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LA RAPPRESENTAZIONE SIMBOLIA DEL DEFUNTO

5. STRUTTURA SOCIALE E CULTURALE NE VILLANOVIANO VERUCCHIESE

5.2 LA RAPPRESENTAZIONE SIMBOLIA DEL DEFUNTO

A Verucchio, il rito funebre, risulta esclusivamente quello incineratorio e, già a partire dall'VIII secolo a.C., la cerimonia che lo esalta, presenta caratteri di grande complessità che variano in relazione alla famiglia di appartenenza, al rango e al ruolo degli individui, ma anche in relazione al tempo.

Prendendo a modello gli studi effettuati sulla tomba 89 Lippi, si può osservare come la gestione rituale dell'ossuario sia contraddistinta da alcuni caratteri di particolare complessità, che possono essere così riepilogati:

• deposizione delle ossa in una situla cinerario di bronzo di grandi dimensioni;

• rivestimento del cinerario con un mantello decorato o adornato da alcune fibule e da un affibbiaglio; • copertura dell'ossuario con uno scudo da parata, al di sopra o nei pressi del quale era deposto l'elmo ad alta cresta;

• deposizione intorno all'ossuario di armi da offesa e difesa in una panoplia completa da parata: un coltello, una lancia, i manici lignei di almeno altre due e un flabello.

Tutti questi oggetti di valore reale e simbolico sono riconducibili ad un cerimoniale di antropomorfizzazione, il quale è certamente ricollegabile ad una generica assimilazione dell'urna ad un corpo umano. Il rito crematorio serve sì a liberare il defunto della sua materialità e a fargli raggiungere una sfera divina ma, tramite il cinerario "vestito", si vuole comunque sottolinearne la presenza. Questa "personificazione" è messa in atto disponendo sopra e intorno al cinerario abiti, ma anche armi e ornamenti collegati all'immagine del defunto. Se la presenza del vaso-ossuario di bronzo e la copertura con uno scudo e con un manto riconducono alla tradizione rigorosamente maschile, l'ossuario vestito è un rito di stampo italico connesso, in particolare a Verucchio, anche all'ambito femminile. Gli antecedenti di un rito come quello messo in atto nella tomba 89 possono ritrovarsi, per la vestizione, nell'ambiente verucchiese, ma anche in quello italico più antico.

I rituali funerari di antropomorfizzazione, attestati in ambito italico per un arco di tempo che va dal IX al IV secolo a.C., suggeriscono contatti con un'area culturale molto ampia, e quindi risalirebbero ad un momento ben più antico dell'età orientalizzante. Oltre alla vestizione dell'ossuario, le forme di personificazione riguardano anche i cinerari: sono talvolta strutturati come un corpo umano e collocati su un trono, oppure vengono rivestiti di ornamenti personali e tessuti.

108 A Verucchio, la presenza di ossuari "vestiti" è frequente già a partire dalla metà dell'VIII secolo a.C. e tale uso va intensificandosi nel corso dell'VIII e nel VII secolo: in particolare, la vestizione è molto più frequente nelle tombe femminili che in quelle maschili. Nella maggior parte dei casi il rito della vestizione si presenta a Verucchio sotto la forma di un'urna coperta da tessuti di lana con sopra alcuni ornamenti personali (sempre privi di tracce di combustione), riferibili al costume dell'individuo e connessi quindi al suo ruolo. È possibile che la "vestizione" dell'ossuario, con cui il corpo viene in qualche modo "ricreato" dopo essere stato reso inoffensivo dalla distruzione sulla pira, sia da mettere in relazione al simbolismo legato al corpo umano: così il centro del rituale sarebbe proprio il corpo stesso che fisicamente non è più presente, quasi ad assumere un significato di presenza-assenza che si manifesta a volte anche in modi più complessi incluso probabilmente lo stesso banchetto funebre. Sempre a Verucchio esistono anche due varianti di questo rito di vestizione: la copertura dell'ossuario e del corredo accessorio e personale, o di parte di esso, con un drappo; e poi il doppio rivestimento del cinerario e del dolio. L'abito e gli ornamenti del cinerario rammentano anche il rango e i ruoli svolti dai defunti e, come è già stato detto in precedenza, pure le armi rivestono la funzione di indicatori in tal senso.

Se la vestizione in senso stretto consiste nel rivestimento dell'ossuario con oggetti d'ornamento e tessuti, per estensione è ovvio che anche la copertura di una tomba maschile con un elmo fittile o metallico è una forma di antropomorfizzazione e quindi costituisce una sorta di vestizione dell'ossuario. In molte deposizioni maschili di Verucchio, alcune delle quali con tracce di tessuto, le armi sono state rinvenute in stretta relazione con l'ossuario ed è quindi possibile che, in un'accezione non solo locale dell'antropomorfizzazione, gli individui maschi venissero caratterizzati, non tanto con tessuti e/o ornamenti, ma piuttosto con armi che ne denotavano il genere e il ruolo di guerrieri.

La lancia, l'oggetto che caratterizza il maggior numero di tombe di armato, è collocata spesso in relazione al cinerario, posta di fianco o al di sopra della scodella di copertura, e in alcuni casi, addirittura all'interno dell'ossuario. È inoltre rilevante come in quasi tutte le tombe con due lance, esse siano deposte una tra le ossa, ed una fuori dell'ossuario in relazione con lo stesso (infissa verticalmente nel terreno, oppure poggiata orizzontalmente sulla scodella di copertura).

Assai significativa è anche la presenza di altre categorie di armi, come i coltelli, le asce o le spade, poste accanto all'ossuario in un consistente numero di casi; gli elmi e gli scudi poi, forse anche per le dimensioni e la forma, sono quasi sempre sopra o accanto all'ossuario. È quindi verosimile che a Verucchio, alle numerose tombe femminili con vestizione dell'ossuario, corrispondesse un elevato numero di tombe maschili in cui gli ossuari erano "antropomorfizzati" mediante l'accostamento di armi.

109 Nella tomba 89 la ritualità connessa all'ossuario ha origini eterogenee, in gran parte orientate verso l'area tirrenica: così la panoplia e gli oggetti quali il flabello, che accompagnano e rivestono l'ossuario, lo connotano come etrusco, guerriero e aspirante ad una dimensione regale; del resto i ricchi tessuti ornati con affibbiaglio e fibule preziose avvalorano questa connotazione.

A Verucchio era certamente presente il costume della riapertura degli ossuari in occasione di deposizioni doppie o comunque successive, con conseguente risistemazione dei resti cremati e dei corredi, ma i dati di scavo non ci permettono di precisare la sequenza temporale e la contemporaneità o meno della doppia deposizione, che resta quindi interpretabile solo in base alle caratteristiche dei corredi stessi. Tale usanza pare ora confermata da alcuni risultati dell'analisi dei resti ossei.

Va detto infine, che nell'offerta dei vari oggetti personali e d'uso pratico che compongono i corredi tombali, si può cogliere, in maniera per la verità ancora non certa, un atto di religiosità che lascia intravedere la credenza in una sopravvivenza oltre la vita terrena. D'altro canto, un ulteriore documento di pratica religiosa può essere individuato nell'ambito dell'abitato verucchiese, e precisamente nell'atto pressoché rituale della deposizione sovrapposta dei tre scudi bronzei, come del resto anche negli oggetti votivi del pozzo sul Pian del Monte.

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