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La globalizzazione dei mercati, le relazioni sempre più complesse e i mutamenti del contesto economico, da un lato, l’inadeguatezza e l’incompletezza di Basilea 1, dall’altro lato, hanno portato il Comitato di Basilea a rivedere l’intera disciplina di vigilanza prudenziale e a emettere nel 2004 il Nuovo Accordo sul Capitale, meglio noto come Basilea 2, il quale verrà più volte modificato fino alla pubblicazione del testo integrale del Nuovo Accordo sul Capitale nel 2006.59 A tale pubblicazione segue il recepimento della disciplina a livello europeo mediante due direttive pubblicate dalla Commissione europea; la direttiva 2006/48/Ce relativa all’accesso alle attività e la direttiva 2006/49/Ce relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi.

A livello nazionale il recepimento della normativa nell’interno dell’ordinamento avviene attraverso modifiche apportate alla legislazione bancaria e, soprattutto, mediante l’emanazione da parte di Banca d’Italia della Circolare n. 263 del 27 dicembre del 2006.60

Il quadro regolamentare così delineato doveva entrare in vigore il 1º gennaio 2007. Tuttavia, a causa della complessità della nuova disciplina e dei relativi adempimenti a carico degli intermediari, l’effettivo avvio della disciplina prudenziale è datato 1 gennaio 2008. Gran parte degli operatori europei ha, infatti, sfruttato la possibilità offertagli dalla direttiva (CRD) di continuare ad applicare le regole di Basilea 1 per tutto il 2007 (art. 152, comma 8 della direttiva).

Questa disposizione prevista nella direttiva, non presente nel testo originario di Basilea, era volta a garantire alle banche europee l’opportunità di meglio dotarsi per

59

http://www.bis.org/publ/bcbs128ita.pdf 60

Banca d’Italia (2006), Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circolare n. 263 del 27 dicembre.

http://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio- norme/circolari/c263/Circolare_263_2006.pdf

56 l’applicazione del nuovo regime prudenziale. D’altra parte, le metodologie avanzate per il calcolo dei requisiti per il rischio di credito (metodo IRB avanzato) sarebbero comunque entrate in vigore a partire dal 2008, in base a quanto previsto dal Framework di Basilea.

Gli obiettivi del Nuovo Accordo si scostano da quelli perseguiti con la regolamentazione precedente. Infatti, obiettivi di Basilea 2 sono la stabilità dei sistemi bancari, la tutela delle condizioni di parità concorrenziale tra banche di diversi paesi e il raggiungimento di una maggiore correlazione tra patrimonio e rischi.

Tra questi, l’obiettivo principale è la promozione della stabilità, che diviene il focus dell’intera disciplina, la quale è promossa attraverso la previsione di adeguate riserve di capitale, in considerazione del fatto che il raggiungimento e il mantenimento di adeguati livelli patrimoniali allineati con i profili di rischio sono essenziali per assorbire le perdite inattese, che se non coperte, potrebbero condurre all’insolvenza dell’operatore. Infatti, la gestione dei rischi attraverso il ricorso al capitale potenzia la stabilità del singolo e del sistema finanziario, garantendo, al tempo stesso, la funzione di sostegno al sistema produttivo. A tal fine, inoltre, la disciplina amplia la sensibilità del ratio di capitale a tutti i rischi tradizionali della banca, ossia anche al rischio di mercato e rischio operativo, quindi, non solo a quello di credito, promuovendo una gestione attiva dei rischi.

Altro fine previsto nella nuova regolamentazione è quello di assicurare una competizione equa tra i vari intermediari internazionali, delineando una cornice regolamentare unica all’interno della quale possano competere con le medesime regole tutti gli operatori degli stati che applicano la disciplina di Basilea 2.

