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2. La formazione degli insegnanti per il sostegno

2.2 La normativa per l'integrazione

Con la circolare n. 227 dell’8 agosto 1975, cosiddetta “Falcucci” (dal nome della senatrice, poi ministro della P.I., presidente della commissione appositamente istituita dal ministro Malfatti), si avvia quella fase denominata dell’integrazione che ha rappresentato il capovolgimento di atteggiamento del sistema scolastico nei confronti degli alunni disabili. La legge ha, inoltre, costituito le premesse per una lunga successiva normativa sull’integrazione. Tali premesse, a distanza di oltre 25 anni, non perdono di attualità in nessun punto: “le possibilità di attuazione di una struttura scolastica idonea ad affrontare il problema dei ragazzi andicappati presuppone il convincimento che anche i soggetti con difficoltà di sviluppo, di apprendimento e di adattamento devono essere considerati protagonisti della propria crescita”. (C.M. 227/1975). La stessa Commissione riconosce che nei soggetti andicappati esistano “potenzialità conoscitive, operative e relazionali spesso bloccate dagli schemi e dalle richieste della cultura corrente e del costume sociale”. Anticipando i presupposti delle recenti normative in materia di inclusione, la Circolare Ministeriale, definisce lo sviluppo di tali potenzialità “un impegno peculiare della scuola, considerando che la funzione di questa è appunto quella di portare a maturazione, sotto il profilo culturale, sociale, civile, le possibilità di sviluppo di ogni bambino e di ogni giovane(...)”. (C.M. 227/1975, op. cit.).

Secondo tali premesse, anche la valutazione dell’esito scolastico deve fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall’alunno, sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto e della pagella.

L’intervento legislativo immediatamente seguente, la legge n. 517 del 4 agosto 1977, introduce nuove norme per la valutazione degli alunni e modificazioni dell’ordinamento scolastico, in linea con i principi affermati nel documento di due anni prima. Questo intervento fonda, tra l’altro, lo stato giuridico dell’insegnante di sostegno: “sono previste forme d’integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap da realizzare mediante l’utilizzazione dei docenti, di ruolo o incaricati a tempo indeterminato, in servizio nella scuola media e in possesso di particolari titoli di specializzazione...”. (L. 517/1977).

Il Consiglio di Stato, in modo analogo, affermava che in conformità alla Costituzione (art. 3 Cost.) “non vi è graduazione di dignità e d’importanza fra le persone, e che anzi lo sviluppo di chi è originariamente meno dotato è uno dei fini primari dello Stato. Pertanto, il sistema scolastico deve occuparsi della promozione e dello sviluppo degli “svantaggiati”, tanto quanto se ne occupa per i normodotati” (parere n. 348 del 10 aprile 1991).

Le argomentazioni della Corte terminano riconoscendo il valore dell’integrazione scolastica, non solo quale strumento fondamentale per assicurare il diritto allo studio, ma, più ancora per un principio inalienabile di promozione visto che:

“Per valutare la condizione giuridica dei portatori di handicap in riferimento all’istituzione scolastica occorre anzitutto considerare, da un lato, che è oramai superata in sede scientifica la concezione di una loro radicale irrecuperabilità, dall’altro che l’inserimento e l’integrazione nella scuola ha fondamentale importanza ai fini di favorire il recupero di tali soggetti (...) Insieme alle pratiche di cura e riabilitazione ed al proficuo inserimento nella famiglia, la frequenza scolastica è dunque un essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua emarginazione”. (parere n. 348 del 10 aprile 1991, op. cit.).

Si apre, definitivamente e con legittimità, la strada all'integrazione della totalità dei soggetti handicappati in ogni ordine e grado di scuola dell’ordinamento scolastico nazionale. La completa definizione del quadro sarà perfezionata, poco dopo, con l’approvazione della prima legge quadro, una sorta di testo unico in materia di handicap: Legge n. 104 del 5 febbraio 1992. Proprio questa connotazione di “cornice” della legge pone le basi per l’avvio di un processo di sistema nel quale l’integrazione viene ad

essere concepita come la risultante di una serie di forze, di fattori, di soggetti e di istituzioni che concorrono sinergicamente all’obiettivo. La sintesi di tale architettura è posta alla cura del Ministero per gli affari sociali attraverso un comitato composito, costituito da rappresentanti di sette dicasteri (oltre al citato, vi sono i ministeri: interni, tesoro, pubblica istruzione, sanità, lavoro e previdenza sociale, riforme istituzionali), integrato da rappresentanti delle regioni, degli enti locali, delle associazioni dei disabili, dei sindacati, funzionarti della Presidenza del Consiglio.

