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nuove tecnologie e nuove forme di socialità.nuove tecnologie e nuove forme di socialità.

33nuove tecnologie e nuove forme di socialità

(Eco, 2015).

Questa condizione, che mina alla base la modernità, decretandone definitivamente la fine e, attraverso il post-modernismo, conduce dritto fin dentro alla società digitale, si alimenta delle contraddizioni tipiche delle età di transizione. Se la condizione sociale infatti denuncia un progressivo isolamento dei singoli individui, per contrario la crescente diffusione dei nuovi mezzi della comunicazione (come i social media) e delle tecnologie descritte nei paragrafi precedenti, lasciano supporre nuove capacità di aggregazione, fil- trate non più attraverso l’esperienza fisica dell’incontro e della relazione one by one, bensì risolte in un ambiente digitale in grado di annullare le distanze. In questo paradosso si consuma e arde il concetto di liquidità, venato, a mio parere di una duplice connotazio- ne: da un lato negativa, come emerge dalla stessa descrizione di Bauman, per ciò che viene perduto, ma al contempo ottimistica per via della nuova condizione potenziale che si verrà a creare quando tutte le sfere saranno finalmente ferme e appariranno chiare nuove modalità espressive nei contesti di relazione digitale. In modo non troppo dissimile anche Umberto Eco affermava: “C’è un modo per sopravvivere alla liquidità? C’è, ed è rendersi appunto conto che si vive in una società liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti” (Eco, 2015).

Ebbene nonostante le fosche visioni tracciate da Bauman, esiste qui una ragione perlopiù disciplinare per cui in questa sede è lecito assumere una posizione di moderato ottimi- smo rispetto ai cambiamenti in atto: il punto di vista dell’osservatore in questo caso non è infatti quello del sociologo e tantomeno dell’antropologo, bensì si intende interpretare e manipolare i segnali e le informazioni attraverso un approccio design driven (progettuale), rivolto a determinare possibili scenari di vantaggio operativo e di sistema, che possano derivare dal cambiamento.

La forza dei legami deboli.

Nel quadro di una società fortemente interconnessa divengono rilevanti anche legami debo- li e in fondo quanti sono i familiari, amici e conoscenti che costituiscono la rete sociale di cui facciamo parte? Secondo Dunbar non più di 150 dunque, almeno stando dalla ricerca spe- rimentale condotta negli anni Novanta, da cui emerge, in qualsiasi contesto e periodo stori- co, il deterioramento progressivo dei rapporti umani a partire dal superamento della soglia rilevata con frequenza statistica più alta, ma non tutti i legami esercitano medesima forza di unione. Riguardo alla struttura di una rete ipotetica di contatti sociali, il professor Dunbar in particolare ipotizza che sia organizzata in livelli di relazioni integrate (circoli di conoscen- za), basata su multipli di tre. Il nucleo minimo di persone unito da legami molto stretti, con

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i quali rapportarsi per soddisfare i bisogni fondamentali di riconoscimento, affiliazione, cura e condivisione, è infatti costituito da tre o cinque persone; poi, a mano a mano, la cerchia si allarga e oltre il primo gruppo se ne trova solitamente un secondo rappresen- tato da altre dieci persone e poi un altro ancora, approssimativamente formato da trenta persone, e così via.

In questa visione concentrica della sfera relazionale di ciascun soggetto, i vari circoli di conoscenza riflettono il grado di intimità e la frequenza dei contatti (in senso strutturale il legame è tanto più stretto e solido quanto più elevato è il livello di intimità e di recipro- cità, così come più alta è la probabilità degli scambi e tanto più debole in caso contrario): la cerchia più interna è composta da familiari e amici significativi con cui ci relazionia- mo tutti i giorni o almeno una volta alla settimana; la seconda, da persone che contat- tiamo almeno una volta al mese, anche per scambiare delle semplici conversazioni o intrattenere interazioni superficiali non finalizzate, mentre entriamo in rapporto con il gruppo più esteso dei 150 almeno una volta all’anno, per esempio, in occasione degli au- guri per le festività, grazie a una sorta di ‘carezza di mantenimento’, in ultima analisi de- stinata a tener viva la conoscenza. Il legame, già debole, si scioglie infatti per effetto di un processo di estinzione, in assenza di rinforzi reciproci legati all’interazione, talvolta for- zosa, dei soggetti coinvolti. In questo schema di norma il numero della cerchia di amici intimi si mantiene abbastanza stabile, mentre può crescere e modificarsi più facilmente la cerchia dei conoscenti.

Contrariamente a ciò che potremmo pensare tuttavia anche i legami deboli hanno im- portanza e anzi, all’interno di un quadro sovraffollato di relazioni e di rapporti tra i sogget- ti coinvolti in un modello relazionale, possono spiegare meglio di quelli forti, fenomeni di dinamismo ed evoluzione, frequenti e caratteristici nella società contemporanea. Nel 1973, il sociologo Mark Granovetter, allora docente alla Johns Hopkins Universi-

ty di Baltimora, pubblicò un articolo sul fenomeno dei ‘piccoli mondi’ (tema affronta-

to già tre anni prima da Milgram3), ritenuto alla base di molti fenomeni sociali legati

alle reti di contatti e, oggi potremmo dire, anche ai social network più moderni. Il suo nome è in particolare legato ad una ricerca sulle modalità con cui le persone cercano

3 Negli anni ’60, Stanley Milgram, il sociologo che svolse gli esperimenti sull’eteronomia dell’essere umano, fe-

ce un esperimento chiave per comprendere meglio l’estensione e la lunghezza delle reti sociali. Le sue osserva- zioni, riprese e sviluppate nel tempo, rientrano in quella che si definisce ‘teoria dei piccoli mondi’, che dimostra un collegamento tra individui sconosciuti, mediato da pochi gradi di separazione. Fece un esperimento in cui chiese ad un certo numero di Americani, tutti residenti in uno stato, di mandare un pacco ad una persona scono- sciuta residente in un altro stato. Le persone che dovevano spedire il pacco conoscevano nome e professione dei destinatari. La strategia secondo cui si doveva svolgere l’esperimento era quella di inviare il pacco ad una persona conosciuta, che avesse il maggior numero di probabilità di conoscere il destinatario finale e così via, fino a conse- gna del pacco. I passaggi necessari tra il primo mittente e il ricevente furono mediamente sei.

pagina a fronte Modello relazionale di Mark Granovetter Piccoli cluster locali diventano parte di un network globale attraverso legami deboli.

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