Nutrizione Artificiale nel paziente diabetico
S96
co, costituito prevalentemente da acidi grassi monoinsa-turi. Anche se i dati controllati non sono ancora numero-si, appare evidente che il compenso glicemico e del qua-dro lipemico migliora (in modo variabile) sia nel diabete tipo 1 che tipo 2 utilizzando tali diete formula patologia specifiche ed anche il rischio a lungo termine di infezio-ni si riduce. L’aggiunta di fibre vegetali contribuisce so-lo modestamente al miglioramento del compenso glice-mico, proprio perché, come si è detto, le fibre subiscono trattamenti tecnologici che ne riducono la viscosità per ridurre il rischio di ostruzione delle sonde enterali (6-8). NE nel paziente diabetico con gastroparesi
La gastroparesi si caratterizza per sazietà precoce, nausea, vomito, eruttazioni; si tratta di una condizione clinica possibile nel diabetico e che rende particolar-mente difficile il compenso glicometabolico. In questi casi, sia i lipidi che le fibre possono accentuare i sintomi della gastroparesi ed è anche difficile un buon “timing” tra assorbimento di nutrienti ed azione dell’insulina. In questi casi possono essere utili gastrocinetici, il ricorso alla digiunostomia ed, ovviamente, un più attento con-trollo glicometabolico. È possibile dover ricorrere alla dieta standard per NE, proprio per limitare gli effetti della gastroparesi sull’assunzione dei nutrienti (9). NP nel paziente diabetico
Si tratta di un rilevante problema clinico perché fino al 30% dei pazienti in NP è diabetico, spesso con pro-blemi clinici, chirurgici in particolare, maggiori.
Tranne i rari casi d’imponenti reazioni da stress, la capacità di utilizzazione dei lipidi non è ridotta e quindi la composizione della quota energetica della miscela nu-trizionale (rapporto glucosio/ lipidi) non si discosta mol-to da quella dei pazienti non diabetici, una volta rag-giunto un buon equilibrio metabolico e clinico.
L’apporto di glucosio, in condizioni di stabilità, deve essere pari a 4-5 g/kg/die (6-7 g/kg/die del paziente non diabetico) e quello di lipidi 1.0-1.5 g/kg/die.
Tali dosaggi devono essere ridotti nei pazienti diabe-tici portatori di patologie acute che comportino uno sta-to di catabolismo medio-grave (vedi capista-toli sul pazien-te in pazien-terapia inpazien-tensiva).
Di norma si consiglia un apporto proteico sostan-zialmente normale e cioè 0.8-1.2 g/kg di peso ideale (10, 11), benchè debba essere aumentato nel paziente diabetico in condizioni ipercataboliche (vedi capitoli sul paziente in terapia intensiva).
Come si è detto la NP va iniziata, se non in casi par-ticolari, soltanto quando la glicemia è < 200 mg/dL; se la glicemia è più elevata, va prima ricondotta a valori < 200 mg/dL con opportuna terapia insulinica.
In fase iniziale bisogna garantire almeno 100-150 g di glucosio/die. La dose minima di insulina da aggiun-gere, sempre all’inizio dell’infusione, nella sacca è di 1.0-1.5 UI di insulina pronta ogni 10 g di glucosio. È possibile anche ricorrere ad ulteriori boli di insulina pronta sottocute o, soprattutto nel paziente critico, al-l’infusione endovenosa continua mediante pompa a si-ringa. Infine, non è stato dimostrato alcun vantaggio pratico dalla sostituzione nella miscela per NP del glu-cosio con xilitolo, fruttosio o sorbitolo (12).
Alla dose di insulina pronta va poi aggiunta, se ne-cessaria, insulina ad azione intermedia in una o due somministrazioni sottocute (se l’infusione nutrizionale avviene ogni 12 o 24 ore) pari in media al 30-50% della dose abitualmente assunta. In rapporto al compenso gli-cemico si può aumentare nella sacca la dose di glucosio, in genere di 50 g al dì, fino al raggiungimento delle ne-cessità energetiche.
Raccomandazioni pratiche
1) La NA, enterale o parenterale, va iniziata nel pa-ziente diabetico, dopo una sufficiente normalizzazio-ne dell’equilibrio glicometabolico (B).
