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RAGIONI DELLA FORTUNA E DEL DECLINO DELLA SCULTURA IN GESSO

II. 3 Nuove reliquie ex contactu

La cultura illuminista che si diffonde in tutta Europa, anche se con sostanziali differenze, pur mantenendo l’effettiva continuità con la tradizione classica, promuove una nuova visione laica, cercando di dare una diversa interpretazione ai modelli antichi, recuperandone i valori profondi, essenziali e originali. L’Italia e soprattutto Roma diventano il centro di una antichità ritrovata e nel XVIII secolo il Grand tour vive la sua stagione dorata91.

I viaggi in Italia acquistano un nuovo significato, non più considerati solamente come occasioni di formazione culturale, anche se questo aspetto è pur sempre fondamentale, diventano appassionanti pellegrinaggi verso la patria dell’antica bellezza, con l’opportunità di avere un contatto diretto con i luoghi e con le opere originali92. La distanza percepita con il mondo classico andato perduto e distrutto suscita una profonda malinconia che è alla base del gusto per le “rovine”, che si sviluppò in questi contesti.

L’immagine dell’antichità, da sempre esemplare, viene ricercata oltre che nella letteratura antica soprattutto nell’arte, capace di esprimere l’essenza e lo spirito della passato, come sosteneva Winckelmann. Della pittura non erano sopravvissuti molti esempi e per questo le sculture diventano gli oggetti privilegiati per la comprensione dell’antichità.

Poiché la Grecia era ancora parte dell’impero ottomano e per questo più difficilmente raggiungibile, la sua conoscenza diretta si attua più tardi, all’inizio del XIX secolo93 , per questo Roma continua a confermasi quale epicentro di questo movimento culturale. Poiché nella città erano concentrati la maggior parte dei siti archeologici e le principali collezioni di sculture antiche, tra cui il Museo Capitolino (1734) e il Museo Pio-Clementino che continuavano ad accrescere le loro raccolte grazie agli scavi, è considerata come un Museo generale94 composto

91

C. de Seta, Grand Tour. Il fascino dell’Italia nel XVIII secolo, in Grand Tour. Il fascino

dell’Italia nel XVIII secolo, catalogo della mostra (Roma, 5 febbraio- 7 aprile 1997), a cura di A.

Wilton e I. Bignamini, Milano 1997, pp. 17-25.

92

Ibidem, p. 23 e segg.

93

M. Fani Tsigakou, Alla riscoperta della Grecia: artisti e viaggiatori dell’età romantica, Milano 1985, pp. 25 e segg.

94

A. Pinelli, Roma cummunis patria, in Il Neoclassicismo nell’arte del Settecento, Roma 2005, pp. 67-68.

44 di numerosi reperti della memoria. L’Italia diviene protagonista dell’indispensabile esperienza formativa iniziata nei paesi di origine dei viaggiatori proprio grazie al contatto con i calchi delle raccolte che si andavano costituendo, e poi doveva necessariamente essere concretizzata direttamente con l’osservazione delle opere originali.

La città eterna, con la sua duplice essenza di capitale del cristianesimo e emblema del passato, densa di reliquie pagane e cristiane, partecipa al processo di laicizzazione della cultura settecentesca, diventando centro della diffusione di modelli artistici verso l’Europa grazie alla presenza di artisti e viaggiatori stranieri.

Nel flusso di viaggiatori che per diverse ragioni vengono in Italia, si innesca un intenso mercato di commissioni e di acquisti di opere d’arte. Le sculture antiche vengono intensamente ricercate e comprate e quando queste non disponibili, per via del costo o per le restrizioni all’esportazione dello stato pontificio, spesso vengono sostituite con copie in diversi materiali, che contribuirono alla conoscenza e al consolidamento del nuovo linguaggio artistico.

Con lo studio metodologico del passato che gli scritti dei più noti studiosi del Settecento contribuiscono a rafforzare, Roma non è più solo la tappa di un viaggio di formazione, ma diventa meta di un pellegrinaggio volto all’assimilazione dei codici antichi dove, in un’accezione ampia del termine, le opere d’arte vengono considerate delle reliquie sacre nel nuovo culto dell’antico95.

Le copie in gesso partecipano a questo fenomeno di conoscenza tra Roma e l’Europa, caricandosi di una valenza differente rispetto alla mera riproduzione che riveste oggi. Come ben ricorda Denis Diderot nel 1763, il quale consiglia ai collezionisti e agli estimatori d’arte di sostituire i dipinti di Raffaello e di Guido Reni con le più note sculture dell’antichità replicate attraverso i calchi e le copie96. Il riferimento ad una religiosità che tocca la cultura antica e che si esprime attraverso i calchi, insieme alla potenzialità di diffondere le forme del passato con un vantaggio economico e quindi accessibile a molti, è ben espresso da Samuel Rogers che in una lettera del 1798 esalta la capacità tecnica e meccanica dei

95

Zürich, Kunsthaus, M 29, Trippel 1.

96

O. Rossi Pinelli, Gli apostoli del buon gusto: fortuna e diffusione dei calchi, in La colonna

45 calchi, che “[…]stampa, rinnova e moltiplica a volontà;E a poco prezzo diffonde,

nei climi più distanti, le reliquie più belle dei tempi più santi”97.

I calchi comunque oscillano per la loro particolare natura tra il gruppo di opere che mantengono la loro utilità pratica nei diversi aspetti della vita artistica, ad esempio come strumenti di passaggio per la fusione in metallo o per lo studio accademico, e tra il gruppo dei semiofori98. Questa categoria si riferisce agli oggetti che rappresentano particolari significati, assicurando la comunicazione tra lo spettatore e il mondo invisibile, collegati tra loro dall’opera.

