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Il New Federalism: continuità e discontinuità nella giurisprudenza federalista

LA CORTE SUPREMA: CORTE DEI POTERI, CORTE DEI DIRITT

6.1 Il New Federalism: continuità e discontinuità nella giurisprudenza federalista

A partire dalla svolta del New Deal, la giurisprudenza della Corte Suprema aveva sostanzialmente qualificato di interesse nazionale qualunque provvedimento approvato

dal Congresso e sottoscritto dal Presidente266.

Dagli anni settanta riaffiorò nuovamente il filone federalista che, nonostante il lascito pesante della giurisprudenza precedente, pose le premesse per una nuova inversione di tendenza nell‟orientamento dominante della Corte, attuatosi più compiutamente negli

anni ottanta, con la presidenza della Corte Rehnquist e l‟ascesa al potere di Reagan267.

In base alla vigenza del principio dello stare decisis - per la Corte Suprema, di fatto, solo formale – la possibilità di una nuova rilettura degli articoli costituzionali, in senso ora favorevole agli Stati, sarebbe risultata impraticabile e contraria al principio della certezza del diritto.

Se fino a questo momento la Corte non aveva praticamente mai trovato motivi validi per denunciare la violazione della sovranità statale da parte della normativa federale che aveva tratteggiato una forma di Welfare state nazionale nata dalla necessità di uscire

dalla Grande Depressione, a partire dalla sentenza National League Cities v. Usery268

266D.B. Walker, “Qual è il ruolo più corretto del centro nel sistema federale?” Un argomento ancora dibattuto, controverso e attuale”, in Le Regioni, n.1-2, 1994.

267 J.L. Sundquist, “Il nuovo federalismo di Ronald Reagan”, in Quaderni costituzionali, n.1, 1982, p.263-

291.

268

National League Cities v. Usery 426 U.S. 833 (1976). Venne in tale sentenza discussa la legittimità dell‟emendamento al Fair Labour Standards Act del 1938 che rendeva applicabile anche ai funzionari statali e locali la regolamentazione federale dei rapporti di lavoro - orari, retribuzioni e straordinari –. Si stabilisce che tale provvedimento incide sulle funzioni di governo essenziali degli Stati, minandone la sovranità. I confini, ormai irrintracciabili, dell‟Interstate commerce, interpretata estensivamente e in modo strumentale, che permette ad ogni materia di essere raggiunta e regolata dal Congresso, vengono parzialmente ricostituiti. Il potere sul commercio, per quanto sostanzialmente illimitato, può incontrare il limite di un X emendamento redivivo, qualora la normativa federale mini l‟integrità degli Stati, attraverso la compromissione delle tradizionali funzioni di governo, e la loro capacità di funzionare efficacemente in un sistema federale. La Corte inoltre si ritaglia il compito di valutare, caso per caso, se l‟attività legislativa del Congresso incida negativamente sull‟essenza stessa degli enti federati. Non fissa in assoluto, quindi, delle chiare limitazioni ai poteri congressuali, in particolare quello relativo al commercio, né recupera un X emendamento inteso come limite autonomo all‟esercizio dell‟attività legislativa federale. Piuttosto preferisce affermare la propria competenza a valutare, con un ampio margine di discrezionalità, se debba prevalere o meno la necessità di tutelare un interesse dell‟intera

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del 1975, esprime un revirement favorevole agli Stati nei confronti dei quali riscopre delle garanzie nuovamente giustiziabili.

