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IL MUSEO DI STALIN A GOR

Il capitolo in cui Vajl’ racconta la sua visita al museo di Stalin nella cittadina georgiana di Gori è sicuramente uno dei più ironici e divertenti di tutto il libro. È contenuto nella sezione Imperskij Perimetr, in cui l’autore racconta i suoi viaggi nelle ex Repubbliche sovietiche e nelle zone di confine della Russia meridionale.

La descrizione del museo in sé per sé non è molto particolareggiata, sembra quasi un pretesto che Vajl’ utilizza per parlare dei leader sovietici e di come questi apparissero agli occhi della gente. Una sorta di iconografia, volta a mettere in luce la loro immagine. La società di massa, che si è diffusa a partire dai primi decenni del Novecento, ha sicuramente favorito questo processo: l’apparenza, per i leader, diviene un elemento fondamentale nella costruzione del loro mito, quasi un supporto mediatico in grado di favorire un giudizio positivo da parte del popolo.

Questo concetto relativo ai valori della società di massa, che mettono in risalto il culto della personalità, sembra essere piuttosto di matrice occidentale. Stalin in realtà lo aveva ben recepito, in quanto, attraverso una delle sue battute, rimprovera il commissario dell’istruzione Bubnov di aver dichiarato che la storia è fatta dalle masse e non dai singoli. Il leader, invece, sottolinea il fatto che Napoleone non fosse soltanto una torta.

Stalin, nonostante fosse brutto, era dotato di grande carisma. Chi lo incontrava, come ci racconta Mikoša per bocca di Vajl’, non poteva che rimanerne inspiegabilmente ipnotizzato. Tuttavia, non era soltanto la sua forza ad attrarre così tanto.

Finché fu vivo, Stalin fu circondato da una romantica aura di leggenda. [...] la sua immagine veniva rappresentata in pittura, letteratura, teatro, cinema e naturalmente in poesia. Stalin, in quanto natura romantica, al momento opportuno ricorreva lui stesso a modi di dire o a immagini capaci di far leva sui sentimenti; era assai benevolo e compiacente nei confronti di coloro che sapevano utilizzare bene i mezzi dell’arte e della parola scritta per descrivere la storia della sua vita, per interpretare le sue idee e le sue aspirazioni54.

Anche lui, assecondando il gusto letterario per scrittori come Bulgakov e Pasternak, si cimenta nella scrittura di poesie che soltanto l’omaggio alla sua statura politica, e non il loro valore artistico, gli hanno valso la traduzione in quattro lingue. Non basta sperare che in georgiano suonino più musicali, il contenuto dei versi è realmente di poco conto. L’unica annotazione rilevante è l’attenzione per la propria terra, per la quale si augura un futuro di pace e si spinge a definirla patria in un momento in cui non poteva ancora prevedere il futuro che lo attendeva come guida della Russia.

Il leader sembra essere consapevole di come questo processo di esaltazione della sua personalità sia il frutto di una artificiosa costruzione, come lui stesso tiene a sottolineare: «Должен вам сказать, товарищи, по совести, что я не заслужил доброй половины тех похвал, которые здесь раздавались по моему адресу. Я вынужден поэтому восстановить подлинную картину того, чем я был раньше [...]55

».

Le battute e le barzellette di Stalin fanno parte del suo carattere carismatico, è una comicità funzionale la sua, attraverso la quale incrementa

54

B. S. ILIZAROV, Vita segreta di Stalin, Boroli Editore, Milano, 2005, p. 158.

55

la sua popolarità. Qualunque argomento poteva essere presto a pretesto per scatenare la sua ilarità, che ha volte rasentava la crudeltà, come nel caso dello scrittore Gide che fu definito un Giuda per aver cambiato opinione sulla Russia sovietica del ’37. Stalin, secondo Vajl’, faceva dello spirito dall’alto in basso. Questo era consentito dal ruolo che il leader rivestiva e che costringeva il popolo a divertirsi suo malgrado.

Tuttavia, non è soltanto il capo georgiano ad essere dotato di senso dell’umorismo: anche Chruščѐv aveva la sua dose di spirito, ma «он оказывался ниже и ближе56

». La comicità dei capi sembra essere dovuta al potere di vita e di morte che esercitano sulla gente. Man mano che questo potere si affievolisce, anche il loro umorismo perde forza. Il popolo non è più obbligato a ridere e di Breţnev si può senz’altro affermare che non si ricorda nulla di divertente nei suoi diciotto anni di governo. Da Gorbačѐv in poi questa teoria prende ancora più forza, «смех может оставаться, но он больше – не верховный57».

Tutti questi aneddoti sono serviti a costruire un’iconografia dei leader susseguitisi nella storia della Russia, rendendoli migliori agli occhi del popolo. Solo in anni recenti si è potuto parlare di loro in maniera diversa. Con la solita ironia, Vajl’ sottolinea la precisione di German nel film Chrustalёv! Mašinu!. Il regista ha saputo ricercare i particolari che ci permettono di conoscere Stalin sotto un aspetto più umano: «он злодей, он в аду будет грызть собственные кости, может быть, и сейчас грызет, но в этот момент я хотел, чтобы было жалко умирающего человека58».

La sua morte è quella di un uomo qualunque, con le stesse sofferenze e

56 Ibidem, p. 236. 57

Ibidem, p. 237.

debolezze. Tutto questo contrasta nettamente con l’immagine ufficiale che emerge dalla visita al museo di Gori, dove ogni oggetto è simbolo della considerazione di cui godeva il dittatore.

Nel film di German la morte di Stalin è un semplice punto di partenza dal quale la Russia sembra riemergere con una vitalità nuova. Ma è solo un illusione, solo un sogno, di cui tutto il popolo è protagonista. Le vicende che hanno interessato il popolo russo nel XX secolo rappresentano il tentativo di realizzare il sogno nel quale aveva creduto anche Vajl’ e che lo ha visto costretto ad andarsene una volta che questo si è infranto contro la dura realtà storica. «Сон каждого, кто родился и вырос на этой земле, которую можно любить, но уважать не выходить59». L’amarezza di

questa affermazione è sottolineata dalla convinzione che non sia possibile la realizzazione di questo desiderio se non sotto un eterno avvicendarsi di potere. E dal museo di Gori la maschera funebre sembra ammiccare ai visitatori, quasi a conferma di questa triste consapevolezza.

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