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Social media ed evoluzione dei canali pubblicitari: il caso di Instagram

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Academic year: 2021

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“Social media ed evoluzione del canali pubblicitari: il caso Instagram”

INDICE

INTRODUZIONE

pag. 8

CAPITOLO I

La pubblicità: le origini e le sue caratteristiche

10

1.1 La pubblicità, una definizione 10

1.2 Excursus storico: origini ed evoluzioni della comunicazione nel tempo 11

1.2.1 La pubblicità in Italia 14

1.3 Le funzioni della pubblicità 20

1.3.1 Come influisce la pubblicità sugli utenti? 22

1.3.2 Vantaggi e svantaggi della pubblicità 24

1.4 L’impatto delle spese pubblicitarie sulla concorrenza di prezzo tra imprese 26

1.4.1 La pubblicità informativa non di prezzo 26

1.4.2 La pubblicità informativa di prezzo 27

1.5 Pubblicità come strumento di segnalazione della qualità: la teoria di Nelson 28

1.6 Le campagne pubblicitarie creano barriere all’entrata in un mercato? 30

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CAPITOLO II

L’evoluzione della comunicazione

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2.1 Cosa sono e quali sono i nuovi media? 33

2.2 Apocalittici ed integrati: un’importante distinzione da fare 35

2.3 I new media e i cambiamenti del mercato pubblicitario 36

2.4 L’avanzata del web 2.0 40

2.5 La tecnologia ha cambiato, e sta cambiando, il mondo della pubblicità 44

2.6 Fare pubblicità su internet: le diverse tipologie 45

2.7 I social network 49

2.8 La pubblicità su internet: l’esperimento “Mai senza” 51

2.8.1 Intervista a Michele Leonardi (8/08/2019) 53

CAPITOLO III

I social media come strumento di business

57

3.1 La piattaforma Instagram e le sue funzioni 57

3.2 La “nuova” comunicazione: Instagram advertiser 60

3.3 Attenzione alla targhettizzazione! 64

3.4 Intervista a Veronica Gentili (21/08/2019) 66

3.5 “This is not a sushi bar”, un caso intererssante. Prima scattare, poi mangiare 70

3.6 Intervista a Tommaso Pittarello (31/08/2019) 73

Conclusioni

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Ringraziamenti

Prima di lasciare lo spazio necessario alla trattazione di questa tesi, è importante ricordare che il suo sviluppo è stato possibile anche grazie alla collaborazione di imprenditori nel settore della moda e della ristorazione, e un’esperta di social media. Desidero porre un ringraziamento per la collaborazione, quindi, a Michele Leonardi, Tommaso Pittarello e Veronica Gentili.

È stato di fondamentale importanza l’apporto e il supporto della mia famiglia e dei miei nonni, in tutti questi anni di studi universitari. Grazie perché mi avete sempre stimolato a studiare e a dare il massimo in me stessa per ogni cosa che ho fatto e che continuo a fare.

Un ringraziamento speciale va al mio fidanzato. In questi anni ci siamo sempre aiutati e, un esame dopo l’altro, siamo arrivati in fondo insieme. Grazie per quello che sei, per tutto l’amore e la pazienza che hai, ed hai sempre avuto con me, da ormai quasi mille giorni.

Un sentito abbraccio va anche a tutti i miei cari amici: siete tanti e sono orgogliosa di avervi al mio fianco e di poter contare sempre su di voi. Mi dimostrate sempre tanto affetto e mi siete sempre stati accanto in tutti i momenti della mia vita. Siete unici in ogni vostro gesto.

A tutti quelli che hanno condiviso con me le gioie e le difficoltà ma anche le tante soddisfazioni.

Per chi è Ultimo e vale, per la chiave che ho appesa.

Sperando che questo sia solo l’inizio di una brillante carriera. Grazie davvero,

Beatrice.

“Ma vince chi si sveglia, vive, muore e spera sempre dentro le sue mani.” A me stessa, ai miei sogni appesi.

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Introduzione

La pubblicità è una forma comunicativa in continua evoluzione e con radicali cambiamenti. Spesso, stare al passo con la tecnologia non risulta così semplice ed immediato per tutti. In questa sede, saranno analizzati i principali cambiamenti del mercato pubblicitario, fino ad arrivare ai giorni nostri con i social network.

In particolare, nel primo capitolo, dopo aver dato una definizione completa di pubblicità, se ne analizza l’evoluzione dalle sue origini. Sono tratte alcune considerazioni sui principali aspetti economici e su come la pubblicità influisce su utenti e consumatori in senso positivo e negativo. In questo ambito, La concorrenza di prezzo tra imprese è un fattore determinante nella’apprezzare gli effetti degli investimenti pubblicitari, così come gli ostacoli che le imprese possono incontrare per riuscire ad entrare in un mercato: le cosiddette barriere all’entrata.

Inoltre, comprendere il mercato della pubblicità significa essere al corrente di chi vi opera, quali quantità di denaro si muovono e quali sono le logiche per ottenere determinati risultati. A tale scopo vengono analizzati i principali attori della raccolta pubblicitaria come le concessionarie, le agenzie e le società di rilevazione.

Nel secondo capitolo, per seguire l’evolversi della comunicazione pubblicitaria, vengono descritti i social media e, di conseguenza illustrati nuovi concetti relativi agli investimenti pubblicitari online. Particolare importanza viene data a fenomeni innovativi, come quello di consumAttore, post-medialità, prosumer e crossmedialità.I social network sono uno strumento di comunicazione importante ed in costante espansione, per questo si cercherà di darne una definizione, e di delinearne i tratti fondamentali. Ultimo, ma non per questo meno importante, un caso di studio che esemplifica alcuni dei concetti discussi: una piccola azienda e il suo boom di vendite online, un caso chiarito anche da un’intervista al responsabile.

La parte finale della tesi cerca di spiegare l’importanza e la crescita della piattaforma Instagram a livello aziendale, mettendo in luce le caratteristiche di questo social network “di tendenza”. Sarà riportata un’intervista della social

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media manager e imprenditrice digitale Veronica Gentili, la quale ci ha concesso risposte sulla pubblicità all’interno dei social media. La tecnologia sta cambiando, ed ha cambiato, il modo di comunicare, sia a livello umano che aziendale. La comunicazione sui social media e in particolare su Instagram è in costante aumento e, a tal proposito, è stato analizzato un caso innovativo e di successo, nonché un nuovo metodo di comunicazione pubblicitaria: “This is not a sushi bar”. Viene, inoltre, riportata l’intervista a uno dei due fratelli ideatori del progetto, che è stato portato avanti dall’ottobre 2018.

Gli obiettivi principali di questa tesi sono quelli di comprendere le varie fasi evolutive della comunicazione e di quanto la piattaforma social Instagram influisca i meccanismi di comunicazione a livello aziendale. E’ stato utile ed interessante considerare casi di successo diversi tra loro, uno nel settore dell’abbigliamento e l’altro nel settore alimentare.

Ormai i social network fanno parte quotidianamente della nostra vita, per cui è opportuno comprendere più a fondo le varie modalità con cui le aziende fanno pubblicità all’intento delle piattaforme stesse. La tesi si concentra su Instagram, perché recentemente è la piattaforma più appetibile per le aziende a fini pubblicitari.

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CAPITOLO Ⅰ

La pubblicità: le origini e le sue caratteristiche

1.1 La pubblicità, una definizione

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Prima di iniziare lo svolgimento di questo elaborato sull’evoluzione della pubblicità, fino ad arrivare all’impatto che ha essa sulle imprese con i social network, ed in particolare, con l’uso della piattaforma Instagram, è necessario definire il concetto di pubblicità (advertising) ed i principali aspetti economici. Con il termine pubblicità, che è la parola chiave di questa tesi, si intende l’insieme di tutti i modi ed i mezzi di comunicazione usati dalle imprese per promuovere la vendita dei prodotti o servizi, facendone conoscere meglio le caratteristiche ed in primis la loro esistenza. L’obiettivo di ogni impresa che intraprende azioni pubblicitarie è quello di ottenere risultati, consenso, fatturato, clienti e visibilità. La pubblicità inoltre, semplifica la connessione tra la domanda e l’offerta, quindi svolge un ruolo fondamentale nel sistema economico, dal momento che ogni comunicazione ha lo scopo di promuovere la domanda di beni e servizi.