La Corte Suprema, contravvenendo a numerosi precedenti in cui aveva legittimato il nuovo ruolo, propulsivo e attivista, dello Stato centrale, riscopre e riconferma alcune significative limitazioni all‟interventismo federale che, in maniera ora nuovamente ingiustificata, penalizza gli Stati. La Corte dimostra di non aver più intenzione di perorare sempre e comunque la causa dell‟intervento federale e di mantenere quell‟atteggiamento immancabilmente deferenziale alle scelte fatte a livello nazionale. A partire da National League, infatti, la Corte riprende ad effettuare un bilanciamento ad hoc di istanze ed interessi confliggenti e a valutare la relativa proporzionalità degli strumenti scelti per proteggere gli interessi in gioco. Ma già in questa sentenza le parole del giudice dissenziente Brennan testimoniano l‟esistenza di un conflitto in seno alla Corte che vedeva contrapporsi i sostenitori di un rilancio delle prerogative statali a chi,

per contro, considerava la nozione di sovranità un‟astrazione senza sostanza269

.

Di lì a poco, infatti, National League verrà capovolta, o quantomeno provvisoriamente corretta, dalla decisione, questa volta in senso favorevole alla Federazione, Garcia v. San Antonio Metropolitan Transit Authority270 del 1985. In tale decisione si riconosce l‟impossibilità di individuare chiaramente dei limiti ai poteri del Congresso attraverso una definizione a priori di aree riservate all‟intoccabile sovranità statale. Si ammette, cioè, l‟incapacità di identificare un principio sistematico in grado di collocare in maniera certa in aree diverse le competenze federali e statali. La Commerce clause non fornisce qui alcun elemento alla Corte con cui riesca a limitare le azioni del Congresso nei confronti degli Stati. Il contrasto tra National League e Garcia non poteva essere più netto.

Tale situazione riflette e manifesta il conflitto creatosi nella giurisprudenza costituzionale che si dimostra incapace di prendere una posizione quanto più definitiva e

federazione tanto da giustificare l‟assoggettamento degli Stati. Cfr. J. A. Barron, C.T. Dienes, “Constitutional Law in a Nutshell”, op.cit., pp. 99-103.

269 A. Pin, “La sovranità in America. Il federalismo di fronte alla Corte Suprema dalle origini alla crisi economica contemporanea”, CEDAM, Padova, 2012.

270 Garcia v. San Antonio Metropolitan Transit Authority 469 U.S.528 (1985). Tale sentenza rovescia il

precedente, National League, e afferma la legittimità del fatto che i funzionari e gli impiegati degli Stati siano soggetti alle prescrizioni dello Stato federale in materia economica, orari di lavoro e retribuzioni, non diversamente dai lavoratori delle imprese private. In questa decisione viene recuperata e adottata a maggioranza, in una Corte comunque ancora divisa, la posizione del giudice Brennan nella sua dissenting

opinion in National League. Il ragionamento seguito dalla Corte ribadisce come le garanzie politiche che

assicurano agli Stati la partecipazione stabile nel procedimento di formazione delle decisioni federali siano le condizioni all‟interno delle quali ricercare la tutela degli interessi degli Stati e non più la definizione di una loro sfera di sovranità inviolabile. Cfr. J. A. Barron, C.T. Dienes, “Constitutional Law

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coerente possibile sul criterio guida della divisione delle competenze fra federazione e Stati.

Tale conflittualità, più che giungere a dirimerla, fissando dei paletti di contenimento stabile e condiviso alle competenze del governo federale e stabilendo conseguentemente gli ambiti residuali invalicabili dell‟autonomia statale, dimostra di riprodursi indefinitamente e riflettersi nella contingente e provvisoria presa di posizione di volta in volta a favore della federazione o degli Stati.

Anche la scelta di chi, fra Corte Suprema e Congresso, dovesse assumere la posizione di arbitro nella definizione dello spazio d‟azione del Congresso sotto la Commerce clause rimase oggetto irrisolto di quello scontro.

Venne nuovamente riaffermato il principio in base al quale il valore del federalismo e le connesse garanzie dell‟autonomia e dei diritti degli Stati si trovano e vanno sfruttate all‟interno dello stesso processo politico nazionale unitario e non nella definizione a priori di puntuali e invalicabili barriere competenziali fra i due livelli, cosa ormai irrealistica in una società complessa e in rapida trasformazione come quella statunitense in cui le materie diventano spesso trasversali e coinvolgono contemporaneamente ambiti e soggetti differenti.

