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Nutrizione Artificiale nel perioperatorio

Nutrizione Artificiale nel perioperatorio

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cativa riduzione delle infezioni postoperatorie.

Per quanto riguarda la nutrizione preoperatoria, in-vece, non vi sono studi che abbiano confrontato NP vs. NE: in realtà (con l’eccezione di recenti esperienze di NE arricchita in immunonutrienti: vedi oltre), la grande maggioranza dei lavori che hanno validato l’efficacia della NA preoperatoria nelle situazioni sopraindicate (pazienti denutriti candidati a interventi chirurgici con elevato rischio di complicanze postoperatorie) ha impie-gato la NP.

Composizione della miscela nutrizionale

Gli studi sulla NP e sulla NE perioperatoria si sono focalizzati più sui risultati clinici che sugli effetti meta-bolici in funzione della quantità e qualità di nutrienti in-fusi. Dalle evidenze presenti in letteratura, emerge co-munque – come consigliabile – un apporto energetico totale non superiore al 150% del fabbisogno basale e una somministrazione di aminoacidi o proteine non su-periore a 1.5 g/kg/die. I lipidi possono costituire il 20-30% della quota calorica.

Nell’ambito parenterale, è consigliabile l’uso di so-luzioni glucosate, soso-luzioni aminoacidiche standard, ed emulsioni lipidiche; non vi sono evidenze per indicare una preferenza nell’ambito delle diverse emulsioni lipi-diche disponibili.

In ambito enterale, la grande maggioranza delle NE postoperatorie vengono condotte utilizzando miscele po-limeriche standard. Sulla base delle evidenze disponibi-li, non è possibile stabilire precise indicazioni all’utiliz-zo di miscele monomeriche o elementari.

Negli ultimi anni sono state studiate miscele nutri-zionali arricchite con substrati specifici (arginina, gluta-mina, RNA, acidi grassi omega-3) il cui effetto dovreb-be tradursi in un miglioramento della risposta immunita-ria e in una modulazione della risposta infiammatoimmunita-ria (cosiddetta “farmaconutrizione”).

Studi randomizzati hanno dimostrato effetti positivi dei farmaconutrienti su diversi parametri metabolici e immunitari; più complessa è invece l’analisi dei risultati sull’outcome clinico in termini di complicanze, morta-lità, durata della degenza postoperatoria. In 6 trials, la dieta arricchita con farmaconutrienti è stata sommini-strata postoperatoriamente: solo in 2 trials si è avuta una riduzione statisticamente significativa delle infezioni

po-stoperatorie (13). La somministrazione di diete arricchi-te con farmaconutrienti si è rivelata invece più efficace nel migliorare l’outcome clinico quando è stata iniziata alcuni giorni prima dell’intervento (14-16). Ciò trova un razionale nella necessità che l’organismo disponga di un’adeguata quota di substrati tissutali e plasmatici al momento del trauma chirurgico: questo è possibile solo se la loro somministrazione viene iniziata preoperatoria-mente. Recenti trials condotti da un autorevole gruppo di ricerca italiano mostrano che nei pazienti ben nutriti sottoposti a chirurgia maggiore per neoplasia del tubo digerente la somministrazione orale preoperatoria (5 giorni) di farmaconutrienti si associa ad una riduzione significativa delle infezioni postoperatorie (17). Sulla base di tali dati, l’immunonutrizione perioperatoria sem-bra assumere un ruolo rilevante nella NA del paziente chirurgico. Se questi risultati saranno ulteriormente con-fermati, le attuali raccomandazioni – che si riferiscono ad un supporto nutrizionale standard – dovranno essere necessariamente modificate.

Raccomandazioni pratiche

1) La NA perioperatoria (parenterale o enterale) è in-dicata in tutti i pazienti severamente denutriti candi-dati a interventi di chirurgia gastrointestinale maggio-re (A). La nutrizione artificiale postoperatoria non è indicata nei pazienti ben nutriti sottoposti a interventi di chirurgia gastrointestinale maggiore a meno che non sia previsto un inadeguato apporto orale di cibo per almeno 10 giorni (B).

2) La NE postoperatoria – spesso attuabile anche pre-cocemente dopo l’intervento chirurgico – dovrebbe essere preferita alla NP, per il minore costo e per la minore incidenza di complicanze infettive, soprattutto nei pazienti denutriti (A).

3) L’apporto di energia dovrebbe essere di 28-30 Kcal non proteiche/kg nei pazienti denutriti e di 25 Kcal non proteiche/kg nei pazienti ben nutriti. La quota li-pidica dovrebbe rappresentare il 20-30% dell’apporto energetico. L’apporto azotato dovrebbe essere di 0.2-0.3 g N/kg (C).

