Nutrizione Artificiale in terapia intensiva
B. Nutrizione Artificiale nella insufficienza respiratoria
Nutrizione Artificiale in terapia intensiva
Vie e regimi di somministrazione
La via enterale è da privilegiare oltre che per consi-derazioni generali, per la minore termogenesi indotta dai nutrienti somministrati per tale via. Il tratto gastroenteri-co è, nella maggioranza dei casi, agibile anche in gastroenteri- condi-zioni di grave insufficienza respiratoria acuta (10). L’apporto energetico totale non deve superare, almeno nelle fasi acute, il fabbisogno energetico a riposo (20-25 Kcal/kg/die). Tale quota, nella maggioranza dei casi, è pari al 10-20% in più del fabbisogno energetico di base (BEE) stimato secondo l’equazione di Harris-Benedict. L’utilizzo di altre formule o la misura mediante calori-metria indiretta non hanno dimostrato una superiorità di risultati (11).
Nei pazienti con malattia polmonare cronica con as-sociata malnutrizione gli apporti energetici, necessaria-mente più elevati per garantire il recupero dello stato nutrizionale, debbono essere attentamente impostati e raggiunti progressivamente sotto controllo clinico. Nei pazienti con insufficienza polmonare acuta e grave (ARDS) che ricevono apporti energetici totali non supe-riori al dispendio energetico a riposo (REE), la quota delle calorie non proteiche fornita da lipidi è bene sia assente o molto contenuta (< 15% calorie totali non pro-teiche). Nei pazienti con insufficienza ventilo-respirato-ria cronica stabile dal punto di vista ventilatorio paiono essere tollerate quote più elevate (< 40%). L’apporto proteico deve, in linea di massima, eguagliare i fabbiso-gni stimati in base al grado di catabolismo (0.8-1.2g di proteine/kg/die; 1.2-1.5 g/kg/die nel malnutrito grave). L’apporto idrico giornaliero deve essere attentamente definito. Attenzione deve essere posta, infine, alla coper-tura dei fabbisogni elettrolitici, con particolare riferi-mento alla correzione di eventuali deplezioni cationiche e di fosforo.
Efficacia del supporto nutrizionale ed evidenze La somministrazione di calorie in quantità eccessi-va rispetto ai fabbisogni causa un aumento della pro-duzione di CO2e dell’esigenza di ventilazione polmo-nare (12). La fonte delle calorie non proteiche (gluci-dica o lipi(gluci-dica) influenza il quoziente respiratorio mo-dificando, in diversa proporzione, sia la produzione di CO2 che il consumo di O2. Per questi ultimi aspetti si rimanda alle specifiche Raccomandazioni Societarie (13). Una quota elevata di calorie lipidiche può abbas-sare il quoziente respiratorio, ma riduce le necessità di adeguamento ventilatorio solo se diminuisce la produ-zione di CO2(questo è l’indice misurabile che meglio riflette l’esigenza di ventilazione) (14). Per minimiz-zare la produzione di CO2 è quindi indicato evitare
quote inappropriatamente elevate di calorie totali som-ministrate programmando apporti sovrapponibili al fabbisogno energetico a riposo (REE) (15). In studi di Classe I-II, nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta, quando l’apporto calorico totale è uguale o in-feriore al fabbisogno energetico a riposo, non sono stati dimostrati evidenti vantaggi clinici, sia sullo scambio gassoso che sulle capacità di svezzamento, a seguito della modulazione del rapporto tra calorie glu-cidiche e lipidiche (16, 17).
L’infusione per via parenterale di emulsioni lipi-diche a velocità elevata (> 3mg/kg/min) è associata a deterioramento della funzione polmonare (ipossiemia) (18). Studi a tale proposito, condotti in pazienti critici, hanno portato a risultati non univoci, in quanto la si-curezza dell’uso dell’emulsione lipidica si è dimostra-ta dipendere sia dalla patologia polmonare di base, sia dalla velocità di somministrazione che dal tipo di lipi-di infusi (acilipi-di grassi) (19, 20). L’utilizzo lipi-di composti lipidici con supplemento di acidi grassi della serie ω3, può essere di qualche beneficio (riduzione della per-manenza in terapia intensiva, della durata della venti-lazione e dello sviluppo di insufficienza multiorgano) nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta tipo ARDS (21). Tuttavia questi acidi grassi sono spesso inclusi nelle diete immunomodulanti: gli effetti potenzialmente negativi di queste diete in termini di mortalità sono stati recentemente segnalati in alcuni lavori ed evidenziati in una metanalisi. Tali effetti ri-guardano esclusivamente i pazienti critici ed in parti-colar modo i settici gravi affetti da polmonite (22).
