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Nuove identità per i mercati alimentar

Chiara Rabbiosi

Il mercato tradizionale è comunemente inteso come uno spazio circoscritto e relativamente poco progettato al proprio interno dove si realizza un tipo di scambio di merci mediato dalla creatività e dall’intraprendenza di commercianti artigiani di fronte a un pubblico di clienti incontrati de visu. Da qualche decennio questo tipo di spazio commerciale sta andando incontro a significative innovazioni (organizzative, merceologiche, architettoniche, di pratica) che ne mutano buona parte del carattere, come vedremo anche in questo saggio. Come conseguenza, il mercato sta riscuotendo un rinnovato interesse nell’ambito delle politiche urbane. Come per lo studio di altri tipi di spazi commerciali (ad esempio, Miller, Jackson e Rowlands 1998), è interessante comprendere come le risorse materiali e sociali dei mercati siano rimesse in gioco da una serie di pratiche eterogenee che essi stimolano: da quelle dell’andar per compere al loro interno o nel quartiere circostante o persino in altre città, a quelle stimolate dalle politiche che li interessano, alle pratiche di tipo progettuale- architettonico, solo per fare qualche esempio di particolare rilievo in questa sede. Come tutti i luoghi, infatti, anche quelli del commercio e del consumo possono, e anzi devono, ambire a essere oggetto di una analisi basata su una politica della relazionalità (Massey 2005). Sintetizzato, questo tipo di approccio considera lo spazio come un prodotto di interazioni, sia che ci si riferisca all’ «immensity of the global» o all’ «intimately tiny» (Massey 2005, 9). Pensare lo spazio in termini di luogo significa considerarlo come un contesto in cui flussi eterogenei di soggetti e oggetti sono compresenti; come qualcosa che è sempre in costruzione, mai finito e mai chiuso. Come una sfera in cui distinte traiettorie coesistono, e spesso confliggono.

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È in particolare il mercato tradizionale destinato allo scambio di beni alimentari che ha destato nell’ultimo decennio un rinnovato interesse. Si pensi agli studi di design urbano e progettazione architettonica (Franck 2005; Parham 2012), pianificazione urbana (Morales 2009), geografia culturale (Bubinas 2011; Coles e Crang 2011), studi urbani (Gonzalez e Waley 2013), sociologia (Watson 2009) e marketing (Visconti, Minowa e Maclaran 2014). Una varietà di tematiche, oggetto del dibattito più attuale nell’ambito delle politiche urbane internazionali, intrecciano le trasformazioni di questo tipo di mercato: dalla sostenibilità ambientale alla sicurezza alimentare, dalla riqualificazione urbana all’accesso allo spazio pubblico, dal patrimonio culturale al turismo, dalla coesione comunitaria al benessere fisico. In questo articolo ci si soffermerà in particolare sulle traiettorie rappresentate dalle politiche urbane e sul reinvestimento architettonico che ha accompagnato la più recente trasformazione dei mercati alimentari coperti urbani da servizio di prossimità a attrattore di “nomadi globali”. Dopo un breve chiarimento circa l’approccio adottato, si passeranno in rassegna alcuni casi internazionali, e poi si approfondirà l’analisi della realtà milanese, e più specificatamente del Mercato Comunale coperto di Piazza Santa Maria del Suffragio, inaugurato nel dicembre del 2015.

Mercati, città, politica

La sorte che riguarda i mercati alimentari sembra essere particolarmente ambigua. Come sottolineano Gonzalez e Waley (2013) discutendo alcuni casi britannici, i mercati alimentari, in particolare quelli di prossimità, erano stati oggetto di abbandono da parte delle amministrazioni pubbliche (cui tendenzialmente competono) tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI. Questo abbandono “politico” è stato spesso giustificato come dovuto all’aumentata competizione dei supermercati, alla disaffezione dei clienti in cerca di esperienze di consumo di altro tipo, all’inadeguatezza infrastrutturale, alla lentezza degli operatori mercatali ad adattarsi a questi cambiamenti. A fronte di questi aspetti, un investimento pubblico probabilmente non varrebbe la partita. Contemporaneamente, però, alcuni mercati alimentari sono riqualificati al fine di poter diventare una sorta di museo vivente del patrimonio enogastronomico di un determinato contesto. Questo tipo di mercato emerge come uno tra altri elementi di un paesaggio “gastrocratico”1 che ha assunto di recente un ruolo fondamentale 1 - Mi ispiro qui liberamente all’incipit di un articolo comparso sul «Manifesto» del 03 ottobre 2014: «Una gastrocrazia domina il nostro paese, il cibo e il discorso sul cibo sembrano aver monopolizzato l’attenzione nazionale» (Diamanti 2014).

all’interno della città neoliberista. Con questo termine mi riferisco a come la diffusione di un paesaggio di consumo connesso all’enogastronomia di qualità accompagni una narrazione selettiva della città favorevole alla libera espansione dell’economia di mercato e funzionale a nascondere la dialettica antagonistica (o meglio ancora, «agonistica», per dirla con Mouffe 2007), costitutiva della dimensione politica dell’urbano.

