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In questa sezione vengono trattati materiali di incerta datazione in al-cuni casi provenienti da siti di lunga durata per i quali si dispone di insufficienti dati di scavo, in altri, appartenenti a collezioni museali storiche, come quella del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. Non era infatti possibile proporre un’attribuzione cronologica convin-cente per tutti i materiali di ogni complesso e si è pertanto deciso di considerarli unitariamente. È questo il motivo per cui alcuni reper-ti databili con prudenza su base reper-tipologica compaiono comunque in questa sezione e non in una di quelle dedicate specificatamente al Neo-litico o all’età del Rame. Nei capitoli successivi, anche alla luce delle informazioni tratte dal loro studio litologico e tipologico, vengono, quando possibile, inquadrati dal punto di vista cronologico-culturale.

Collezione Battaglia

Alcuni manufatti appartenenti alla collezione di R. Battaglia, conser-vata a Padova, sono stati analizzati nell’ambito di un progetto di studio dei materiali raccolti dallo studioso sopraccitato nei siti del Carso trie-stino (Betic 2006-2007): un piccolo frammento di lama d’ascia dal-la Grotta delle Porte di Ferro in Val Rosandra, un frammento distale di lama d’ascia dalla Grotta delle Gallerie (Gilli, Montagnari Kokelj 1994) che si apre poco al di sotto della cavità sopraccitata, una piccola lama da una cavità non meglio identificabile nei pressi di Aurisina e un frammento distale di ascia forata da una cavità nei pressi di Slivia. Purtroppo non si dispone di dati di contesto.

La Grotta delle Porte di Ferro (n. catasto VG 3027; n. catasto REG 504) si apre sul versante destro della Val Rosandra a circa 230 m dal fondo valle, alla quota di 405 m s.l.m.. La cavità, accessibile attraverso una stretta cengia sulla scoscesa parete verticale al di sotto del Monte Stena, presenta un andamento orizzontale per circa 17 m e sul fondo uno stretto inghiottitoio. L’ingresso, esposto a sud-ovest e di forma ovoidale, delle dimensioni di circa due m di altezza per due m di lar-ghezza, mostra evidenti segni dell’opera dell’uomo: la parte inferiore è fortemente levigata e i lati presentano le tracce di una volontaria regolarizzazione avvenuta in età romana attraverso la scalpellatura delle sporgenze rocciose e la creazione sul lato orientale di quattro incassi per l’alloggiamento dei cardini per una porta.

soprattutto materiale romano e medievale ma nella parte più interna sono venuti alla luce anche scarsi resti preistorici e protostorici (Bat-taglia 1933; Degrassi 1929; Gherlizza, Halupca 1988). Per una sintesi della storie delle ricerche e una descrizione dei materiali archeologici più antichi pertinenti alla collezione di R. Battaglia si rimanda a Betic (2006-2007). Nonostante la posizione piuttosto inaccessibile, i dati a disposizione indicano quindi una continuità di frequentazione della cavità a partire dalla preistoria recente. Durante l’età tardo antica è probabile che abbia svolto soprattutto una funzione di vedetta e rifu-gio, come lascia supporre anche la sistemazione dell’ingresso.

La vicina Grotta delle Gallerie (n. catasto VG 420; n. catasto REG 290) si apre pochi metri più in basso alla quota di 350 m s.l.m. con un ingresso largo circa due m per uno e mezzo di altezza. È stata oggetto di numerosi scavi e sondaggi a partire dalla fine del Diciannovesimo secolo; per una ricostruzione puntuale della storia delle ricerche si ri-manda a Gilli, Montagnari Kokelj (1994, 124-125). I materiali rinve-nuti attestano una frequentazione di lunga durata della grotta a partire dalla cultura di Danilo/Vlaška fino all’età protostorica. La revisione dei materiali conservati nei depositi della Soprintendenza di Trieste ha consentito di mettere in evidenza la presenza di elementi neolitici an-che successivi alla cultura dei Vasi a Coppa, ricollegabili alla cultura di Hvar, a quella dei Vasi a Bocca Quadrata e a quella di Lagozza; mentre per le fasi post-neolitiche è emersa un’abbondante presenza di ceramica decorata a Besenstrich (Gilli, Montagnari Kokelj 1994).

