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Gli obblighi di controllo che ricadono in capo agli Stati di nazionalità delle imprese multinazionali per le

internazionali per gli atti posti in essere dalle SOEs nel host State e la responsabilità del home State

2.1 Gli obblighi di controllo che ricadono in capo agli Stati di nazionalità delle imprese multinazionali per le

attività condotte negli host States

Rintracciare tra le fonti di diritto internazionale un obbligo o un dovere che ricada in capo allo Stato di nazionalità delle imprese multinazionali - che si sostanzi nel controllare e nell’intervenire nelle attività poste in essere da quest’ultime all’interno degli Stati che le ospitano - è senz’altro operazione complessa e delicata162.

Innanzitutto, si tratterebbe senza dubbio di una forma d’ingerenza difficilmente giustificabile da parte di un soggetto terzo (i.e. il home State) nei confronti

162 Per ciò che concerne l’esperienza giuridica interna degli Stati che compongono la comunità

internazionale, l’ipotesi di un controllo extraterritoriale delle attività poste in essere da una multinazionale da parte del proprio home State è largamente rintracciabile nella practice adottata dagli Stati Uniti. Tale influenza e controllo si sono sviluppate tanto su di un piano giuridico, quanto su quello giudiziario. Per un approfondimento sul tema, si veda M. Sornarajah, “The

Extraterritorial Enforcement of US Antitrust Law: Conflict and Compromise”, Vol. 31, Issue 1,

International and Comparative Law Quarterly (ICLQ), Cambridge University Press (CUP), 1982, pp. 127-149.

dell’iniziativa economica privata dell’impresa, che viene riconosciuta come libera negli strumenti di diritto interno della più ampia maggioranza sia dei Paesi sviluppati sia di quelli in via di sviluppo.

In secondo luogo, tale ingerenza si ripercuoterebbe anche nei confronti del host

State, che assisterebbe all’intervento di uno Stato terzo nel proprio territorio, teso

a modificare o a influenzare l’attività di un’impresa che insiste nel proprio tessuto economico nazionale, con una conseguente potenziale delegittimazione delle capacità di disciplinare il proprio ordine interno.

Un tipo d’ingerenza di tale portata potrebbe trovare giustificazione solo in casi del tutto eccezionali - come ad esempio in caso di violazione massiccia e sistematica dei diritti fondamentali riconosciuti a livello internazionale - nell’ipotesi in cui il host State non sia in grado o non sia nella condizioni di poterne esigere il rispetto o di condannarne la violazione autonomamente.

Il fondamento logico-giuridico di un siffatto obbligo si potrebbe pertanto primariamente rintracciare in capo ai c.d. Stati sviluppati, titolari di un duty of

control163 nei confronti delle loro imprese che operino nei c.d. Paesi in via di sviluppo.

Tale concetto non deve essere tuttavia confuso con una forma di responsabilità internazionale dello Stato per atti posti in essere da soggetti che non siano in alcun modo riconducibili a quest’ultimo. Infatti, come previsto dall’art. 11 degli ILC

Articles,164 “[t]he conduct of a person or a group of person not acting on behalf of the State shall not be considered an act of the State under international law”.

Pertanto, il duty of control in esame si sostanzierebbe in un dovere di prevenzione da parte dello Stato, volto ad impedire che una corporation di nazionalità di quest’ultimo attui in modo contrario al diritto internazionale quando

163 “The rationale is that developed States owed a duty of control to the international community

and do in fact have the means of legal control over the conduct abroad of their multinational corporations […] it is therefore incumbent on the home State to ensure that the these benefits are not secured through injury to other States or to the welfare of the international community as a whole […] there is now an evolution on the notion that the home State has duties as well as rights in matters relating to foreign investments which require the home State to intervene to ensure that its multinational corporations act in accordance with emerging standards that require their accountability”. M. Sornaraja, “The International Law on Foreign Investment”, Third Edition,

Cambridge University Press (CUP), 2012, p. 144.

164 Draft Articles on the Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts, Yearbook of

si trovi ad operare nel host State165. Rimane tuttavia aperto l’interrogativo circa le conseguenze dell’eventuale mancato controllo - non esercitato dal home State - dal momento che l’Ente pubblico, ai sensi dell’art. 11 degli ILC Articles succitati, non potrebbe essere ritenuto responsabile per gli atti posti in essere dalla multinazionale se non gli sono attribuibili.

