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I NUOVI POTERI DELL’AGCM 1 L’Autorità garante della concorrenza e del mercato

Per quanto riguarda l’applicazione del diritto nazionale, due erano i principali modelli ai quali il legislatore italiano avrebbe potuto ispirarsi: quello di origine statunitense che attribuisce al giudice ordinario il compito di assicurare l’applicazione del diritto antitrust e quello diffuso in ambito europeo, che si affida invece ad autorità indipendenti, pur senza escludere la possibilità di un intervento da parte del giudice ordinario.

Dopo un ampio dibattito sviluppatosi nel corso dei lavori preparatori, la legge 287/90 ha optato per la seconda soluzione attribuendo ad un’autorità appositamente costituita il compito di attuare le disposizioni poste a tutela della concorrenza e del mercato.

La scelta di concentrare nel nuovo organismo l’insieme delle funzioni e dei poteri coinvolti nella tutela del mercato e della concorrenza, con la riserva dei mezzi giurisdizionali di impugnativa dei suoi provvedimenti, è dovuta al tentativo di delimitare da un lato il potere politico e dall’altro il potere giudiziario. Una forte presenza del Governo in tale materia avrebbe infatti riproposto il modello di intervento pubblico in economia fondato sulla programmazione e sui correttivi politici alle distorsioni del sistema competitivo, in un ambito estraneo alla sua logica di funzionamento e ciò in un contesto dove l’estesa presenza dell’impresa in mano pubblica può far dubitare dell’imparzialità dell’esecutivo nell’adozione di misure di tutela che, in quanto tali, si rivolgono a tutti gli attori del mercato. C’è dunque una motivazione di imparzialità e di indipendenza di giudizio nella esclusione del Governo dalla diretta attuazione della legge.

Mentre alla base dell’esclusione della competenza della Magistratura ordinaria a decidere sulle controversie in materia di tutela della concorrenza ci sono varie considerazioni: innanzitutto le fattispecie rilevanti in questa materia potrebbero sfuggire ai canoni di valutazione in uso dinanzi alle autorità giurisdizionali; i parametri di riferimento sarebbero spesso estranei alla formazione culturale e all’esperienza professionale dei giudici, per le

implicazioni economiche ad essi connesse; e infine una tutela diffusa come quella giurisdizionale, sarebbe meno efficace di quella fornita da un organismo unico e specializzato.

La funzione dell’Autorità sarebbe quindi quella di ottenere una sorta di influenza o potere informale degli operatori economici, attraverso la regolamentazione di settore, l’attività ingiuntivo-monitorio e la semplice espressione di un orientamento, cioè l’elaborazione di indirizzi di comportamento per i soggetti che operano nel mercato200.

Non c’è dubbio che il carattere saliente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sia la sua indipendenza: la legge 287/90 prevede infatti che l’Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione e introduce concrete garanzie di tale indipendenza assicurando sia la competenza e la professionalità, sia l’effettiva autonomia dei componenti dell’Autorità medesima. Tali connotati inducono l’interprete a inquadrare questa figura nella categoria delle c.d. Autorità amministrative indipendenti cioè di quei modelli organizzativi introdotti nell’ordinamento in conformità alla tendenza di abbandonare le forme più tradizionali di organizzazione dell’amministrazione, a favore di modelli che privilegiano appunto l’indipendenza e l’imparzialità delle autorità preposte a determinati settori della vita economica e sociale, caratterizzati da esigenze che non sarebbe possibile soddisfare mediante le tradizionali forme di organizzazione del potere pubblico201.

200 Così P. Aquilanti, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Diritto antitrust italiano, Bologna,

Zanichelli, 1993, pag. 837 e seguenti.

201Le autorità amministrative indipendenti sono caratterizzate da un grado di indipendenza piuttosto elevato