Le copie oltre che diffondere l’esteriorità dell’opera d’arte hanno un valore quali emblemi di un mondo mitico di eroi e dei di un passato perduto. Significato che con la diversa visione che ricoprirà l’opera d’arte nel tempo verrà sostituito, e i gessi verranno svuotati della loro valenza evocativa, ponendo l’attenzione sulla sola forma esteriore. Questa differente tendenza è collegata anche all’intensificarsi degli studi archeologici e allo sviluppo dei corsi universitari delle discipline. Nel 1767 a Göttingen esisteva una collezione di gessi, alla quale però non era dedicata una sala particolare per la sua esposizione, ma era inserita nella biblioteca, come parte integrante dell’insegnamento universitario, segnando una punto fondamentale nell’inizio della storia dell’archeologia99.

La religiosità del culto del passato della seconda metà del ‘700 trova nei calchi un ottimo veicolo di espressione. E’ significativo che Gothe nel suo diario riporti come ogni mattina rivolge la sua devozione al calco di una testa di Giove, posta vicino al letto100. Al ritorno in patria il poeta è costretto a lasciare la collezione di

calchi acquistati a Roma, ma una volta a Weimar si attiva per eseguire nuovi acquisti, di questi oggetti indispensabili, per rinnovare e riattivare la memoria dopo l’esperienza estetica avuta davanti agli originali101.

Nel Settecento la diffusione delle copie non avevano sminuito gli originali, ma aveva al contrario contribuito a diffondere insieme all’esteriorità, le idee e i

97

S. Rogers, An epistole to a friend, Londra 1799, citato in F. Haskell, L’antico nella storia del

gusto, Torino 1984 p. 116. 98

K. Pomian, Collezionisti, amatori e curiosi, Milano 2004, pp. 40 e segg.

99

M Barbanera, Les collection de moulages au XIX siècle: étapes d’un parcours entre idealisme,

positivisme et esthétisme, in Les moulages de sculptures antiques cit., pp. 59-61. 100

J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Milano 1993, p. 167-168.

101

J. Traeger, Zur Rolle der Gipsabgüsse in Goethes Italienische Reise, in Italiensensucht, München 2004, pp. 45-57.

46 concetti che le forme rappresentavano. Con la cultura ottocentesca, che tendeva a concentrare l’attenzione unicamente sulla forma esteriore, portò a relegare i calchi al solo utilizzo nelle accademie, ruolo che ricoprivano fin dal Seicento, e ha ritenerli come mere riproduzioni di un prezioso originale, differentemente dall’apprezzamento che avevano riscosso nell’epoca precedente.

L’interesse per l’antichità della cultura illuminista, come si diceva, incrementò la consuetudine del viaggio in Italia dell’aristocrazia europea e gli artisti ricevettero un forte impulso alla loro attività per la richiesta di opere e copie dall’antico. Questo fenomeno è alla base di una nuova percezione dei calchi, ai quali si riconosce non solo l’uso pratico, indispensabile nel percorso formativo degli artisti, ma anche un valore individuale che non è sminuito dal fatto di riprodurre numerose volte un originale, ma anzi esaltato da questa possibilità di rappresentare le vestigia “dei tempi più santi” come scriveva Rogers, nell’enfasi della nuova religiosità del passato del XVIII secolo.

Come nel medioevo il potere di attrazione della cristianità poneva Roma al centro degli itinerari dei pellegrini, le opere antiche erano l’epicentro di un vero e proprio culto del passato. La possibilità di poter visitare le collezioni private incrementò la richiesta di calchi che venivano commissionati dai viaggiatori per portare in patria al loro ritorno un esempio delle sculture antiche.

I gessi, economici e veloci da realizzare offrono la possibilità di continuare lo studio anche lasciata l’Italia e possono completare una collezione o essere utilizzati per decorare ambienti all’antica, come mostra il noto caso di Syon Haus. Ogni calco diventa una pars pro toto, e rappresenta l’essenza di un altrove idealizzato. Una collezione di calchi costituivano una nuova unità, selezionata secondo il gusto dell’acquirente, che attraverso la collezione e la scelta dei pezzi antichi attuava una vera e propria appropriazione dell’antico. Una copia diventava e mostrava un “alterità” rispetto ai contesti in cui veniva conservata, e i gessi concepiti in questa accezione erano commissionati per essere osservati in luoghi diversi rispetto al contesto originario, arricchendosi così di un nuovo valore di

autenticità.

Con un meccanismo simile a quello che aveva spinto i pellegrini del XI secolo a raggiungere i luoghi dei santi e dei martiri della cristianità, con la stessa

47 devozione si cercarono le testimonianze dell’antichità pagana. Nel Settecento all’aspetto devozionale si aggiunge, per la tendenza all’indagine profonda di tutti gli aspetti della storia, anche una volontà di ricerca storica unita all’impegno filologico dell’autenticità.

I frammenti sacri avevano la capacità di unire il presente e il passato, e i gessi, che come si diceva, rappresentavano un particolare tipo di autenticità hanno il vantaggio di aver avuto il contatto diretto con la scultura antica. Come una sorta di reliquia ex contactu, i calchi devono la loro fortuna anche alla venerazione di cui era oggetto la scultura antica, capace di esprimere l’essenza del mondo antico, infatti quelli più apprezzati infatti erano tratti direttamente dal marmo antico, che garantivano una migliore riuscita della riproduzione. Questo tipo particolarmente richiesto dai collezionisti, oltre che consegnare l’immagine, e portavano anche l’alone sacrale dell’originale antico, avendo la capacità di evocare l’antico, attuando il miracolo, completamente laico, del ricongiungimento e della restituzione del passato.

48 CAPITOLO III

UN CASO ESEMPLARE: LA GIPSOTECA DI ANTON RAPHAEL