Limitandoci a uno sguardo mosso dall’interno delle scienze sociali, i mercati possono rappresentare un modo di consumo che comunica individualismo e che evade la standardizzazione della produzione di massa. Ma allo stesso tempo possono essere una vetrina per la messa in scena del diffuso discorso sulla «città creativa» (Mould 2015) oppure uno spazio di “frontiera” per la gentrificazione delle città in chiave neoliberista (Gonzalez e Waley 2013). Dal punto di vista del consumo i mercati possono essere considerati sintomatici di una ricerca di autenticità di tipo distintivo molto più “esclusiva” che “inclusiva”. Negli ultimi quindici anni, infatti, i mercati sono stati spesso rigenerati e reinventati diventando attraenti per un tipo di clientela interessata, ad esempio, a una esperienza dello shopping “locale”, sostenibile dal punto di vista ambientale e etica. Questo tipo di clientela corrisponde tendenzialmente a una summa di gruppi sociali dal capitale economico e culturale discreto. Tuttavia, nel discorso più comune sulla rigenerazione dei mercati alimentari, questi aspetti problematici sono lasciati sullo sfondo a vantaggio di una celebrazione pacificata della loro nuova sorte.

Se i mercati sono luoghi

I mercati alimentari forniscono una infrastruttura spaziale, sociale e materiale per l’incontro di diverse popolazioni e merci. Da un lato, sono spazi urbani dove una serie di flussi eterogenei sono organizzati e disorganizzati (Seale 2016), dall’altro sono i contesti in cui il cibo è esposto e reso disponibile all’incontro con questi flussi (di popolazioni, merci, informazioni, etc.) non in isolamento, ma “nel luogo” (emplaced) (Coles e Crang 2011). Dal punto di vista relazionale, i mercati sono costruiti anche da esperienze sensoriali che giocano un ruolo importante rispetto alla possibilità di apprezzare in un modo o nell’altro le merci presenti al loro interno. Il mercato, cioè, non è una sorta di contenitore ermetico nel quale sono collocati i suoi prodotti: è piuttosto un teatro all’interno del quale una serie di elementi in grado di toccare diverse corde emotive sono collocati e prodotti (Coles e Crang 2011). Dunque, il mercato, così come lo intendiamo qui, è un evento praticato, percepito e sensoriale (Slater e Tonkiss 2001).

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È attraverso lo studio del luogo così come lo si incontra nei mercati che possiamo avvicinarci a identificare o a localizzare le qualità distintive dei mercati alimentari di fronte alle sfide poste dalla loro rigenerazione. Come abbiamo già accennato, il luogo – anche quello rappresentato da un mercato – è sempre oggetto di traiettorie molteplici, che intersecano e mettono in relazione scale di azione diverse. Sono le negoziazioni che discendono dalla molteplicità di relazioni che si sviluppano nei confronti di questo tipo di spazio commerciale a metterne in discussione il carattere inclusivo. In particolare, facendo riferimento al pensiero di Doreen Massey, intendo il termine “inclusivo” come simile a ciò che la studiosa britannica definisce nei termini di throwntogetherness (approssimabile come “mescolanza”). È la capacità di alcuni luoghi di ospitare diversi attori sociali e diversi attanti (elementi non umani, non meno privi però di una certa capacità di agency) a far sì che forme particolari di “qui” ed “ora” siano poste in essere. Riconoscere la tensione tra le diverse negoziazioni generate dalle traiettorie che sono thrown together (“gettate insieme”, “mescolate”) in un luogo, significa anche adottare un approccio politico al concetto di spazialità.