Il decreto legislativo 74/1992 introduce una nozione generale di pubblicità, in particolare l’articolo 2 lett. a) dispone che per pubblicità s'intende: "qualsiasi

forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi modo, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere e servizi".

Il concetto moderno di pubblicità riguarda soprattutto la creazione e diffusione di messaggi preconfezionati a pagamento attraverso i mass media, in modo da poter raggiungere tutti gli altri mezzi come la carta stampata, quotidiani, social network, cartellonistica, tv, radio e molto altro.

In inglese il termine pubblicità è definito con advertising, ovvero “avvertimento”. In francese, rèclame, “richiamo”. Due concetti simili tra loro che cercano di evidenziare il progresso tecnologico commerciale, la diffusione di un bene o un servizio e il mezzo utilizzato per la comunicazione.

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Considerando che la pubblicità influenza ogni settore della nostra vita, è importante sapere che ci sono diverse istituzioni, con le varie normative, che la regolano. Inoltre, non esiste solamente un unico testo che ne parla ma, essa viene regolata da alcuni articoli del codice civile e penale, e leggi in merito a materie specifiche. Attualmente il settore pubblicitario è protetto da varie norme, tra le quali il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, il Codice del Consumo o il decreto legislativo 145/2007.

Per "pubblicità ingannevole" si deve intendere: "qualsiasi pubblicità che in

qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente".

La pubblicità ingannevole, del sopra citato d.lgs. n. 145 del 2 agosto 2007, viene regolata dall’Autorità per la Tutela della Concorrenza e del Mercato, che interviene sulla base di segnalazioni di aziende concorrenti, organi istituzionali, associazioni di consumatori e normali cittadini.

1.2 Excursus storico: origini ed evoluzioni della comunicazione

nel tempo

La pubblicità ha origini molto antiche e l’elemento fondante che ne ha permesso l’inizio è stata la scrittura. Esistono ancora reperti archeologici che fanno notare affissioni pubblicitarie presso l’antica città di Pompei, per far conoscere eventi sportivi e teatrali o dare importanza alla qualità di botteghe o esercizi commerciali. Alcuni autori hanno rilevato forme primordiali di pubblicità già nell’antichità, ad esempio con i Fenici che lasciavano grandi scritte sulle rocce per indicare le merci in vendita.

La stampa è stata la svolta. La possibilità di creare e riprodurre manifesti e volantini rese tutto più semplice e si diffusero i primi esempi di pubblicità di massa. Il 1473 fu l’anno della diffusione del primo opuscolo pubblicitario, operazione svolta dal tipografo britannico William Caxton. Si trattava di volantini su libri di preghiere distribuiti in chiesa e manifesti commerciali per promuovere le cure termali a Salisbury (Forno, 2013).

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Il primo vero e proprio servizio pubblicitario nacque nel 1630 da un’idea del parigino Renaudot, che aprì un ufficio e fondò una gazzetta per poter raccogliere e poi pubblicare annunci pubblicitari a pagamento. La pubblicità dell’acqua minerale Forges fu la prima ad apparire sul giornale “La Gazzette” nel 1631. Questo esempio venne seguito vent’anni dopo in Inghilterra dove nacque un almanacco con lo stesso scopo. Fra gli annunci pubblicitari sui giornali si ricordano anche il primo che pubblicizzava un’offerta di caffè nel 1652, mentre nel 1657 fu la volta del cioccolato e l’anno seguente del tè (Baudi di Vesme, Brigida, 2009).

In Italia la pubblicità arrivò nel 1691 su un almanacco veneto per pubblicizzare “l’acqua della regina d’Ongaria”. Da quel momento gli annunci pubblicitari si diffusero in tutto il mondo, andando di pari passo con la produzione di massa di merci industriali.

Nel 1760 Gasparo Gozzi fondò la Gazzetta Veneta e a Torino nacque Il Giornale di Torino e delle sue province. In questi giornali si iniziavano a vedere inserzioni, annunci di aziende da vendere o da cedere, appartamenti, case mobiliate e non (Gozzini, 2000).

Il modello pubblicitario che noi conosciamo si impose poi con la Rivoluzione Industriale, quando l’aumento della produzione, la varietà dei prodotti e soprattutto la concorrenza tra imprenditori fecero in modo che i consumatori si informassero maggiormente. Questo fu il momento in cui la cartellonistica si trasformò in arte ed esplose la necessità di espandere questo mondo. La comunicazione pubblicitaria nasce e si evolve di pari passo con le esigenze di un paese, siano esse culturali, sociali, politiche ed economiche. È un modello che si avvale della competenza di artisti, pittori, grafici, registi, scrittori ed altre professioni, coinvolgendo moltissime persone, investendo capitali e riuscendo a creare molti posti di lavoro.

Lo sviluppo industriale, il progresso tecnologico e l’organizzazione scientifica del lavoro riversarono sul mercato una grande quantità di merce che andava fatta conoscere ai potenziali consumatori, i quali avevano bisogno di indicazioni per orientarsi tra i moltissimi prodotti offerti; a questo pensava proprio la pubblicità. La prima esposizione nazionale dell’industria avvenne a Parigi nel 1798, mentre la prima esposizione universale fu a Londra nel 1851, organizzata al Crystal Palace in Hyde Park.

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La Rinascente, nata a Milano nel 1977, chiamata inizialmente Aux villes d’Italie, è stata il primo grande magazzino italiano; in precedenza le merci venivano stipate nei retrobottega senza rendere visibili tutti i prodotti con i relativi prezzi. Nei primi decenni dell’ottocento comparvero i primi manifesti con immagini in bianco e nero dove a prevalere era il testo scritto. Intorno al 1830 le vendite dei libri furono promosse con la pubblicazione e l’affissione delle prime locandine, e vent’anni dopo fu possibile vedere i primi manifesti a colori disegnati da talentuosi artisti che facevano della loro arte un mestiere. I primi manifesti di rilievo furono prodotti in Francia e il nome più noto è quello di Jules Chèret (1836-1932), considerato il padre del manifesto moderno e colui che sapeva creare una particolare armonia tra immagini e testo, creando una sintesi visiva. Nel 1886 nacque in America la prima agenzia di pubblicità, la Thompson. Tale società era stata fondata a New York da William Carlton nel 1864 e successivamente venne acquistata da James Thompson che la trasformò in agenzia (Rondolino, 2014).

Nel 1895, al Gran Café des Capucines di Parigi, i fratelli Lumière proiettarono alcuni brevi film che hanno fatto la storia del cinema. In particolare venne riprodotto: “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat” e “La colazione del bimbo”. Furono filmati molto brevi ma allo stesso tempo pieni di significato. Fu l’inizio della rivoluzione cinematografica. Dopo questo grande exploit, i fratelli Lumière realizzarono il primo spot pubblicitario su commissione di un medico per il sapone Sunlight di Lord Lever (Muller, 2009).

Nel 1917 negli Stati Uniti venne creata l’Advertising Association of Advertising Agencies, la prima associazione del settore pubblicitario con 111 iscritti al momento della fondazione. Al giorno d’oggi serve più di 700 agenzie compresi 1300 uffici che controllano più dell’85% delle spese totali della pubblicità americane. Il suo obiettivo principale è, ovviamente, quello di migliorare il business delle agenzie pubblicitarie e di implementare complessivamente la causa della pubblicità.1 Nel frattempo le discipline psicologiche iniziarono ad occuparsi di comunicazione e persuasione. Nacque così il behaviourismo di John Watson, il quale condusse studi approfonditi sul comportamento dei consumatori e sui loro stimoli.