rispetto al potere politico, a quello burocratico e a quello economico e il riconoscimento di tale indipendenza consente loro di agire in posizione di terzietà e neutralità rispetto a tutti gli interessi settoriali, senza essere influenzate da fattori esterni, al fine di garantire il regolare funzionamento e lo sviluppo equilibrato dei settori ai quali sono preposte. La ragione dell’attribuzione ad esse di un accentuato grado di indipendenza è insita nel tipo di funzione che tali autorità svolgono, e cioè nella funzione fondamentale di regolamentazione e di protezione di interessi collettivi in taluni settori socialmente rilevanti, che deve poter essere esercitata senza condizionamenti da parte del potere politico, della burocrazia amministrativa e dei gruppi privati, al fine di garantire i cittadini dagli abusi di posizione dominante. L’attribuzione di questa particolare funzione ha influito sulla struttura organizzativa di queste autorità e sulle disposizioni che ne regolano l’attività, determinandone alcuni aspetti peculiari. E’ quanto si è verificato in primo luogo in ordine ai poteri di intervento nel settore che si concretano essenzialmente in poteri di controllo e cioè di indagine, raccomandazione, proposta e sanzione, e accanto a questi poteri sono previsti quelli di regolamentazione e di decisione individuale, che sono altrettanto importanti. La necessità di assicurare una certa indipendenza e autonomia ha inciso anche sul tipo di rapporto che intercorre tra queste autorità e gli organi che nei rispettivi settori svolgono una funzione generale di direzione politica, ai quali è riconosciuto nei confronti delle autorità subordinate, un potere di controllo generico e atipico diretto ad assicurare la conoscenza dell’attività svolta, anche al fine di verificare la coerenza dell’azione delle varie autorità amministrative che operano nel medesimo settore e che si realizza attraverso la previsione dell’obbligo per tutte le autorità interessate di presentare periodicamente relazioni sull’attività svolta. In alcuni casi, inoltre, gli organi di direzione politica possono emanare direttive per le autorità subordinate, cioè determinare gli indirizzi generali che vincolano al perseguimento di un determinato obiettivo la condotta del soggetto subordinato, lasciandolo libero di

I profili relativi all’organizzazione e al funzionamento degli uffici, alla selezione e alla gestione del personale, nonché alla gestione finanziaria e contabile dell’Autorità sono disciplinati dagli artt. 10 e 11 della legge 287/90.

Le disposizioni introduttive dell’art. 10, oltre a istituire l’Autorità come organo collegiale che opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione, ne determinano la struttura primaria, qualificano i requisiti soggettivi per le nomine dei suoi componenti e le condizioni di esercizio del loro mandato.

Per quanto riguarda le procedura di nomina dei membri dell’Autorità, che è composta dal Presidente e da quattro membri effettivi, l’art. 10.2 prevede che questi debbano essere scelti tra persone di notoria indipendenza, per ribadire e rafforzare il tratto caratteristico dell’organo collegiale che andranno a comporre. Inoltre, è previsto che la loro designazione, adottata d’intesa dai Presidenti delle Camere, avvenga con riferimento a individui in possesso di requisiti soggettivi atti a garantire l’efficiente esplicazione del loro mandato; si prevede infatti che il Presidente dell’Autorità abbia già ricoperto incarichi istituzionali di grande responsabilità e rilievo e che gli altri membri siano scelti tra soggetti che per i compiti svolti in precedenza (magistrati e professori universitari) o per la propria preparazione personale (personalità di alta e riconosciuta professionalità provenienti da settori economici) offrano adeguate garanzie di specifica ed elevata competenza.

L’art. 10.3 si preoccupa poi di garantire l’autonomia dei membri dell’Autorità durante il periodo di esercizio del loro mandato e a questo scopo sancisce innanzitutto il divieto, sanzionato con la decadenza dall’incarico, di svolgere talune attività considerate incompatibili

scegliere le modalità e gli strumenti di attuazione. Le autorità amministrative indipendenti godono anche di autonomia organizzatoria e di organico: le leggi che istituiscono tali autorità si limitano infatti a prevedere gli uffici più importanti e a regolarne il funzionamento, lasciando libertà di scelta in ordine agli altri aspetti interni, relativi a strutture, beni o personale. Un altro indice di indipendenza è il riconoscimento di autonomia finanziaria, cioè la possibilità di disporre di entrate proprie, e di autonomia contabile, cioè la possibilità di adottare una disciplina di gestione delle spese di bilancio in deroga alle norme che regolano la contabilità generale. Infine, l’effettiva indipendenza di queste autorità è garantita dall’esistenza di regole per la designazione degli organi di vertice che stabiliscono le modalità di nomina dei titolari dell’ufficio, con riguardo a requisiti sia oggettivi che soggettivi, e di regole che definiscono le condizioni per l’esercizio del mandato, stabilendo la durata, la rinnovabilità e la revoca dell’incarico, nonché i procedimenti di decisione. Tutto ciò contribuisce ad attribuire a tali autorità una collocazione particolare nell’ambito del sistema amministrativo, in quanto pur facendo parte di esso, nella sostanza ne rimangono in qualche modo estranee, per poter svolgere la loro attività con il massimo distacco, in una posizione di estraneità e di indifferenza rispetto agli interessi coinvolti, operando una scelta neutrale e dunque imparziale. Così C. Franchini, Le Autorità amministrative indipendenti, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1988, pag. 549 e seguenti.

