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Sconfinamento: Incentivare la creatività?

III.V Una nuova utilità per l’arte

Un caposaldo degli statement della scuola di Francoforte è sicuramente quello della critica all’adozione funzionale del mezzo culturale. Sembrerebbe quasi un grande controsenso questo sentimento adorniano che mal sopporta l’utilità nell’arte, visto che è proprio dal suo pensiero che nasce il concetto stesso di industria culturale, quindi di produzione culturale finalizzata a qualcosa che non sia più la sola pura contemplazione di un’opera all’interno di una sala museale.

La tacita risoluzione ancora una volta nasce dal processo di contestualizzazione. La denuncia del servilismo artistico è maturata da Adorno ed Horkheimer come conseguenza dell’impiego dell’arte per fini propagandistici. La marcia musicale nazi- fascista, l’iconografia del partito e perfino la palette di colori utilizzata nelle uniformi e tra i drappi che adornavano le piazze, diventano asfissianti emblemi della privazione della libertà dei pensatori ebrei di Francoforte.

L’arte per l’arte passa alla storia come quel cavillo di sanità concettuale al quale la scuola di Francoforte prova ad aggrapparsi per sopravvivere al proprio secolo di schiavitù delle idee. Sotto questa ufficiale linea di pensiero, tuttavia, negli scritti della Scuola ed in particolare in quelli di Benjamin, sono diversi i riferimenti a nuove possibilità di rivalsa e di sviluppo affidate alla nuova carica socioeconomica rivestita dal comparto culturale. Nell’unitario tentativo di confrontare il presente creativo con la fondazione francofortese dell’industria culturale, si misura sì un cambiamento significativo nella considerazione utilitaristica dell’arte, ma esso può essere considerato come un’evoluzione innescata da Adorno e all’epoca eclissata in parte dalla giusta intransigenza verso l’operato della propaganda, e via via affinata dai tempi maturi per la sua effettiva messa in pratica. Erroneo sarebbe parlare di un totale ‘turning over’ su questo aspetto, è più opportuno appellarsi ad un graduale ‘blending in’.

Ricongiungendo l’argomento alla modernità basterebbe sottolineare la centralità del talento creativo come fattore di sviluppo. È parte della missione civilizzatrice delle industrie culturali e creative la promozione culturale sulla base della crescita territoriale. Il riferimento è sempre a quella migrazione di significato nel testo dell’Art. 9 dalla finalità della conservazione a quelle della promozione e dello sviluppo, che all’interno delle ICC si articolano in un nuovo organismo economico che permette di interrompere la

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relazione tradizionalmente sussidiata tra il comparto culturale ed il resto delle istituzioni.

Questo nuovo organismo economico prende il nome di imprenditorialità creativa, rispondendo più che adeguatamente alla provocazione che si legge nel Libro verde: “Se l’Europa vuole restare competitiva in questo ambiente globale in evoluzione, deve creare le condizioni propizie al fiorire della creatività e dell’innovazione in una nuova cultura imprenditoriale”. (Libro verde 2010)

In Italia, il cambio di direzione a favore di una sempre più consapevole ibridazione manageriale ed economica del comparto culturale è già visibile nell’aggiunta della T di turismo a conclusione dell’acronico MiBACT, il Ministero italiano per i beni e le attività culturali e per il turismo. (almeno per questa legislatura!)

La strada imprenditoriale imboccata dai governi è da riconoscere come un ‘collaborative social achievement’ (Downing 2005 in Patten 2016), proprio perché essa ha una ripercussione evidente ed immediata sull’intero tessuto sociale, configurandosi come un fenomeno per nulla statico, ma per fortuna in continua evoluzione e con un alto tasso di differenziazione dell’esperienza tra ogni ICC a seconda del proprio singolare contesto sociale. (Patten 2016)

Imprenditorialità e creatività sono quindi strettamente connesse nel presente, tanto da poter affermare:

Commonalities in experiences, behaviors, and approaches between creative individuals and entrepreneurs can be identified: both are transformative and are characterized by innovation and both benefit from practice and reflection; entrepreneurs can be regarded as the ‘connective tissue’ between creativity and business. (Patten 2016)

Numerose ed in continua crescita sono le nuove tasks utilitaristiche assegnate al sistema dell’arte per lo sviluppo del prodotto culturale e creativo.

Per tornare sul discorso del turismo, una grande utilità messa in moto dal comparto creativo, attraverso la convocazione dei talenti creativi, dei content’ creators, oltre che degli artisti e dei designers in un determinato luogo, è quella di creare nuove attrattive originali e futuristiche che rendano quel territorio oggetto di nuovi flussi turistici.

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Ad esempio, nella limitatezza del flusso turistico della regione Calabria, accanto agli itinerari canonici che conducono i turisti alla visita del patrimonio archeologico della regione, quindi a sostare al parco archeologico di Locri o al Museo nazionale archeologico di Reggio Calabria, una piccola svolta creativa negli anni ‘70 ha permesso di generare un nuovo punto attrattivo per i ‘pellegrini culturali’ entro i confini calabresi. Il riferimento è al distretto culturale dell’entroterra aspromontano edificato dal genio di Nik Spatari, artista contemporaneo calabrese di respiro europeo.