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Il primo comunicato radio uscì nel 1922. Una stazione della AT&T trasmise all’interno di un programma radiofonico il primo comunicato commerciale della durata di dieci minuti per un immobiliare newyorkese, la Queensboro Reality Company, che aveva pagato 300 dollari per cinque annunci, nei quali venivano messi in risalto i benefici della vita in campagna.

Dal 1923 uscirono i primi manuali per fare pubblicità efficace, con molte sensazioni e considerazioni lucide, sensate e ancora attuali. Un esempio è stato il libro di Claude Hopkins dal titolo “Scientific Advertising”.

Nacquero anche le prime agenzie pubblicitarie moderne e si iniziarono a diffondere tecniche di marketing che ebbero successo.

Nel secondo dopoguerra furono fondate agenzie innovative da personaggi creativi: persone che sapevano ideare campagne costruite sulle basi di una retorica pubblicitaria espressiva, con la capacità di lavorare per obiettivi con lo scopo di produrre risultati. In particolare fu reso noto il nome di Rosser Reves, che teorizzò la necessità della Unique selling proposition (Usp), ovvero, il beneficio unico che ciascun prodotto deve poter offrire ai propri consumatori (Testa, 2007).

1.2.1 La pubblicità in Italia

La pubblicità in Italia nacque alla fine del Settecento con le inserzioni sulle pagine dei giornali. Nel 1760 Gasparo Gozzi fondò la Gazzetta Veneta e a Torino nacque Il Giornale di Torino e delle sue province. In questi giornali si iniziavano a vedere inserzioni, annunci di aziende da vendere o da cedere, appartamenti, case mobiliate e non.

Vennero poi fondate le concessionarie. Nel 1863, Attilio Manzoni, noto farmacista bresciano, fondò la prima concessionaria di pubblicità in Europa, comprando spazi per se ed altri sui giornali: la società di commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici e chimici. Queste concessionarie, oltre a vendere spazi sulle pubblicazioni, offrivano ai clienti inserzionisti anche il servizio creativo, avvalendosi della collaborazione di giornalisti, scrittori e illustratori. (Pittèri, 2002)

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I cartellonisti alzarono il valore della comunicazione pubblicitaria e ad essere messo in evidenza era lo stile di vita borghese fatto di teatri e caffè, di corse di cavalli e vacanze al mare: spesso non vi erano slogan ma solo l’immagine e il nome del prodotto.

Acquistò importanza il nome di Leonetto Cappiello (1875-1942), livornese ma erede della tradizione francese e noto per essere stato l’inventore del personaggio-idea del Bitter campari del 1921, in cui veniva rappresentato un cameriere arrampicato su un lampione.2

Un altro noto personaggio dell’epoca del moderno cartellonismo pubblicitario italiano fu Marcello Dudovich (1878-1962). Nato a Trieste, fu celebre per la sua collaborazione di reporter come inviato speciale del famoso periodico di satira politica e sociale tedesca “Semplicissimus”. Nei suoi manifesti ritraeva la bella vita del primo Novecento: le splendenti donne, gli abiti eleganti, i raduni mondani.

Il 1919 fu la data del lancio del primo slogan in Italia da parte di Luigi Casoni dal Monte, a capo dell’ufficio pubblicità di Profumerie Vermondo Valli, che lanciò il concorso con in palio 10.000 lire per trovare lo slogan per il dentifricio Kaliklor. Vinse: «A dir le mie virtù basta un sorriso».

In Italia, negli anni ’20, ci sono stati due esperimenti di agenzie pubblicitarie. La prima fu l’ACME, fondata da Luigi Casoni Dal Monte, che aveva come modello le agenzie americane. La seconda fu nel 1928, quando l’agenzia statunitense Erwin, Walsey & Co fondò la filiale italiana per i propri clienti americani. Si trattò di esperimenti che ebbero vita breve, poiché vennero spazzate via dalla crisi economica del ’29.

Inoltre, sempre a partire dagli anni '20, la pubblicità cominciò a seguire regole scientifiche, tanto che nel 1925 venne pubblicato il primo trattato di tecnica pubblicitaria, dove si fissarono le cinque regole fondamentali di ogni messaggio pubblicitario:

1. essere visto: deve avere la necessaria attrattiva;

2. essere letto, molti annunci sono guardati, ma non osservati;

3. essere creduto, un buon annuncio deve convincere l'acquirente della veridicità di quanto promette;

4. essere ricordato;

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5. essere capace di spingere il compratore ad agire, cioè ad acquistare un determinato prodotto3.

L’anno 1926 fu la data d’inizio della pubblicità radiofonica in Italia e costituzione della SIPRA, Società Italiana Pubblicità Radiofonica Anonima, oggi Rai Pubblicità. La radio diede un nuovo e più moderno impulso all’uso della parola, rispetto ai precedenti manifesti, e contribuì in modo determinante all’affermazione dello slogan e alla sua rapida circolazione sul territorio nazionale.

Pochi anni dopo, con il regime fascista degli anni ’30, la pubblicità venne usata per fini propagandistici e per sostenere i prodotti nazionali. La cultura pubblicitaria che si era creata fino a quel momento fu rallentata proprio da questo regime e la radio divenne il mezzo propagandistico per eccellenza. Infatti, negli anni ’30 la radio entrò a poco a poco nella vita delle persone: essa veniva ascoltata nelle case, ma anche nelle piazze e nei ritrovi pubblici. Già allora vennero trasmesse sei edizioni quotidiane di giornali radio e la propaganda fascista ne fece largo uso (Baudi di Vesme, Brigida, 2009).

Gino Boccasile (1901-1952) è considerato il cartellonista più rappresentativo degli anni ’30, creatore delle “signorine delle grandi firme” per un settimanale. Realizzò vari manifesti per la propaganda fascista e questo fu il motivo che oscurò la sua fama. Durante la seconda guerra mondiale fu designato dal ministero della guerra come grafico propagandista. I suoi cartelloni si orientarono verso la propaganda bellica ed ebbero una grandissima dedizione verso la causa. Rappresentarono l’esaltazione dei combattenti, delle armi e delle gesta italiane. Dagli anni ’30 nacquero studi grafici come Rizzoli, Carboni e Buggeri e, in questi anni, cominciarono ad essere utilizzati i jingle o sigle, che poi verranno ripresi a partire dagli anni’50 negli spot televisivi.

A Torino, nel 1950, ci fu il primo congresso nazionale della pubblicità ed arrivarono, nel dopoguerra, agenzie americane che portarono una cultura fatta di marketing e di ricerche di mercato.

Il passaggio dalla pubblicità d’artista a quella professionale viene identificato con il nome di Armando Testa, pittore e grafico pubblicitario. Nel 1946 Testa aprì un piccolo studio, che dieci anni dopo riuscì a far diventare un’agenzia pubblicitaria.

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Il 3 febbraio 1957 arrivò il programma giornaliero Carosello. Andava in onda dopo il telegiornale della sera ed era un contenitore di 5 spot abbastanza lunghi, studiati come piccole storie, intervallati da un siparietto. Il motto era: “Dopo carosello, tutti a letto!”. Dal 1977 fu sostituito dagli attuali spot molto più brevi, tra i 7 e i 60 secondi, diffusi nell'arco dell’intera giornata.

Nel 1966 In Italia venne riconosciuto l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), associazione che opera affinché la comunicazione commerciale sia onesta veritiera e corretta, a tutela del pubblico, dei consumatori e delle imprese. Le norme di comportamento sono contenute nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Nacque l’associazione no-profit Pubblicità progresso nel 1971 e “Telebiella”, la prima televisone libera via cavo che iniziò le sue trasmissioni. Inoltre venne inviata la prima mail tramite ARPANET (Ray Tomlinson) e venne usato il simbolo «@» per collegare l’utente alla rete.