Nella maggioranza dei pazienti con sola insuffi-cienza polmonare gli apporti proteici devono soddisfa-re i fabbisogni. Nonostante l’iniziale ottimismo ri-guardo al positivo ruolo funzionale del supporto nutri-zionale nei pazienti con insufficienza respiratoria, stu-di clinici controllati, adeguatamente impostati e con-dotti, non hanno documentato chiari benefici clinici sull’insufficienza polmonare, in specie se acutamente insorta (23). Un recente studio ha rilevato in pazienti con insufficienza polmonare acuta e non settici effetti positivi, sul decorso clinico e sull’esito, di diete ente-rali supplementate di acidi grassi specifici e di antios-sidanti (24).
In generale, molti pazienti con insufficienza respi-ratoria non riescono a nutrirsi adeguatamente per boc-ca e, con una certa frequenza, possono andare incontro a periodi di digiuno o di grave ipoalimentazione di du-rata superiore alla settimana, limite di tempo oltre il quale è indicata la nutrizione artificiale. In questi casi si devono considerare attentamente sia la malattia pol-monare di base che i benefici e i rischi potenziali lega-ti al supporto nutrizionale.
Nutrizione Artificiale in terapia intensiva
S126
Indicatori di efficacia
L’efficacia del supporto nutrizionale può essere con-fermata da alcuni sensibili indicatori propri del paziente critico (in particolare: contenimento della negatività o positivizzazione del bilancio azotato e incremento del tasso plasmatico delle proteine a breve emivita). Nell’insufficienza respiratoria di tipo prevalentemente ventilatorio è tuttora dibattuto il ruolo “terapeutico”, sullo scambio gassoso e sulla funzione polmonare, di particolari regimi nutrizionali (diete ad elevato apporto lipidico). La stabilità del quadro emogasanalitico ed emodinamico e dei parametri respiratori (frequenza re-spiratoria, volume corrente, volume minuto) è un indi-retto indice di appropriatezza funzionale del regime nu-trizionale attuato. Quali indicatori di efficienza specifica sono stati indagati, anche se con risultati non univoci, i seguenti parametri: il miglioramento dello scambio gas-soso e dell’emodinamica, il tempo di svezzamento dal ventilatore automatico, le performances dei muscoli re-spiratori (forza e resistenza alla fatica) e l’incidenza di infezioni respiratorie sovrapposte.
Raccomandazioni pratiche
1) I pazienti affetti da COPD o ARDS vanno facil-mente incontro a malnutrizione durante la degenza o si presentano già malnutriti, per questo motivo richie-dono un’attenta valutazione nutrizionale (A).
2) Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta il supporto nutrizionale deve avere l’obbiettivo primario di impedire o limitare il progressivo consumo di mas-sa muscolare (muscoli respiratori), soddisfacendo i fabbisogni energetici e proteici; ciò può essere spesso ottenuto con apporti anche inferiori al fabbisogno
energetico. Avendone disponibilità la misura del di-spendio energetico corporeo (calorimetria indiretta) può aiutare nell’impostazione della dieta, tuttavia i benefici di un tale approccio non sono dimostrati (B). 3) Selezionati gruppi di pazienti con insufficienza re-spiratoria cronica compensata (BPCO o fibrosi cistica ad esempio) possono giovarsi del supporto nutrizio-nale artificiale. Questo tipo di trattamento si è rivelato utile per indurre un certo miglioramento dello stato nutrizionale e per aumentare la forza e la resistenza allo sforzo dei muscoli respiratori (B).
4) Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta o cronica scompensata i fabbisogni calorici devono es-sere accuratamente stimati al fine di evitare apporti energetici totali superiori ai fabbisogni con conse-guente stress metabolico (eccessiva produzione di CO2). La modulazione delle proporzioni tra quota ca-lorica glucidica e lipidica riduce la produzione di CO2; questo risultato, per apporti totali non superiori al fabbisogno energetico a riposo, non si riflette in una miglior prognosi (B).
5) Tutti i nutrienti essenziali (in particolare: potassio, calcio, fosforo, magnesio) devono essere forniti in quantità adeguate ai fabbisogni, allo scopo di permet-tere livelli ottimali di funzione dei muscoli respiratori (B).
6) L’apporto idrico nei pazienti con ARDS deve esse-re impostato dopo un’attenta valutazione emodinami-ca (B).
7) Nei pazienti con grave difetto di ossigenazione, i lipidi, in forma di emulsione per uso parenterale, de-vono essere somministrati con cautela e sotto stretto controllo clinico. Gli effetti benefici dell’utilizzo di lipidi della serie ω3 nei pazienti in ARDS, devono es-sere valutati con i possibili rischi associati all’impie-go di composti immunomodulanti in pazienti grave-mente settici (B).
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Linee guida SINPE per la Nutrizione Artificiale Ospedaliera 2002 - Parte Speciale
S128
PremessaLa somministrazione di quantità adeguate di protei-ne e calorie ai pazienti traumatizzati è fondamentale per raggiungere gli obiettivi terapeutici in questi pazienti.
Un apporto nutrizionale eccessivo può condurre scompenso nella funzione cardio-respiratoria, epatica e renale. Allo stesso modo la malnutrizione e l’erosione della massa magra, derivanti da un apporto proteico e calorico gravemente insufficiente o tardivamente intra-preso, possono influenzare negativamente la prognosi.
Razionale
Fabbisogno proteico
I fabbisogni proteici sono stati ampiamente studiati fin dagli albori del supporto metabolico, individuando ranges appropriati (1-2 g/kg/die) (1, 2). Più recentemen-te gli srecentemen-tessi fabbisogni sono stati confermati sia diretta-mente (3, 4) con studi più sofisticati, sia indirettadiretta-mente (5, 6) dall’impiego di apporti simili in studi mirati su al-tri obiettivi (Classe I-II).
Fabbisogno calorico
La misurazione del consumo di ossigeno e della pro-duzione di anidride carbonica, insieme con l’escrezione azotata consente di determinare la spesa energetica, tut-tavia la metodica è sensibile a numerosi fattori extrame-tabolici (e.g. iperventilazione, sedazione) ed è classica-mente variabile nel tempo, richiedendo il monitoraggio sulle 24 ore. Frankenfield (7), attraverso questa metodi-ca, registra una spesa energetica totale attorno a 28 Kcal/kg/die, (da notare che l’80% dei pazienti era seda-to con analgesici maggiori) e tale valore rappresenta giudiziosamente il valore medio raccomandabile degli apporti energetici, pur con una certa variabilità. Infatti, la spesa energetica a riposo è stata misurata in parecchi studi di Classe II (1, 8-12) con ampie escursioni (range 20-48 Kcal/kg/die), legate ai fattori summenzionati. L’u-tilizzo di formule o di valori predefiniti per stimare il fabbisogno energetico non si è rivelato meno efficace della calorimetria indiretta.
La maggior parte dei lavori è concorde nel ritenere che una quota consistente delle calorie dovrebbe essere fornita come glucosio (13, 14). In casi selezionati può rendersi necessaria una riduzione dell’apporto di carboi-drati per ridurre la produzione di CO2, questa necessità è
veramente molto limitata se si mantiene l’apporto calo-rico totale sotto le 30 Kcal/kg. Alcuni lavori (Classe II) suggeriscono che il contenimento dell’apporto lipidico può ridurre la morbidità e migliorare l’outcome (15).
Via di somministrazione
La risposta metabolica al trauma induce, fra gli altri effetti, la mobilizzazione di amino acidi dal tessuto mu-scolare. Questi amino acidi sono utilizzati sia a scopo energetico, sia per sostenere la sintesi proteica dedicata alla guarigione delle ferite ed all’imunocompetenza. L’obbiettivo di un supporto metabolico precoce è mante-ner la risposta immunitaria e conservare la massa magra
La nutrizione sia enterale sia parenterale presenta tuttavia dei rischi a fronte di assodati benefici specifici per ognuna delle vie.