con i connotati di indipendenza e terzietà propri dell’ufficio ricoperto; è infatti vietato ai membri dell’Autorità lo svolgimento di attività professionali o di consulenza, l’assunzione della carica di amministratore o dello stato di dipendente di enti pubblici o privati, nonché in genere l’assunzione di qualsiasi ufficio pubblico per prevenire, nel contempo, situazioni di conflitto d’interesse e ottenere il pieno impegno dei membri nell’ufficio.

Inoltre, essa prevede un periodo di durata del mandato particolarmente lungo, sette anni, superiore a quello previsto per i membri di altre importanti autorità amministrative indipendenti, per garantire la libertà di azione dei componenti dell’Autorità e rafforza tale situazione con l’espressa previsione dell’impossibilità di rinnovare il mandato per un ulteriore settennato, per non porre i membri dell’Autorità nella condizione di poter negoziare la propria conferma nell’incarico utilizzando i poteri loro conferiti dalla legge202.

L’art. 10.4 prevede un diritto di corrispondenza dell’Autorità nei confronti di pubbliche amministrazioni ed enti di diritto pubblico, integrato dal diritto di chiedere, ai medesimi soggetti, notizie, informazioni e collaborazione allo scopo di garantire la disponibilità dei dati in possesso dei pubblici uffici, nelle loro diverse articolazioni, in funzione della più completa conoscenza degli elementi di fatto che integrano le fattispecie esaminate.

Tuttavia, la posizione soggettiva dell’Autorità è costruita su basi piuttosto deboli, poiché in assenza o carenza di collaborazione di qualche ufficio pubblico, essa ha diritto di chiedere informazioni, notizie e collaborazione e non già di ottenerle, a differenza di quanto invece prevede la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi stabilita dalla legge 241/90 e successive modifiche e integrazioni, che riconosce un vero e proprio diritto di accesso a chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, esercitabile nei confronti delle amministrazioni dello Stato, escluso o limitato solo per alcune categorie di documenti a tutela del segreto di Stato o di altri rilevanti interessi (sicurezza, difesa nazionale, ordine pubblico, politica monetaria e valutaria, ecc.) e azionabile dinanzi agli organi giurisdizionali amministrativi.

202Così P. Marson, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Concorrenza e mercato, Padova, CEDAM,

Inoltre, l’art. 10.4 prevede che l’Autorità, in quanto autorità nazionale competente per la tutela della concorrenza e del mercato, intrattiene con gli organi dell’Unione europea i rapporti previsti dalla normativa comunitaria in materia, colmando così una vistosa lacuna presente nel nostro ordinamento, che era privo, fino all’istituzione dell’Autorità, di un referente nazionale per la Commissione europea, con caratteristiche simili a quelle di altri analoghi organismi presenti nei paesi membri, in ordine all’applicazione delle normative comunitarie e alla necessaria collaborazione degli Stati membri nell’attuazione degli indirizzi elaborati in sede comunitaria in materia di politica della concorrenza203.

La pienezza della potestà regolamentare attribuita all’Ufficio preposto alla tutela del mercato non si estende fino a ricomprendere anche la facoltà di prefissare le norme procedurali per il concreto esercizio dei poteri di vigilanza e controllo demandati alla stessa Autorità. L’art. 10.5 stabilisce, infatti, che le norme relative ai procedimenti istruttori, necessarie per garantire agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione, siano fissate con decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Ministro dell’Industria, sentito il Ministro del Tesoro e previa delibera del Consiglio dei Ministri. Sottraendo l’adozione del regolamento sulle procedure istruttorie alla potestà autoregolamentare dell’Autorità, si determina una rilevante limitazione dell’autonomia organizzatoria riconosciuta alla medesima.

