• Non ci sono risultati.

LA NATURA DELLA MENS E LA DUPLICE FONDAZIONE DELLA CONOSCENZA RAZIONALE NELLA LETTURA DI FILIPPO MIGNIN

Alla specifica questione della fondatezza della deduzione delle nozioni comuni nella seconda parte dell’Ethica ha dedicato un articolo Filippo Mignini38, il quale altrove ha svolto più estesamente aspetti teorici e sistematici che ricorrono in tale questione o che ne definiscono il contesto39. Oggetto dell’articolo è lo statuto ambivalente della conoscenza razionale, riconoscibile nelle aporie di ordine sistematico e argomentativo che vanno esplicitate a partire dai testi. La disamina porta alla conclusione che mentre nella seconda parte dell’Ethica la fondazione autonoma della conoscenza razionale è esposta a difficoltà insuperabili, nella quinta parte ci sono gli elementi per una nuova fondazione in cui, però, tale autonomia viene meno: se la ragione è conoscenza sub quadam specie aeternitatis, allora la sua costituzione in quanto genere di conoscenza autonomo non ha senso.

Insomma, l’unica fondazione coerente della razionalità non procede dalla sua autonomia, ma dal suo essere funzione dell’intelletto; la controprova di questo stato di cose starebbe nell’insostenibilità della teorizzazione delle nozioni comuni. Nella sua

Introduzione a Spinoza lo studioso riassume sinteticamente questo punto di vista critico:

La ragione… consiste nella conoscenza attuale di ciò che è comune nelle affezioni del corpo. Evidentemente, considerata sotto questo profilo, non si darebbe ragione senza le affezioni del corpo, percepite nella imaginatio. Tuttavia la ragione è, originariamente, forma di conoscenza diversa e altra risetto a quella immaginativa. La mente immaginante non riesce a superare se stessa autorisolvendosi in quella ragione di cui Spinoza, nella seconda parte, non sembra dubitare, concependola come struttura delle nozioni comuni e facoltà della conoscenza adeguata. Nella quinta parte, tuttavia, si incontra una nuova fondazione della ragione mediante una diversa definizione della mente, concepita non più come idea di un corpo esistente in atto, ma come idea dell’essenza del corpo; esigenza strutturale del sistema, oppute indizio di un’avvertita difficoltà inerente alla prima fondazione?40.

Come si è ricordato nel paragrafo introduttivo, nella seconda parte dell’Ethica il pensiero rappresentativo, la imaginatio, viene spiegato tramite la definizione della

38 F. Mignini, «Fondation ou crise de la raison dans l’Ethique de Spinoza», in V. Lanchy (a cura di),

Philosophy and Culture (Proceedings of the 17th World congress of Philosophy), Montreal, 1988, pp. 68-

73. Una versione rimaneggiata sotto il titolo «The Potency of Reason and the Power of Fortune» si trova in Y. Yovel (a cura di), Spinoza by 2000. The Jerusalem Conferences III. Spinoza on Knowledge and the

Human Mind, Leiden, Brill, 1994, pp. 223-232.

39 F. Mignini, Ars Imaginandi. Apparenza e rappresentazione in Spinoza, Napoli, Edizioni Scientifiche

Italiane, 1981; Id., Introduzione a Spinoza, Roma-Bari, Laterza, 2006²

mente come «idea di un corpo esistente in atto» (E 2P13), su cui si regge ugualmente la dimostrazione delle nostre principali idee adeguate. In linea di principio non risulta evidente o intelligibile il nesso tra la necessità dell’immaginazione e la necessità della ragione: infatti, le due sono sostanzialmente eterogenee e l’idea chiara e distinta come tale non si può derivare dall’idea confusa. Tra ciò che non ha nulla in comune non può darsi una connessione intelligibile.

I testi della deduzione dimostrano la necessità della implicazione tra conoscenza adeguata e conoscenza di ciò che è comune, mentre – sintomaticamente – la necessità delle nozioni comuni nella mente umana viene semplicemente presupposta:

[...] although the Spinozist thesis involves a necessary relation between the knowledge of what is common and adequate knowledge, it still does not imply the structural necessity of knowledge of what is common on the part of the mind. When the mind happens to conceive what is common – an occurrence which is neither necessary nor constitutive of the human mind – then that concept is necessarily adequate41.

Se la mente conosce i corpi esterni solo per via delle affezioni corporee (è questa una conseguenza immediata della E 2P13, come si evince da E 2P19), allora è destinata a conoscere immaginativamente. In effetti, la mente umana è costituita in modo dale per cui il suo essere idea corporis e il suo avere idee di affezioni sono due aspetti ugualmente fondamentali ed indissociabili; soltanto nella quina parte dell’Ethica vengono spiegate e giustificate operazioni cognitive che non presuppongono le affezioni corporee. Se la conoscenza immaginativa è per sua natura inadegutata e non sono dati i termini per cogliere la simultaneità dell’adeguato e dell’inadeguato nella nostra mente, allora non disponiamo di un criterio di verità.

Mignini allude al fatto che questa simultaneità può essere intesa solo qualora si spieghi l’aspetto di eternità che compete alla mente umana, cioè – di nuovo – uscendo dal quadro della seconda parte. Riscontrando le aporie dimostrative e le incongruenze teoriche di cui si è detto, si capisce per quali ragioni la necessità delle nozioni comuni in noi venga da Spinoza presupposta: poiché un’idea per essere adeguata in noi dev’essere causata in Dio in quanto ha esclusivamente l’idea del nostro corpo, ovvero – il che è lo stesso – in quanto costituisce l’essenza della mente umana, l’oggetto di questa idea, la proprietà A, sarà data in Dio esclusivamente nella misura in cui Dio ha l’idea del nostro

corpo, cioè nella misura in cui Dio – in quanto consta dell’attributo dell’estensione – costituisce il corpo umano come tale, a prescindere dalle affezioni che vi occorrono.