Secondo la posizione espressa dagli Scholars Jiménez de Aréchaga e Tanzi, “[t]he State becomes aware that an individual intends to commit a crime against another State or one of its nationals, and does not prevent it or the State which extends protection to the offender by refusing to extradite or punish him gives tacit approval to his act. The State thus becomes an accomplice in his crime and establishes a link of solidarity with him: from such relationship the responsibility of the State arises”166.

Il ragionamento proposto dai due Autori sembrerebbe quindi rintracciare nel combinato disposto degli artt. 8 e 11 degli ILC Articles la fonte normativa da cui promanerebbe tale obbligo. Tuttavia, non pare rintracciabile all’interno del testo normativo in esame alcun riferimento - quantomeno esplicito - a siffatta ipotesi di responsabilità internazionale dello Stato.

A riprova di quanto affermato, anche nel Nicaragua case167 la Corte Internazionale di Giustizia, chiamata a rintracciare una forma di controllo da parte degli Stati Uniti nei confronti delle “persons wholly unconnected with the State”, è dovuta ricorrere al dettato dell’art. 8 degli ILC Articles per provare siffatto collegamento.

A livello di trattati internazionali, uno dei rari esempi in cui una responsabilità di questo tipo è rappresentato da The Basel Convention on the Control of

165 M. M. Sornaraja, “Linking State Responsibility for Certain Harms Caused by Corporate

Nationals Abroad to Civil Recourses in the Legal System of Home State”, in Craig Scott (ed.),

Torture as Tort, Comparative Perspectives on the Development of Transnational Human Rights Litigations, Oxford and Portland Oregon, Hart Publishing, 2001, pp. 491-512.

166 E. Jiménez de Aréchaga and A. Tanzi, "International State Responsibility", in International

Law: Achievements and Prospects, M. Bedjaoui (ed.), Paris-Dordrecht-Norwell, 1991, pp. 308- 347.

167 Case Concerning Military and Paramilitary Activities In and Against Nicaragua (Nicaragua v.

United States of America); Merits, International Court of Justice (ICJ), 27 June 1986, reperibile

Transboundary Movement of Hazardous Waste and Their Disposal168, dove è previsto un esplicito obbligo per gli Stati di controllare i movimenti di rifiuti pericolosi che partano dal proprio territorio per essere portati nel territorio di altri Stati. Tuttavia, nel testo della Convenzione tale obbligo è coniugato nei termini di un duty to prevent any harm, piuttosto che in un duty of control che sorga per lo Stato nei confronti delle attività poste in essere dai propri cittadini. Inoltre, tale obbligo si riferisce ad attività che sorgano in principio nel territorio del home

State, sviluppandosi solo successivamente presso Stati terzi, in qualità di

potenziali destinatari di tali azioni.

Osservando la tematica in esame da una prospettiva più ampia, è possibile affermare che tale obbligo ad oggi abbia ad oggi ancora raggiunto un sufficiente consenso in seno alla Comunità internazionale, se non in aree molto ristrette169. Pertanto, non è possibile affermare che il duty of control in esame sia riconosciuto come un obbligo giuridicamente vincolare per lo Stato, tale da fare sorgere una qualche forma autonoma di responsabilità internazionale.

L’unica forma di responsabilità internazionale per lo Stato può derivare unicamente dall’applicazione dei parametri previsti negli ILC Articles, ovverosia quando l’attività della multinazionale diviene collegabile all’ente pubblico, in quanto “acting as an agent for the government or discharging an essential governmental function”170.

168 The Basel Convention on the Control of Transboundary Movement of Hazardous Waste and

Their Disposal, Protocol on Liability and Compensation for damage resulting from transboundary movements of hazardous waste and their disposal, 28 ILM 657, 1989 (entrata in vigore nel maggio

1992).

169 Le aree in cui si riscontra un maggiore consenso in questo senso sono quella ambientale nonché

quella relativa alla violazione dei diritti umani fondamentali. Sul tema, tra gli altri si veda R. Risillo-Mazzeschi, “Forms of International Responsibility for Environmental Harm”, edited by Francesco Francioni & Tullio Scovazzi, London Graham & Trotman, Kluwer Academic Publishers Group [distributor], 1991; R. J. M. Lefeber, “ Transboundary Environmental

Interference and the Origin of State Liability”, Kluwer Law International, The

Hague/London/Boston, 1996; G. S. Goodwin-Gill “Crime in International Law: Obligations Erga Omnes and the Duty to Prosecute”, in G. S. Goodwin-Gill & S. Talmon (eds.), The Reality in International Law: Essays in Honour of Ian Brownlie, 1999, p. 199 ss.

2.2 La giurisdizione dei Tribunali arbitrali internazionali