Le teorie sulla percezione del linguaggio
2.2. The Motor Theory of Speech Perception
Alla base della teoria elaborata da Liberman vi è la constatazione che ad una invariante fonetica percepita corrispondano in realtà parametri acustici differenti. Ciò portò a pensare che l’oggetto della percezione non fosse da ricercarsi nella sola superficie acustica (Cooper, Delattre, Liberman, Borst e Gerstman 1952; Liberman, Delattre e Cooper 1952), partendo dalla presupposizione che, aldilà delle differenze acustiche causate dalla sovrapposizione dei suoni nella catena temporale, i tratti motori siano invece riconosciuti dall’ascoltatore, nonostante appunto differiscano nella forma acustica. In particolare, vedremo, gli autori parlano di gesti fonetici, rappresentati nel cervello come comandi motori invarianti, i quali conducono a movimenti articolatori che, a loro volta, assumono configurazioni significative a livello linguistico. Tali comandi motori nella realtà fisica costituiscono le basi fonetiche su cui costituire le categorie. Esse sono infatti la combinazione di un insieme di tratti coinvolti anche nella percezione, dal momento che, per comprendere una frase, bisogna essere in grado di riconoscere le configurazioni dei gesti intenzionali
Un’importante revisione e arricchimento della teoria motoria si attua nel momento in cui si ipotizza, alla base della percezione delle invarianti motorie, un modello fonetico specializzato (Liberman 1982; Liberman, Cooper, Shankweiler e Studdert-Kennedy 1967; Liberman e Studdert- Kennedy 1978; Mattingly e Liberman 1969).
Il primo punto della teoria rivisitata è che gli oggetti della percezione verbale siano ciò che gli autori chiamano “intended phonetic gestures” del parlante, raffigurati, a livello cerebrale, come comandi motori invarianti, che comandano i movimenti degli articolatori tramite configurazioni linguisticamente significative. Tali comandi sono la realtà fisica che si nasconde sotto le etichette tradizionalmente usate nelle descrizioni fonetiche (arrotondamento delle labbra, arretramento della lingua), come basi delle categorie. Essi sono gli elementi base sia della produzione che della percezione del linguaggio. I segmenti fonetici sono dunque gruppi di uno o più di questi elementi basilari. A livello fonologico i gesti stessi devono essere considerati come insiemi di caratteristiche, attribuiti all’evento gestuale nel suo complesso, e non all’evento in quanto tale. Percepire una frase dunque significa percepire un pattern specifico di gesti
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intenzionali, intenzionali perché, in realtà, essi non si manifestano nel segnale acustico, né nei movimenti direttamente osservabili.
Il secondo punto della teoria può considerarsi come un corollario del primo, poiché, se produzione e percezione condividono lo stesso set di invarianti, ciò significa che i due livelli sono necessariamente collegati. Non essendo questo legame di tipo acustico, gli studiosi presuppongono che l’ascoltatore percepisca i movimenti dell’interlocutore. Il legame è innato, non vi è nessun tipo di relazione appresa, ma una modalità specializzata, differente da quella acustica, responsabile anche della produzione delle strutture fonetiche. Il lato percettivo partecipa nell’estrarre automaticamente dal segnale acustico gli indici che rivelano i gesti coinvolti, in modo che l’ascoltatore possa percepirne le strutture fonetiche senza la mediazione di quelle acustiche. I movimenti articolatori che realizzano i gesti, indicati da un unico simbolo, non sono però simultanei, e spesso si sovrappongono a quelli utilizzati per realizzare il successivo. La coarticolazione implica perciò che il cambiamento nella forma del tratto vocalico, e dunque del segnale risultante, sia influenzato da più gesti nello stesso tempo. Un gesto dunque potrà essere rappresentato da suoni diversi in diversi contesti fonetici. Dai gesti dunque dipenderebbe la sostanza acustica delle identità fonetiche, che, a loro volta stimolano e attivano l’orecchio dell’ascoltatore. La relazione che intercorre tra il gesto e il segnale acustico è dunque sistematica solo nella misura in cui è peculiare al linguaggio.
La teoria proposta da Lieberman e Mattingly non è la sola ad assegnare un ruolo preponderante, nella percezione del linguaggio, ai movimenti articolatori, ma quella che essi hanno proposto, a differenza di altre teorie sul processo percettivo in generale, è incentrata esclusivamente sulla percezione dei segnali linguistici.
La teoria motoria offre una prospettiva innovativa, dal momento che presuppone che la percezione del linguaggio non sia veicolata da meccanismi applicabili alla percezione dei suoni in generale, ma come una specializzazione nel riconoscimento dei gesti fonetici. Assumendo un legame biologico tra produzione e percezione, la specializzazione fa sì che l’ascoltatore percepisca il segnale linguistico non come un suono qualsiasi, ma che gli permetta, attraverso la relazione percezione/produzione, di percepire il gesto. La relazione è sistematica perché risulta dai legami e dalle dipendenze tra “intended phonetic gestures”, e segnale in uscita. L’aspetto di maggior interesse è che tale specializzazione avviene solo per i suoni del linguaggio. Applicando la teoria motoria alla transizioni formantiche (Liberman, Delattre, Cooper & Gerstman 1954), si ipotizza che l’ascoltatore faccia un uso sistematico delle transizioni formantiche come fonte di informazione sulla coarticolazione di un gesto consonantico invariante accompagnato da vocali diverse, e, grazie a questo procedimento, riesce a percepirne il gesto alla base. La percezione non
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richiede dunque né un’associazione arbitraria tra il segnale e la categoria fonetica, né una progressione arbitraria corrispondente, da una fase uditiva fino a un’etichettatura fonetica. Per altre teorie percettive, che non riconoscono una specializzazione per i suoni del linguaggio, e ipotizzano invece due stadi nel processo percettivo, vedremo che non è possibile attribuire alle transizioni formantiche una categoria fonetica.
La teoria motoria può dirsi motoria in un duplice senso: in primo luogo perché assume come oggetto che la percezione fonetica sia un evento motorio, e inoltre perché teorizza che le disposizioni del sistema motorio, per il controllo degli organi del tratto vocalico, abbiano la precedenza nello sviluppo del linguaggio. Tali disposizioni rendono possibile non solo produrre gesti fonetici, ma anche coarticolarli in modo da produrli rapidamente, e in successione. Nello stesso tempo, parallelamente, si sviluppa un sistema percettivo specializzato, per tenere conto delle complesse conseguenze acustiche derivanti dai comandi motori. La teoria dunque postula che le basi dell’articolazione e gli oggetti della percezione siano gli stessi34
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