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SEZIONE 2: LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE IN RETE

46: LA NUOVA FIGURA DELL’AUTORE

In questi anni si è assistito ad un radicale mutamento di senso dell’opera dell’ingegno; sotto l’influsso delle nuove tecnologie, essa infatti non si configura più come il risultato dell’impegno creativo profuso da un singolo individuo o da un gruppo coeso di autori, bensì come il prodotto elaborato da un insieme eterogeneo di soggetti.

Quanto appena detto viene ben esemplificato dall’opera multimediale, la cui realizzazione coinvolge un numero elevato di attori tra i quali si ricordano il produttore, che si occupa del contenuto, il progettista multimediale, il grafico, l’esperto d’informatica. La definizione originale data dalla Commissione Europea di “opera multimediale” è rintracciabile nel Libro Verde sul diritto d’autore e i diritti connessi nella società dell’informazione (COM (95) 382 def.), al paragrafo 19: «i prodotti multimediali sono definiti come la combinazione di dati ed opere di forma differente, quali figure (statiche o animate), testo, musica e software»250

. Tuttavia la

francese Marcel Mauss (1872-1950), il quale fa ruotare il suo pensiero attorno alla tripartizione donare- ricevere-contraccambiare. Si dona, dunque, a degli sconosciuti, i quali, tuttavia, non sono estranei ma fanno parte della medesima comunità di relazione.

248 Cfr. Raymond E., La Cattedrale ed il Bazaar, Apogeonline, documento consultabile all’indirizzo

internet: http://www.apogeonline.com/openpress/cathedral.

249 Cfr. O’Reilly T., What is Web 2.0. Design Patterns and Business Models for the Next Generation of

software, consultabile all’indirizzo internet: http://oreilly.com/pub/a/web2/archive/what-is-web- 20.html?page=1.

250

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tematica dell’opera multimediale verrà adeguatamente trattata nel proseguo dell’analisi.

Nell’epoca digitale viene a definirsi un rapporto innovativo tra l’autore l’opera e l’utente. Infatti il linguaggio HTML251

consente di esplorare documenti in maniera non lineare, in altre parole esaminando punti discontinui di un medesimo contenuto attraverso le cosiddette parole attive (denominate “hotwords”), su cui è necessario cliccare sopra per avanzare nella ricerca, oppure passando da una pagina web all’altra nel momento in cui le hotwords siano collegate a differenti indirizzi Internet (URL).

L’utente dunque diventa una componente attiva all’interno del processo comunicativo: sceglie quali siti web consultare e quali informazioni aggregare secondo un personale iter di ricerca che è potenzialmente estendibile all’infinito. È stato giustamente asserito che «il lettore di un ipertesto non può essere un “lettore dimezzato”. Il lettore di un ipertesto è per definizione un lettore attivo; è infatti lui che sceglie il percorso secondo il quale attraversare l’ipertesto, è lui che rende attiva la trama di un ipertesto creativo»252

. Diventa necessario a questo punto non solo una totale riconfigurazione del ruolo dell’autore all’interno dello spazio ipertestuale, ma il ripensare la scrittura nei termini di “scrittura in collaborazione” «cioè una forma di scrittura che vede la collaborazione [tanto] dell’autore, [quanto] del lettore, [come anche] del tecnologo e dell’editore, secondo uno schema di interazione radicalmente differente rispetto alla triade gutemberghiana “autore, editore, lettore”» infatti «diventa (…) autore il lettore che ogni volta attraversa la rete di questo ambiente cognitivo in maniera differente dalla precedente»253.

La comunicazione attraverso Internet trova il suo fondamento nel fenomeno dell’hyperlinking, ovvero la possibilità per l’utente di ricercare nel web le informazioni di cui necessita per tramite di “catene” di collegamenti intertestuali (i cd. links) che coinvolgono una molteplicità di siti web. Come efficacemente esemplificato, Internet può essere paragonato alla città di Venezia, la quale prende corpo da un insieme di isole e ponti; i ponti rappresentano, appunto, i links254.

Il suddetto fenomeno ha portato nel tempo allo sviluppo di veri e propri meta-siti, ovvero siti web il cui contenuto si basa principalmente su una raccolta di links ad altri siti. Esiste il rischio concreto che questa modalità di comunicazioni violi i diritti di proprietà intellettuale nel momento in cui non venga riportata nel meta-sito, in maniera sufficientemente chiara, alcuna indicazione riguardante l’autore e/o il titolare dei diritti in relazione al contenuto derivato dal sito originario.