Egli ha riqualificato una zona abbandonata di una minuscola comunità, per poi colonizzare diversi punti della stessa, attraverso la sua arte, strutturando un polo artistico molto vasto non mappabile in metri o km ma attraverso il ricongiungimento delle varie espressioni della tecnica pittorica utilizzata dall’artista, ed in parte dalla sua compagna Hiske Maas, dislocate nel territorio.

Il riferimento a questa specifica realtà è dettato, oltre che dalla vena patriottica di chi scrive, da una serie di rimandi, concretizzati e non, alle pratiche dell’imprenditorialità creativa attinenti alla trattazione.

Il parco museale costruito dal genio di Nik Spatari, il Musaba, nasce, anche in maniera inconsapevole come distretto culturale autonomo. L’artista ispirato dal luogo, attratto ad esso evidentemente anche per alcuni dei fattori definiti da Florida, ha deciso di colonizzarlo e dare inizio al processo creativo. Negli anni, lottando con un tessuto sociale non culturalmente preparato al riconoscimento del valore del suo operato, (d’altronde nemo propheta in patria) ha attratto a sé numerosi artisti, spesso street writers, molti maestri del mosaico ed anche musicisti, performers ed ogni genere di talenti creativi, dando vita ad infiniti sodalizi artistici, le cui produzioni sono tuttora visibili all’interno del parco, museo e vivo laboratorio.

Lo status economico del sito, dall’iniziale collettivo autonomo in crescita, è stato poi fissato in Fondazione museale. Considerato quindi questo status economico, non si può intavolare un discorso di reale imprenditorialità creativa, mancando appunto il corrispettivo economico autonomo, ma il riferimento è qui più indirizzato all’aspetto peculiarmente creativo del sito che ha generato negli anni nuovi itinerari turistici, creando valore per l’intero territorio limitrofo. Per quanto quindi questo sia un aspetto connotante riconducibile all’industria culturale e creativa, Musaba non può tecnicamente definirsi al momento un progetto che mette in circolo capitale creativo.

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Sorge però spontaneo chiedersi se potrebbe diventarlo in futuro attraverso la monetizzazione e l’implementazione de ‘l’esperienza Musaba’, ossia della partecipazione immersiva ai laboratori artistici che il parco già organizza nella forma di workshop per bambini ed adulti, che potrebbero magari diventare un format di successo molto fedeli all’anima pratica del progetto originario ma anche motivo di profitto in un’ottica di Edutainment ben gestita a livello economico e manageriale.

Chiudendo questa, si spera non troppo off topic, parentesi su una realtà solo potenzialmente candidata all’imprenditoria creativa, si torna ad un altro aspetto della rivalutazione utilitaristica dell’arte con il supporto della creatività.

Le industrie culturali e creative perseguendo l’allargamento e la miglioria del settore turistico, attraverso l’ampliamento dell’offerta culturale da loro generata, creano una nuova utilità nell’ambito del secondo commitment di Chong, ossia nell’accessibility and audience development. Ampliamento dell’offerta turistica e ampliamento della platea di fruitori sono di certo connessi ma non sono necessariamente l’una la conseguenza dell’altra. Infatti, il turismo può portare a maggiori numeri in termini di flussi di persone, ma non per forza questo corrisponde al valore culturale di questa massa itinerante. La differenza che l’ICC compie su questo aspetto è sensibilmente evidente, mettendo in moto un turbinio di pubblico consapevole e maggiormente integrato nel sistema dell’arte. Nelle fondamenta di questa nuova creative crowd si dovrebbe rintracciare il mantra “education, education, education” enucleato dall’accademico britannico Derrick Chong nel 2002 nel suo testo Arts Management.

Popular exhibitions which treat ‘culture as event’ and ‘art as entertainment’, provide benefits to visitors, host institutions, and corporate sponsors. But is all win-win? What about sustainability and the longer term impact on audience development? (Chong 2002)

A queste domande, egli risponde sottolineando l’importanza dell’educazione, del turismo e dei nuovi media come strumenti di crescita consapevole del pubblico dell’arte. Il turismo, sfruttando anche il prodotto dell’industria culturale e creativa, si deve adoperare for ‘bringing art to audiences’. (Chong 2002)

Gli attori della nuova era di imprenditorialità creativa si prodigano per una nuova visione inclusiva e innovativa della società, per creare nuove politiche economiche che diano

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valore alle piccole realtà creative, per il dialogo, per la cooperazione e ogni forza di sperimentazione attiva. (Report OMC 2018a)

Per concludere questo elenco delle varie nuove utilità dell’arte, che potrebbe continuare per diverse pagine, si fa riferimento a questo passaggio dell’altro report dell’Omc, The

Role of Public Policies in Developing Entrepreneurial and Innovation Potential of the Cultural and Creative Sectors, sempre del 2018, nel quale vengono proposte in sintesi

alcune altre geminazioni possibili grazie l’asservimento (per dirla alla maniera di Adorno) propositivo del settore culturale e creativo.

[…] the sectors can be regarded as provider of:

- innovative and creative solutions for a large variety of societal challenges; - contributing to emploument and inclusion;

- boosting innovation in other business sectors;

- breathing new life into areas in decline or giving new impetus to urban planning and rural areas. (Report OMC 2018)

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