Il 26 giugno del 1995, il decreto ministeriale n. 226 stabilisce i “Nuovi programmi dei corsi di specializzazione per la formazione di insegnanti di sostegno nelle scuole di ogni ordine e tipo”. La prefazione è dedicata al riesame della problematica dell’integrazione, al fine di circoscrivere un profilo professionale del docente di sostegno per il quale predisporre un percorso formativo idoneo. Nell’originaria classificazione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 1980), dopo un primo passaggio dalla condizione di “assenza” o “menomazione” responsabile di un “malfunzionamento” (come nel caso, ad esempio, della vista, per la quale non risulta possibile alcun intervento) si giungeva alla condizione della “abilità ridotta” o della “disabilità” (per la quale è richiesto un intervento di tipo terapeutico, di competenza esclusivamente del sistema sanitario), per delineare, infine, il vero e proprio handicap. La successiva elaborazione, definita nel 1999 dalla medesima OMS, tendeva a porre in relazione la condizione di disabilità con quella del contesto in cui quella si manifestava. Se il soggetto resta portatore di disabilità, l’handicap si determina invece rispetto ad un contesto nel quale il soggetto medesimo si ritrova senza che alcune sue esigenze speciali siano considerate ed eventualmente soddisfatte. In tale prospettiva la dimensione medico-sanitaria perde decisamente di importanza e, l’attenzione si sposta sui possibili interventi correttivi del contesto, rispetto alla specificità dei fattori (personali e/o ambientali) che entrano in relazione. Tale prospettiva condiziona l'organizzazione del servizio scolastico in relazione all’attività didattica: dovranno essere trovate nuove forme con l’affermazione dei principi di flessibilità proposti dall’autonomia. Nell’introduzione dei Nuovi programmi dei corsi biennali di specializzazione per la formazione degli insegnanti di sostegno, del 1995, si chiarisce come, per rispondere all’esigenza d’integrazione, occorra superare la sola formazione di personale specializzato. Il documento evidenzia la necessità che tutto il personale scolastico sia

riqualificato in funzione della messa in atto di strategie e tecniche che consentano di realizzare una piena ed effettiva integrazione scolastica (MIUR, 1995, op. cit.). L'intento è quello di mettere l’intero sistema scolastico e i suoi operatori in condizione di rispondere correttamente e adeguatamente ai bisogni speciali di educazione, in cui si concretizza una vera azione d’integrazione scolastica.

Si sposta così l'attenzione dal soggetto handicappato e dal suo insegnante di sostegno all’intero sistema-scuola nel quale ha luogo la situazione e dove emergono i bisogni educativi specifici; vengono messi sotto i riflettori gli elementi più critici della scuola: orientamento, continuità, progettazione, valutazione.

L’attuazione del Regolamento dell’autonomia scolastica, D.P.R. n. 275 dell’8 marzo 1999, introduce la trasformazione radicale del sistema d’istruzione. La conseguente riorganizzazione di assetto, strumenti e procedure nelle scuole comporta anche una revisione di ruoli, professionalità e metodi da parte di tutti gli operatori scolastici. L’integrazione scolastica e il docente di sostegno ne sono in larga misura coinvolti. L’art. 4, inerente all’Autonomia didattica indica al punto c), tra le opportunità che le istituzioni scolastiche possono perseguire, l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche riguardo agli alunni in situazione di handicap, secondo quanto previsto dalla Legge n. 104 del 1992. Proprio nell’assunzione delle categorie fondamentali dell’autonomia medesima, l’integrazione ritrova gli elementi essenziali del proprio fondamento. Questi sono descritti come: identità, integrazione, responsabilità, flessibilità.

In particolare, in termini di flessibilità, l'autonomia assegna alla scuola l'opportunità di offrire percorsi, attività, occasioni e altro ad ogni soggetto in formazione, rispettandone le caratteristiche e le esigenze di individualità, finora soffocate dalla necessità del rispetto formale ad un sistema rigido di ordinamenti. L’autonomia si esprime in modularità didattica, varie articolazioni del tempo scuola (unità orarie di varia durata), degli spazi di apprendimento (per gruppi di apprendimento di diversa consistenza, al posto delle classi rigidamente concepite), diversificata distribuzione dei docenti in corrispondenza dei gruppi formati, ecc..

La rapida ricognizione del quadro evidenziato permette, facilmente, di percepire come la professionalità del docente di sostegno e la filosofia in questi anni, perseguita a

favore dell’integrazione degli alunni disabili, anticipino innovazioni di struttura e di metodo che il Regolamento dell’autonomia consente come possibilità esecutiva a tutte le scuole.

Così, ad esempio, nel caso della flessibilità, principio sempre affermato nell’ambito delle esigenze di approntare più adatti percorsi individualizzati; oppure nel caso dell’integrazione, i cui presupposti generali (si è visto a proposito del già citato documento “Falcucci’), sono sempre stati posti alla base della più specifica integrazione a favore degli alunni handicappati.