Risulta necessario, comunque, operare una distinzione tra le diverse forme di collegamento intertestuale che vanno a compore la totalità del fenomeno: il “surface linking” (che non pone particolari problemi), il deep linking ed il framing.

251 In informatica viene definito HTML l’HyperText Markup Language, ovvero il linguaggio di markup

utilizzato solitamente per la formattazione di documenti ipertestuali disponibili in rete sotto forma di pagine web. La formattazione consiste nell’inserimento nel testo di marcatori o etichette, chiamati mark up tag o tag, i quali solitamente sono utilizzati a coppie e possono contenere uno o più attributi, che implementano caratteristiche come la funzione, il colore, le dimensioni, la posizione relativa del testo all'interno della pagina.

252

Ferri P., Ipertesto; un nuovo spazio per la scrittura, in L’ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria (a cura di Landow G. P.), Pearson Italia S.p.a., Torino, 1998.

253

Landow G. P., L’ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria, Pearson Italia S.p.a., Torino, 1998.

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Con il primo si intende il collegamento diretto alla home-page di un diverso sito adeguatamente identificato. Il “deep linking”, invece, presuppone il raggiungimento diretto del punto del sito collegato che interessa in maniera specifica all’utente; in altre parole, la cd. home page del sito cui ci si collega non viene visualizzata ma si viene re-indirizzati in maniere automatica alle varie pagine interne.

Infine il “framing” è una forma di linking che si differenzia da quella “surface” per il fatto che la prima consente di visualizzare la pagina richiamata senza dover uscire da quella di partenza; come il nome stesso suggerisce, si forma un sorta di cornice all’interno della quale viene visualizzato il contenuto richiesto.

Le problematiche afferenti a questi fenomeni sono le medesime, non essendo riscontrabile alcuna differenza quanto agli interessi in gioco ed alla disciplina da applicare; tuttavia queste possono essere di diverso ordine, a seconda si consideri la possibilità della proteggibilità di un insieme di link (ovvero l’ipertesto) per tramite del diritto d’autore, o, ed è ciò che qui maggiormente rileva, la necessità del consenso del titolare della pagina con cui si vuole stabilire un collegamento. In quest’ultimo caso, posto che si sia provveduto ad appurare la necessità o meno del consenso dell’autore della pagina che si vuole collegare255

, si deve considerare anche l’eventualità che la medesima presenti, al suo interno, materiale per il quale non era stata data l’autorizzazione necessaria alla sua utilizzazione256

.

Tuttavia, richiamando il fenomeno del “deep linking” sopra esemplificato, si può notare come le regole a tutela della proprietà intellettuale vengano richiamate per finalità altre rispetto a quelle proprie della disciplina. Infatti il diritto esclusivo atto ad impedire un determinato link viene spesso invocato con l’intento specifico di evitare che l’investimento pubblicitario effettuato dal gestore della pagina web collegata venga vanificato dal deep link attuato da una diversa pagina, il quale, come in precedenza evidenziato, permette di bypassare la home-page, dove solitamente si trovano gli annunci pubblicitari, essendo statisticamente quella visitata dal maggior numero di utenti interessati. Va ricordato che è proprio la vendita degli spazi pubblicitari a garantire la gratuità del servizio offerto dalle varie pagine web e, quindi, il cd. deep linking mette a repentaglio questo congegno economico rendendo possibile la fruizione di un determinato contenuto evitando il corrispettivo indiretto derivante dalla presa visione della pubblicità. Al contrario il meta-sito si avvantaggia dei numerosi contatti forniti dal sito principale, sfruttando, tramite questo raggiro, il profitto economico che ne deriva257.

255 Ovviamente si richiede l’ottenimento del consenso dell’autore della pagina che si vuole richiamare

solo nel caso in cui questa presenti quel minimo di creatività richiesta per considerarla opera dell’ingegno.

256 Si potrebbe sostenere una certa conformità tra questa ipotesi e l’illecito derivante dalla distribuzione

di prodotti contraffatti, tuttavia attribuire una qualche responsabilità a chi, realizzando il link, partecipa alla violazione del diritto esclusivo comporterebbe una continua valutazione del grado di collegamento esistente tra la pagina collegata e quella contenente il materiale utilizzato in maniera illecita.

