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2. IL MARCHIO BIOLOGICO

2.6 Nuovo modello di consumo

2.6.1 I trend in atto nelle abitudini alimentari degli italiani

Dopo aver affrontato in maniera dettaglia il settore agroalimentare biologico, cercando di fornirne una chiara definizione dal punto di vista legislativo, e allo stesso tempo di mostrarne l’andamento in termini di numeri realizzati negli ultimi anni, c’è bisogno di un cambio di prospettiva.

È stato mostrato come questo mercato rappresenti un caso di crescita molto interessante, in un settore (quello agroalimentare) che risente particolarmente della crisi, con i volumi di acquisti sempre più ridotti. Il carrello della spesa degli italiani

79 non è più pieno come quello di una volta, e a dimostrarlo sono i dati Istat che segnano, per quanto riguarda la spesa alimentare media mensile, una diminuzione del 4% nel periodo 2007-2014. Dietro a tale percentuale si nasconde un andamento altalenante dei consumi negli anni, e gli ultimi due non sono da meno. Se infatti nel 2015 i consumi totali degli italiani registravano una buona crescita del 2,8% a valore, e del 2,2% a volume, nel primo semestre del 2016 hanno mostrato una brusca frenata, e questo nonostante una forte pressione promozionale da parte dei rivenditori: quasi 1/3 dei prodotti infatti presenta uno sconto, con i prezzi che non aumentano (dati Iri). I tassi medi annui di crescita della spesa, se ci sono, sono molto ridotti.

Secondo il “Rapporto Censis sulle abitudini alimentari degli italiani”, questa parabola discendente dei tassi di crescita dei consumi, generali e alimentari, va avanti dagli anni ’80 (Figura 2.9), ed è figlia degli avvenimenti politici ed economici, così come dei forti cambiamenti nella società, nel modo in cui si guarda ai consumi e, ciò che più interessa in questo ambito, nel modo in cui ci si rapporta con l’alimentazione. Se fina ad ora si è parlato di questo settore solo in termini economici, il prossimo passo sarà quello di introdurre nuovi aspetti, come quelli socio-culturali, in grado di spiegare maggiormente i trend in atto.

Figura 2.9: Tasso medio annuo di crescita reale della spesa alimentare, di quella totale e del Pil (val %)

80 2.6.2 L’evoluzione dei modelli di consumo: dal “miracolo italiano” al XXI secolo

Ciò che è successo dagli anni ’50 in poi in Italia è scritto in lettere maiuscole sui libri di scuola e soprattutto sui trattati di storia economica, con il Paese che si stava riprendendo dagli anni difficili del dopoguerra e si iniziavano a vedere gli effetti di un’economica che viaggiava a pieno regime. Quello che dai giornali inglesi dell’epoca fu definito come il “miracolo italiano” aveva dato il via a una crescente corsa al benessere, con i consumi che, seppur partivano da livelli bassi, avevano raggiunto tassi di crescita enormi. Anche i consumi alimentari crescono tantissimo dagli anni ’50 in poi, soprattutto grazie alla diffusione di nuove tecnologie e di nuovi prodotti come i surgelati e i cibi in lattina. La profonda modernizzazione che ha inizio durante il boom economico italiano, prosegue e si afferma durante gli anni ’70, nel corso dei quali si manifestano tutti quegli aspetti di un paese in forte crescita, tra cui un reddito in progressivo aumento all’interno delle famiglie. La spesa alimentare aumenta a tassi annui vertiginosi, con un incremento nell’intero decennio che si attesta intorno al 12% in termini reali, manifestando tuttavia un accenno di contrazione verso la fine.

Gli anni ’80 sono quelli in cui il consumo raggiunge la sua massima potenza, con famiglie che possono contare su un’elevata capacità di spesa e per le quali il consumo è a tutti gli effetti un elemento caratterizzante. In questi anni gli individui cercano nel consumo un elemento per differenziarsi, per manifestare la propria capacità di scelta, e di conseguenza si punta su elementi nuovi (una seconda macchina, delle vacanze diversificate ecc.). Il tasso di crescita percentuale dei consumi alimentari continua a presentare un segno positivo, ma a ritmi più lenti di quelli del decennio precedente. Gli anni ’90 portano avanti il trend discendente dei tassi di crescita annui manifestatisi precedentemente, con un incremento decennale di appena il 4,2%. Sono gli anni dell’affermazione della GDO, in cui il quantitativo dei beni acquistati aumenta, ma il valore richiesto diminuisce.

Con l’entrata nel nuovo millennio avviene l’affermazione di nuovi modelli di consumo, in forte distacco dai precedenti e in grado di alterare il rapporto tra l’individuo e gli acquisti, L’iper-consumismo, quel desiderio di acquistare in maniera compulsiva, dando rilevanza alla quantità rispetto alla qualità, perde terreno a favore di nuovi valori, quali la sicurezza alimentare e la salubrità. Alcuni scandali

81 alimentari mettono in allerta i consumatori, che iniziano a perdere alcune sicurezze, prima tra tutte quella intoccabile fiducia verso i grandi marchi, e a riporre sempre meno fiducia verso quello che viene detto e dichiarato dalla pubblicità. Sempre più attenzione viene posta sulle etichette; inizia a manifestarsi una maggiore consapevolezza e un maggior desiderio di informazione, e questo pone in secondo piano aspetti oramai giudicati secondari come la ricerca di convenienza o la riduzione dei tempi di acquisto. La qualità (almeno quella percepita) diventa più importante della quantità, e questo lo si deduce anche dai tassi di crescita annui della spesa alimentare, sempre più fermi.

Nuovi trend di consumo, prima considerati come nicchie, iniziano a diffondersi tra molti consumatori, che ora acquistano una nuova veste: quella di consumatori responsabili, molto più attenti alla salute, alla sostenibilità e agli effetti delle loro azioni su ciò che li circonda, in primis l’ambiente. Un dato interessante, a fonte Nomisma, potrebbe essere la riduzione degli sprechi alimentari: il 62% delle famiglie italiane afferma di essere molto più attenta agli sprechi e di buttare molto meno cibo nella spazzatura. Ancora, dal quadro presentato da LifeGate e dall’istituto Eumetra Monterosa (2016), la percentuale degli italiani convinti della necessità di un comportamento sostenibile è arrivata al 37%: delle persone intervistate, più dell’85% dichiara di svolgere regolarmente la raccolta differenziata; il 36% evita quando possibile di prendere l’auto mentre il 33% consuma abitualmente prodotti alimentari a “km zero”. È all’interno di questo contesto che si afferma il marchio di agricoltura biologica.