La Corte riafferma la competenza del Congresso ad agire in base alla Commerce clause ogni qualvolta lo ritenga necessario, senza che questa scelta politica possa esser soggetta ad un controllo giurisdizionale, riducendo, di fatto, il X emendamento ad una

retorica senza significato271.

La discontinuità rappresentata da National League rispetto alla giurisprudenza precedente che aveva avallato la forte attrazione delle competenze in capo alla federazione, sembra superata con Garcia, ma così non fu. La Corte sembra qui recuperare la questione della politicità e quindi non giustiziabilità della ripartizione delle competenze e ricorda come gli stessi Framers avessero preferito individuare gli strumenti principali per garantire i diritti degli Stati non in un‟astratta nozione di sovranità, ma piuttosto nella struttura stessa del governo federale. Conseguentemente a questo approccio il limite costituzionale alle competenze federali, nello specifico alla polimorfica ed elastica commerce clause, sarebbe legato alla procedura più che al

271 Le garanzie discendenti dal X emendamento e l‟autonomia statale risultano costantemente rispettate

per quanto riguarda, invece, l‟ambito penale. Ne è esempio più recente la sentenza Heath v. Alabama (474 U.S. 82) del1985 in cui la Corte dichiara la legittimità costituzionale dell‟ipotesi in cui uno stesso soggetto possa essere perseguito separatamente da due Stati, in base alle rispettive norme penali, per uno stesso comportamento. Sul tema cfr. A.J. Colangelo, “Double Jeopardy and Multiple Sovereigns: a

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risultato. La fisionomia dello Stato federale sarebbe legata alla concreta definizione delle competenze dei diversi livelli di governo che si realizza nel vivo del circuito democratico e non in una inflessibile e a priori divisione delle stesse da trovarsi in

Costituzione e da farsi valere attraverso il controllo giudiziario di costituzionalità272.

Le dinamiche del processo politico nazionale, in cui gli interessi degli Stati sono ampiamente rappresentati e in cui i poteri multipli si controllano e bilanciano reciprocamente, dovrebbero determinare la fattiva allocazione delle competenze e non la giustiziabilità giurisdizionale effettuata dalla Corte Suprema su una ripartizione, ipotizzata formale e inflessibile, nei fatti variabile e oscillante, delle competenze fra federazione e Stati.

È il circuito politico democratico la sede principale della definizione delle competenze, indisponibili ad un raggruppamento per categorie, evanescenti e inutilizzabili, che

diventa, quindi, un process federalism273 che solo come extrema ratio può necessitare

un intervento correttivo e suppletivo del massimo organo giudiziario. La judicial review dovrebbe, quindi, entrare in gioco esclusivamente qualora la definizione e ripartizione delle competenze tra centro e periferia non riesca a pervenire, nel processo politico nazionale, ad una intesa fra i diversi interessi ivi rappresentati e richieda così una composizione del conflitto per via giudiziaria, ad opera della Corte Suprema.

La Corte suprema aveva più volte sostenuto il suo ruolo di arbitro estremo e finale delle controversie, più politiche che costituzional-formali, sull‟attribuzione delle competenze fra i due livelli di governo durante l‟epoca post-New Deal in cui, per legittimare il ruolo centrale e preponderante, materialmente esercitato dal governo federale (nella creazione di un poderoso sistema burocratico-amministrativo federale in sempre più numerosi settori della vita economica e sociale, prima tendenzialmente riservati all‟autonoma determinazione delle forze del mercato e dei privati), si era fatta espressione di una giurisprudenza improntata al self-restraint e all‟astensione dal giudizio costituzionale sulla ripartizione delle competenze ritenuta una political question da definirsi e comporsi, qualora sfociasse in conflitto, nell‟opportuna sede politica.