Il colore in tv arrivò nel 1976 e nel 1979 iniziarono le trasmissioni in Italia del terzo canale con solo diffusione locale. Questo fu un evento che rivoluzionò il settore delle telecomunicazioni. La televisione stava diventando un vero e proprio bene di consumo acquistato da molti italiani. Il mercato pubblicitario divenne sempre più importante.

Nel 1980 Berlusconi comprò TeleMilano e tale emittente diventò la capofila del network nazionale con Canale 5 e fondò, con Marcello Dell’Utri, la concessionaria pubblicitaria Publitalia 80. Quattro anni dopo venne fondata la società Auditel per la rilevazione degli ascolti televisivi.

La legge Mammì, del 6 agosto 1990, disciplinava il sistema radiotelevisivo comunitario pubblico e privato. Fu la seconda legge che l’ordinamento italiano ha avuto in materia radiotelevisiva dopo la riforma della Rai del 1975. I principi cardine della riforma riguardarono in particolar modo il pluralismo interno ed esterno. Per quanto riguarda il pluralismo interno, prendeva in considerazione le diverse opinioni, tendenze politiche, sociali e religiose. Con il pluralismo esterno si intendeva la possibilità d’ingresso nel mercato di diversi concorrenti.

Nel 1995 fu venduto il primo libro online «Concetti fluidi e analogie creative» di Douglas Hofstadter su Cadabra, che poi cambiò nome in Amazon, oggi la più grande azienda di commercio elettronico.

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In Italia venne istituita l’Autorità Garante delle telecomunicazioni (AGCOM) nel 1997. È un’autorità amministrativa indipendente, di regolazione e garanzia. Gli obiettivi principali sono quelli di tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle telecomunicazioni e dell’editoria.

Gli anni duemila segnano la svolta per quanto riguarda l’evoluzione delle tecnologie. Si evolvono i mezzi di comunicazione e di conseguenza le pubblicità hanno molti orizzonti su cui spaziare. Il 2004 fu l’anno dell’approvazione della legge Gasparri per garantire il pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisivi e la libertà del mercato in Italia. Nel 2005 fu caricato il primo video su YouTube di un ragazzo allo zoo. Si introducono concetti come “web collaborativo”, dove al centro c’è l’utente, e di “prosumer”: una combinazione tra il “producer” e il “consumer”. L’utente non agisce più soltanto passivamente nei confronti della notizia ma anche in modo attivo. You Tube ne è la dimostrazione. Di conseguenza nacquero i vari social di cui oggi quasi tutti siamo “esperti”, parliamo di Facebook (nato nel 2004), Instagram e Twitter (nati nel 2010).

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Figura 2: antico manifesto pubblicità Barilla

Figura 4: Carosello, 1957

Figura 3: manifesto Bitter Campari del 1921

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1.3 Le funzioni della pubblicità

Perché le imprese fanno pubblicità? Per aumentare i propri ricavi totali, e questo può avvenire principalmente in due modi:

1- La pubblicità può far aumentare il numero di persone che acquistano un determinato prodotto o usufruiscono di un servizio; questo comporta un aumento dei ricavi.

2- La pubblicità può ridurre l’elasticità della domanda, quindi i consumatori saranno disposti a pagare un prezzo più alto per un prodotto. Questo potrebbe accadere se, ad esempio, una campagna pubblicitaria riesce a convincere i consumatori che il prodotto pubblicizzato è migliore di tutti gli altri presenti in quel momento sul mercato.

La pubblicità, per raggiungere i suoi obiettivi, svolge funzioni di

 Informazione: i consumatori vengono a conoscenza dell’esistenza di un prodotto, delle sue caratteristiche e del prezzo. Si riducono i costi di ricerca e i consumatori si ritengono più soddisfatti.

 Persuasione: i consumatori sono convinti a provare un prodotto, quindi ad acquistarlo, percepiscono una differenziazione fittizia (sono ingannati), pagano prezzi più alti e alla fine sono più scontenti.

Quale funzione prevale? La scelta del media mix ottimale da parte degli inserzionisti deve tenere conto della giusta combinazione di elementi informativi e persuasivi della campagna pubblicitaria.

Gli inserzionisti, oltre a decidere se e dove fare pubblicità, devono decidere anche quanta, considerando anche le possibili reazioni dei concorrenti quando ci troviamo in una situazione di oligopolio.

Ogni impresa deciderà quanto investire in pubblicità in base al budget disponibile che può variare a seconda della grandezza dell’impresa.

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Per quanto riguarda gli obiettivi della pubblicità sono stati condotti diversi studi, e in particolare possiamo accennare il pensiero di due “guru” delle strategie di marketing del secolo scorso: Kotler e Scott. I due professori, tra i più autorevoli esperti di marketing al mondo, evidenziano tre diversi obiettivi che la pubblicità dovrebbe raggiungere, ed essi corrispondono a differenti tipologie di pubblicità.

 La pubblicità persuasiva, ha lo scopo, come dice la parola stessa, di persuadere il consumatore, cioè di spingerlo ad acquistare il prodotto. L’obiettivo principale sarà quello di creare una domanda che sia selettiva soprattutto durante la fase di crescita del prodotto per “combattere” la concorrenza.

 La pubblicità informativa si propone di informare i consumatori, soprattutto nella fase di introduzione del prodotto sul mercato perché ci troviamo davanti ad una novità ancora da conoscere e scoprire quindi è importante evidenziarne bene le caratteristiche e gli aspetti fondamentali che potrebbero colpire i consumatori. Questo dovrebbe portare alla creazione di una domanda primaria.

 Quando il prodotto si è ben affermato sul mercato, cioè nella sua fase di maturità, ci troveremo di fronte ad una “pubblicità ricordo” che avrà il solo scopo di ricordare il prodotto ai consumatori.

Come fa la pubblicità a raggiungere i suoi obiettivi? La cosa fondamentale è la formulazione di un efficace strategia di comunicazione, la quale parte sempre dagli obiettivi che si vogliono raggiungere. È opportuno identificare il target group, cioè il gruppo di consumatori che si vuol raggiugere con la comunicazione. Un altro elemento fondante della strategia è la promessa che viene fatta al consumatore di soddisfare un suo bisogno ed a sostenerla è la cosiddetta “reason why”, cioè la ragione per cui quel prodotto può soddisfare il consumatore mantenendo la promessa che gli è stata fatta. (ad es.: il dentifricio che protegge i denti dalla carie [promessa] perché contiene il fluoro [reason why]).

Il prodotto, inoltre, deve possedere una sua immagine che deve essere proiettata nella mente dei consumatori. Infine, il tono di voce riguarda il modo di parlare della campagna, il suo linguaggio (Lombardi, 2002).

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Obiettivi Quali obiettivi

raggiungere

Che

prodotto/servizio è

Target group A chi comunicare A chi è rivolto

Promessa Cosa promettere Cosa fa

Reason why Come convincere Come lo fa

Immagine Come

rappresentarsi

Come si presenta

Tono di voce Come comunicare Come lo dice

Tabella 1: la strategia di comunicazione

1.3.1 Come influisce la pubblicità sugli utenti?

Per attirare l’attenzione degli utenti e manipolarne i comportamenti, andando a colpire i bisogni e le necessità, i media con i loro messaggi adottano comportamenti strategici con tattiche, metodologie specifiche e studi approfonditi. Questi meccanismi, col passare degli anni, sono diventati sempre più complessi fino ad averne creato una disciplina apposita: la psicologia della pubblicità.

La psicologia è la scienza che studia la mente, il comportamento umano e la relazione tra questi due aspetti. La psicologia è stata tradizionalmente la scienza da cui la pubblicità e la ricerca sul consumatore hanno tratto i maggiori contributi. Con il termine pubblicità si intende quella forma di comunicazione di massa, diffusa tramite i mass media, usata dalle imprese per creare consenso intorno alla propria immagine, con lo scopo di conseguire i propri obiettivi di marketing. L’obiettivo è che il consenso si trasformi in atteggiamenti o comportamenti positivi da parte del pubblico o consumatore che non consistono solo o semplicemente nell’acquisto del prodotto o servizio. La pubblicità informa, persuade, seduce il pubblico ed è ritenuta corretta se fidelizza l’utente finale in base a principi civili e umanizzanti.

