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NECROPOLI MORONI-SEMPRIN

1. LE NECROPOLI DI VERUCCHIO

4.3 NECROPOLI MORONI-SEMPRIN

La necropoli Moroni-Semprini in prossimità del "Doccio" si estendeva a valle della strada provinciale per San Marino, sul declivio est sud-est del colle di Verucchio attraversato in basso dalla strada vicinale Selve Grosse. In un primo momento l'area occupata dal sepolcreto in proprietà Moroni Angelica, che toccava la sottostante proprietà Semprini, a sud-est della Rocca, venne esplorata e interamente scavata nel 1969 dal Gentili in seguito al ritrovamento di sporadici reperti, con il successivo e fortuito rinvenimento di due ricche tombe femminili nel podere Semprini.

Nel 1969 furono aperte 12 trincee di forma irregolare in proprietà Moroni dove si rinvennero 37 sepolture che presentavano tutte il rituale dell'incinerazione. Purtroppo sulla base di questi scavi non è possibile avanzare delle ipotesi sull'organizzazione spaziale dell'area sepolcrale; tuttavia, come nella necropoli Lippi, le sepolture appaiono dislocate in addensamenti separati da aree libere. Dal punto di vista planimetrico esse sembrano disporsi all'interno della necropoli in piccoli gruppi, evidenti non solo sul piano topografico, ma anche sulla base di analogie tra gli elementi dei corredi. Il numero delle deposizioni maschili e femminili è sostanzialmente equivalente. Abbastanza frequenti sono poi le sepolture in cui compaiono insieme oggetti sia maschili che femminili: potrebbe trattarsi di deposizioni doppie, oppure di casi in cui il defunto è stato fatto oggetto di offerte rituali da parte di persone di sesso diverso.

La cronologia della necropoli Moroni-Semprini abbraccia meno di due secoli, dalla metà dell'VIII alla fine del VII a.C., ed è documentata in particolare la fase di Verucchio II (VIII-VII secolo a.C.). Il verucchiese medio, nel suo sviluppo di quasi un secolo, è suscettibile di una suddivisione o distinzione in due sottofasi: verucchiese II A compreso nella seconda metà dell'VIII, e II B con sviluppo entro i primi tre decenni circa del secolo successivo. Ciò trova conferma in considerazione delle lente e graduali modificazioni cui andò soggetto, e per il subentrare di nuove tecniche decorative, quali l'uso sempre più largo della decorazione ad impressione. Il rituale funerario rimane sempre quello della cremazione, ma si riscontra frequente anche l'uso dei grandi dolii fittili lisci, per lo più di forma ovoidale slanciata su largo fondo piatto e con orlo ingrossato aggettante su un basso collo, quali contenitori del cinerario e del corredo funerario o parte di esso. E tutto ciò è evidente nella necropoli Moroni-Semprini.

Ora, dal punto di vista della tipologia strutturale, sulle 39 tombe in esame, 22 risultarono a pozzetto o fossa semplice, cilindrico od ovale che diviene sempre più complesso, con nicchie per il corredo; ma erano presenti anche 16 pozzetti con dolio e in molti casi si registrarono sepolture nelle quali si è riconosciuta la traccia sicura di coperture effettuate con un assito o tavolato ligneo. Soltanto la tomba

77 14 aveva caratteristiche completamente differenti, in quanto era a fossa rettangolare con una grande cassa di legno formata da tre tavolati entro la quale era stato deposto il cinerario. Singolari anche le tombe 23 e 24, nelle quali l'ossuario biconico fu trovato tutto avvolto in un manto e posato sopra un cesto o canestro in vimini.

Alcune delle tombe maschili erano caratterizzate dalla deposizione di armi. Fra quelle da difesa c’è l'elmo a doppia cresta sbalzata conclusa in basso, invece che da speroni a semplici cilindretti orizzontali come negli esemplari dell'Etruria, da un tipo caratteristico a placca traforata a giorno definita all'esterno da una fila di schematici volatili (tombe 23 e 35). Questi elmi sono presenti già nella fase finale di Verucchio I. Per il verucchiese medio testimonianze della presenza di elmi si hanno nei frammenti di lamina.

