• Non ci sono risultati.

I new media e i cambiamenti del mercato pubblicitario

Nell’ultimo decennio l’evoluzione dei nuovi dispositivi di comunicazione digitale ha prodotto cambiamenti radicali in tutto il mondo, permettendo così di aumentare in modo spropositato le forme e le possibilità di comunicazione.

I social media sono in continua evoluzione e le aziende che forniscono innovazioni stanno comparendo ad un ritmo più veloce che mai, sconvolgendo il mondo della pubblicità così come lo conosciamo. I social network hanno permesso alle persone di esprimere la propria opinione, di esternare le loro preoccupazioni e condividere contenuti di ogni tipo dai loro dispositivi fissi, pc o smartphone, in modi che nel passato nessuno avrebbe neanche potuto immaginare, trasformando radicalmente le nostre relazioni interpersonali, la politica, il business. I social media dunque, sono parte della vita vera e non qualcosa di distinto. Qualunque sia il nostro grado di partecipazione, abbiamo delle responsabilità: verso ciò che scriviamo e verso gli altri.

37

L’utente di oggi vuole essenzialmente due cose: essere coinvolto e partecipare attivamente alla comunicazione di massa.

Per quanto riguarda il tema della privacy, quando ci si iscrive a un social si concede anche l’autorizzazione a trattare i propri dati personali, facendo però attenzione ai limiti di età che variano da paese a paese. La maggior parte dei social ha fissato un’età minima per l’iscrizione. Formalmente, al di sotto di questa soglia occorre il consenso dei genitori, nella realtà il blocco può essere facilmente aggirato, infatti basta un semplice click per mentire sulla propria età.

Una celebre affermazione di Manuel Castells mette a confronto la velocità dei giorni nostri con il ritmo di cambiamento precedente: «negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web» (Castells, 1996).

Nella sua opera di maggiore importanza, “The information age”, Castells con il termine “internet” fa riferimento a tutte quelle innovazioni tecnologiche sotto il nome di ICT (Information and Communication Technology) che definiscono il campo dei nuovi media ed hanno rivoluzionato i mezzi di comunicazione di massa, compresi quelli più vecchi e già affermati. Per l’autore, le reti costituiscono la nuova morfologia sociale delle nostre società che si baserà sempre di più sull’elaborazione e trasmissione delle informazioni.

L’era della comunicazione di massa era caratterizzata dall’unidirezionalità del messaggio (il ricettore non ha alcuna possibilità di risposta, se non mediata da altri strumenti, per esempio il telefono nella comunicazione radiotelevisiva), l’era delle ICT, oggi, è caratterizzata dall’interattività (particolare tipo di relazione tra i media digitali e i loro utenti).

Secondo il sociologo danese Jens Jensen, “l’interattività è la misura della potenziale facoltà dei media di lasciare che l’utente eserciti un’influenza sul contenuto o sulla forma della comunicazione mediata” (Jensen, 1999). In questo modo i media si posizionano su tre livelli di interattività: alla base troviamo quella selettiva dove l’utente seleziona un contenuto liberamente (ad esempio un film da guardare); poi abbiamo quella conversazionale dove l’utente è un vero e proprio produttore di informazioni. I social network e i siti web ne sono un esempio. Infine abbiamo l’interattività registrativa, ovvero la capacità di adattamento alle informazioni inserite dall’utente. Questo terzo livello può essere rappresentato

38

dalla cosiddetta intelligenza artificiale, cioè macchine in grado di simulare e riprodurre il funzionamento della mente umana, sviluppate tramite un ramo specifico dell’informatica. Un esempio può essere fatto con il libro “Depression 2.0” di Cletus Nelson. Sostanzialmente, viene citato un programma che simula il colloquio tra una macchina psicoterapeuta e un paziente, il cui obiettivo è quello di curarne la depressione. Questa macchina si relaziona con il paziente dandogli sia risposte positive che negative, gioie e dolori. Ciò che è rilevante è che il “depresso” la riconosca come un’interlocutrice affidabile, pertanto le da retta. La macchina quindi si sostituisce all’analista (Nelson, 2009).

All’interno del concetto di interattività, inoltre, viene data importanza all’espressione “multimediale”. Il termine cominciò ad essere usato negli anni Ottanta in ambito informatico dalla Apple di Steve Jobs per uno spot pubblicitario. Viene definita multimediale una comunicazione che utilizza diversi supporti, iniziò ad essere un aggettivo attribuito ai computer che integrarono i testi con immagini e suoni.

Una caratteristica della multimedialità è la perfetta integrazione, cioè una totale fusione di dati, suoni e immagini in un unico ambiente informativo digitale. Ciò viene reso possibile dalla digitalizzazione dei contenuti, realizzata tramite la codifica delle informazioni in formato digitale. Ad esempio, durante una videochiamata con un amico avrete la possibilità di fare un’esperienza multimediale, cioè: parlare, guardarvi, condividere file o link, condividete il desktop e tutte le operazioni sono perfettamente integrate tra loro5.

Con la digitalizzazione si enfatizzano alcuni elementi come la personalizzazione del prodotto o del servizio. Tale caratteristica può essere definita in base ai contenuti, al tempo e allo spazio, o alla produzione.

