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A tutte le 220 ragazze intervistate sono state rivolte alcune domande riguardanti lo stato sociale e i figli. Il 44,3% delle ragazze risulta essere sposato, il 12,1% ha invece affermato di essere divorziato, il 3,1% delle ragazze è separato, così come un altro 3,1% è costituito da vedove, l’1,7% delle ragazze è invece fidanzato, il 9,5% ha un partner e, infine, il 26,2% è single. È importante sottolineare che l’85,2% del totale delle ragazze single è filippino; la percentuale di donne sposate e con figli a carico presente nel gruppo delle lavoratrici filippine è quindi significativamente inferiore rispetto a quella degli altri gruppi nazionali. Questo dato tuttavia non deve stupire in quanto le Filippine risultano essere in genere una società più aperta e meno tradizionale rispetto alle altre; la donna è il pilastro portante della società e spesso è vista come una vera e propria risorsa sia dal punto di vista sia lavorativo che economico. Molte ragazze filippine partono per sostenere la famiglia, i fratelli minori, i genitori stessi assumendo quindi quasi il ruolo di “breadwinner”all’interno del nucleo familiare. Per quanto riguarda invece le ragazze appartenenti ad altri gruppi nazionali, queste vengono generalmente spinte dalle famiglie d’origine innanzitutto a sposarsi e a costruire una propria famiglia, mantenendo così un ruolo e una posizione in un certo senso più “tradizionale” in seno alla società. La scelta dell’emigrazione viene poi compiuta dalla

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donna con la volontà di garantire un futuro migliore ai proprio figli, un’educazione adeguata e, in generale, un’esistenza più dignitosa a tutti i membri della famiglia.

Alle 134 ragazze intervista con il questionario di tipo B è stato inoltre chiesto di specificare il luogo di residenza attuale del proprio partner. La maggior parte delle ragazze che hanno affermato di avere un compagno, ovvero il 75%, è partita lasciando il proprio partner nel paese di origine, 9,2% delle ragazze ha invece un partner giordano, il 10,8% delle donne ha un proprio partner che si è recato in Giordania per ragioni lavorative e, infine, il 5% di loro ha un partner che a sua volta lavora all’estero ma in un altro paese. Questi dati sono molto significativi in quanto indicano quanto il ruolo delle donne nella società di origine sia importante. Sono proprio loro infatti coloro che, grazie a sacrifici e al frutto del loro duro lavoro in un altro paese, riescono a migliorare significativamente il tenore di vita di tutta la famiglia. In molti casi il loro supporto non si ferma al circolo ristretto del loro stesso nucleo familiare ma raggiunge anche i genitori, i fratelli, le sorelle e le rispettive famiglie contribuendo così in modo davvero significativo al benessere di un nutrito gruppo di persone.

Il 63,6% delle undici ragazze che hanno affermato di avere un partner in Giordania sono ragazze Indonesiane; molte di loro sanno infatti parlare l’arabo abbastanza bene e inoltre sono generalmente musulmane e questo le aiuta ad integrarsi più facilmente all’interno della società. Per quanto riguarda i figli invece, la media totale dei figli per donna è di 1,65 bambini a testa e tale media rispecchia, con variazioni minime, la realtà di tutti i gruppi nazionali.

Alle ragazze che hanno risposto alle domande dell’intervista di tipo B è stato inoltre chiesto dove vivono i loro figli. Nel 64,2% dei casi le donne hanno risposto che i loro bambini vivono nel loro paese d’origine, il 6% delle donne ha parte dei figli in Giordania e parte nel paese di origine, il 10,5% intervistate hanno affermato che i loro figli vivono in Giordania mentre il restante 19,5% delle donne non ha figli. Dall’intervista è inoltre emerso che i bambini in età scolare vanno tutti a scuola, senza alcuna eccezione. Talvolta i figli che si trovano in Giordania sono già adulti e sono a loro volta presenti nel paese per ragioni lavorative, altre volte invece la famiglia è mista e uno dei genitori (quasi sempre il marito) è giordano.

Non di rado è capitato di intervistare ragazze irregolari madri di bambini completamente privi di diritti ed esposti al rischio apolidia poiché nati in Giordania da genitori irregolari o da unioni non regolari. Abbiamo intervistato 5 nuclei familiari che si trovano in tali difficili condizioni: 4 famiglie su 5 hanno problemi con le cure mediche, 3 hanno problemi con la scuola e l’accesso all’educazione, 2 famiglie hanno problemi per quanto riguarda la libertà di movimento in quanto temono la polizia come conseguenze del loro completo stato di irregolarità.

In seguito si riportano le esperienze personali di alcune delle ragazze intervistate:

La storia di A., ragazza Indonesiana giunta in Giordania per lavorare come domestica, non è purtroppo una storia rara nonostante la sua evidente problematicità. A. è madre di un bambino di 5 mesi, nato da padre Egiziano. I genitori non sono legalmente sposati e sono entrambi lavoratori irregolari. Il bambino è apolide e la sua nascita non è stata registrata in quanto la madre,

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spaventata dalla polizia, dal rischio di detenzione a cui è esposta in quanto irregolare e terrorizzata all’idea di perdere la custodia del bambino, ha partorito in casa. La ragazza è stata inoltre costretta dal capo reparto della fabbrica in qui al momento dell’intervista ancora lavorava a prestare servizio fino all’ultimo giorno di gravidanza. I genitori non intendono recarsi presso le rispettive ambasciate per registrare il piccolo in quanto temono che, essendo irregolari, questo possa avere ripercussioni sul nucleo familiare e sulla loro possibilità di restare uniti in territorio Giordano. Il bambino, secondo quanto afferma la madre, è sano e in buona salute, ma rimane la preoccupazione per il futuro in quanto, in caso di problemi medici o complicazioni di qualsiasi tipo, la famiglia, che al momento versa in condizioni di estrema povertà, sarà costretta a pagare per le prestazioni sanitarie ricevute. Il piccolo sarà inoltre privo di qualsiasi diritto all’educazione e all’istruzione.

V. è invece una ragazza Filippina che vive e lavora in Giordania da oramai 4 anni. V. ha avuto una relazione con un ragazzo Giordano per circa 2 anni, relazione che è stata interrotta per volontà del suo partner quando lei si è scoperta incinta. Siccome conosce le difficoltà che un bambino senza cittadinanza giordana può incontrare nel paese ha preferito tornare a casa per dare alla luce suo figlio. Dopo un brevissimo periodo post-parto trascorso nelle Filippine e dopo aver affidato il bambino alle cure della nonna e dei famigliari è tornata in Giordania sola. “Non potevo fare altrimenti, devo lavorare per mandare a casa i soldi necessari, e in ogni caso non sarei in grado di assicurare al mio bambino cure e attenzioni adeguate anche se si trovasse qui con me in Giordania”.

R. è una donna dello Sri Lanka, sposata con un uomo bengalese impiegato in un’agenzia di reclutamento Giordana. R. ha appena dato alla luce un bambino che ha la cittadinanza bengalese. Siccome in Giordania la famiglia andrebbe incontro a problematiche molteplici riguardanti i permessi di soggiorno, nonché l’istruzione e le cure mediche, la famiglia ha deciso di dividersi: il padre rimarrà in Giordania per ragioni lavorative mentre sua moglie si trasferirà in Bengala, presso la famiglia del marito.

MOTIVAZIONI CHE LE HANNO SPINTE A MIGRARE, PROCEDURE DI ASSUNZIONE E ARRIVO NEL