Quattro lame d’ascia, uno scalpello e due asce forate sono state scoper-te duranscoper-te le indagini nella grotta (per un preciso riferimento biblio-grafico vedi Montagnari Kokelj - 2001a, 80-83 -) ma, come è già stato ricordato, è stato possibile analizzare solo un frammento distale di una lama d’ascia.

Lame d’ascia

Il manufatto frammentario dalla Grotta delle Porte di Ferro è troppo piccolo per ricostruirne con sicurezza la morfologia originaria: si tratta di parte del tagliente di una lama d’ascia.

Il frammento distale della Grotta delle Gallerie presenta un corpo ap-piattito con un tagliente che in origine era probabilmente arcuato. Le superfici sembrano aver subito qualche processo di alterazione forse do-vuto all’esposizione al fuoco ma sono comunque visibili tracce di levi-gatura e alcune depressioni non risolte da questo processo tecnologico (Fig. 3.32).

L’ascia proveniente dai dintorni di Aurisina ha un corpo triangolare ap-piattito con un tagliente arcuato interessato da numerose sbrecciature. Le superfici sono finemente levigate senza alcuna traccia di picchiettatura.

Asce forate

L’unico frammento di ascia forata, proveniente da una cavità nei pressi di Slivia, ha le superfici granulose e scabre; presenta una particolare sezione trasversale biconcava e un breve tagliente arcuato inclinato in prospettiva laterale. A parte le dimensioni ridotte questo reperto è mol-to simile dal punmol-to di vista tipologico ad altre asce forate rinvenute soprattutto nel Carso triestino ma attestate anche in Istria e nel Lju-bljansko barje.

Analisi e caratterizzazione

Tutti i reperti della collezione Battaglia sono stati analizzati tramite XRD; il frammento di lama d’ascia dalla Grotta delle Porte di Ferro e il frammento distale di ascia forata da una grotta non meglio precisabile nei dintorni di Slivia sono stati studiati anche in sezione sottile (Tab. 3.15-3.16).

Le tre lame d’ascia sono costituite da HP metaofioliti, in particolare due da giada (G. Gallerie, G. Aurisina) e una da eclogite (G. Porte di Ferro). Per quest’ultimo reperto lo studio in sezione sottile ha rivelato una tessitura pseudoscistosa con bande irregolari marcate dalla dispo-sizione di piccoli granati per lo più xenoblastici, immersi in una massa intrecciata costituita in gran parte da un pirosseno monoclino incolore (omfacite ?).

L’ascia forata è costituita da una metaultramafite anfibolico clorotica caratterizzata da una tessitura etroblastica. La paragenesi mineralogica è data da relitti di clinopirosseno e di orneblenda bruna, anfiboli inco-lori, clorite e minerali opachi.

Campione Tipologia Litologia Metodologia G.Porte di Ferro lama d’ascia eclogite XRD; OM G.Gallerie lama d’ascia giada XRD G.Slivia ascia forata metaultramafite XRD; OM G.Aurisina lama d’ascia giada XRD

Tab 3.15 Composizione litologica dei manufatti conservati nella collezione Bat-taglia.

Fig 3.32 Frammento distale di lama d’ascia in giada dalla Grotta delle Gallerie.

Campione Na px Grt Anf Chl

G.Porte di Ferro x x

G.Gallerie x

G.Slivia x x

G.Aurisina x

Tab 3.16 Risultati delle analisi tramite XRD.

Collezione del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste

Undici manufatti in pietra levigata, raccolti da C. Marchesetti circa un secolo fa, sono conservati presso il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste (Marchesetti 1903). Provengono in parte dal Carso triestino, ma soprattutto dall’Istria e dalle isole del Quarnero (Fig. 3.33). Seb-bene si tratti di rinvenimenti di superficie, privi quindi di indicazioni cronologiche precise, rivestono un interesse del tutto particolare visto il basso numero di determinazioni petrografiche sicure relative a manu-fatti in pietra levigata provenienti dal territorio della Croazia costiera.

