Sconfinamento: Incentivare la creatività?
III.VI La tecnologia come risorsa
Al contrario di quello che recita il titolo di questo paragrafo, per la scuola di Francoforte la tecnologia è da considerarsi una minaccia per almeno due motivazioni.
In primis lo sviluppo tecnologico favorisce il processo di asservimento del contenuto al suo medium di veicolazione, subendo l’eco del pensiero di McLuhan, si potrebbe formulare la domanda: Is medium the message? Per i pensatori di Francoforte cadere in questo dualismo è fonte di preoccupazione che tende a vanificare la valenza del contenuto.
L’altra motivazione è di natura storico-sociale e deriva dall’onta di terrore generata dalla produzione in serie entro la quale l’industria culturale non doveva teoricamente ricadere.
Ovviamente lo sviluppo di questa visione del mostro tecnologico è legato anche alla riflessione di Benjamin sull’aura, sulla riproduzione e sull’avvenuto cambiamento tra il teatro ed il meccanico cinema, e la musica dal vivo e la radio.
Questa volta la scuola di Francoforte nel confronto con il contemporaneo risulta essere po’ troppo conservatrice e legata ad un’ottica analogica che non è stata disposta ad abbandonare.
Le nuove tecnologie digitali, al servizio dell’industria culturale e creativa, generano processi di inclusione attraverso la proposta di nuovi format di fruizione dei contenuti artistici. Il progresso tecnologico è inquadrato come una preziosa risorsa. Florida stesso, nell’ultima delle sue tre T, talento, tolleranza e tecnologia, riconosce il grande valore della corsa futuristica verso la scienza ed i suoi prodotti e la battezza come il mezzo di diffusione dell’informazione più congeniale al modernissimo comparto culturale e creativo. Florida sottolinea inoltre, attraverso la sua indagine, che le persone siano più propense al consumo del prodotto di industrie altamente tecnologiche, poiché altamente diversificate. Anche la tecnologia è profondamente influenzata dalla percezione che si ha di essa nel territorio: luoghi più culturalmente sviluppati accetteranno l’avvento della tecnologia con più facilità ed entusiasmo rispetto a molti altri non così illuminati. Ovviamente, un talento creativo tenderà sempre a stabilirsi in un luogo propenso all’apertura verso la tecnologia e all’innovazione che essa genera.
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La tecnologia è diventata parte integrante della produzione artistica ad ogni livello. Se si pensa a come solo una manciata di decenni fa, la critica si era scagliata sul processo meccanico riproduttivo della serigrafia o sulla fotografia stessa, condannando l’impiego della tecnologia come non degno dell’arte, è sufficiente riferirsi all’acclamazione di pubblico suscitata dall’opera Strike di Hito Steyerl del 2010, per enfatizzare quanto il gusto e l’apertura mentale degli attori dell’arte crescano ormai alla stessa velocità dell’evoluzione tecnica.
Un banale riferimento è anche al nuovo canale di diffusione del prodotto culturale e creativo più noto nel contemporaneo, ossia i social networks. Il grande livello di engagement delle piattaforme social permette a enti culturali, musei ed artisti di offrire direttamente il risultato delle proprie fatiche al pubblico, senza altri canonici intermediari. Anche qui, un riferimento immediato può essere Banksy ed oggi, sulle sue orme, anche l’italiano Tvboy.
Come per ogni mezzo di veicolazione informativa è facile cadere nell’eccesso e nel corrispettivo della disinformazione. Se è vero che i social possano essere considerati un collage che tiene insieme interessi e passioni di un individuo e che tramite una comunicazione per immagini e per video sempre più brevi (Instagram stories, Tik tok, reels) sia possibile quotidianamente avere una visione aggiornata del proprio feed, è vero anche però che la qualità di questo intreccio di informazioni è spesso frammentaria e vittima della velocità di consumo.
La polemica sulla dignità dei poli museali e del loro asservimento mediatico è nuovamente alimentata nell’oggi anche dalla loro presenza sui social networks. Se da una parte la comunità artistica rabbrividisce davanti al profilo Tik Tok della Galleria degli Uffizi, dall’altra deve amaramente constatare anche che, attraverso questa mossa strategica a livello di comunicazione, applicando ridicoli filtri su opere d’arte del patrimonio mondiale, il polo museale più illustre di Firenze è divenuto, nell’arco di pochi giorni, il museo più seguito al mondo. Tramite questo processo di popolarizzazione della collezione degli Uffizi, o di banalizzazione a detta di molti, il museo ha abbassato il target dell’età media dei propri fruitori di almeno 20 anni, rivolgendosi perfino a bambini in età prescolare.