Quattro casi europei

La rassegna di alcuni casi di mercati alimentari oggetto di politiche e interventi di rigenerazione può essere utile per evidenziare le caratteristiche con cui questo tipo di spazio commerciale è diventato anello di un più ampio sistema che associa alle attività di vendita di prodotti agroalimentari anche quelle di ristorazione, turistiche e di valorizzazione del patrimonio culturale. Fra i molti esempi possibili si può annoverare il Borough Market di Londra2 localizzato nelle adiacenze del London Bridge lungo Southbank, una zona di Londra resa più attraente a partire dalla fine degli anni Novanta grazie a un forte investimento patrimoniale-culturale (Globe Theatre, Tate Modern). Il Consiglio di Amministrazione della fondazione di beneficenza Borough Market ha promosso, dal 1995 e tramite il Royal Institute of British Architects, alcuni concorsi per la riqualificazione del mercato e dell’intera zona circostante. La superficie interessata dalla ristrutturazione è di 15.000 mq e comprende diversi tipi di spazi. La ristrutturazione, a cura dello Studio Greig & Stephenson3 è durata 12 anni. La parte di mercato vittoriana in ghisa è stata completamente restaurata, mentre alcuni edifici degli anni Cinquanta in cemento sono stati demoliti per far spazio ad architetture più moderne. Al mercato all’ingrosso per i ristoratori locali è stata affiancata la vendita 2 - http://boroughmarket.org.uk.

3 - http://www.gands.co.uk.

al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande di qualità, oltre all’organizzazione di eventi culturali e gastronomici. Nel 2003, il mercato vince una competizione lanciata dall’agenzia di promozione turistica Visit London come esperienza londinese più popolare.

Un altro esempio noto è quello del Mercat de Santa Caterina di Barcellona.4 Nel 1997 il progetto dello studio Miralles-Tagliabue5 vince il concorso di architettura indetto nell’ambito di un processo di riqualificazione del vecchio mercato rionale del 1848 del quartiere della Ciutat Vella di Barcellona. Il tentativo dei progettisti è quello di consentire un transito maggiore attraverso lo spazio commerciale (di 1.600 mq) aumentandone gli ingressi. Inoltre, è stata stesa una nuova copertura multicolore che oltrepassa i muri perimetrali per estendersi dalla piazza del mercato all’adiacente via di traffico Laietana. Oltre ai banchi del mercato, vi sono aree di sosta, bar, e un ristorante tematico con una sala biblioteca. Vi è anche un’apposita area museale che rende visibile i resti archeologici rinvenuti durante i lavori di riqualificazione. Rapidamente il Mercat di Santa Caterina è diventato un attrattore turistico e, nonostante non siano stati localizzati all’interno del mercato nuovi operatori, è oggi riconosciuto come uno degli elementi che ha stimolato effetti di gentrificazione residenziale e commerciale sul quartiere che lo ospita (Cordero 2014). Un ultimo esempio, che si distingue ancora dai precedenti, è quello di Markthal di Rotterdam.6 Agli inizi degli anni Duemila, la città di Rotterdam indice un concorso per la progettazione di un nuovo mercato alimentare coperto. Il concorso è aggiudicato, nel 2004, dallo Studio MVRDV.7 Il progetto consiste in un’arcata imponente alta 40 metri, contenente 200 appartamenti. Questa arcata passante crea la copertura per il grande mercato, il cui piano terra ha una lunghezza di circa 120 metri e una larghezza di 70 metri. In questo caso ci troviamo di fronte a una struttura interamente nuova, e non a una riqualificazione di un mercato preesistente, come nei casi precedenti. Le due grandi facciate d’ingresso al mercato sono realizzate in vetro e cavi d’acciaio per avere la massima trasparenza possibile e invitare così le persone a entrare nella “cornucopia” che il mercato rappresenta, come indica il nome del murale, opera degli artisti Arno Coenen e Iris Roskam, che ricopre la volta. A seguito della realizzazione del nuovo mercato anche il mercato all’aperto già ospitato nella vicina piazza Blaak è stato reimpostato in modo da creare 4 - http://www.mercatsantacaterina.com.

5 - http://www.mirallestagliabue.com. 6 - http://markthalrotterdam.nl. 7 - https://www.mvrdv.nl.

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una continuità tra le file di banchi esterni e gli accessi a Markthall. I banchi del mercato rappresentano prevalentemente aziende locali o commercianti della zona e offrono una vasta gamma di prodotti freschi e cucinati. Oltre ai punti di vendita al dettaglio, ristoranti, bar, caffetterie, è stato realizzato un supermercato al primo interrato e un centro per l’educazione, l’informazione e l’innovazione nel campo dell’alimentazione.