Fig 3.33 Località di rinvenimento dei manu-fatti in pietra levigata della collezione del Mu-seo Civico di Storia Naturale di Trieste.

Lame d’ascia, scalpelli e asce scalpello

La collezione comprende sette lame d’ascia, uno scalpello e un’ascia scalpello. Due piccole asce di forma subtriangolare e subtrapezoidale con il corpo appiattito e superfici ben levigate provengono da Verbeni-co/Vrbnik nell’Isola di Veglia/Krk (VE1-VE2) e da Lussingrande/Velj Lošjnj in quella di Lussino/Lošjnj (LU). Uno scalpellino a doppio ta-gliente (CH1), tipico delle prime fasi VBQ (Pessina, D’Amico 1999), e una lama di piccole dimensioni (CH2) sono state scoperte a Losna-ti/Loznati nell’isola di Cherso/Cres (Fig. 3.34-3.36). Di dimensioni maggiori sono due lame d’ascia da Cittanova/Novigrad nella penisola istriana (CT1-CT2). In particolare l’esemplare più grande raggiunge quasi i 20 cm di lunghezza; ha una corpo triangolare allungato con un tallone conico e una sezione ovale. Le superfici sono ben levigate tranne in una fascia anulare, i cui limiti non sono nettamente definiti, larga circa 6 cm prossima al tallone. Quello più piccolo ha una forma meno slanciata e un corpo appiattito con una sezione ovale schiacciata.

Fig 3.34 Manufatti provenienti dalle isole di Veglia/Krk (VE1-VE2), Cherso/Cres (CH1-CH2) e Lussino/Lošjnj (LU); disegni di A. Fragiacomo.

Fig 3.35 Piccola lama d’ascia (CH2) da Losnati/Loznati nell’isola di Cherso/Cres e particolare di una frattura in corri-spondenza del tagliente.

Inoltre solo il tagliente è ben levigato; sui margini vi sono ancora evi-denti tracce di picchiettatura (Fig. 3.37). Questi materiali sono tipolo-gicamente confrontabili con i manufatti in HP metaofioliti affioranti in Italia nord occidentale (D’Amico et al 2004; D’Amico 2005). Forme diverse e probabilmente riconducibili ad altri ambiti culturali, in alcuni casi forse locali, sono documentate da una lama d’ascia dal corpo tozzo, tallone conico e sezione ovale dalle superfici levigate e il tagliente intaccato da fratture profonde da Verbenico/Vrbnik nel-l’Isola di Veglia/Krk (VE3) e da un’ascia scalpello caratterizzata da un corpo rettangolare con sezione piano convessa e tagliente arcuato dall’isola di Unie/Unije (UN; Fig. 3.38). Tale forma, non attestata in Italia settentrionale, richiama le asce a cuneo di calzolaio comuni in ambito danubiano-balcanico, sebbene si presenti particolarmente larga e schiacciata

Fig 3.37 Lame d’ascia da Cittanova/Novigrad; disegni di A. Fragiacomo .

Fig. 3.36 Tracce di usura in corrispon-denza di uno dei taglienti dello scalpel-lino CH1 Losnati/Loznati nell’isola di Cherso/Cres

