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Obbligo di provvedere e cause legittimanti la revoca

6. Condizioni generali di legittimità delle decisioni di revoca

6.3 Obbligo di provvedere e cause legittimanti la revoca

Il riconoscimento, almeno in via giurisprudenziale, di un generale potere di autotutela in capo alle istituzioni europee e l’esistenza di previsioni normative che attribuiscono tale potere alle medesime in materie specifiche, come la concorrenza, il pubblico impiego o l’ambiente, nelle quali l’Unione opera secondo il modello dell’amministrazione diretta, conferma che l’amministrazione europea può procedere, in conformità ai principi e ai criteri elaborati dalla giurisprudenza, alla revoca di un atto anche per cause e con modalità non espressamente codificate.

Da questo assunto, coerente con le considerazioni fin qui riportate, discende la domanda se, in generale, nell’ordinamento europeo sussista un obbligo di provvedere in autotutela, al verificarsi di determinati presupposti, o se l’esercizio di tale potere sia affidato a valutazioni del tutto discrezionali dell’istituzione interessata.

Peraltro, la questione dei rapporti tra le disposizioni scritte con i principi e le regole non scritte in materia di revoca/autotutela non è stata sinora affrontata direttamente dai giudici europei. Alcune interessanti considerazioni sul punto sono state formulate nelle conclusioni dell'Avvocato generale Roemer nella causa

Sorema99, il quale ha fatto notare alla Corte che, pur in presenza di una espressa

disciplina delle cause di revoca, di cui all’articolo 65, paragrafo 2 del Trattato CECA, l’Alta Autorità potesse procedere alla revoca dell’autorizzazione di

97 In tal senso le conclusioni dell’Avvocato generale Lagrange nella causa Hoogovens, cit. supra; si veda,

inoltre, la sentenza Consorzio Coop. D’Abruzzo, cit. supra.

98 Sulla motivazione delle decisioni individuali, si rimanda sempre ad A. SIMONATI, op. cit., 87 ss. 99Conclusioni dell’11 marzo 1965, causa 36/64, Sorema c/ Alta Autorità, in Racc. 1965, 408.

un’intesa tra imprese, sulla base di presupposti distinti da quelli fissati dal medesimo articolo, in coerenza con i principi generali affermati dalla giurisprudenza.

Un distinto rilievo assume l’ipotesi in cui il provvedimento amministrativo, in assenza di una specifica disposizione normativa, contenga l’indicazione della propria revocabilità, a determinate condizioni. In tal caso, una volta riconosciuta dal prevalente orientamento giurisprudenziale la portata generale del potere di autotutela, può confermarsi una siffatta ipotesi, non mancando, peraltro, nella prassi decisioni recanti una clausola espressa di revocabilità100. Tale qualificazione espressa dovrebbe escludere o, quanto meno, limitare la formazione di diritti acquisiti o di legittime aspettative in merito al mantenimento dell’assetto creato dal provvedimento. E’ stato, tuttavia, rilevato che, al di là della configurabilità del legittimo affidamento, nell’ipotesi in discussione il potere di revoca deve ritenersi, comunque, soggetto al rispetto del principio generale della certezza delle relazioni giuridiche, stante la sua ormai acquista distinzione rispetto alla tutela del legittimo affidamento stesso, e, conseguentemente, il ritiro del provvedimento, nonostante la sua espressa revocabilità, dovrebbe avvenire in un periodo di tempo ragionevole dalla sua emanazione101.

Ulteriori ipotesi da cui dovrebbe discendere un obbligo di provvedere in autotutela da parte delle istituzioni europee riguardano il caso di false o incomplete informazioni, le modifiche legislative e il mutamento delle situazioni di fatto.

Quanto al primo punto, la giurisprudenza consolidata ha affermato il principio della revocabilità ex tunc degli atti amministrativi, sebbene abbiano

100 Non risultano prese di posizione da parte della giurisprudenza comunitaria in merito all’ammissibilità

dell’apposizione direttamente nel testo dei provvedimenti amministrativi di clausole espresse revocabilità, mentre in dottrina (J. SCHWARZE, European Administrative Law, Londra, Sweet and Maxwell, 2006,

1011) è stato autorevolmente osservato che, ove il potere di emanare un provvedimento favorevole sia vincolato, l’amministrazione non può legittimamente dichiararlo revocabile, in assenza di una apposita disposizione legislativa in tal senso. Al contrario, se l’adozione del provvedimento è discrezionale, l’amministrazione può qualificare le proprie determinazioni come revocabili.

dato luogo a posizioni soggettive favorevoli, ove tali atti siano stati emessi sulla base di false o incomplete informazioni fornite fraudolentemente dalle parti interessate, essendo venuti meno i presupposti per la formazione di un legittimo affidamento dei destinatari del provvedimento102. Nell’ipotesi in cui le informazioni siano state fornite senza un intento fraudolento deve invece ritenersi che la revoca retroattiva sia subordinata alla previa valutazione dell’affidamento legittimo dei privati in buona fede.