Il Nuovo Accordo sul Capitale si differenzia da quello precedente anche per la sua particolare struttura a “a tre pilastri”:

I. il Primo Pilastro prevede regole quantitative per determinare in maniera più precisa i requisiti minimi di capitale a copertura dei rischi tipici dell’attività bancaria (rischio di credito, di mercato e operativo);

II. il Secondo Pilastro introduce la disciplina riguardante il processo di autovalutazione che gli intermediari devono porre in essere in relazione

57 all’adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica. Tale processo è l’ICAAP (Internal Capital Adequacy Assessment Process);61

III. il Terzo Pilastro, infine, delinea gli obblighi di informativa al mercato ai quali devono adempiere gli intermediari (disclosure al mercato) riguardanti l’adeguatezza patrimoniale, l’esposizione ai rischi e le caratteristiche generali dei relativi sistemi di gestione e di controllo.62

In riferimento al Primo Pilastro, e in base a quanto suddetto, possiamo affermare che non è una novità rispetto alla regolamentazione previgente, in quanto entrambi prevedono un obbligo a carico delle banche di detenere una quantità minima di capitale a copertura dei rischi.

Ambedue le regolamentazioni prevedono chiaramente che gli operatori debbano detenere una quantità minima di capitale tale che il rapporto tra patrimonio di vigilanza e attivi ponderati al rischio sia almeno pari all’8%. Quello che cambia rispetto al passato sono le tipologie di rischio che devono essere considerate nella ponderazione degli attivi (denominatore) e le metodologie di stima dei requisiti patrimoniali che possono essere utilizzate, prevedendo, infatti, due metodi diversi, uno standardizzato e uno avanzato.

Pertanto, gli ambiti della regolamentazione si estendono, considerando nuove tipologie di rischio. Queste tipologie di rischio non sono nuovi tipi di rischi derivanti, ad esempio, dagli sviluppi economici o dallo sviluppo della prassi, bensì sono rischi che tradizionalmente la banca assume nello svolgimento delle proprie attività e, quindi, sono da considerarsi nuovi sola per la vigilanza prudenziale.

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Sul processo di autovalutazione svolto dalle banche si innesta l’azione di verifica da parte dei supervisori (SREP, Supervisory Review and Evaluation Process) attraverso i poteri e gli strumenti previsti in ciascun ordinamento.

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In questa sede ci occuperemo fondamentalmente del primo pilastro in relazione al solo rischio di credito.

58 La nuova disciplina, dunque, prescrive alle banche di detenere dei requisiti di capitale minimi a copertura non solo del rischio di credito, ma anche del rischio di mercato63 e del rischio operativo.64.

Tra le varie novità introdotte da Basilea 2, la più importante resta quella relativa all’introduzione di regole e metodologie alternative per il calcolo dei requisiti di capitale e, soprattutto, delle attività ponderate per il rischio.

La nuova disciplina, infatti, lascia inalterata la definizione di patrimonio di vigilanza65 e il livello minimo del ratio, ma interviene sulle modalità di stima del denominatore del ratio di capitale.66 Adesso, infatti, gli RWA sono dati dalla somma delle attività ponderate per il rischio di credito, di mercato e operativo.67

Una delle principali innovazioni introdotte con il Nuovo Accordo sul Capitale, quindi, è rappresentata dalla possibilità per le banche di poter scegliere tra differenti metodologie di calcolo, in modo da individuare quella più coerente con i propri profili strategici, operativi e organizzativi. La disciplina solitamente prevede una metodologia semplificata e una o due metodologie interne più evolute per ogni tipologia di rischio. Nei metodi cosiddetti avanzati, però, è esplicitamente previsto che gli intermediari bancari posseggano specifici requisiti organizzativi e quantitativi.68 In realtà, questo è

63

Disciplina già prevista nel 1996. 64

I rischi operativi vengono trattati dalla vigilanza prudenziale per la prima volta a causa della crescente importanza che essi hanno assunto nel tempo all’interno dell’attività bancaria.