Asce forate

Un’ascia forata da Pola/Pula ha un corpo massiccio di forma triangolare con un tallone squadrato dagli angoli arrotondati, un tagliente arcuato inclinato e superfici frontali concave (PO; Fig. 3.38). Questo partico-lare morfologico, che le conferisce una caratteristica sezione biconca-va, si ritrova in asce tipologicamente simili provenienti soprattutto dal Carso triestino e dal Ljubljansko barje. Anche le superfici, levigate ma dall’aspetto granulare e scabro, accomunano questo gruppo di reperti. Da Opicina nel Carso triestino proviene un manufatto particolare de-rivato dal riutilizzo di un frammento distale di ascia forata (OP), in cui è stata praticata una nuova perforazione. In corrispondenza del tallone dell’ascia è infatti evidente una concavità che unisce le due superfici frontali, interpretabile come il residuo della perforazione originaria. Il manufatto ha una forma trapezoidale in prospettiva frontale, subret-tangolare in quella laterale con una sezione trasversale retsubret-tangolare con un’altezza di 35 mm (Fig. 3.38). Non è presente un vero e proprio tagliente; al suo posto vi è una faccia piatta. Tutte le superfici sono

Fig 3.38 Manufatti provenienti da Opicina (OP), Pola/Pula (PO), Veglia/Krk (VE3-VE4) e Unie/Unije (LU); disegni di A. Fragiacomo.

finemente levigate. È confrontabile con un’ascia, siglata B56, scoperta nelle palafitte di Deschmann, conservata nel Museo Nazionale Sloveno di Lubiana (Korošec, Korošec 1969, Tav. 78, 4). È decorata con tre evi-denti scanalature longitudinali su una superficie frontale, una centrale e due marginali, convergenti verso il tagliente. Lo spazio definito da questi solchi presenta una decorazione incisa a reticolo non partico-larmente curata. Le superfici sono finemente levigate; in prospettiva frontale le superfici laterali sono leggermente curve, in quella laterale le superfici frontali sono orizzontali e parallele mentre il tagliente è arcua-to; la sezione trasversale è rettangolare con un’altezza di 36 mm.

Altri manufatti

Solo un percussore o pestello, con ogni probabilità ricavato da un fram-mento prossimale di ascia forata (VE4), appartiene a questa categoria. Le facce del manufatto originario sono ben levigate; quelle secondarie sono coperte da una fine picchiettatura. Il reperto ha una forma allun-gata con una sezione ovale (Fig. 3.38).

Analisi e caratterizzazione

Le asce della collezione del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste sono state osservate allo stereomicroscopio e analizzate tramite XRD direttamente sulla superficie dei manufatti tranne in un caso, in cui l’analisi è stata eseguita su polvere (Tab. 3.17-3.18). L’osservazione allo steromicroscopio, associata all’analisi XRD, è sufficiente per la deter-minazione degli strumenti in HP metaofioliti, consentendo di ricono-scere la presenza di pirosseni sodici e di distinguere tra giade ed eclogiti grazie alla presenza/assenza di granati, minerali assenti nelle prime e caratteristici delle seconde (Fig. 3.39). Granati sono stati riconosciuti nei seguenti reperti: CT1-CT2, VE1-VE2.

Campione Tipologia Litologia Metodologia

OP ascia forata serpentinite stereomicroscopia; XRD su superficie CT1 lama d’ascia eclogite stereomicroscopia; XRD su superficie CT2 lama d’ascia eclogite stereomicroscopia; XRD su superficie PO ascia forata metaultramafite stereomicroscopia; XRD

VE1 lama d’ascia eclogite stereomicroscopia; XRD su superficie VE2 lama d’ascia eclogite stereomicroscopia; XRD su superficie VE3 lama d’ascia roccia magmatica stereomicroscopia; XRD su superficie VE4 percussore basalto doleritico ? stereomicroscopia; XRD su superficie CH1 scalpellino giada stereomicroscopia; XRD su superficie CH2 lama d’ascia giada stereomicroscopia; XRD su superficie LU lama d’ascia giada stereomicroscopia; XRD su superficie UN ascia scalpello anfibolite ? stereomicroscopia; XRD su superficie

Fig. 3.39 Granato su una frattura della super-ficie dell’ascia CT1.

Tab 3.17 Composizione litologica dei manu-fatti conservati nel Museo Civico di Storia Na-turale di Trieste.

Camp. Srp Anf Px Na Px Feld Chl OP x CT1 x CT2 x PO x x x VE1 x VE2 x VE3 x VE4 x x CH1 x CH2 x LU x UN x x

Tab 3.18 Risultati delle analisi tramite XRD.