2) Il paziente diabetico in NA è a maggiore rischio di complicanze metaboliche e settiche, soprattutto se in NP (B).
3) La NE del diabetico deve preferibilmente utilizzare preparati formula con elevato contenuto di acidi gras-si monoinsaturi. Le fibre vegetali, tecnologicamente trattate per ridurne la viscosità, influenzano modesta-mente l’equilibrio glicometabolico (B).
4) La NP deve garantire almeno 100-150 g di gluco-sio pro die; nella sacca vanno aggiunti, al momento dell’infusione, almeno 1.0-1.5 unità di insulina pronta per 10 g di glucosio; si può anche ricorrere ad insuli-na pronta sottocute o endoveinsuli-na con pompa a siringa (soprattutto nel paziente critico) (B).
5) In rapporto al compenso glicemico si può aumen-tare l’apporto di glucosio di 50 g/die; stabilizzatosi l’equilibrio glicometabolico, si può ricorrere ad insu-lina ad azione intermedia sottocute (C).
Nutrizione Artificiale nel paziente diabetico
BIBLIOGRAFIA
1. Coulston AM. Enteral Nutrition in the patient with dia-betes mellitus. Clin Nutr Metab Care 2000; 3: 11- 5. 2. Garg A. High-MUFA diets for patients with Diabetes
Mellitus: a meta-analysis. Am J Clin Nutr 1998; 67 (sup-pl 3): 577S-582S.
3. Wright J. Effect of high-carbohydrate versus high-mo-noinsaturated fatty acid diet on metabolic control in dia-betes and hyperglycemic patients. Clin Nutr 1998; 17 (suppl 2): S35-45.
4. Scalfi L, Zurlo E, Contaldo F. Il compenso glicemico in Nutrizione Artificiale. Il Diabete 1998; 49-58.
5. Mc Mahon M. Management of hyperglicemia in hospita-lized patients receiving a parenteral nutrition. Nutr Clin Pract 1997; 12: 35-8.
6. Coulston AM. Clinical experience with modified enteral formulas for patients with diabetes. Clin Nutr 1998; 17 (suppl 2): S46-56.
7. Craig LD, Nicholson S, Silverstone FA, Kennedy RD. Use of a reduced-carbohydrate modified-fat enteral
for-mula for improving metabolic control and cinical outco-mes in long-term care residents with type 2 diabetes: re-sults of a pilot trial. Nutrition 1998; 14: 529-34.
8. Schrezenmeir J. Rationale for specialized nutrition sup-port for hyperglycemic patients. Clin Nutr 1998; 17 (Suppl 2): 26-34.
9. Devendra D, Millward BA, Travis PL. Diabetic gastropa-resis improved by percutaneous endoscopic jejunostomy. Diabetes Care 2000; 23 (3): 426-7.
10. Mc Mahon M, Monji M, Driscoll DF, Bistrian BR, Pa-renteral Nutrition in patients with diabetes mellitus: theoretical and practical considerations. JPEN 1989; 13: 545-53.
11. Ziegler TM and Smith RJ. Parenteral nutrition in patients with diabetes mellitus In: Clinical Nutrition, Parenteral Nutrition, 2nd edition edd JL Romhean and M Caldwell, 1993, pp 649-666, Philadelphia P A: W B Saunders. 12. Valero MA, Leon Sanz M, Escobar I, Gomnis P, de la
Carnara A, Moreno SM. Evaluation of nonglucose car-bohydrate in parenteral nutrition for diabetic patients. Eur J Clin Nutr 2001; 55: 1111-6.
Linee guida SINPE per la Nutrizione Artificiale Ospedaliera 2002 - Parte Speciale
S98
Rivista Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale / Anno 20 S5, pp. S98-S100 Wichtig Editore, 2002
© SINPE-GASAPE
Premessa
I disturbi del comportamento alimentare si possono distinguere in:
- Disturbi primitivi (o disturbi del comportamento alimentare propriamente detti o DCA; eating disorders nella definizione anglosassone), nei quali l’alterato rap-porto con il cibo è conseguenza di un’alterata percezio-ne della propria immagipercezio-ne corporea e quindi espressiopercezio-ne di disturbi psicologici (1)
- Disturbi secondari nei quali la perdita di appetito e l’avversione per il cibo riflettono profonde alterazioni dei meccanismi fisiologici di controllo della fame/sa-zietà, indotte dal concomitante sviluppo di malattie ad andamento acuto o cronico.