Di fatto, quest‟atteggiamento della Corte ha favorito e avallato il massiccio interventismo federale che, utilizzando più frequentemente e capillarmente un potere di spesa, corredato ad un potere impositivo, più liberi da vincoli di attivazione e da

272 H. Wechsler, “The poltical safeguards of federalism: the role of the states in the composition and selection of the national government”, op.cit. pp. 543 ss.

273 Vedi M.S. Greve, “Real Federalism. Why it matters, how it could happen”, American Enterprise

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specifiche e ristrette finalità, nonché attribuendo copertura costituzionale ai numerosi provvedimenti federali sotto una Commerce clause notevolmente espansa, ha trasformato materialmente la fisionomia e il concreto funzionamento del sistema federale. I rapporti fra i distinti livelli di governo, precedentemente agenti su piani separati e non comunicanti, hanno assunto nuovi equilibri caratterizzati da una maggiore cooperazione funzionale e interazione istituzionale, all‟insegna, però, di un netto dirigismo centrale.

La Corte ha finito per dichiarare la sua regolare astensione dalla risoluzione dei conflitti di attribuzione, affidandone la composizione alle dinamiche politiche del processo democratico nazionale in cui gli interessi dei diversi soggetti detentori di porzioni di un potere - e per molti di una sovranità – frammentato in più livelli e organi, sono democraticamente rappresentati e operativamente coinvolti nell‟iter decisionale.

Ecco perché in questa fase la Corte insiste molto su quelle che definisce come le premesse essenziali e indispensabili alla realizzazione di un‟autentica democrazia e al

suo buon funzionamento274.

I valori che inserì, durante almeno i tre decenni successivi al New Deal, nella definizione e protezione dei presupposti democratici ritenuti fondamentali, hanno riguardato, in particolare, le garanzie connesse alla partecipazione rigorosamente paritaria e libera di tutti i cittadini alla determinazione delle politiche nazionali.

La Corte ha infatti scelto di occuparsi esclusivamente, difendendoli con gran vigore e munendoli di forti garanzie costituzionali, dei principi della democrazia formale e procedurale e di alcuni diritti fondamentali, preferendo non intervenire, sotto il profilo costituzionale, e interferire nelle scelte dei poteri politici nel campo dell‟organizzazione economico-sociale della società e in generale nel passaggio alla forma di stato interventista con federalismo cooperativo.

Abbiamo precedentemente evidenziato come il maggior interventismo federale in ambiti economici e sociali abbia trovato nel taxing and spending power il principale strumento di unificazione giuridica dell‟ordinamento, nel solco di una centralizzazione complessiva del potere.

La potestà impositiva275 del Congresso - arrivata ad ammettere, in base alla decisione

della Corte in South Carolina v. Baker del 1988, la tassazione federale anche sui bond

274 G. Bognetti, “Lo spirito del costituzionalismo americano. Breve profilo del diritto costituzionale degli Stati Uniti, II, La Costituzione democratica”, op.cit.

275 La Corte Suprema, è utile ricordarlo, aveva escluso la costituzionalità di un‟imposta federale sul

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statali (differenziando quelli al portatore, i cui interessi erano soggetti a tassazione

federale, da quelli nominativi, sotto regime di esenzione fiscale federale276) –

rappresenta la fonte finanziaria indispensabile del corredato potere di spesa, ormai utilizzato in maniera sistematica e consistente, tanto da costituire, attraverso il sistema dei trasferimenti intergovernativi, lo strumento privilegiato di coazione federale dei governi statali.

Sotto l‟ombrello diventato ormai onnicomprensivo della Commerce clause, inoltre, e grazie al potere di preemption che la supremacy clause riconosce alla federazione, la Corte durante il New Deal aveva concesso al Congresso di incidere con i propri atti normativi su funzioni riservate alla potestà statale e connesse alla sovranità degli Stati, degradando il significato del X emendamento a inconsistente ovvietà, privo di garanzie concretamente giustiziabili.