L’unione di questi due elementi fa nascere la psicologia della pubblicità.

La psicologia della comunicazione pubblicitaria studia i meccanismi e le tecniche persuasive che si nascondono dietro ad una pubblicità e quello che il pubblicitario pianifica per convincere i consumatori a comprare un determinato prodotto.

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Il pubblicitario deve tener conto delle tecniche di percezione e persuasione nella creazione di una campagna pubblicitaria. Per percezione si intende il processo tramite il quale raccogliamo informazioni sul mondo nel quale viviamo; avviene in maniera selettiva, costruttiva e interpretativa: la nostra mente seleziona le sensazioni che in una data situazione possono essere per noi importanti, organizzandole in un insieme ordinato. I tipi di percezione più diffusi nella pubblicità sono quello visivo ed emotivo.

È molto importante anche il target di riferimento, che alla lettera significa bersaglio, ed è l’obiettivo che si vuole raggiungere con un prodotto o con una specifica comunicazione. L’impresa che desidera avviare una campagna pubblicitaria si rivolgerà ad un gruppo di consumatori con caratteristiche simili e dovrà essere in grado di creare uno spot adatto ad ogni tipo di utente. È importante ed interessante capire bene che non si classificano persone, ma comportamenti (gusti, preferenze, desideri, aspirazioni, stili di vita, abitudini, esigenze e così via). Per esempio, i trailer o gli spot pubblicitari prima dell’inizio di un film al cinema si dovranno adattare al tipo di target presente in sala; quindi in base al tipo di film, che esso sia una commedia, horror, romantico o cartone animato, il pubblicitario studierà degli spot a seconda delle persone che si troveranno sedute in sala.

Quando parliamo di persuasione si intende una strategia per ottenere approvazione, consiste nell’arte di riuscire a modificare il comportamento altrui attraverso l’informazione. Andiamo ad analizzare alcune delle tecniche persuasive:

 Inventare una necessità mai esistita: questa strategia consiste nel manipolare il consumatore facendogli considerare dei prodotti che prima non avevano nessuna importanza.

 Usare elementi piacevoli alla vista ma allo stesso tempo anche familiari: bisogna partire dal presupposto che ciò che è familiare piace e quando il nostro occhio vede qualcosa di familiare o attraente, automaticamente si crea un’attrazione piacevole.

 Usare la musica per emozionare: la musica è un ottimo mezzo per trasmettere emozioni e queste riescono a creare, spesso, un forte coinvolgimento nel consumatore.

 Umorismo ed ironia: per distogliere l’attenzione sul lato negativo del prodotto facendo in modo che sembri perfetto.

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 “Martellamento”: cioè una continua ripetizione della pubblicità che riesce ad entrare nel nostro cervello, facendo in modo che nella nostra testa ci sia spazio per quel prodotto e non per un altro concorrente.

1.3.2 Vantaggi e svantaggi della pubblicità

Nel corso degli anni, gli atteggiamenti e i giudizi espressi dal pubblico nei confronti della pubblicità non sono mai stati neutrali ma hanno sempre avuto un sentimento di amore o odio, approvazione o disapprovazione. Esistono due grandi categorie per quanto riguarda le opinioni del fenomeno pubblicitario: le opinioni in sua difesa (espresse soprattutto dal mondo dell'impresa, dai professionisti che realizzano le campagne e dal mondo dei mezzi che ne diffondono i messaggi) e le opinioni sfavorevoli (espresse da preoccupazioni di tipo pedagogico, culturale, ideologico e sociale).

A questo proposito andremo ad analizzare i possibili vantaggi e svantaggi che può portare la pubblicità, in base anche alle funzioni che svolge.

Vantaggi della pubblicità:

 Svolge una funzione informativa perché permette di far conoscere al consumatore i prodotti esistenti sul mercato. I possibili acquirenti hanno l’opportunità di valutare, confrontare e di conseguenza scegliere.

 Svolge una funzione ludica, nel senso che intrattiene lo spettatore facendolo uscire dalla cupa realtà in cui si trova tutti i giorni per vedere un mondo divertente e rilassante. Riesce a fornire momenti e scene nelle quali una persona ci si può identificare e questo è considerato gratificante. Inoltre è adatta e accessibile a tutti e non richiede una grande concentrazione.

 È importante la funzione educativo/formativa della pubblicità perché essa insegna, spiega e dimostra. È "una palestra di sperimentazione di linguaggi ed immagini, arricchisce il vocabolario" (Fabris, 1997), in particolar modo per le persone meno colte. La sua forma ludica nasconde i vari aspetti negativi quindi si può dire che ha anche un potere pedagogico, una responsabilità sociale soprattutto verso i giovani.

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Svantaggi:

 Il messaggio pubblicitario può essere ripetitivo, e di conseguenza annoiare chi lo ascolta, ed invadente fino ad irritare lo spettatore che vi è esposto anche contro la sua volontà.

 A volte la pubblicità è considerata una vera e propria fabbrica dei sogni perché propone dei modelli fin troppo lontani dalla realtà cercando di vendere sogni e finzione. È come un’illusione, un paradiso artificiale e, certe volte, è considerata la sola comunicazione in grado di darci buone notizie, col suo tono da commedia o da operetta e mai drammatico. Vuole cercare di rappresentare un mondo facile ma talvolta dannoso per i telespettatori.

 In parte la pubblicità può essere considerata responsabile del consumismo perché dà troppo valore alle cose facendole sembrare più belle e importanti di quanto in realtà siano. Rende indispensabili dei bisogni che in realtà non lo sono.

 È un forte strumento di manipolazione e persuasione che entra nel cervello delle persone e spesso toglie l’autonomia di decisione.

Come abbiamo visto, la pubblicità ha aspetti positivi e negativi, quindi può essere amata o detestata. Le critiche riguardano soprattutto il fatto che essa supera i confini dell’economia andando a toccare la vita sociale e politica di un paese generando conseguenze che possono essere, talvolta inconsapevolmente, negative per gli utenti. Ai più giovani dovrebbe essere insegnato ad analizzare il messaggio pubblicitario e le eventuali trappole che potrebbe contenere con le varie critiche ed i meccanismi attuati in esso.

Oggi il consumatore è meno diffidente e quasi più favorevole alla pubblicità, perché nel corso degli anni l’atteggiamento è cambiato, rispetto a 40-50 anni fa. Ai giorni nostri si dice che il consumatore sia consapevolmente pervaso dagli annunci pubblicitari, sa bene quale sia lo scopo preciso della pubblicità, cioè spingerlo ad acquistare quel determinato prodotto, ed è meno manipolabile ma libero di scegliere, più informato e meno ingannato.

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1.4 L’impatto delle spese pubblicitarie sulla concorrenza di prezzo

tra imprese

Il benessere dei consumatori e dei clienti dipende in gran parte dai prezzi applicati sui beni e servizi offerti. Le politiche di prezzo e la pubblicità di un certo prodotto possono essere considerati indicatori di qualità per i consumatori. L’obiettivo dei produttori, o comunque delle aziende, è far percepire ai consumatori che i beni in questione siano di alta qualità, a prescindere da quella reale, e per fare in modo che questo accada usufruiscono di politiche di prezzo che facciano concorrenza alle altre imprese e che incentivino a comprare quel prodotto piuttosto che un altro, e di una corretta pubblicità che vada a colpire il pubblico dei possibili acquirenti. È allora necessario approfondire il legame tra pubblicità e prezzi. Solitamente vengono presi in esame due casi: nel primo l’oggetto del messaggio pubblicitario sono le caratteristiche dei prodotti mentre nel secondo sarà invece il prezzo di tali prodotti.

1.4.1 La pubblicità informativa non di prezzo

Prendiamo in considerazione il caso in cui i messaggi pubblicitari riguardano le caratteristiche dei prodotti e quindi non il loro prezzo.

