro menzionata nel contratto e che in realtà l’ importo di denaro era minore, nel 41,8% dei casi le ragazze invece hanno ricevuto esattamente quanto gli era stato promesso mentre solo nel 5% dei casi alle ragazze è stata corrisposta una somma di denaro più generosa di quella ufficialmente riportata nel contratto. Il restante 11,4% non ha risposto alla domanda.

Inoltre non troppo di rado le ragazze vengono circuite dall’agenzia c on promesse di facili guadagni e di condizioni lavorative molto buone. A tutte le ragazze è stato chiesto se l’agenzia le avesse in qualche modo ingannate e il 10,45% del totale delle 220 ragazze ha risposto che era stato loro promesso un altro tipo di lavoro e, solo una volta giunte a destinazione, hanno scoperto che nulla di quanto era stato in un primo momento promesso dall’agenzia era vero.

Visto d’entrata

Le procedure burocratiche per richiedere un visto di entrata sono a carico dell’agenzia di reclutamento giordana e del datore di lavoro. L’Agenzia deve corrispondere al Ministero del Lavoro una somma di 380 JOD in caso il datore di lavoro stia impiegando una collaboratrice domestica per la prima volta in assoluto, o 200 JOD in caso invece abbia già assunto delle lavoratrici alle sue dipendenze in precedenza. La procedura di rilascio del visto di ingresso può durare fino a 3 mesi. L’agenzia deve anche creare un contratto legale con l’ambasciata del paese d’origine della lavoratrice il cui costo varia da ambasciata a ambasciata. In passato tale procedura aveva un costo molto ristretto aggirandosi intorno ai 35 JOD ma, come è stato affermato da alcune agenzie di reclutamento, questo si è alzato nel corso degli anni. Il costo della procedura presso l’Ambasciata dello Sri Lanka, per esempio, ha attualmente raggiunto i 400 JOD.

La maggioranza delle ragazze intervistate, ovvero il 69,5%, sono entrate in Giordania con un regolare visto lavorativo, mentre il 23,6% delle ragazze è arrivato con il visto turistico e questo significa, qualora queste siano giunte tramite agenzia di reclutamento, che l’agenzia non ha portato a termine tutte le procedure obbligatorie previste per l’assunzione regolare delle ragazze. Il 6,9% delle ragazze invece non ha un’idea ben chiara riguardo al tipo di visto che le ha permesso di entrare nel paese.

Finalizzazione delle procedure di reclutamento nel paese di destinazione

Generalmente le ragazze sono sottoposte a rigidi controlli all’aeroporto e tali procedure possono protrarsi per ore. Solitamente sono gli impiegati dell’agenzia di reclutamento ad aspettare le lavoratrici in arrivo e non direttamente il datore di lavoro, anche se tali procedure non sono standardizzate e variano da agenzia ad agenzia. Talvolta le ragazze vengono isolate in apposite

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stanzette dove vengono costrette ad aspettare senza essere autorizzate ad allontanarsi anche per ore. Una volta giunte all’agenzia di reclutamento l’agenzia confisca il passaporto della ragazza per il periodo necessario al completamento delle procedure burocratiche per l’ottenimento del permesso di lavoro e di soggiorno. Le donne Bengalesi e dello Sri Lanka si devono recare presso il Ministero del lavoro per firmare il contratto, mentre per le donne Filippine è sufficiente che la firma venga apposta alla stessa agenzia di reclutamento. Le donne Bengalesi si devono anche recare al Ministero dell’Interno per ottenere un foglio di approvazione rilasciato dalle Mukhabarat, ovvero i servizi segreti del Regno Hascemita. Per quanto riguarda invece le donne di origine Indonesiana, al momento un bando ne impedisce l’entrata legale nel paese e quindi le agenzie di reclutamento non si sono soffermate sulle procedure a loro riservate, anche se come hanno riferito non è raro che vi siano persone disoneste che riescono comunque a farle assumere eludendo i controlli con qualche stratagemma o facendo leva sulla corruzione già intrinseca al sistema.

Una volta che le procedure burocratiche sono state ultimate, il passaporto dovrebbe essere ridato alla lavoratrice, anche se alcune agenzie tendono invece a trattenerlo o a consegnarlo direttamente al datore di lavoro, comportamenti che peraltro non risulterebbero legali. Alcune agenzie a questo punto fanno firmare al datore di lavoro un modulo che serve a sollevare da quel momento in poi l’agenzia di reclutamento da qualsiasi ulteriore responsabilità.

Talvolta le ragazze giungono in Giordania già con l’idea di scappare alla prima possibilità dall’agenzia di reclutamento, riuscendo talvolta a fuggire ancora prima di essere introdotte al datore di lavoro, poiché sono a conoscenza della difficile situazione delle lavoratrici live- in e sanno che il lavoro come freelancer è in genere migliore sotto molti punti di vista. Il proprietario di una delle agenzia di reclutamento intervistate ci ha riferito che una ragazza bengalese appena arrivata in Giordania ha cercato immediatamente di scappare dall’agenzia di reclutamento saltando dalla finestra e rompendosi una gamba nel tentativo.