La Corte aveva poi parzialmente corretto il tiro, nell‟epoca del New Federalism, escludendo che l‟occupazione preclusiva di un settore normativo da parte della federazione, qualora relativo alle funzioni governative e storiche di uno Stato, potesse ritenersi legittima se non in presenza di un atto consapevole ed esplicito espresso nel circuito politico decisionale, dal Congresso, che palesi tale volontà attraverso un clear statement277.

di superare il sistema fiscale limitato a forme di imposizione indiretta, essenzialmente tariffe daziarie, e avere a disposizione maggiori risorse finanziarie indispensabili al crescente interventismo federale, portò all‟approvazione, nel 1913, del XVI emendamento che superando Pollock, consentiva al Congresso di utilizzare a pieno l‟imposizione diretta, fissando tributi di ogni tipo, su qualunque reddito e senza vincoli di proporzionalità con la popolosità degli Stati. Nel 1936, infine, il potere di tassare e di spendere diventa oggetto di un‟interpretazione fortemente estensiva, proposta dalla Corte nel caso United States v Butler, che lo svincola dai limiti dei poteri enumerati, permettendogli di essere esercitato indipendentemente dai suddetti ambiti specifici e limitati. L‟imposizione di tributi e l‟erogazione di finanziamenti federali diventano mezzi efficaci per scoraggiare certe attività e favorirne altre, finanziandole a determinate condizioni, di fatto finendo così per regolarle anche, molto spesso, in settori tradizionalmente riservati alla regolamentazione statale.

276 L‟esistenza di due sistemi di governo con distinta legittimazione democratica e con un indipendente

sistema di imposizione tributaria determina il fenomeno di tax overlapping o tassazione multipla, ovvero la possibile e problematica sovrapposizione tra imposte di diversi livelli territoriali. Sui problemi di coordinamento derivanti dalla situazione di duplicazione tributaria, sulle percorribili soluzioni e in generale sul federalismo finanziario cfr. M. Rey, “Aspetti finanziari del federalismo negli Stati Uniti

d’America”, in AA. Vv. “Il federalismo statunitense fra autonomie e centralizzazione”, Clueb, Bologna,

1979.

277 La clear statement rule (ovvero quel criterio in base al quale non possa attivarsi la preemption federale

se non in presenza di un intento chiaramente emerso dalla normativa federale a voler soppiantare quella statale riguardante una funzione di governo dello Stato) viene tradizionalmente applicata nell‟ambito dell‟immunità giurisdizionale degli Stati protetta dal XI emendamento. In questo ambito si richiede un esplicito riferimento fatto dal Congresso alla sua volontà di derogare all‟immunità statale - che protegge lo Stato dai processi intentati nei suoi confronti da cittadini di altri Stati o di Stati stranieri – in attuazione delle garanzie del XIV emendamento. L‟immunità degli Stati e il diritto loro riconosciuto di astenersi dal rispondere davanti ai tribunali federali in processi iniziati da cittadini di altri Stati, decade se il Congresso espressamente esprime tale volontà collegata al dovere di dare attuazione al XIV emendamento.

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Nella sentenza Gregory v. Ashcroft278 del 1991 la Corte afferma come il X

emendamento, garante costituzionale dell‟autodeterminazione statale, sia lo strumento di temperamento della preemption federale, qui risultante come un potere dal carattere eccezionale che non può attivarsi automaticamente e in via indiretta ma che, almeno per le funzioni governative statali, necessita un‟enunciazione chiara da parte del Congresso del proposito di scalzare una normativa statale e occuparne il relativo campo, in assenza della quale la Corte ritiene di non poter applicare la dottrina della preemption implicita. Con Gregory la Corte recupera la classica dottrina della sovranità duale e circoscrive l‟ampiezza applicativa della clausola di supremazia che fino ad allora aveva grandemente avvantaggiato la federazione e ridotto l‟autodeterminazione statale.

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