I consumatori saranno più preparati alla scelta dei miglior prodotti sul mercato, perché avranno ricevuto abbastanza informazioni per confrontarli e capire le differenze. Di conseguenza aumenterà la differenziazione “orizzontale” percepita dai consumatori, chiamata così perché definita secondo i propri gusti e non secondo criteri di classifica dal migliore al peggiore. La concorrenza di prezzo sarà ridotta perché i consumatori percepiranno una maggiore differenziazione. I prezzi peseranno di meno nelle scelte quindi le imprese potranno aumentarli più facilmente approfittando della pubblicità per far conoscere al mercato dei potenziali acquirenti un dato prodotto innovativo sul mercato facendolo credere migliore di tutti gli altri.

Secondo questo ragionamento quindi, quanto maggiori sono le spese pubblicitarie delle imprese di un mercato, tanto maggiori saranno i prezzi di equilibrio.

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Ci sono però due effetti opposti perché da una parte la pubblicità, grazie alla differenziazione percepita, riduce la concorrenza di prezzo, e dall’altro, se la pubblicità è in grado di far aumentare la domanda, alle imprese converrà tagliare i prezzi per guadagnare quote di mercato. Quale sarà l’effetto prevalente?

In mercati maturi la domanda totale non può crescere molto, quindi i prezzi potranno aumentare. In mercati “nuovi” le prospettive di crescita della domanda possono spingere le imprese a praticare prezzi concorrenziali per riuscire ad attirare nuovi consumatori.

1.4.2 La pubblicità informativa di prezzo

Questo è il caso in cui la pubblicità riguarda direttamente i prezzi dei prodotti. È quella che viene praticata dalle imprese dei beni chiamati omogenei, come servizi telefonici, carburanti e alcuni generi alimentari. Questi beni, avendo caratteristiche non modificabili, si distinguono solo per il fatto che un’impresa può praticarne un prezzo maggiore o minore rispetto ad un'altra. Questa situazione talvolta viene chiamata “trappola per turisti”, in base all’assunto per cui il consumatore può informarsi sul prezzo di un solo prodotto; come la situazione di un turista che prima di imbarcarsi sull’aereo di ritorno, acquista di fretta un souvenir prendendo velocemente la decisione se acquistarlo o no. I consumatori si troveranno spesso di fronte a prezzi elevati.

Se le imprese possono rendere noti i prezzi, tramite la pubblicità, il prezzo di equilibrio sarà uguale al costo marginale e qualunque consumatore sarà spinto ad acquistare il prodotto che costa meno (essendo i prodotti identici).

Dovremmo aspettarci una debole concorrenza di prezzo se la pubblicità prende in considerazione le caratteristiche dei prodotti, mentre se l’oggetto del messaggio pubblicitario sono i prezzi ci sarà maggiore concorrenza e prezzi più bassi.

Una cosa da considerare ovvia è che fare pubblicità costa, quindi maggiori saranno i costi pubblicitari e minore sarà la probabilità che la pubblicità allinei i prezzi al costo marginale.

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1.5 Pubblicità come strumento di segnalazione della qualità. La

teoria di Nelson

“In che modo la pubblicità procura informazione al consumatore? Il produttore nel fare pubblicità non è direttamente interessato a fornire informazioni ai consumatori ma a vendere di più il suo prodotto rispetto agli altri. Il messaggio pubblicitario è soggetto a pochi vincoli e dice ciò che vuole trasmettere il venditore di una marca. Per questo, è necessaria la spiegazione del meccanismo che fa del ruolo di vendita della pubblicità un ruolo di informazioni del consumatore.”4

La teoria per cui la pubblicità può essere uno strumento di segnalazione della qualità è stata sviluppata da Nelson tra gli anni 1970 e 1974. Secondo Nelson, la pubblicità trasmette “segnali indiretti” ai consumatori che riguardano per prima cosa la qualità dei prodotti. C’è un’opportuna distinzione da fare però, per quanto riguarda i diversi tipi di beni, che Nelson divide in beni ricerca e beni esperienza (search goods ed experience goods)

Se i consumatori possono osservare le caratteristiche di un prodotto (come ad esempio la qualità) prima dell’acquisto, si parla di beni ricerca. Se è necessario acquistare e consumare un prodotto per verificarne le caratteristiche, si parla invece di beni esperienza. La distinzione tra search ed experience goods serve a Nelson (1974) per affermare che l’informazione pubblicitaria di tipo “indiretto”, che cioè non ha l’obiettivo esplicito di descrivere l’esistenza e le caratteristiche dei prodotti, è particolarmente importante per i beni esperienza. La pubblicità può infatti ricordare ai consumatori una loro precedente esperienza di consumo, e tale ricordo assume particolare valore per i produttori di beni di alta qualità. In virtù di acquisti ripetuti, anche i “nuovi” consumatori possono comunque associare la pubblicità di un prodotto alla sua qualità, e quindi la pubblicità può rappresentare un “segnale” di qualità (Mangani, 2019).

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L’idea del meccanismo della teoria si basa sulla seguente affermazione: “L’informazione è procurata dalla pubblicità in conseguenza del potere di mercato del consumatore.” Con il termine “informazione” si fa riferimento all’insieme delle notizie che riguardano la qualità di un bene, il suo prezzo, i contenuti, i sapori, l’odore, i valori nutrizionali, le possibilità di impiego, le garanzie di sicurezza, le quantità disponibili, i punti vendita, i packaging, le ricerche in corso di attuazione su possibili alternative. Questa affermazione ruota intorno al fatto che essendo il consumatore il destinatario della ricchezza prodotta, l’impresa cercherà con ogni mezzo di informarlo dell’esistenza del bene da essa prodotto e delle sue caratteristiche. Occorre attirare l’attenzione sul consumatore, essendo esso sovrano, per essere i prescelti e i favoriti con l'acquisto. È infatti con l’acquisto che viene esercitata la sovranità del consumatore, anzi, con l’acquisto ripetuto. L’acquisto verrà ripetuto se il consumatore rimarrà soddisfatto dal primo consumo e, se le promesse dei comunicati pubblicitari non sono menzogne, il consumatore alla fine potrebbe gradire di essere convinto a provare un prodotto (Ballarani, 2005).

Dalla teoria di Nelson si può dedurre questo assunto: le imprese che offrono beni e servizi di alta qualità confidano nel fatto che, una volta provato un prodotto, i consumatori ripeteranno l’acquisto. Perché accade questo? L’esperienza positiva con un prodotto porterà il consumatore a ripeterne l’acquisto, quindi a rivolgersi alla stessa impresa che avrà un flusso maggiore di ricavi e potrà investire quel denaro in pubblicità. I produttori di beni di scarsa qualità non saranno incentivati a investire molti soldi in pubblicità poiché non saranno in grado di recuperare la spese sostenute, non potendo contare su acquisti ripetuti e non potendo permettersi di praticare un prezzo vicino al costo marginale.

Da questa teoria possiamo dedurre che quando un’impresa fa molta pubblicità, sta comunicando indirettamente ai consumatori la qualità elevata dei propri prodotti.

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1.6 Le campagne pubblicitarie creano barriere all’entrata in un

mercato?

Una barriera all’entrata è una asimmetria tra le imprese già presenti nel mercato, chiamate incumbent, e le imprese che ne sono fuori. Tali barriere possono essere di natura tecnologica, legale o strategica. Adesso ci occuperemo di come gli incumbent possano e riescano ad usare strategicamente la pubblicità per rallentare o addirittura impedire l’entrata di concorrenti e mantenere la propria posizione dominante nel mercato.

Possiamo definire varie situazioni che portano alla creazione di barriere all’entrata in un mercato da parte delle imprese:

 Elevate spese pubblicitarie da sostenere comporteranno una barriera all’entrata perché possono essere motivo di scoraggiamento per i nuovi entranti, oltre a dover competere con i prezzi. Il mercato potrebbe apparire, agli occhi di chi vorrebbe entrarci, con costi troppo alti.

