Nel passaggio dalla cultura del paralume alla cultura del bit elettronico37, anche il semplice raccontare affidato alla voce, all’oralità della mamma, della nonna e dell’insegnante viene sostituito dal più moderno “narrare” inteso come prerogativa dell’immagine e della cultura del digitale.
Ebbene, filosofi, sociologi e artisti sono concordi nel ritenere che le neonarrazioni, avvalendosi della molteplicità dei linguaggi, riescono a dare senso al narrare attraverso le varie forme espressive, coinvolgendo di volta in volta i molteplici linguaggi multimediali: la lingua scritta e orale, le immagini, il cinema, il teatro, la fotografia, la TV, …
Nella cultura contemporanea caratterizzata dalla pluralità dei codici espressivi, i linguaggi si universalizzano; l’analfabetismo strumentale non costituisce più un limite alla diffusione della conoscenza e alla comprensione del messaggio narrativo che, attraverso i codici del linguaggio multimediale, raggiunge tutti gli organi sensoriali38. Eppure la scuola continua ad essere il luogo per eccellenza in cui prendono vita mille storie. La scuola è infatti teatro di passioni, di splendide conquiste, di conflitti spesso insoluti, di dolorosi fallimenti e di audaci prove; è un semplice incipit dell’insegnante a scatenare i racconti personali che rientrano in quel tema.
Senza dubbio, fino a qualche decennio fa, il mezzo preferito dai bambini per creare storie era la parola scritta o orale, sommata al disegno e al gioco. L'esperienza del gioco oggi subisce tutto il fascino e la seduzione che si accompagna al progresso tecnologico del nostro tempo: gli audiovisivi, il computer, il videogioco, la LIM e la Rete stessa, sono realtà che affascinano
37Cfr. Attinà M., Dalla fiaba al videogioco. Linguaggi formativi a confronto, Edisud Salerno 2005
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sempre di più il mondo dell’infanzia e tendono sempre più ad accompagnare l’esperienza del gioco e del racconto.
La maggiore disponibilità e accessibilità ai media ha reso i bambini e i giovani dei soggetti competenti e alfabetizzati: sono consumatori critici, in possesso di indicatori personali per la scelta, la valutazione e l’interpretazione dei contenuti mediali da fruire e riusare per la costruzione di proprie storie39. La relazione con i media non si basa più solo sulla fruizione del mezzo (vedere, ascoltare), ma viene intesa in termini di uso e consumo partecipativo. Questo ha portato la scuola a modificare le tradizionali pratiche didattiche nella prospettiva dei nuovi stili di apprendimento dei nativi digitali: si assiste sempre più ad attività didattiche che coniugano le diverse forme di espressione e linguaggi formativi che costituiscono una gamma di potenzialità per la narrazione e possono essere visti come mezzi che, accanto a quello verbale, consentono processi di costruzione e di produzione del pensiero in forma narrativa.
L’atto del narrare prende così forma diversa sulla base dei supporti che sono a disposizione del soggetto che racconta: laboratori di Media Education, percorsi di costruzione di cortometraggi, blog e videoclip, approfondimenti interdisciplinari con la LIM, uniscono le pratiche narrative di costruzione della conoscenza all’uso dei linguaggi mediali. L’evoluzione tecnologica ci dà ora la possibilità di narrare e condividere storie utilizzando anche immagini e video, per di più Internet offre sia gli strumenti sia i canali perché chiunque diventi autore di storie digitali e le possa diffondere e condividere.
Nella società attuale il bagaglio di conoscenze di un individuo non è più e solo quello situato nel suo cervello, bensì diventa suo patrimonio di conoscenze anche quell’insieme di dati contenuti nei libri, recuperati tramite supporti
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tecnologici e in tempi ristretti perché ne conosce la collocazione. Si fa strada l’idea della mente come un centro neuronale dotato di collegamenti periferici situati in protesi tecnologiche che estendono le nostre possibilità di conoscenza senza i rischi di un sovraccarico cognitivo.
Accanto alla società, anche la scuola ha senza ombra di dubbio vissuto il passaggio dalla originaria forma della cultura dell’oralità, fino al più recente emergere delle tecnologie digitali caratterizzanti il Terzo millennio, ove è andata prefigurandosi quella oralità secondaria o di ritorno40 che ha tendenzialmente ristrutturato l’idea stessa della conoscenza.
Nel nuovo panorama culturale si fa strada un modello del sapere di tipo reticolare, supportato dalle nuove tecnologie digitali, che trova in Internet e nell’ipertestualità la sua essenza41.
Un sapere articolato per “oggetti qualunque” (nodi) che acquistano senso solo in quanto collegati ad altri oggetti e identificati proprio dalla natura di tali collegamenti, si configurerà, dunque, allo stesso tempo, come mobile e fisso, chiuso e aperto, circolare e lineare, tutto dipendendo dalle quantità e dalle qualità delle connessioni tra i nodi della rete42.
40L’emergere della tecnologia elettronica caratterizzante il terzo millennio ci proietta in una nuova
fase culturale, che Ong definisce “Oralità Secondaria” o di ritorno, simile a quella primaria, ma anche sensibilmente diversa. Simile, perché vengono riportate in primo piano alcune caratteristiche tipiche della cultura orale antica, quali la concentrazione sul presente, il senso della comunità e una nuova flessibilità sensoriale data dal coinvolgimento simultaneo della vista, dell’udito e del tatto, Diversa, perché si tratta di un’oralità più deliberata e consapevole, permanentemente basata sull’uso della scrittura e della stampa, e perché genera quel senso di appartenenza a gruppi incommensurabilmente più ampi di quelli delle culture a oralità primaria. Sul piano della riflessione epistemologica, si fa strada un nuovo modello del sapere, di tipo reticolare, più vasto e flessibile, supportato dalle nuove tecnologie digitali. Per approfondimenti, Ong W. J., Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna, 1986
41Attinà M., Il puzzle della didattica. Paradigmi interpretativi della didattica contemporanea, Ancia,
Roma, 2004, p. 181
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Maragliano R., I multimedia e le molteplici forme del sapere, in Studium Educationis, Cedem, Padova, 3, 2002, p. 592
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Le implicazioni pedagogiche diventano a questo punto particolarmente rilevanti: dinanzi alle nuove forme della conoscenza che implicano un processo di costruzione prodotto dall’attività cognitiva del soggetto in relazione con la realtà, la pratica didattico- educativa richiede uno slittamento dal paradigma dell’insegnamento come trasmissione al paradigma dell’insegnamento come interazione, che prevede allestimento di ambienti dove si costruisce nel fare e nel giocare grazie ad un riscontro istantaneo e visivo.