257

È il noto caso Ticket Master vs. Microsoft Corp. quello che ha fornito gli estremi di violazione del copyright e concorrenza sleale attraverso l’hyperlinking. Nel 1997 Microsoft ha creato un proprio sito web (denominato Sidewalk) sotto il dominio “Seattle.sidewalk.com”, il quale conteneva informazioni sugli intrattenimenti e i ristoranti di Seattle. Il sito in questione prevedeva, senza alcuna autorizzazione da parte del titolare dei diritti, un hyperlink che lo collegava al sito Ticket Master, adibito alle prenotazioni e vendite di biglietti per spettacoli. Ticket Master ha citato in giudizio Microsoft con l’accusa di violazione del marchio e concorrenza sleale. Infatti, l’hyperlink incriminato indirizzava automaticamente l’utente del sito della Microsoft (Sidewalk) alle pagine web contenenti i dati in riferimento agli spettacoli di Seattle reperibili all’interno del sito Ticket Master, stravolgendo il consueto

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Si può rintracciare anche una forma di concorrenza sleale in quanto l’utente è portato ad una consultazione del sito web, collegato tramite l’impiego del deep link, che sovverte l’ordine logico stabilito dal titolare di quest’ultimo e che, dunque, priva il creatore del sito dei meriti e dei diritti derivanti dall’aver fornito all’informazione evidenziata un determinato contesto, più ampio.

Da sottolineare, comunque, come sia possibile porsi il problema del consenso del titolare dei diritto di sfruttamento economico solo nel caso in cui una determinata pagina presenti un qualche carattere di creatività, che ne consenta la tutela quale opera dell’ingegno. Alcuni Autori258

hanno evidenziato un parallelo, in merito alla funzione svolta, tra link e nota di un testo edito a mezzo stampa, in quanto entrambi rendono reperibile un determinato contenuto e segnalano la fonte prima presso la quale consultare il determinato materiale. Tuttavia una differenza fondamentale la fa il mezzo utilizzato, dal momento che il rinvio contenuto in un’opera stampata obbliga il fruitore che voglia approfondire l’argomento trattato ad acquisire, tramite differenti modalità, un esemplare diverso da quello già in suo possesso, mentre il link permette all’utente di passare in modo non mediato e senza sopportare costi aggiuntivi al contenuto rinviato. Si può affermare che il nuovo contesto telematico rende superflua qualunque intermediazione.

Giova a questo punto ricordare come il Tribunale di Rotterdam, con la sentenza del 22 agosto 2000, si sia espresso in merito alla totale liceità della pratica del “deep linking”, sostenendo che non viene procurato alcun danno al sito collegato; al contrario questo si avvantaggerebbe dell’aumento degli accessi da parte dei visitatori e della maggiore pubblicità che compensa eventuali perdite di contatti dovute alla mancata presa di visione della home-page259.

Si ritiene che comprometta il diritto d’autore anche la già citata attività di “framing” in quanto, nel momento in cui il contenuto richiamato viene “incorniciato” nella pagina web del sito linkante, viene rimosso ogni eventuale riferimento al sito dal quale viene tratta l’informazione. Essendo l’intento quello di estrapolare il contenuto dal suo contesto originario, in modo tale che non sia più riconducibile al titolare legittimo, è lo stesso sito richiamante a comparire di fatto come titolare del contenuto di riferimento. La suddetta attività, dunque, viene in ogni caso ritenuta illecita poiché si genera nell’utente incertezza circa la reale fonte del contenuto260

.

iter di funzionamento del browser ed evitando l’accesso alla sua home-page. Microsoft venne accusata di adoperare un hyperlink finalizzato ad incrementare i contatti con il proprio sito, aumentare il valore economico dei banner pubblicitari su di esso disponibili, provocando in tal modo un grave danno a Ticket Master. Microsoft, in sua difesa, ha sostenuto che, data la natura ipertestuale di Internet, il link fosse perfettamente lecito, rimproverando contestualmente a Ticket Master la mancata volontà di adottare misure per impedire l’accesso al proprio sito da parte del hyperlink Sidewalk. Sul caso (No. 2: 97-CV-03055, CD. Cal.,12/4/1997) si consultino gli atti di causa presso il sito del Bureau of National Affaire, Inc, l’URL www.bna.com/e-law/docs/ticket.html

258

Si vedano Finkelstein S., The TotalNews Case – Confusion in Comprehension, Not Display, disponibile all’indirizzo internet: /ilp.mit.edu/news/finkelstein1.html; e Luria M. M., Controlling Web Advertising: Spamming, Linking, Framing and Privacy, disponibile all’indirizzo internet: http://eon.law.harvard.edu/property00/metatags/mixed2.html.