D’altra parte l’autonomia dell’Autorità in questo campo è ulteriormente limitata, in quanto, in ogni caso, ai procedimenti attinenti all’esercizio dei suoi poteri si applicano le norme della legge generale sul procedimento amministrativo, che sono infatti di generale applicazione, almeno per la parte non derogata dal regolamento204.

Anche la disciplina del rapporto d’impiego presso l’Autorità è prevalentemente rimessa alla stessa istituzione. Infatti, la legge si limita a dettare alcune regole di base e a fissare alcuni limiti a tale potestà di autoregolamentazione; in particolare, ai sensi dell’art. 10.6, compete all’Autorità la potestà di dettare con un proprio regolamento la disciplina

203 Così P. Aquilanti, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Diritto antitrust italiano, Bologna,

Zanichelli, 1993, pag. 865 e seguenti.

204Così P. Marson, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Concorrenza e mercato, Padova, CEDAM,

relativa all’ordinamento delle carriere e al trattamento giuridico ed economico del proprio personale. Viene quindi ripreso il modello tradizionale del pubblico impiego, secondo il quale la disciplina del rapporto di servizio trova fondamento in atti d’imperio della stessa pubblica amministrazione, anche se la potestà di determinare unilateralmente la disciplina del rapporto con il proprio personale incontra un limite nei principi che ispirano la regolamentazione collettiva del rapporto di lavoro presso la Banca d’Italia.

Inoltre, l’art. 10.6 attribuisce all’Autorità ampie possibilità di autonoma gestione delle proprie risorse finanziarie e di determinazione dei criteri di utilizzazione di quest’ultime. Al riguardo occorre distinguere tra autonomia finanziaria intesa come possibilità di disporre di entrate autonome, e autonomia contabile, intesa come facoltà di adottare una disciplina di gestione del bilancio in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato.

All’Autorità è infatti attribuita, in primo luogo, potestà regolamentare in ordine all’approvazione delle norme concernenti la disciplina del contenuto e della struttura del bilancio di previsione e la regolamentazione dei criteri di gestione delle spese, e tale potestà può essere esercitata anche operando delle deroghe ai principi che regolano la tenuta della contabilità dello Stato.

L’ampiezza della libertà di autoregolamentazione in ordine alla determinazione delle modalità di gestione finanziaria è confermata dall’esiguità dei limiti ad essa imposti dalle norme istitutive, poiché la legge si limita a vincolare l’Autorità imponendole di provvedere alla predisposizione di un bilancio annuale di previsione, da approvare entro il 31 dicembre di ogni anno, e prescrivendo la predisposizione di un rendiconto annuale consuntivo da approvare entro il 30 aprile successivo alla chiusura dell’esercizio di riferimento.

La potestà di autoregolamentazione contabile dell’Autorità è da questo punto di vista assimilabile a quella concessa dall’ordinamento alle altre autorità amministrative indipendenti; anzi, probabilmente assume maggior ampiezza rispetto ad esse poiché i regolamenti dell’Autorità garante non sono soggetti a nessun controllo da parte di organi statali, come invece avviene per gli atti regolamentari di organizzazione delle altre autorità.

L’Autorità è poi dotata, ai sensi dell’art. 10.7 di autonomia contabile rispetto alle previsioni del bilancio dello Stato. Infatti, le spese per il suo funzionamento sono poste a

carico di un fondo erogato dallo Stato e iscritto, con un unico capitolo, nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’Industria. Nei limiti della disponibilità così determinata l’Autorità ha però un ampia autonomia di spesa, avendo la possibilità di decidere l’utilizzazione delle proprie risorse senza alcun condizionamento in ordine ai criteri d’impiego delle entrate o all’entità dei singoli capitoli di spesa, salvo ovviamente i limiti derivanti dall’approvazione del bilancio preventivo e dalle norme regolamentari introdotte dalla stessa Autorità in ordine alla possibilità di introdurvi delle variazioni.

D’altra parte, l’ampiezza di tale autonomia contabile trova conferma nella struttura dei controlli che la legge ha previsto in merito alle scelte attinenti alla gestione delle risorse dell’Autorità, dal momento che non è previsto alcun controllo analitico della gestione patrimoniale, ma che sia assoggettato ad esame da parte della Corte dei Conti il solo rendiconto consuntivo annuale, per cui manca qualsiasi controllo preventivo sui singoli atti di spesa.