Nutrizione Artificiale nel perioperatorio

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Linee guida SINPE per la Nutrizione Artificiale Ospedaliera 2002 - Parte Speciale

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Premessa

La malnutrizione è una complicanza che può essere osservata nei soggetti con insufficienza epatica cronica e nei pazienti candidati a trapianto di fegato. Come è noto essa rappresenta un fattore prognostico capace di influi-re negativamente sull’outcome di questi pazienti sia in termini di sopravvivenza che in termini di incidenza di complicanze sopratutto nel periodo post-operatorio. Nu-merosi studi hanno, infatti, tentato di quantificare, quan-to e come, le alterazioni dello staquan-to nutrizionale possano influenzare il decorso clinico del paziente con insuffi-cienza epatica e di quello sottoposto a trapianto di fega-to e quale sia il trattamenfega-to nutrizionale più idoneo in questi malati.

Insufficienza epatica cronica

Valutazione dello stato nutrizionale. La malnutrizio-ne complica la storia clinica dei pazienti con insufficien-za epatica cronica (1-4). In letteratura la prevaleninsufficien-za di malnutrizione nei pazienti con epatopatia è riportata con percentuali variabili dal 18 al 60% (3-6) in dipendenza dello stadio e dell’eziologia della malattia e/o della sensi-bilità delle tecniche utilizzate per rilevare la malnutrizio-ne. Le tecniche comunemente utilizzate per fare la dia-gnosi di malnutrizione presentano, soprattutto nel malato con cirrosi epatica scompensata, notevoli problemi: i pa-rametri biochimici (albumina e prealbumina, transferrina, indice creatinina-altezza, ecc.) più che rappresentare un indice di malnutrizione sono influenzati dall’insufficienza epatica o renale, mentre i parametri antropometrici, come il peso corporeo e gli indici di massa magra e grassa pos-sono essere fortemente invalidati dalla ritenzione idrica (7, 8). Questa limitazione interessa anche l’impedenzio-metria (9-12). Alcuni dati della letteratura (3, 4) suggeri-scono che la valutazione nutrizionale del paziente cirroti-co in ambito clinicirroti-co possa essere meglio ottenuta utiliz-zando i parametri antropometrici distrettuali quali: i) l’a-rea muscolare (MAMA); ii) l’al’a-rea grassa (MAFA) del braccio non dominante. Valori della MAMA e della MA-FA del braccio inferiori al 5° percentile di una popolazio-ne di riferimento possono essere considerati il cut-off per l’identificazione dei pazienti gravemente malnutriti.

Eziologia della malnutrizione. La malnutrizione nei pazienti affetti da cirrosi epatica riconosce una patoge-nesi multifattoriale, non ancora chiaramente definita nei suoi complessi meccanismi fisiopatologici. Tra i possi-bili cofattori, ricordiamo: un inadeguato introito di ali-menti, determinato da varie cause quali modificazioni del gusto (13-15), riduzione dell’appetito o anoressia vera e propria ed assunzione di diete poco appetibili co-me la dieta iposodica in caso di ascite; uno stato di si-gnificativo malassorbimento (16) specie se l’epatopatia è di origine alcolica e se è presente una patologia pan-creatica concomitante; l’effetto di farmaci come la co-lestiramina per il trattamento del prurito da sali biliari e i disaccaridi non assorbibili per il trattamento dell’en-cefalopatia, che possono contribuire a determinare o ad aggravare il malassorbimento (17); l’insorgenza di complicanze quali un grave scompenso ascitico (18) o un episodio settico, che possono determinare un au-mento del consumo energetico non bilanciato da un adeguato introito calorico e contribuire quindi in ma-niera determinante allo sviluppo della malnutrizione. Infine, un ruolo determinante nella genesi della malnu-trizione è probabilmente svolto dalle alterazioni del me-tabolismo energetico, quali la ridotta tolleranza al glu-cosio associata ad iperinsulinemia ed insulino-resisten-za, con diabete vero e proprio nel 15-37% dei pazienti (19). Ciò comporta che nel periodo post-prandiale il cirrotico è in grado di ossidare adeguatamente il gluco-sio fornito dagli alimenti, ma non è altrettanto in grado di avviarlo ai depositi di glicogeno (20). Conseguente-mente, nei periodi di digiuno, è disponibile poco gluco-sio e la maggior parte dell’energia è ricavata dall’utiliz-zazione dei lipidi endogeni i quali vengono ossidati, so-prattutto nei pazienti malnutriti (21), in quantità aumen-tata rispetto al soggetto normale. L’ossidazione lipidica è aumentata anche nella fase postprandiale, con ridu-zione della capacità di rifornire i depositi adiposi del-l’organismo (22). Il cirrotico pertanto consuma più lipi-di durante il lipi-digiuno e non è in grado lipi-di ripristinare nel periodo postprandiale le scorte consumate. Tali altera-zioni possono giustificare la deplezione della massa grassa caratteristica dell’epatopaziente. Per quanto ri-guarda il metabolismo proteico, i dati sono meno uni-voci in quanto alcuni autori hanno riscontrato un au-Rivista Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale / Anno 20 S5, pp. S72-S76 Wichtig Editore, 2002

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