Tra i disturbi primitivi (anoressia nervosa, bulimia, alimentazione compulsiva o binge eating disorders), so-lo l’anoressia nervosa presenta, tra i criteri diagnostici, uno stato di malnutrizione clinicamente valutabile (peso corporeo ≤ 85% del peso ideale o IMC < 18.5 kg/m2).
La riduzione ponderale in tale patologia si associa generalmente nella femmina ad amenorrea, che ne costi-tuisce uno dei criteri diagnostici nella forma tipica, e può essere complicata da ritardo nell’accrescimento (se con esordio in età pre-peripuberale), osteoporosi, ipo-plasia del midollo osseo, anormalità cardiache (2) e ce-rebrali. La reversibilità di queste ultime, in particolare, con il recupero ponderale, non è certa (3).
I DCA possono associarsi a disturbi psichiatrici pri-mitivi (psicosi, depressione, disturbo ossessivo-compul-sivo), il cui trattamento può necessitare anche di una te-rapia psicofarmacologica.
La malnutrizione dei pazienti con anoressia nervosa è caratterizzata dall’instaurarsi di meccanismi di adatta-mento che permettono un fabbisogno energetico signifi-cativamente inferiore a quanto previsto (4). Nonostante ciò, il livello di mortalità in tale patologia, che colpisce in genere adolescenti di sesso femminile, è 12 volte più alto della mortalità delle adolescenti nella popolazione generale (5, 6), attribuibile per lo più ad aritmie da squi-librio idroelettrolitico e suicidio.
La sintomatologia soggettiva può variare, anche in
funzione del grado di malnutrizione, ponendo talvolta, nelle forme atipiche, problemi di diagnosi differenziale nei confronti di patologie organiche o funzionali del-l’apparato digerente (dispepsie, malattie infiammatorie croniche intestinali, disordini della motilità). Talvolta, peraltro, malattie infiammatorie croniche, diabete melli-to, celiachia possono coesistere con l’anoressia nervosa, rendendone più difficile la diagnosi e il trattamento (7).
L’importanza delle complicanze fisiche a lungo ter-mine pone la necessità di una diagnosi precoce e di un inizio tempestivo dell’intervento terapeutico clinico-nu-trizionale, soprattutto nella popolazione più giovane (8).
I dati di laboratorio possono rimanere nei limiti del-la norma fino alle fasi avanzate deldel-la madel-lattia (7, 9), ed essere condizionati dallo stato di idratazione (emocon-centrazione) del paziente. Le alterazioni più comune-mente osservate sono: leucopenia, anemia ipocromica, trombocitopenia (10), ipoglicemia, generalmente iperco-lesterolemia, ipocolesterolemia nelle fasi più avanzate, ipercortisolemia, ridotti valori di zinco plasmatici (11), altri deficit di micronutrienti (vitamine e minerali) sono anche documentabili. Nelle forme di malnutrizione pro-lungata è frequente l’osservazione di un deficit di vita-mina B12 e acido folico (12), così come la comparsa di un deficit di sintesi proteica viscerale (ipoalbuminemia, ipoproteinemia totale, ipoprealbuminemia); ipopotassie-mia e ipocloreipopotassie-mia sono frequenti nei casi di vomito au-toindotto e di assunzione di lassativi. Frequente inoltre l’iponatriemia (7). È comune l’osservazione di una ri-dotta FT3(“low T3syndrome”). I livelli serici di leptina sono ridotti nei pazienti con anoressia nervosa; tale os-servazione si correla con la ridotta massa grassa (7).
L’andamento dello stato nutrizionale deve essere va-lutato non solo con il controllo del peso corporeo, ma anche con altri parametri antropometrici, indici di anda-mento clinico a lungo termine (percentuale del grasso corporeo, circonferenza del braccio, ecc.). I dosaggi di ferro, ferritina serica, transferrina e complemento C-3 sembrano utili, come indici di sintesi proteica viscerale, benchè vada ricordato che molti dati di laboratorio, uti-lizzati in altre patologie per l’assessment nutrizionale, sono spesso normali nell’anoressia nervosa.