Nessuno può detenere l’esatta percezione di quella che potrebbe essere la risonanza di questo fenomeno nel corso degli anni, e quale l’effetto prodotto su questa giovanissima
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audience rispetto al canonico insegnamento delle discipline artistiche durante il corso di studi tradizionale. Si ricorderanno della Medusa di Caravaggio grazie alla loro insegnante di storia dell’arte o grazie al video di Tik Tok che la ritrae?
Ad ogni modo si riconferma che la tecnologia comporta una crescita del valore per il comparto culturale e creativo con infiniti casi di buone pratiche. Un esempio fra tutti è quello della possibilità di visitare i musei di ogni parte del mondo anche nell’impossibilità di farlo fisicamente: la tecnologia permette di infrangere barriere erette dalle sfide del contemporaneo, dall’economia e dalla disabilità, perseguendo così una grande missione inclusiva, didattica e portatrice di sviluppo.
La tecnologia agisce non solo sulle esternalità del museo o sulle strategie di comunicazione, ma ad oggi è alla base di intere esposizioni digitali ed interattive. In particolare, viene impiegata la realtà aumentata per simulare esperienze immersive a tutto tondo e le interfacce grafiche di ultima generazione per supportare e qualificare ad alti livelli l’esperienza di visita al museo.
Interessante a tal proposito è lo studio Educational Games to Enhance Museum visits for
schools del 2018, ad opera di un gruppo di studiosi, tra tecnici, informatici e pedagogisti
dell’Università spagnola di Navarra.
Lo scopo della ricerca è quello di creare nuovi strumenti educativi per migliorare l’esperienza della visita al museo dedicato all’artista spagnolo Jorge Oteiza da parte delle scuole. Perseguendo l’idea per la quale una chiara strategia di apprendimento portata avanti di pari passo dalle scuole e dai musei rinforzi l’esperienza di esposizione diretta al prodotto artistico, il team di ricercatori ha ideato e realizzato dei minigiochi a supporto della didattica museale, impiegando tecnologie motion-based touchless interfaces. (Bossavit, Pina et al. 2018)
La scelta del museo di innovare i propri strumenti educativi è motivata dalla complessità delle opere esposte. La collezione del museo comprende infatti delle sculture dell’artista Jorge Oteiza che si vanno ad inserire tra il Cubismo ed il Costruttivismo, formulando un’estetica negativa basata su concetti matematici e filosofici. Colta l’evidente difficoltà di far passare questo complesso messaggio attraverso il codice comunicativo di un bambino, ben si comprende la volontà di ricorrere a mezzi, anche tecnologici, che semplifichino l’apprendimento e lo rendano anche più interessante e divertente.
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Una volta reso chiaro l’obiettivo della ricerca, il team si è adoperato per formulare la migliore offerta didattica servendosi di una tecnologia più volte riadattata in base all’età media dei giovani visitatori e al numero di partecipanti per ogni gruppo.
Nella fase di report, sono stati confrontati i dati della misurazione degli output di queste attività, decretandone il successo. Il dato specifico non atteso ma significativo è che l’esperienza migliorata dalla tecnologia è stata maggiormente percepita ed interiorizzata come ‘avventura del singolo bambino’ e non del gruppo. La strategia ibrida adottata, tra apprendimento formale ed informale attraverso l’impiego di giochi e attività varie, ha quindi promosso l’apprendimento individuale, facendo riflettere sull’esperienza non comunitaria di accostarsi all’arte. Proprio su questo aspetto i ricercatori hanno formulato una speranza sul lungo periodo per la quale gli adulti del domani, iniziati all’arte attraverso la tecnologia che ha semplificato per loro l’apprendimento, siano spronati a desiderare sempre di più dall’esperienza museale, portando quindi altri studiosi a dover nuovamente apportare innovazione ai prossimi strumenti educativi per l’arte.
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