Una serie lavori (Classe I-II) attesta la fattibilità e l’efficacia della nutrizione enterale, cosiccome la sua su-periorità rispetto alla parenterale, specialmente per quanto riguarda l’incidenza di complicanze settiche in traumi toraco-addominali (16-18).
Il maggior potenziale svantaggio della via enterale riguarda l’effettiva riduzione di apporti di tale via (17). Un digiuno totale o parziale è relativamente ben tollera-to dagli adulti sani, i pazienti politraumatizzati, solita-mente ipermetabolici, vanno incontro più rapidasolita-mente ad alterazioni funzionali legate alla deplezione delle scorte nutrizionali. Vi è un generale consenso rispetto al fatto che la limitazione degli apporti non dovrebbe supe-rare i 5-10 giorni in questi pazienti, l’entità della limita-zione è generalmente fissata al 50% dei fabbisogni (Classe I) (19).
L’accesso alla via enterale può essere ottenuto chi-rurgicamente(gastrostomia, digiunostomia, se il paziente deve essere sottoposto a laparotomia), endoscopicamen-te o radiologicamenendoscopicamen-te (via gastrica o gastrodigiunale) e per sondaggio nasogastrico o nasoenterico. In questo settore mancano di fatto studi clinici e solo un recente RCT ha dimostrato un più precoce raggiungimento degli apporti programmati attraverso la via digiunale, tuttavia senza che questo influenzasse l’outcome (20).
L’impiego di formule immuno-modulanti nei pa-zienti gravemente traumatizzati, somministrate precoce-mente ed in quantità adeguata, è in grado di ridurre l’in-cidenza di insufficienze d’organo, complicazioni infetti-Rivista Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale / Anno 20 S5, pp. S128-S130 Wichtig Editore, 2002
© SINPE-GASAPE
C. Nutrizione Artificiale nel politrauma
Nutrizione Artificiale in terapia intensiva
ve e la durata della degenza. Tuttavia in questi studi (Classe I-II) non si evidenziano benefici effetti sulla mortalità (21-23).
Raccomandazioni pratiche
1) I pazienti con trauma medio grave hanno fabbiso-gni energetici totali di 25-30 Kcal/kg/giorno, vale a dire 120-140% del BEE calcolato secondo l’ equazio-ne di Harris-Beequazio-nedict (B).
2) L’apporto di 1.25 g/kg di proteine é in genere suf-ficiente per la maggior parte dei pazienti traumatiz-zati (B).
3) L’assunzione di lipidi dovrebbe essere mantenuta entro il 30% delle calorie totali. Durante la fase acuta limitare la somministrazione di lipidi ai pazienti trau-matizzati puó ridurre la suscettibilitá alle infezioni e la durata della degenza (B).
4) I fabbisogni di proteine, carboidrati e lipidi non cambiano significativamente al variare della via di somministrazione (enterale o parenterale) (B).
5) L’incidenza di complicanze settiche è minore nei pazienti trattati per via enterale (B).
6) Nei pazienti critici spesso la via gastrica è pratica-bile, in questi pazienti si dovrebbe iniziare il suppor-to metabolico da questa via, data la sua relativa faci-lità (B).
7) La somministrazione di calorie in quantità eccessi-va induce iperglicemia, incremento della produzione di CO2, alterazioni idro/elettrolitiche, lipogenesi e steatosi epatica (C).
8) La TPN dovrebbe essere impiegata se non si rag-giunge una quota calorica adeguata per via enterale entro la settima giornata (C).
9) I pazienti instabili non dovrebbero ricevere diete nel piccolo intestino a causa del rischio di intolleranza e conseguente necrosi intestinale da distensione (C). l0) Nei pazienti sottoposti a laparotomia per lesioni addominali, si dovrebbe ottenere un accesso diretto al piccolo intestino sia con sonda nasodigiunale, sia con digiunostomia (C).
11) Sulla base della letteratura esistente non ci sono sufficienti prove per l’utilizzo di formulazioni “spe-ciali” per via parenterale (C).
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