259

Corte distrettuale di Rotterdam, caso 139609/KGZA 00-846, sentenza del 22 agosto 2000.

260 Risale al 22 dicembre 2000 il provvedimento in materia di “framing” emesso dal Tribunale di

Genova ai sensi dell’art. 700 c.p.c. La soluzione è applicata alla controversia per cui la società che gestisce l’acquario di Genova ricorre all’art. 697 c.p.c chiedendo ed ottenendo la verifica tecnica di un presunto atto di concorrenza sleale: un soggetto esterno e non conosciuto aveva creato nel proprio sito una pagina interna che richiamava, mediante un collegamento, l’home-page dell’acquario di Genova, facendo apparire i contenuti del medesimo come appartenenti al proprio sito. Dal provvedimento

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Va detto in questo contesto che è stata presa in considerazione l’ipotesi di trattare un a pagina web contenente molti link alla stregua di un’opera derivata. In realtà, dal momento che questa implica effettivamente la realizzazione di un’opera nuova, ma che presupponga sempre quella di partenza, il paragone risulta inadeguato poiché nella realizzazione di un link le due “opere” (ovvero le pagine web tra loro connesse) rimangono nettamente distinte l’una dall’altra. Quindi sembrerebbe essere superfluo l’ottenimento del consenso dell’autore della pagina collegata, considerando il fatto che a questa sia subordinata la creazione di un’opera derivata.

L’impiego del link ha anche un interessante risvolto per quanto concerne il diritto di comunicazione al pubblico, già affrontato nella precedente sezione261

. Tale diritto consiste, come visto, nel rendere l’opera accessibile tanto sincronicamente quanto diacronicamente, e, riferendosi ad un contesto di tipo telematico, come nel caso in questione, non è soggetto al principio dell’esaurimento, in quanto non ha come oggetto esemplari materiali di un’opera dell’ingegno. Richiamando la terminologia utilizzata dal Trattato OMPI, effettivamente l’utilizzo del linking rende l’opera in questione «accessibile dal luogo e nel momento scelti individualmente» mettendola a disposizione di un pubblico virtuale, riferito alla pagina che ha realizzato il collegamento, il quale si a sommare a quello della pagina originaria. In questo particolare frangente «si potrebbe obiettare che se il pubblico non è definibile e si dà comunque mancanza di fissità, il fatto che certi dati siano accessibili da un numero più o meno elevato di punti non ha alcun rilievo quanto agli interessi del titolare dei diritti sui medesimi. In realtà è certamente condivisibile l’affermazione secondo cui una volta immessa in rete (…) l’opera è accessibile da un pubblico indeterminato, ma è altrettanto condivisibile il rilievo secondo cui all’aumentare dei punti attraverso i quali determinati dati sono accessibili, aumentano le possibilità di fruizione di medesimi»262

.

Il linking, dunque, visto come possibile modalità di comunicazione della propria opera da parte dell’autore. Rimane in capo a quest’ultimo la facoltà di autorizzare o meno la realizzazione di eventuali link che creino un collegamento con la propria pagina (sempre a condizione che questa sia meritevole di protezione ai sensi del diritto d’autore), in quanto è l’autore stesso a decidere in che modo, e con quale intensità, ci debba essere uno sfruttamento economico della propria opera263

. Infatti la messa a disposizione, realizzata attraverso il link, potrebbe portare ad un aumento del numero dei fruitori dell’opera e, secondo quanto previsto dal diritto d’autore, qualsiasi forma di sfruttamento che abbia come conseguenza il fenomeno suddetto,

emerge che il comportamento della controparte viola il diritto d’identificazione del sito ed inganna l’utente, laddove si appropria, privo di autorizzazione, non solo del nome e del logo della società titolare legittima, ma anche dell’intera pagina web. L’autorità giudiziaria ha disposto l’eliminazione della pagina web incriminata soprattutto considerando che in calce alla pagina era stato correttamente apposto il simbolo a tutela del diritto d’autore “Copyright ©1998 [Costa Aquarium S.P.A]. Tutti i diritti riservati”. Trib. Genova, sentenza 22 dicembre 2000, Costa Aquarium S.p.A v. INet2 S.r.l, in Internet Law Digest all’URL www.internet-law-digest-org.