Il controllo sulla gestione contabile dell’Autorità è poi assicurato in forma diffusa ma alquanto blanda, dalla previsione della necessaria pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del bilancio annuale di previsione e del rendiconto finanziario globale della gestione di ogni esercizio.

L’Autorità garante è invece sprovvista di autonomia finanziaria in quanto, pur amministrando liberamente i proventi che le sono assegnati ai sensi della legge, non dispone di entrate proprie nel senso stretto del termine poiché la misura della dotazione finanziaria annuale dell’Autorità dipende esclusivamente dall’entità del fondo stanziato nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’Industria e non è in alcun modo ancorata a parametri fissi legalmente predeterminati.

Tuttavia l’assenza di una reale autonomia finanziaria, non rappresenta una restrizione all’indipendenza dell’Autorità, poiché anche se essa potrebbe risultare condizionata dalla mancanza di disponibilità finanziarie adeguate alle necessità connesse all’esercizio delle funzioni a lei attribuite, i collegamenti istituzionali esistenti tra essa e i vari organi di vertice dell’ordinamento sono sufficienti ad assicurare l’adeguata rappresentazione delle esigenze economiche dell’Autorità medesima presso gli organi costituzionali a cui competono le

decisioni relative alla formazione del bilancio dello Stato e quindi alla determinazione delle risorse finanziarie assegnate all’organo in questione.

Inoltre, l’autonomia finanziaria pur potendo influenzare indirettamente l’indipendenza delle varie strutture dell’ordinamento non è di per sé sufficiente ad escludere la sussistenza della neutralità e dell’indifferenza dell’organo205.

Ai sensi dell’art. 10.8 le indennità del Presidente e dei membri dell’Autorità sono determinate con provvedimento del Governo per assicurare un trattamento economico confacente al prestigio dell’ufficio e tale da contribuire alla sottrazione dei membri dell’Autorità alle sollecitazioni materiali che possono sorgere in relazione alla definizione delle concrete fattispecie.

L’art. 11, contribuisce a definire con la disciplina del personale dipendente dell’Autorità, il quadro strutturale dell’organismo.

L’art. 11.1 prevede infatti l’istituzione di un apposito ruolo del personale dell’Autorità al cui adempimento dovrà provvedere con proprio decreto il Presidente del Consiglio dei Ministri, mentre il numero dei dipendenti sarà determinato in base alla pianta organica approvata dalla stessa Autorità nel rispetto del limite di 150 dipendenti indicato dalla legge, e prevede l’assunzione di tale personale per pubblico concorso.

L’art. 11.2 dispone che la disciplina del trattamento giuridico ed economico e dell’ordinamento delle carriere del personale devono essere determinati dall’Autorità in base a criteri desumibili dal contratto collettivo di lavoro in vigore presso la Banca d’Italia e tenendo conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell’Autorità, per cui l’assimilazione al trattamento adottato per i dipendenti della Banca d’Italia è limitata al rispetto dei criteri di base e può discostarsi da essi qualora lo esigano specifiche esigenze organizzative e funzionali conseguenti alla struttura o ai compiti dell’Autorità.

L’art. 11.3 stabilisce che l’impiego presso l’Autorità è incompatibile con qualsiasi altro incarico o impiego e con l’esercizio di attività professionali, commerciali e industriali e tale disposizione si applica oltre che al personale di ruolo, legato all’Autorità da un rapporto di

205Così P. Marson, Autorità garante della concorrenza e del mercato, Concorrenza e mercato, Padova, CEDAM,

pubblico impiego, ai soggetti che intrattengono con essa un rapporto continuativo e ad oggetto non specifico, anche se a tempo definito e di diritto privato, mentre non si applica ai consulenti esterni che l’Autorità consulti su problemi specifici.

Onde far fronte ad esigenze temporanee o particolari, l’art. 11.4 consente all’Autorità di far direttamente ricorso a personale assunto con contratti a tempo determinato o a consulenti esterni. Il personale a tempo determinato può essere assunto nel limite massimo di 50 unità e con contratti di diritto privato, mentre la possibilità di avvalersi di consulenti esterni è limitata alla ricorrenza di una situazione di necessità e può avvenire solo con riferimento a problemi specifici e determinati206.

Le norme concernenti il personale si completano con l’individuazione al comma 5 del