Il punto di vista delle agenzie di reclutamento

“E’ difficile essere e rimanere onesti al 100% in questo ambiente” ha affermato il proprietario di un’agenzia di reclutamento con sede ad Amman. “Ci sono oltre 170 agenzie di reclutamento nella sola capitale e la maggior parte non lavora onestamente, molti non hanno neppure una preparazione a un’istruzione adeguate a lavorarci. Questo accade soprattutto perché la cornice legislativa che regolamenta la nostra attività e la legge sul lavoro non sono complete, lasciano molte questioni in sospeso ed è quindi semplice riempire questi vuoti con azioni illegali e scorciatoie non proprio oneste. Inoltre le persone al Ministero del Lavoro si trovano là a causa di conoscenze importanti e cognomi influenti, non perché abbiano una particolare competenza o preparazione. La loro influenza li rende inoltre forti, consci del fatto che il loro potere li protegge, non fa alcuna differenza che si comportino come criminali o come onesti e dediti impiegati. La corruzione è endemica ed è difficile avere a che fare con un sistema così viziato. Come si può

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pensare di risolvere i problemi alla radice quando molti degli stessi impiegati del ministero sono direttamente coinvolti nel traffico in persone? Quando la loro unica preoccupazione è ottenere mazzette e raccomandare persone “fidate”? Chiunque abbia una conoscenza influente all’interno del ministero può facilmente ottenere un “visto privato” per la lavoratrice che intende assumere pagando solo una piccola parte di quanto in realtà è previsto per legge e senza dovere attendere l’espletamento delle lunghe procedure burocratiche. Ma il tipo di visto ottenuto tramite queste scorciatoie non è il classico visto lavorativo, pertanto tali procedure non assicurano un’adeguata protezione ai lavoratori rendendoli invece ancora più esposti a sfruttamento e altre violazioni dei loro diritti.” Il responsabile dell’agenzia ha parlato anche del problema connesso alla possibilità di interrompere le procedure per il rilascio del visto per lavoro in qualsiasi momento, anche quando la ragazza è già presente sul territorio, qualora il datore di lavoro cambiasse idea riguardo alla sua assunzione. In caso ciò avvenga, l’agenzia deve provvedere a cercare un nuovo kafil disposto ad assumerla e a pagare per un nuovo visto di lavoro ripetendo da capo tutta la procedura burocratica. Questo ovviamente rende il mercato del lavoro inflessibile e molte agenzie preferiscono passare per scorciatoie illegali al fine di evitare le consistenti perdite di tempo e denaro che altrimenti subirebbero e riuscire così ad ottenere dei buoni profitti dall’attività. “Naturalmente, in caso qualcosa vada storto, è la forza lavoro l’unica a pagarne le conseguenze, sono le donne che sono arrivate qui per lavorare come domestiche” afferma ancora il responsabile. Il quadro da lui presentato è quindi caratterizzato da una cornice legale creata a uso e consumo del Ministero, al fine di proteggere i soli interessi delle parti locali senza alcuno scopo reale di protezione nei confronti dei lavoratori.

Tuttavia c’è chi la pensa diversamente, due delle cinque agenzie intervistate infatti hanno dichiarato di avere buone relazioni con il Ministero del Lavoro, il quale interviene anche in caso vi siano dei problemi tra agenzie, datori di lavoro e lavoratori cercando di operare una m ediazione e, in casi estremi, portando il caso in tribunale.

Le relazioni che intrattengono col ministero sono state pertanto descritte come buone, dichiarando che lo stesso in generale interviene in modo positivo risolvendo conflitti e problemi. Da quanto sopra affermato emerge quindi un quadro che talvolta assume connotati tutt’altro che rassicuranti. Le agenzie paiono in certi casi più simili a imprese dedite a ottenere lauti profitti che a istituzioni in cui ci si prende effettivamente cura dei “clienti”, anzi gli stessi spesso vengono ridotti al ruolo di mera merce di scambio. Tuttavia vi sono delle eccezioni e infatti, da quanto emerso agenzie di reclutamento sia nel paese di origine che in madre patria.

Alle 134 ragazze che hanno risposto alle domande dell’intervista di tipo B è stato chiesto se raccomanderebbero a parenti e amici l’agenzia da loro utilizzata nel paese di origine e l’agenzia partner in Giordania. Per quanto riguarda la prima, il 65,3% delle ragazze ha un’opinione positiva e quindi non esiterebbe a raccomandarla mentre il 34,7% ha invece avuto un’esperienza negativa e pertanto non la consiglierebbe. Per quanto riguarda invece l’agenzia giordana, il 39,8% la raccomanderebbe mentre il restante 60,2% no

Va inoltre sottolineato che un gruppo abbastanza consistente di ragazze intervistate non è giunto tramite un’agenzia di reclutamento, e questo gruppo risulta essere composto soprattutto da

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donne che vivono e lavorano in Giordania da più di 10 anni; in passato infatti le procedure e le modalità di reclutamento delle domestiche erano sottoposte a molti meno controlli e spesso non era richiesta la mediazione di un’agenzia. Tuttavia da circa 10 anni a questa parte la mediazione dell’agenzia è praticamente indispensabile.

Identikit del datore di lavoro tipo

Nel corso di questa ricerca, grazie alle interviste condotte con le lavoratrici del settore domestico e attraverso alcune interviste svolte direttamente con un campione di tre datori di lavoro, ci è stato possibile tracciare un identikit del datore di lavoro tipo giordano.

I datori di lavoro appartengono in genere alla classe media o alta della società giordana, non è necessario tuttavia avere redditi altissimi per poter permettersi di assumere una collaboratrice domestica in quanto la sua paga può aggirarsi intorno ai 100-150 $ al mese.

In generale abitano nella parte ovest della città, ovvero l’area più ricca e moderna radicalmente diversa dalla zona est, molto più povera e tradizionale.

In alcuni casi le famiglie dei datori di lavoro sono famiglie in cui entrambi i coniugi lavorano fuori casa e pertanto incontrano difficoltà nella gestione della casa e dei figli, più di frequente tuttavia il nucleo familiare mantiene comunque una struttura più tradizionale in cui solo il marito ha un’occupazione fissa mentre la moglie si occupa della casa e dell’educazione dei figli.