65

La scelta di non modificare la definizione di patrimonio di vigilanza, ma di lasciare la definizione precedente costituirà una delle lacune più ampie del Nuovo Accordo sul capitale, la quale verrà colmata successivamente con Basilea 3.

66

Ricordiamo che il Risk Asset Ratio è dato dal patrimonio di vigilanza in rapporto con gli attivi ponderati al rischio, ossia gli RWA.

67

In realtà, per il rischio di credito le attività ponderate per il rischio rimangono gli RWA, mentre per il rischio di mercato e operativo si considera l’ammontare di requisito patrimoniale moltiplicato per 12,5, che è il reciproco dell’8%.

68

F. Cannata, “Il metodo dei rating interni. Basilea 2 e il rischio di credito: le nuove regole e la loro

59 un principio che era già stato introdotto all’interno della regolamentazione bancaria nel 1996, ma relativamente al solo rischio di mercato.

Pertanto, la previsione di questo principio per tutti i rischi tipici dell’attività bancaria ha rappresentato un salto in avanti, poiché ha reso la regolamentazione prudenziale adeguata alla complessità dell’attività degli intermediari e al contesto in cui gli intermediari stessi operano.

L’applicazione di metodologie avanzate e più complesse comporta, ovviamente, oneri maggiori, ma le Autorità di Vigilanza spronano le banche a utilizzare questi metodi per creare tecniche di risk management sempre più evolute.

Per stimolare le banche ad utilizzare tali metodologie le Autorità di Vigilanza le incentivano prevedendo la possibilità di individuare misure di rischio più conformi alla realtà (tendenzialmente minori rispetto a quelle alle quali si perviene utilizzando le metodologie standardizzate) e, quindi, riconoscendo loro la possibilità di accantonare riserve di capitale più contenute qualora esse ricorrano alle metodologie avanzate.

La metodologia standardizzata è rivolta soprattutto agli intermediari di dimensioni più piccole, caratterizzati da un’operatività poco sofisticata. Tale metodologia lega le ponderazioni degli attivi a rischio ai rating rilasciati dalle agenzie specializzate (riconosciute dalle autorità di vigilanza) oppure, in assenza di questi, a parametri stabiliti dalla regolamentazione.

La metodologia avanzata, la quale tendenzialmente sarà adottata dalle banche più complesse, dotate di adeguati sistemi di misurazione dei rischi e di adeguati assetti organizzativi, fonda il calcolo dei requisiti patrimoniali sui rating elaborati all’interno delle stesse banche sulla base di tecniche quantitative e sule rispetto dei requisiti organizzativi che l’autorità di vigilanza sono chiamate a verificare. Il riconoscimento della presenza di tali requisiti, necessari per l’implementazione della metodologia avanzata, è infatti accertata dai supervisori i quali, solo dopo i dovuti controlli, rilasciano la necessaria autorizzazione. In ogni caso è riconosciuta, in base al “principio di gradualità” la possibilità a ciascun intermediario di poter, nel tempo, applicare metodologie sempre più evolute.

Altro elemento che ne fa da padrona all’interno della nuova disciplina è il “principio di proporzionalità”, il quale riconosce che la parità competitiva non è

60 garantita attraverso una regola uguale per tutti, bensì attraverso una serie di regole diverse che consentano agli operatori di applicare quella più idonea in base alle caratteristiche proprie e del mercato in cui operano.

In riferimento al Rischio di Credito, ad esempio, la disciplina prevede che esso non venga più stimato sulla base della natura del credito stesso, come accadeva con Basilea1, bensì che venga stimato in base ad una proxy. Se si applica la metodologia standardizzata, si farà ricorso ai giudizi assegnati dalle agenzie di rating, se, invece, si adopera la metodologia dei rating interni, Internal Ratings-Based, IRB,69 si farà ricorso ai rating elaborati dalle banche al proprio interno, qualora, però, si ottenga l’autorizzazione da parte dell’autorità di vigilanza.

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