Sette manufatti scoperti in Istria e nelle isole del Quarnero sono co-stituiti da giade ed eclogiti (CT1-CT2, VE1-VE2, CH1-CH2, LU). Una delle due asce forate è in serpentinite (OP), mentre l’altra in me-taultramafite anfibolico, clorotica e pirossenica (PO). L’ascia scalpello UN è fabbricata probabilmente con un’anfibolite la cui origine, vista la particolare tipologia, deve essere ricercata in area balcanica. Lo stesso discorso può essere fatto per la lama d’ascia dal corpo tozzo e sezione ovale VE3, costituita da una roccia magmatica che macroscopicamen-te richiama le andesiti del Gorski Kotar. Il percussore VE4, con ogni probabilità frutto del riutilizzo di un’ascia forata, presenta una strut-tura massiccia isotropa costituita da plagioclasio e anfibolo. Potrebbe trattarsi della stessa litologia - basalto doleritico - con cui è fabbricata la gran parte dei manufatti forati conservati nel museo di Pola e alcune asce rinvenute in Slovenia.

Spaha

Il sito di Spaha è collocato su un’altura non distante da Kočevje nella Slovenia meridionale. È stato oggetto di scavi i cui risultati sono stati editi solo in modo parziale (Hirschbäck-Merhar 1982; Dular 2001). I materiali sono attualmente in studio da parte di A. Velušček dell’Istitu-to di Archeologia dell’Accademia delle Scienze di Lubiana. Sulla base dei pochi dati editi e della revisione in corso dei materiali, l’occupazio-ne preistorica del sito può essere inquadrata in modo gel’occupazio-nerico e

preli-minare tra la prima metà del V millennio a.C. e i primi secoli di quello successivo (Velušček comunicazione personale). I materiali ceramici più antichi rimandano infatti al gruppo della Sava, ovvero all’insieme di insediamenti sorti soprattutto lungo il bacino superiore dell’omonimo fiume nel secondo quarto del V millennio a.C. (Guštin 2005; Velušček 2006, 64-65). Si tratta delle testimonianze archeologiche dei primi gruppi neolitici penetrati nella Slovenia centrale. Il limite settentrio-nale di questa compagine culturale sembra essere segnato dalla catena delle Caravanche e dai siti posti nella Carinzia orientale o nella Stiria meridionale; il limite occidentale dovrebbe corrispondere alla Piana di Lubiana; quello meridionale all’area di Kočevje, in cui rientra Spaha, della Bela krajina e di Karlovac. I materiali di Spaha dovrebbero testi-moniare anche una fase di occupazione più tarda, collocabile generica-mente nella seconda metà del V millennio a.C., che risentirebbe degli influssi della cultura di Lasinja. Sembra che il sito sia stato frequenta-to anche nei primi secoli del IV millennio a.C.. I materiali di questa fase troverebbero confronti con l’orizzonte HKBV diffuso in una vasta zona tra Carinzia e Croazia settentrionale (Velušček 2004).

La collezione di manufatti in pietra levigata provenienti da Spaha com-prende otto reperti: tre asce forate (SP2, SP6-SP7); una mazza forata (SP1); tre lame d’ascia (SP3-SP5) e un’ascia scalpello frammentaria (SP8).

Fig 3.40 Manufatti non forati da Spaha (di-segni di T. Korošec).

Fig 3.41 Lama d’ascia SP4 da Spaha.

Fig 3.42 Lama d’ascia SP5 da Spaha.

Lame d’ascia

I reperti SP3 e SP5 hanno dimensioni ridotte, una forma non molto regolare e superfici levigate sebbene in vari punti vi siano evidenti aree depresse con superfici scabre non eliminate dal processo di levigatura (Fig. 3.40, 3.42). Queste caratteristiche morfo-tipologiche le differen-ziano nettamente dalle lame d’ascia in HP metaofioliti.