Anche la successione nel tempo di leggi o la loro abrogazione, ad esempio per una sentenza di annullamento del giudice europeo, rendono necessario individuare i limiti al potere dell’amministrazione di ritirare ex tunc le decisioni, comunque legittime, che erano state emanate sulla base di tale disciplina. La questione in esame è strettamente connessa a quella dell’ammissibilità di norme comunitarie con efficacia retroattiva103, relativamente alla quale possiamo affermare che quando la nuova norma è intesa a disciplinare fatti che si sono già esauriti prima della sua entrata in vigore, e, nel rispetto dei principi della certezza giuridica e della tutela del legittimo affidamento, la revoca è ammessa solo in circostanze eccezionali. Nei riguardi del legislatore, pertanto, il principio del legittimoaffidamento si esprime, innanzitutto, quale limite alla retroattività della legge104. D’altra parte, ove occorra applicare le nuove disposizioni legislative a rapporti giuridici che hanno origine anteriore alla loro entrata in vigore, ma che

102 Corte di giustizia UE, sentenza SNUPAT, cit. supra, in cui la Corte dichiara espressamente di avere

ricostruito il principio in questione richiamandosi agli ordinamenti degli Stati membri.

103 Generalmente i regolamenti comunitari entrano in vigore dopo un periodo di vacatio legis di 20 giorni

a decorrere dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, a meno che nel regolamento stesso non venga indicato un termine diverso (art. 297 TFUE). Per quanto concerne la retroattività, il trattato non la consente né la esclude: è possibile che determinati regolamenti (applicativi, esplicativi o di contenuto meramente tecnico) pur entrando in vigore solo in seguito a pubblicazione, si applichino a decorrere da un termine precedente, ove ciò sia imposto dall’obiettivo da realizzare e sia, comunque, adeguatamente salvaguardato il legittimo affidamento degli interessati.

104 Secondo la Corte Costituzionale (ex multis: Corte Cost., 26 luglio 1995, n. 390, in Giust. civ., 1995, I,

326; in Orient. giur. lav., 1995, I, 1084; Corte Cost., 11 giugno 1999, n. 229, in Giust. civ., 1999, I, 2919; in Cons. Stato, 1999, II, 823; Corte Cost., 4 novembre 1999, n. 416, in Giust. civ., 2000, I, 973; in Giur.

it., 2000, 678; Corte Cost., 22 novembre 2000, n. 525, in Rass. trib., 2000, 1889; in Foro it., 2000, I,

3397), l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica è principio che, quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non può essere leso da norme con effetto retroattivo che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da leggi precedenti.

non si sono ancora esauriti, ciò potrà avvenire pacificamente, rientrando nell’ambito della discrezionalità del legislatore.

Nell’ordinamento europeo, al pari di quello interno105, anche il mutamento delle circostanze di fatto rilevanti ai fini dell’adozione di un determinato provvedimento amministrativo è considerato, in linea generale, quale causa legittima di rimozione, con effetti non retroattivi, del provvedimento stesso. Sul punto, la Corte di giustizia ha affermato la legittimità della revoca non retroattiva di un atto, anche favorevole al destinatario, allorquando, per effetto della modificazione delle circostanze di fatto, esso divenga incompatibile con la fattispecie normativa fondante106.

Diversamente, per i procedimenti a iniziativa d’ufficio, per quanto riguarda le richieste con le quali i privati, persone fisiche o giuridiche, sollecitano un intervento in autotutela da parte di un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione, e tali autorità si astengano dal pronunciarsi, in aperta violazione dei trattati, possiamo ritenere applicabile l’art. 265 del TFUE, che consente di adire la Corte di giustizia con un ricorso in carenza per far constatare la suddetta violazione.