 Goodwill effect: l’incumbent può usare la pubblicità per costruirsi una buona reputazione. In questo modo si potrà creare una asimmetria tra incumbent ed entranti perché a parità di caratteristiche dei prodotti, i consumatori saranno disposti a pagare un prezzo più alto per un bene con una reputazione fortificata e conosciuta, consolidata.

 Noise effect: alcuni incumbent potrebbero investire più del dovuto, strategicamente, in pubblicità, per riempire le menti dei consumatori e far in modo che la pubblicità del loro prodotto “crei rumore” tra la folla. Quindi ogni nuova impresa dovrà ritardare l’entrata o sarà bloccata da costi troppo elevati.

1.7 Gli attori principali della raccolta pubblicitaria

Capire il mercato della pubblicità significa comprendere chi vi opera, quali quantità di denaro si muovono e secondo quali logiche per ottenere determinati risultati (Testa, 2007).

La raccolta pubblicitaria consiste nella vendita di spot, telepromozioni, televendite attraverso diversi soggetti principali che ora andremo ad analizzare.

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Le prime strutture commerciali che andremo a trattare sono le concessionarie di pubblicità. Esse agiscono per conto dei mass media, vendendo spazi pubblicitari e fissandone i prezzi. La concessionaria pubblicitaria si specializza nella vendita di spazi e in questo modo può sfruttare economie di scala ed economie di gamma, ovvero: il primo caso accade quando i costi medi di lungo periodo diminuiscono all’aumentare della quantità prodotta e il secondo si intende il grado di beneficio in termini di riduzioni di costi totali che l’azienda può ottenere se produce determinati beni insieme anziché separatamente. Infatti una concessionaria può vendere spazi pubblicitari contemporaneamente per più mezzi oppure per più canali della stessa emittente televisiva.

Per quanto riguarda i ricavi, le concessionarie generalmente sono remunerate in percentuale sul fatturato realizzato.

L’agenzia di pubblicità è un'altra degli attori principali della raccolta pubblicitaria, nata negli Stati Uniti nel XIX secolo con la funzione di concessionaria di spazio pubblicitario. Successivamente assunse anche una funzione creativa, con il compito di elaborare le strategie di comunicazione sulla base delle richieste del cliente. Questa funzione, con l’evolversi della comunicazione e lo sviluppo dei mass media, è divenuta fondamentale.

Le agenzie pubblicitarie si occupano della realizzazione, pianificazione e implementazione delle campagne pubblicitarie. Provvedono a pubblicizzare prodotti o servizi per conto dei propri clienti. Progettano pubblicità per i media classici (tv e cinema, stampa quotidiana e periodica, affissione, radio) e, sempre più spesso, per il web. In particolare, provvedono a pubblicizzare prodotti o servizi per conto dei propri clienti. La più importante agenzia italiana è il gruppo Armando Testa, fondato nel 1956, mentre a livello internazionale il gruppo più esteso è Omnicom, attivo dal 1986.

Le funzioni tipiche dell’agenzia di pubblicità sono: assistenza ai clienti, pianificazione strategica, pianificazione pubblicitaria, creatività, acquisto dei mezzi, controllo dell’avanzamento dei lavori e dei tempi di esecuzione (Lehmann, 2006).

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Nel corso degli anni le agenzie pubblicitarie sono cresciute a dismisura. Negli anni ottanta, i primi per importanza a comparire sulla scena del mercato pubblicitario sono i centri media, che si occupavano e si occupano tutt’ora dell’acquisto di spazi pubblicitari ma anche di ideare, programmare e pianificare una campagna pubblicitaria. Essi lavorano su incarico del committente, e si devono attenere alle sue indicazioni e a quelle dell’agenzia. Il centro media è una agenzia attraverso la quale le aziende delegano la pianificazione della pubblicità sui vari mezzi disponibili (carta stampata, televisione, radio, internet). In Italia sono principalmente nel nord e producono circa l’80% del fatturato nel mondo dell’Advertising. Il loro scopo è dare un risultato all’azienda, diffondere il marchio, far riuscire a vendere i prodotti, creare un passaparola, dare visibilità all’azienda.

Le società di rilevazione, un altro soggetto importante della raccolta pubblicitaria, sono istituti di ricerca che conducono indagini statistiche e continuative sul numero di lettori, ascoltatori, telespettatori e utenti internet. Possono fornire dati sull’identità degli utenti e sul loro comportamento all’interno del sistema dei media. Coloro che esercitano un’influenza importante sui mass media, normalmente sono gli stessi azionisti delle società di rilevazione più importanti (Testa, 2007).

Uno degli aspetti più importanti nel pianificare una campagna pubblicitaria è prevedere la quantità di pubblico che un dato veicolo commerciale permette di raggiungere. In questo modo è possibile calcolare quanti inserzioni è necessario mettere assieme per coprire nella sua interezza il target prefissato. Per fare ciò è importante avere dati aggiornati, oggettivi e validi per tutti sull’efficacia di un dato mezzo di comunicazione, soprattutto in termini di audience raggiunta.

Proprio per questo motivo sono nate, negli anni, delle società che, mettendo assieme le varie realtà produttive del sistema comunicazione, hanno l’obiettivo di monitorare con imparzialità e precisione i vari media.

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CAPITOLO II

L’evoluzione della comunicazione

2.1 Cosa sono e quali sono i nuovi media?

I nuovi media sono quei mezzi di comunicazione che hanno come caratteristiche fondamentali la digitalizzazione, l’informatizzazione, l’interattività, la partecipazione creativa. Con queste peculiarità si sviluppa una comunità di utenti. Una questione importante da affrontare, che ha suscitato vari dubbi da parte degli studiosi, è capire se quelli che chiamiamo “new media” (nuovi media) sono davvero nuovi o sono solo una sostituzione dei mezzi che già esistevano, una innovazione tecnologica basata su ciò che era già presente sul mercato.

Ogni nuovo mezzo di comunicazione cerca di riassumere in sé molte funzioni svolte già in precedenza dai “vecchi media”, come ad esempio i cellulari che da dispositivi per fare solo chiamate ed inviare sms, al giorno d’oggi sono diventati piccoli computer portatili capaci di poterci far fare davvero moltissime cose. Esiste quindi una continuità tra vecchi e nuovi media.

L’epoca attuale è caratterizzata dalla “collisione” di vecchi e nuovi media, “i grandi media e i media grassroots si incrociano, il potere dei produttori dei media e quello dei consumatori interagiscono in modi imprevedibili” (Jenkins, 2007). Jenkins con l’espressione “media grassroots” intende quei media prodotti dal basso, grazie a contenuti generati dagli utenti o fan non professionisti.

Questa nuova espressione, sorta nel ventesimo secolo, coincide con il concetto di cultura di massa, con lo sviluppo dell’informatica di massa e del personal computer, dal momento che intorno agli anni duemila si è verificato un boom enorme di connessioni e di risorse disponibili.

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Per cultura di massa si intendono i valori condivisi delle fasce sociali più moderne delle società occidentali. L’espressione usata è in opposizione a quella di cultura di élite, riferita alle classi sociali dominanti nel campo della cultura.

Come affermava Marshall McLuhan, sociologo canadese vissuto nella prima metà del ventesimo secolo, “il contenuto di un medium è sempre un altro medium”, nel senso che quando un medium compare per la prima volta non dispone di contenuti propri ma deve assorbire quelli dei media che lo hanno preceduto. Questo concetto è stato poi ripreso e sviluppato nella teoria della “ri-mediazione”. Questa teoria, sviluppata da Richard Grusin alla fine del ventesimo secolo, sottolinea il rapporto che intercorre tra i nuovi media in conseguenza alla nascita delle tecnologie digitali. Questo rapporto è fatto di commenti, riproduzioni, sostituzioni e reciprocità tra un medium e l’altro. Pertanto i nuovi media sono caratterizzati da un processo di convergenza, resa possibile dalla tecnologia digitale: una fusione di contenuti utilizzando una sola interfaccia, ad esempio il computer, per molteplici operazioni.