La lama SP4 presenta una concavità del tallone (Fig. 3.40-3.41), ca-ratteristica che si ritrova anche tra i materiali scoperti nelle Palafitte di Deschmann nella Piana di Lubiana (Korošec, Korošec 1969).

Mazze forate

La mazza forata SP1 è caratterizzata da una forma circolare e un foro centrale (Fig. 3.43). Manufatti simili non sono noti in Friuli - Venezia Giulia e Slovenia centrale mentre sono attestati in Croazia

settentrio-Fig 3.43 Manufatti forati da Spaha (disegni di T. Korošec).

Fig 3.44 Ascia forata SP7 da Spaha.

nale (Šimek et al 2002) e Slovenia orientale (Lubšina-Tušek 1993, tav. 11, 7; tav. 12, 18).

Asce forate

Le asce forate SP2 e SP6 sono purtroppo frammentarie. Tuttavia è pos-sibile riconoscere alcune caratteristiche morfologiche significative: la sezione trasversale è probabile fosse sub-rettangolare e le superfici fron-tali sono tra loro parallele; è ipotizzabile inoltre che fron-tali reperti avessero una forma sub-triangolare in prospettiva frontale (Fig. 3.43).

Tra i manufatti forati va inoltre ricordata l’ascia SP7: si conserva solo la parte distale che presenta una forma triangolare allungata in pro-spettiva frontale. Non è stato possibile proporre confronti puntuali per questo manufatto (Fig. 3.43-3.44).

Asce scalpello

Un discorso a parte deve essere fatto per lo strumento SP8. Si tratta con ogni probabilità di un frammento mediano di un’ascia a cuneo di cal-zolaio a sezione pianoconvessa (Fig. 3.40). La roccia di cui è costituita presenta una grana finissima e frattura concoide. Le superfici sono ben levigate ma sono ancora evidenti le tracce del processo di scheggiatu-ra. L’ascia in questione è stata prima sbozzata tramite scheggiatura e successivamente levigata senza alcun intervento di picchiettatura. Una simile tecnologia di produzione accomuna la gran parte delle asce a cuneo di calzolaio rinvenute nel Caput Adriae. Questi materiali sono comuni nell’area danubiana e nei Balcani mentre verso ovest diminui-scono. Il Friuli - Venezia Giulia segna il limite occidentale di diffusione di questo gruppo di manufatti. Vanno infatti ricordate le asce rinve-nute a Sammardenchia (Pessina, D’Amico 1999) e nella grotta della Tartaruga nel Carso triestino (Cannarella, Redivo 1983).

Analisi e caratterizzazione

I campioni SP1, SP2, SP6, SP7 sono stati studiati in sezione sottile; i campioni SP1, SP3-SP5, SP7, SP8 sono stati analizzati tramite XRD; tutti i reperti sono stati osservati allo stereomicroscopio (Tab. 3.20). Per una discussione dettagliata relativa alle caratteristiche petrografiche e geochimiche dei reperti in basalto doleritico SP6 e SP2 si rimanda alla sezione sulle asce del Museo Archeologico dell’Istria in questo capitolo. La mazza forata SP1 è tratta da una metaultramafite eteroblastica, mas-siva, con tessitura di cumulo, costituita da prevalenti blasti a grana

medio-grossa (2.5 - 4 mm; probabile ortopirosseno completamente so-stituito da un feltro anfibolico-serpentinoso-cloritico (?) e da anfibolo incolore) e subordinate plaghe irregolari a grana minuta-minutissima (< 1mm) formate da serpentino, clorite ed anfiboli. Sono presenti inol-tre subordinati relitti di olivina a grana minuta (≤ 1mm), a carattere interstiziale tra i relitti di pirosseno e talvolta inclusi negli stessi. Il campione SP4 è costituito da un materiale molto fragile (forse argilla cotta) e pertanto non può avere avuto un valore funzionale. I risultati dell’analisi XRD rivelano la sola presenza di quarzo. Tuttavia l’aspetto della roccia e la sua scarsa durezza indicano che il quarzo non può