261

Si veda a questo proposito pagina 131 ss. del presente capitolo.

262

Romano R., L’opera e l’esemplare nel diritto della proprietà intellettuale, in Pubblicazioni dell’istituto di diritto privato dell’Università di Roma “La Sapienza” LX, CEDAM, Padova, 2001, p. 252, nota 20.

263

Ci potrebbe essere anche un rilievo del link anche dal punto di vista della tutela dei diritti morali: l’autore potrebbe ritenere, infatti, che la connessione del proprio nome a determinate pagine web, le quali sfruttano un collegamento alla sua opera tramite link, sia lesiva del proprio onore e della propria reputazione, ex art. 20 l.d.a., indipendentemente dalla presenza o meno di una alterazione materiale dell’opera.

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rileva quale utilizzazione economica della medesima. Alla obbiezione, legittima, che la semplice presenza del link non è di per sé garanzia di effettiva fruizione del medesimo da parte del pubblico virtuale di riferimento, ovvero non è stimabile il numero di soggetti che visiteranno effettivamente la pagina richiamata, viene risposto che l’effettività della utilizzazione dell’opera non è un parametro che rilevi al fine di accertare l’illecito nello sfruttamento: questo è dato dalla semplice potenzialità della fruizione.

Una delle problematiche più rilevanti nell’ambito del diritto d’autore nel contesto telematico è che le tecniche di gestione di un nodo di rete rendono difficoltosa l’individuazione dell’utente che compie un illecito. Questo si verifica perché ogni “internauta” accede alla reta per mezzo di un nome di ingresso (il cd. login) ed una password, data o di sua scelta. Si può facilmente risalire al nome d’accesso dell’utente che a commesso la violazione, attraverso l’analisi del cd. “log file”, ovvero il contenitore di tutti i login e dei tempi di accesso di ciascun utente. Tuttavia in un gran numero di casi si verifica l’eventualità per la quale lo stesso nome utente e password vengono sottratti e reimpiegati da terzi per evitare ogni possibile ripercussione dell’illecito commesso. Il medesimo problema di identificazione si realizza nel momento in cui più utenti diversi utilizzano in contemporanea lo stesso nome di accesso. È pur vero che appositi enti collocati nelle diverse aree geografiche provvedono ad assegnare ad ogni computer che si collega alla rete un numero unico composto da 32 bit (IP) ed un nome logico, il cd. hostname o indirizzo elettronico, i quali vengono anche registrati dai medesimi enti. L’utente, dunque, nel corso della navigazione e nel momento di accesso ai diversi siti, è sempre identificabile dal

content provider anche quando non gli viene chiesto di digitare il suo nome, ed è in

tal modo rintracciabile. Tuttavia anche in quest’ultimo caso sussiste sempre la possibilità che il soggetto resosi colpevole di un illecito telematico, per commetterlo, abbia utilizzato un computer non di sua proprietà, o risulti, comunque, difficile stabilire un nesso evidente tra il computer individuato ed il soggetto incriminato. Inoltre esistono appositi siti per la navigazione in incognito (anonymous remailing), i quali non registrano l’identificazione elettronica.

Mentre in tutti gli altri mezzi di comunicazione la distinzione tra fornitore di un servizio e utente/fruitore del medesimo risulta piuttosto netta, per quanto concerne Internet i ruoli delle parti sfumano l’uno nell’altro e, a seconda del servizio utilizzato in quel particolare momento, sono addirittura interscambiabili. Qualunque soggetto può immettere nella rete un dato od un messaggio, fungendo così da content

provider, e per questo la distinzione tra speaker e listener è davvero fluida.

Come già si è potuto approfondire al Paragrafo 44, Sezione 1, di questo Capitolo è lo stesso carattere globale della rete telematica a rendere indeterminati i confini normativi.