Se con l’espressione “nuovi media” si intende “marcare il confine temporale rispetto alla stampa, alla radio e alla televisione”, con l’espressione “convergenza” si ha un nuovo paradigma della rivoluzione digitale che ha cambiato il modo di fare comunicazione. (Polesana e Pianca, 2019).

Se noi oggi studiamo questo nuovo concetto, lo dobbiamo in particolare ad Henry Jenkins, professore presso la University of Southern California, il quale nel 2001 pubblicò il libro “Cutura convergente” e coniò tale espressione. All’interno di questo manuale, l’autore evidenzia otto caratteristiche dei nuovi media, fatte proprie attraverso la convergenza mediatica (Bifano, 2017).

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1) Innovazione: la crescente innovazione tecnica spinge alla nuova creatività e aumenta le opportunità espressive.

2) Convergenza: i vecchi e i nuovi media si incontrano.

3) Quotidianità: la quotidianità come figlia del multitasking, prestare attenzione a una molteplicità di stimoli.

4) Interattività: creatività diffusa e produzione amatoriale.

5) Globalità: interagire con altre persone o realtà situate in una qualsiasi parte del mondo.

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6) Partecipazione: il pubblico non soltanto come audience ma parte integrante dei diversi canali di comunicazione.

7) Gap generazionale: tra i “nativi” e gli “immigrati” dell’era digitale ci sono approcci molto differenti sugli stessi media, che possono però influenzarsi a vicenda.

8) Ineguaglianza: bisogna creare una sorta di “consapevolezza digitale”, di “alfabetizzazione mediatica” per fornire una conoscenza “alla pari” dei nuovi media.

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2.2 Apocalittici e integrati, un’importante distinzione da fare

Fino dagli anni Quaranta-Cinquanta dello scorso secolo, c’era una spaccatura molto netta tra i ricercatori che si sono occupati di due categorie di persone, cosiddette apocalittici e integrati. Questi due filoni di pensiero, si sono dibattuti nel corso degli anni sulle cause e le conseguenze che i mezzi di comunicazione (radio, giornali e tv) avevano sulla cultura di massa.

La comunicazione, nel corso degli anni, ha fatto passi da gigante; se un tempo le discussioni riguardavano in particolare i mezzi di comunicazione tradizionali, adesso ci si concentra con particolare attenzione sui nuovi media e le conseguenze che essi comportano.

Da un lato ci sono i tenaci difensori della comunicazione che vedono soltanto gli aspetti positivi della rete, reputandola uno degli esempi più evidenti della democratizzazione all’interno di internet. Si tratta di uno strumento che ha reso l’influenza reciproca tra gli esseri umani molto più facile e ha abbattuto tante barriere, dando visibilità a persone dotate di talento, che in condizioni diverse difficilmente si sarebbero potute far notare.

Dall’altro, ci sono i diffamatori accaniti, che ritengono la rete e i social network degli strumenti tutt’altro che benevoli, dei veri e propri terreni fertili per esibizionismo, invidia, odio, violenza verbale, diffusione di messaggi negativi. Secondo il pensiero degli integrati la cultura di massa era una risorsa positiva che ripartiva tra molti ciò che in passato era di pochi, erano a favore della diffusione dei nuovi media. I mezzi di comunicazione elettronici hanno contribuito a democratizzare e a distribuire le informazioni, le pratiche, le conoscenze

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tradizionali delle élite verso la popolazione generale grazie alla diffusione di massa di beni e servizi di uso comune.

Secondo gli apocalittici, invece, la cultura di massa era uno strumento con cui pochi continuavano ad ingannare grandi gruppi di individui, con lo scopo di far capire a tutti di essere all’altezza dei consumi legittimi. I media hanno rappresentato una diversa scelta di oppressione simbolica che toglieva libertà di scelta e di autonomia alle persone di basso ceto e poco acculturate (Bourdieu, 2002).

Coloro che sono nati dopo il 1990 hanno, il dovere di traghettare i più giovani nel futuro, aiutandoli a sviluppare un rapporto più corretto e consapevole con i nuovi media e con la rete.

Da un modello di comunicazione di tipo verticale e unidirezionale (da uno a molti) tipico dei media di massa, dove il pubblico era considerato un gruppo anonimo e passivo di consumatori da convincere, siamo passati a un modello di comunicazione orizzontale e bidirezionale, dove gli utenti hanno la possibilità di costruire un senso condiviso interagendo insieme, creando e condividendo immediatamente una quantità enorme di contenuti senza intermediari (Risi, 2009).

2.3 I new media e i cambiamenti del mercato pubblicitario

Nell’ultimo decennio l’evoluzione dei nuovi dispositivi di comunicazione digitale ha prodotto cambiamenti radicali in tutto il mondo, permettendo così di aumentare in modo spropositato le forme e le possibilità di comunicazione.

I social media sono in continua evoluzione e le aziende che forniscono innovazioni stanno comparendo ad un ritmo più veloce che mai, sconvolgendo il mondo della pubblicità così come lo conosciamo. I social network hanno permesso alle persone di esprimere la propria opinione, di esternare le loro preoccupazioni e condividere contenuti di ogni tipo dai loro dispositivi fissi, pc o smartphone, in modi che nel passato nessuno avrebbe neanche potuto immaginare, trasformando radicalmente le nostre relazioni interpersonali, la politica, il business. I social media dunque, sono parte della vita vera e non qualcosa di distinto. Qualunque sia il nostro grado di partecipazione, abbiamo delle responsabilità: verso ciò che scriviamo e verso gli altri.

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L’utente di oggi vuole essenzialmente due cose: essere coinvolto e partecipare attivamente alla comunicazione di massa.

Per quanto riguarda il tema della privacy, quando ci si iscrive a un social si concede anche l’autorizzazione a trattare i propri dati personali, facendo però attenzione ai limiti di età che variano da paese a paese. La maggior parte dei social ha fissato un’età minima per l’iscrizione. Formalmente, al di sotto di questa soglia occorre il consenso dei genitori, nella realtà il blocco può essere facilmente aggirato, infatti basta un semplice click per mentire sulla propria età.

Una celebre affermazione di Manuel Castells mette a confronto la velocità dei giorni nostri con il ritmo di cambiamento precedente: «negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web» (Castells, 1996).

Nella sua opera di maggiore importanza, “The information age”, Castells con il termine “internet” fa riferimento a tutte quelle innovazioni tecnologiche sotto il nome di ICT (Information and Communication Technology) che definiscono il campo dei nuovi media ed hanno rivoluzionato i mezzi di comunicazione di massa, compresi quelli più vecchi e già affermati. Per l’autore, le reti costituiscono la nuova morfologia sociale delle nostre società che si baserà sempre di più sull’elaborazione e trasmissione delle informazioni.

L’era della comunicazione di massa era caratterizzata dall’unidirezionalità del messaggio (il ricettore non ha alcuna possibilità di risposta, se non mediata da altri strumenti, per esempio il telefono nella comunicazione radiotelevisiva), l’era delle ICT, oggi, è caratterizzata dall’interattività (particolare tipo di relazione tra i media digitali e i loro utenti).

Secondo il sociologo danese Jens Jensen, “l’interattività è la misura della potenziale facoltà dei media di lasciare che l’utente eserciti un’influenza sul contenuto o sulla forma della comunicazione mediata” (Jensen, 1999). In questo modo i media si posizionano su tre livelli di interattività: alla base troviamo quella selettiva dove l’utente seleziona un contenuto liberamente (ad esempio un film da guardare); poi abbiamo quella conversazionale dove l’utente è un vero e proprio produttore di informazioni. I social network e i siti web ne sono un esempio. Infine abbiamo l’interattività registrativa, ovvero la capacità di adattamento alle informazioni inserite dall’utente. Questo terzo livello può essere rappresentato

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