Anche in Italia si è assistito più di recente alla riqualificazione di alcuni mercati alimentari coperti. È il caso dello storico Mercato Centrale di Firenze,8 progettato da Giuseppe Mengoni nel 1874. Dopo anni di abbandono, nel 2014 è inaugurato il primo piano restaurato a opera del gruppo Archea Associati.9 Al piano terra continua l’attività dei 120 operatori del tradizionale mercato cittadino, mentre il primo piano (2.600 mq) diventa un centro polifunzionale per la vendita e la somministrazione di cibo di qualità al quale si aggiungono attività artistico-culturali, le scuole di cucina e degustazione, una banca e una libreria. Una testata locale descrive in questi termini l’operazione: «il Mercato [è] inteso alla maniera di Sapori e Dintorni Conad, di Eataly e di RED Feltrinelli con il connubio cucina, turismo, prodotti in esposizione da consumare sul posto».10 Non è un caso che il progetto sia a cura di una società partecipata al 50% da un ristoratore e da un imprenditore attivo nel settore dei campeggi e dei villaggi turistici. Similmente a Bologna sono stati riqualificati il Mercato di Mezzo, il più antico mercato coperto della città (la struttura coperta risale al 1877, ma già in precedenza il sito era una strada commerciale), chiuso nel 2008 dopo anni di declino e riaperto nel 2014, e il Mercato delle Erbe di via Ugo Bassi,11 progettato nel 1910 da Arturo Carpi e oggetto di riqualificazione a partire dal 2015. Nel primo caso il restauro ha previsto l’ampliamento della superficie per la vendita e la somministrazione, grazie alla creazione del primo piano e all’utilizzo dell’interrato (ricavando circa 740 mq) e il coinvolgimento di marchi quali Coop, Fior Fiore, Libera Terra, Alce Nero, Eataly e Baladin. Il Mercato delle Erbe di via Ugo Bassi ha subito interventi minori dal punto di vista architettonico. Nelle due campate laterali del mercato sono stati introdotti alcuni ristoranti che hanno preso il posto di alcune aree di vendita. Al posto della macelleria equina, ad esempio, si trova oggi una gastronomia vegana con possibilità 8 - http://www.sanlorenzomercato.it.

9 - http://www.archea.it/mercato-san-lorenzo.

10 - San Lorenzo, Mercato Centrale diviso in due, sopra il futuro, sotto il passato, in «Nove da Firenze», 16 aprile 2014: http://www.nove.firenze.it/san-lorenzo-mercato-centrale-diviso- in-due-sopra-il-futuro-sotto-il-passato.htm.

11 - http://www.mercatodelleerbe.eu.

di somministrazione. Lo spazio al centro delle due campate è ora occupato da tavolini e sedute.

Il reinvestimento simbolico e materiale dei mercati comunali milanesi

L’Esposizione universale del 2015, il cui tema verteva sul cibo in un’ottica di innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e dimensione culturale, si è tramutata rapidamente in un evento traino di mutamento del paesaggio del consumo milanese. È proprio a cavallo del periodo di Expo che sono realizzate alcune operazioni commerciali temporanee e private basate sulla riproposta del format del mercato alimentare. In operazioni come quelle del Mercato Metropolitano, del Mercato del Duomo e The Tank (operazioni dagli esiti molto diversi e oggi tutte concluse), le filiere agricole e gastronomiche sono state combinate all’interno di nuovi spazi in cui vendita, attività didattiche e per il tempo libero sono proposte come evento culturale. Più o meno nello stesso periodo il Comune di Milano ha predisposto un piano di intervento volto a riqualificare i tradizionali mercati comunali coperti di sua proprietà. Il Comune, infatti, possiede 24 mercati volti a fornire un servizio di vicinato nei quartieri nei quali si collocano. I mercati comunali coperti, costruiti perlopiù nell’immediato secondo dopo guerra, non presentano elementi di pregio architettonico. Nel primo decennio del 2000, a fronte dello stato di disinvestimento e di perdita della clientela nel quale giacevano, alcuni di essi erano stati chiusi, mentre altri continuavano a operare in condizioni degradate. È nel 2011 che inizia invece un piano di recupero che si focalizza su quattro mercati, in aree diverse della città.