Per quanto riguarda la personalizzazione dei contenuti, l’utente seleziona materiali che già esistono e si costruisce un prodotto “su misura”, secondo i propri gusti ed esigenze personali. Le informazioni che ci suggeriscono i social network come Facebook, Twitter o Instagram derivano dall’elaborazione delle informazioni che

5 “Un insieme di materiali multimediali connessi tra loro, con collegamenti che consentono

all’utente una consultazione non sequenziale e non preordinata, è chiamato ipertesto digitale. L’idea dell’ipertesto però non nacque col web, ma fu Vannevar Bush, un tecnologo, a teorizzare, negli anni ’30, un macchinario chiamato Memex in grado di montare vari documenti a

disposizione dell’utente che poteva inserire commenti e note personali. Questa ipotetica invenzione non fu mai realizzata ma era un inizio di ciò che sarebbe avvenuto qualche anno più tardi” (Drusian, 2014).

39

noi stessi inconsciamente abbiamo dato al momento dell’iscrizione o dell’installazione del software, dalla raccolta dei nostri dati su navigazioni, contatti, preferenze, amicizie e, infine, dagli environment data, cioè i software che usiamo, l’hardware (l’insieme delle componenti fisiche di un computer, non modificabili e di un sistema di elaborazione dati) e l’indirizzo IP. Questi sono i motivi per i quali ci vengono proposte pubblicità o notizie a cui potremmo essere interessati o amici che probabilmente conosciamo. Non dobbiamo meravigliarci né spaventarci se “il web ci spia” perché ormai purtroppo funziona così.

I consumi mediali non sono vincolati ai tempi di produzione e distribuzione, né agli spazi dove sono collocati i supporti o le tecnologie previste. Ad esempio se ieri mi sono perso la puntata della mia serie tv preferita, posso liberamente rivederla in streaming sul mio personal computer o sul tablet a casa, o addirittura mentre sono in treno. Questo fenomeno è reso possibile da quei dispositivi portatili e wireless che ci permettono di essere collegati ovunque ci troviamo, connessione permettendo.

Mano a mano che la tecnologia avanza si giunge alla realizzazione del computer ubiquo, dove ogni oggetto della nostra vita quotidiana diventerà smart, cioè in grado di collegarsi ad internet, accedere alle nostre informazioni, ricevere il segnale tv, scattare foto, consentire videochiamate, essere touchscreen.

Per quanto riguarda la personalizzazione della produzione, si tratta della diffusione di pratiche di consumo e produzione mediale, parallele a quelle delle industrie culturali. Ad esempio, un fenomeno contemporaneo e momentaneo legato alle industrie culturali è quello dei food blogger e dei fashion blogger. Basta pensare ai cantanti scoperti grazie ai social network, o ai blogger che acquisiscono visibilità e che, a forza di like e di commenti, diventano icone della moda o esperti di cucina. Si può verificare la manipolazione dei prodotti mediali, ad esempio attraverso il file sharing, un programma che consente lo scambio di file tra utenti di Internet tramite un server comune, o pratiche di download, ma la diffusione di software ha facilitato l’uso delle tecnologie. Al giorno d’oggi, ognuno di noi è diventato un potenziale produttore di contenuti mediali.

Nel mondo della musica, la Apple è riuscita a creare una valida alternativa tra il dominio delle case discografiche e la pirateria: dal 2004 è possibile scaricare musica legalmente a 99 centesimi dal sito iTunes Store. Questa modalità ha avuto talmente successo che dal 2006 le vendite di musica online hanno superato le

40

vendite discografiche su un supporto fisico. Dal 2008 invece è nata la piattaforma Spotify, un servizio musicale in streaming, on demand, a pagamento che ha ulteriormente arricchito l’offerta musicale online.6

La diffusione degli smarthpone ha dato importanza alla funzione di prosumer degli utenti. Questo termine, che deriva dalla combinazione di producer e consumer, indica il fenomeno per il quale chiunque sia dotato di un dispositivo digitale di foto o video, diventa un potenziale produttore di contenuti mediali. L’esempio che si addice meglio a tale termine lo possiamo trovare nel sito YouReporter, dove vengono pubblicati video di cronaca girati da normali utenti, giudicati per la veridicità di ciò che riprendono e non per la professionalità del mestiere. Qualunque evento diventa documentabile da chiunque, nel momento in cui succede qualcosa, abbia un cellulare per riprendere e fare foto7 (Drusian, 2014).

A causa di questo fenomeno, le aziende hanno cercato di porre rimedi e di cambiare le proprie strategie comunicative e promozionali, al fine di raggiungere i consumatori sempre più saturi e annoiati delle pubblicità. È diventato pertanto necessario accettare il ruolo attivo che svolge l’utente di “consumAttore” e che non agisce più solamente in maniera passiva. L’individuo entra a far parte di una concezione più ampia che lo vede l’attore protagonista (Fabris, 2009).

Il mezzo principale con cui le aziende riescono a “catturare” i consumatori sono i social network, che hanno caratteristiche tecnologiche che permettono di offrire all’utente prodotti e servizi secondo i propri gusti, i propri interessi e le proprie necessità. La struttura quindi, non è più di tipo verticale, ma orizzontale.

Documenti correlati