Comuni per tutto il verucchiese medio sono le armi in ferro, pervenute in frammenti. Le armi da offesa sono rappresentate dai pugnali anche del tipo a lama ricurva (riconoscibili da parti di lame), con resti di fodero con decorazioni longitudinali che vengono a rastremarsi verso la punta; ci sono inoltre un puntale (tomba 30), cuspidi di lancia (tomba 1, 9, 11, 35, 37), non mancando tra queste il tipo in bronzo (tomba 3 e 32) assieme ad una punta di freccia sempre di bronzo (tomba 23), e da asce ad alette. Il possesso in vita del cavallo, che rappresenta un indicatore di distinzione dell'individuo di un più alto grado sociale, è documentato nel verucchiese medio dalla presenza dei morsi in bronzo, ricorrenti in maggiore o minor grado di conservazione, e talora in frammenti indiziari.

Notevole è inoltre il campionario di fibule che compaiono in Verucchio II A, ereditate ancora dalla fase I finale.

L'ambra, oltre che nelle fibule, trova largo uso anche per gli oggetti di ornamento: in collane, sia per i vaghi che per le piastrine rettangolari, generalmente a faccia costolata, a più forellini laterali per tenerne distanziati i fili multipli; in bottoncini conici ed in perlinette cilindriche, che graduate con quelle di pasta vitrea blu erano applicate come ornamento alle vesti intessute di lana ravvivandole di policromi ricami; e nei dischetti forati e a facce concave per pendagli di orecchini.

Rimarchevole è la conservazione di incunaboli di fibra vegetale e canestri viminei, manufatti in legno, tra cui elementi di arredi domestici abilmente lavorati che sono riconducibili alla sottofase di Verucchio II B, provenienti per la maggior parte dalla tomba 26, appartenente ad un individuo di sesso femminile di rango elevato, per non dire aristocratico.

La tomba 26 si distingue specialmente per la presenza di un trono di legno in pioppo-salice, recuperato in frammenti bagnati e quindi comprensibili soprattutto al momento della scoperta: esso è inquadrabile cronologicamente nella prima metà del VII secolo a.C. Lo schienale è ricurvo (consistente cioè in un semplice arco) ed è decorato ad intaglio: nella sua parte esterna, cioè nel dorso, ricorrevano soltanto

78 motivi geometrici in una successione a zone a meandro interrotto, intervallate con un lieve gioco di risalto dei piani a zone liscie.

Altri reperti lignei di incerta interpretazione facenti parte sempre del corredo della tomba 26, sono costituiti da un oggetto rettangolare di legno molto sottile, intagliato e traforato, e da un singolare oggetto di notevole importanza per le suggestioni che evoca, già interpretato come possibile strumento musicale o come una forma di foglia di cuoio, ma che è stato successivamente anche inteso, in maniera alquanto suggestiva, come forma di una piccola barchetta ora appiattita, ma ancora distinguibile. Questo rinvenimento potrebbe indicare un particolare rapporto della comunità verucchiese con la navigazione costiera, tant'è vero che la barca rappresentata sembra adatta a una navigazione di piccolo cabotaggio.

Accanto ai resti lignei singolare è anche la conservazione di molteplici frammenti di tessuti (sempre nella tomba 26, ma anche nella tomba 24) evidentemente di lana, di tinta bruno-rossiccia, certamente di produzione locale con una tessitura anche operata a bande longitudinali suddivise a scacchi in cui la trama semplice si alterna ad un motivo a reticolo di rombi inscritti, quasi a costituire un disegno a punte di diamante.

La tomba 26 è probabilmente la più antica di una serie di tombe di capi locali e in effetti, quanto a ricchezza e suntuosità, può essere accostata alle sfarzose tombe principesche 85 ed 89 della necropoli Lippi. Infatti essa presentava una struttura a pozzetto oblungo (cioè di forma ovale allungata) con copertura lignea. Al suo interno vi erano un grande dolio di impasto e un cinerario, coperti entrambi da manti in tessuto di lana lavorati a motivi geometrici e dipinti: quello che avvolgeva il cinerario era ornato e intessuto di perline d'ambra e di pasta vitrea. Accanto al dolio e agli oggetti è stato rinvenuto anche il cranio di un capretto, che testimonia sicuramente il sacrificio funebre che aveva accompagnato le esequie dell'importante personaggio. Dal punto di vista spaziale, ma soprattutto rituale, va rilevato pure come il trono ed il relativo suppedaneo fossero collocati all'esterno del dolio.

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