Il Mercato Comunale di Piazza Santa Maria del Suffragio si trova in una zona semi-centrale, a poche centinaia di metri da Piazza Cinque Giornate, lungo Corso XXII Marzo. Il valore immobiliare stimato della zona è di circa 3.500 €/mq per le abitazioni civili di fascia media e di 2.600 per locali e negozi.12 È una zona relativamente benestante, con una struttura commerciale solida e varia, la presenza dell’Istituto Europeo di Design e l’attivazione di diversi interventi in senso culturale. Il mercato comunale, del 1947, era stato dismesso nei primi anni del 2000. Il Mercato Comunale della Darsena si trova invece nelle adiacenze di Piazza 24 Maggio. Il valore immobiliare stimato oscilla tra i 3.800 €/mq per la vendita delle abitazioni civili di fascia media e i 3.100 per locali e negozi nella zona Ticinese; tra i 2.900 €/mq per le abitazioni e i 2.700 per i negozi nella zona Naviglio Grande/San Gottardo. L’area è stata oggetto di un ampio dibattito lungo 12 - Tutte le quotazioni provengono dal sito: http://www.borsinoimmobiliare.it [2016].

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tutto il primo decennio del 2000, in quanto oggetto di un significativo intervento di riqualificazione urbana della Darsena stessa. Dopo una serie di contestazioni al progetto vincitore del concorso preposto (degli architetti Bodin, Guazzoni, Rossi, Rizzatto), il cantiere è portato a termine e la Darsena è riaperta poco prima di Expo. Il mercato coperto, che già negli anni Novanta rappresentava un’isola popolare in un quartiere che si stava rapidamente gentrificando, è stato interamente ricostruito poco distante dalla location originale e integrato nel nuovo progetto. Gli stalli sono in parte riallocati ai commercianti storici, mentre ne trovano collocazione di nuovi, come la macelleria di Giuseppe Zen, celebre cuoco e imprenditore che ha contribuito alla valorizzazione più recente dello streetfood. Infine i Mercati Comunali di Viale Monza (attivo già dai primi del Novecento) e del Lorenteggio (attivo dal 1954) si trovano in zone decisamente più periferiche della città, il primo a est (il valore immobiliare stimato si aggira intorno ai 2.200 €/mq per le abitazioni civili di fascia media e i 2.000 per locali e negozi) e il secondo a ovest, tra i quartieri Giambellino e Lorenteggio (2.200 €/mq per le abitazioni e 1.800 per locali e negozi). Mentre nel caso del Mercato di viale Monza gli esiti del bando del 2014 per l’affidamento ad un unico operatore economico di una porzione di 306 mq del mercato sono ancora incerti, più interessante è osservare il Mercato Comunale del Lorenteggio. Il futuro di questo mercato è integrato in un più ampio piano di rigenerazione di una vasta parte del quartiere, grazie a ingenti fondi strutturali europei compartecipati da Regione Lombardia e Comune di Milano che vedrà anche l’intervento di Renzo Piano. In questo mercato, Dynamoscopio, un’agenzia di ricerca e produzione culturale, si è insidiata dal 2013 con funzione di attivatore di hub di comunità e accompagnamento ad un processo di formazione dei commercianti perché possano affrontare i cambiamenti connessi con l’intervento di riqualificazione. Il loro progetto Smarket (in partenariato con altre due realtà di imprenditoria sociale attive nel quartiere) si è di recente aggiudicato il finanziamento del bando Culturability (si veda Ceresoli e Franceschinelli 2016).

Per l’Assessore al Commercio e Attività Produttive, che ha curato dal 2011 al 2016 le iniziative di intervento per la riqualificazione dei mercati comunali, l’operazione è sintomatica di un nuovo tipo di intervento di rigenerazione urbana che porterà i mercati ad essere poi utilizzati come «strumento di marketing urbano» e celebrati in quanto «centri di aggregazione e confronto importanti per il quartiere».13 La retorica che si 13 - Franco D’Alfonso, intervento all’incontro I mercati comunali come occasione di

rigenerazione urbana, «Fa la cosa giusta!», Milano, 19 marzo 2016.

costruisce intorno alla riqualificazione talvolta fisica, spesso commerciale, sempre anche simbolica, dei mercati alimentari a Milano si appoggia su alcuni pilastri: il successo della riqualificazione dei mercati alimentari in altri contesti, tra cui il caso di Barcellona risulta essere quello maggiormente citato; l’assenza di strutture architettonicamente pregiate a Milano che consentono, o giustificano, una forte valorizzazione dei contenuti del mercato; la necessità di trasformare il mercato da servizio di vicinato a incubatore socio-culturale a partire dal cibo di alta qualità in quanto aggregatore di filiere (produttive, culturali, etc.). Si riproduce facilmente una retorica con cui si equipara il mercato comunale in stato di abbandono a un «supermercato dei poveri», dotato anche di un’offerta merceologica