Questo postulato pone seri interrogativi: ciò che è comune, per definizione, non può essere concepito se non facendo riferimento alla molteplicità dei corpi e delle loro affezioni, e non a caso Spinoza introduce la sua tassonomia delle idee generali con queste parole: «Da quanto detto risulta chiaramente che noi percepiamo molte cose e formiamo nozioni universali» (E 2P40S2). Mignini afferma in proposito:

[…] there are at least two reasons why one can denny that the idea of what is common to all bodies can be adequate in God as constituting only the human mind. The first reason is that the nature of what is common necessarily implies as such the multiplicity of bodies and their affections. Secondly, God could have constituted the mind by having the idea of the body alone, only if the latter were a causa sui. But because the body is caused by another body, its idea (namely, the mind) is also caused by another idea, without which it can neither be nor be conceived. This is why the human mind cannot have knowledge of that which is common if the idea of its body is not united with the idea of an exterior body, and therefore does not have an adequate knowledge of it42.

Se si ammette che i corpi sono pensabili nel loro insieme attraverso A, allora Dio dovrebbe viceversa avere l’idea del corpo umano solo in quanto ha l’idea di A, ma allora, di nuovo, Dio non potrebbe essere causa esclusiva dell’idea del corpo umano, e non avrebbe senso il criterio che impone che Dio costituisca l’essenza della mente umana in quanto questa ha attualmente un’idea adeguata.

Il quadro si complica ulteriormente se si pensa che Dio potrebbe costituire l’essenza della mente per tramite della sola idea del corpo solo nel caso che questo possa essere concepito per sé, ma tale attribuzione va ascritta esclusivamente a quelle idee di cui bisogna stabilire l’esistenza, non a quello che ne è l’oggetto43.

Secondo Mignini l’impossibilità di dimostrare apriori la necessità della conoscenza adeguata sulla base della definizione della natura della mente umana risulta manifesta qualora si consideri che l’idea di una cosa singolare esistente in atto è data in Dio non in quanto è infinito (attributo o modo infinito), ma in quanto comprende una concatenazione infinita di cause finite (E 2P9) che determinano all’esistenza questa o

42 Ibidem, p. 228

43 Dal quadro deduttivo della prima parte si evince che ciò che è comune non esiste per sé ma può essere

concepito per sé; due requisiti, questi, che possono coincidere soltanto in ciò che è causa sui, cioè nella definizione della sostanza. In linea di principio, il corpo si concepisce (ed esiste) per aliud mentre ciò che è comune a tutti i corpi esiste per aliud ma si concepisce per se. Cfr. F. Mignini, Ars Imaginandi, cit., pp. 184 ss., dove le nozioni comuni vengono intese come sinonimi degli assiomi e delle verità eterne (tesi che verrà ripresa, all’interno di un quadro analitico differente, da E. Scribano, cfr. infra, paragrafo 11).

quella (idea di) cosa. Se questa premessa sistematica è pertinente, allora dal punto di vista della Mens finita – quello che qui fa la differenza, in ultima analisi – l’essere idea di un corpo esistente esprime il proprio essere co-determinato all’infinito da nessi causali che investono la natura pensante di Dio in termini relativi e non assoluti.

Il difetto di questa analisi, a nostro avviso, è che essa riconduce entrambe le dimostrazioni, quella inerente alle nozioni comuni universali e quella inerente alle nozioni comuni proprie, alle medesime obiezioni di fondo, mentre è un dato della massima rilevanza che Spinoza adotti due formulazioni differenti e che nel secondo caso la necessità di fare riferimento alle idee delle affezioni per dimostrare che esse implicano la conoscenza adeguata della proprietà comune non comporta gli esiti aporetici supposti.

Seguendo una traccia di analisi proposta da François Zourabichvili44 diamo brevemente conto di questa intricata situazione teorica. L’argomento adottato nel primo caso comprende la premessa secondo cui «[l’idea di A] sarà necessariamente adeguata in Dio, sia in quanto Dio ha l’idea del corpo umano, sia in quanto ha le idee delle sue affezioni» (E 2P38D) Ciò rappresenta un controsenso per il semplice fatto che non possono esistere due corpi identici tra loro, né tanto meno è possibile che l’identico affetti l’identico; tradotto nel quadro teorico in questione ciò significa che in Dio non può darsi l’idea di un’affezione (cui concorrono due nature differenti) soltanto in quanto ha l’idea del corpo umano.

Ora però, nella dimostrazione della proposizione successiva il pensatore olandese si esprime altrimenti: «l’idea di questa affezione, in quanto implica la proprietà A, sarà adeguata in Dio in quanto è affetto dall’idea del Corpo umano…» (E 2P39D), formula che può risultare coerente se si pensa che qui si richiede esclusivamente che l’idea di A, distinta in noi dall’affezione che ad essa è sottesa, costituisca un’implicazione del conseguire dell’idea del corpo umano nell’attributo del pensiero. Un’implicazione, vale a dire che – dal punto di vista del finito – la dipendenza dell’idea del corpo umano in quanto è data in Dio comporta relazioni che però – dal punto di vista dell’infinito – non hanno un’esistenza propria e sono date simultaneamente alla cosa singolare quale modificazione determinata di quella natura.

1.7 L’INTROVABILE AUTONOMIA DELLA RAGIONE SPINOZISTA NELLE NOTE CRITICHE