• Non ci sono risultati.

La scelta di laureare una donna che fosse bella nell’aspetto esteriore ed interiore si consolidò al punto da diventare anche la colonna sonora della manifestazione: «Pel mondo lontano che se se’n và [sic] – ovunque incontri un tal fior di beltà – se splendenti ha gli occhi e ardenti son le labbra e bello è il cuor – è italiana perché è bella, bella, bella, tanto bella dentro e fuor»199.

Benché il modello da premiare fosse chiaro fin dall’inizio, dettato sia dalle intenzioni del patron sia dal contesto storico, ciò che accadde dalla prima edizione fu un fatto imprevedibile e determinante per l’evoluzione del concorso stesso. Emersero infatti nel corso della gara due tipi opposti di bellezza: quella “classica” votata dalla giuria, e quella della vamp, la «bellezza glamour» che

198 A. Panicucci, Carnevale in riva al lago. Il nazionalismo in slip eletto “miss” a Stresa, «Avanti», 29 settembre 1948, p.

3.

199 Refrain della canzone dedicata a Miss Italia Il più bel fiore del più bel giardino, composta dallo scrittore e musicista

Leo Bartolelli d’Auro ed eseguita per la prima volta a Cervia in occasione di manifestazioni connesse al Concorso Miss Italia 1953. Citata da Eloisa Cianni in una intervista rilasciata al «Mattino d’Italia» il 18 ottobre 1953, p. 3. L’Archivio Villani conserva altre canzoni con spartiti dedicate a La Bella Italiana: la Canzone ufficiale della Bella Italiana 1947 con parole di Pinchi, soggetto di G. Martello e musica di G. Fabor; Italianissima e Bella italiana entrambe scritte da Schisa e Cherubini motivi del film Totò al giro d’Italia uscito nelle sale nel 1949 per la regia di Mario Mattioli.

64

ricordava il tipo prediletto dagli americani e preferita anche dal pubblico italiano200. Nel 1946 a

confrontarsi alle ultime battute della gara due ragazze bellissime ma diverse: Rossana Martini, bruna, occhi castani, raffinata e schiva, col sorriso che si diceva appartenesse alla Gioconda, e Silvana Pampanini, vellutati occhi verdi, labbra sensuali, sorriso maliardo e forme provocanti. Il pubblico parteggiava apertamente per Silvana e per la sua bellezza aggressiva e prepotente, ma la giuria propendeva per l’aspetto più casalingo di Rossana che sembrava maggiormente rispondente al motto della “fidanzata ideale” coniato dal patron. La giuria, composta tra gli altri da Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Cesare Zavattini, Arrigo Benedetti, Giuseppe Marotta, Bianconi, Brunetta, Macario, Isa Miranda, Musso, Bernardino Palazzi, Lucio Ridenti, impressionata dal furore del pubblico che minacciava di sfasciare il locale se la Martini avesse vinto, si adattò ad una soluzione salomonica ed elesse “a pari merito” le due concorrenti, ma dando il premio ufficialmente alla Martini, che meglio rispondeva alle caratteristiche del “tipo italiano” ricercato dal concorso. Il verdetto scatenò un vero tumulto popolare, i fans della Pampanini afferrarono la beniamina proclamandola a furore di popolo Miss Italia. I Carabinieri furono costretti ad intervenire per placare gli animi e riportare l’ordine in sala. La sfida tra le due proseguì anche lontano dalla passerella del concorso. Qualche tempo dopo le due reginette si trovarono insieme a Radio Roma per un’intervista durante la trasmissione della rivista «Arcobaleno». Interrogata per prima, la Martini disse che la vera Miss Italia era lei e che la giuria aveva concesso il titolo alla Pampanini per puro quieto vivere. L’altra replicò offesa e arrivarono ad accapigliarsi. Il titolo ovviamente restò nelle mani della vincitrice ufficiale, ma di fatto fu la seconda classificata a trionfare perché la Pampanini attraeva per le forme, per l’aspetto glamour scevro da ogni giudizio etico e il sorriso che conquistava tutti, anche i soldati di ritorno dalla guerra, compresi gli americani. Divenne il primo volto e corpo di donna dell’Italia repubblicana, tuttavia in antitesi con l’epoca democristiana che si apprestava a prendere il sopravvento col suo corredo di benpensanti.

Se negli anni successivi non si ripeterono simili scene, il conflitto tra “dee” sarebbe diventato una sorta di cliché nella storia del concorso: l’eterno duello tra la rappresentante del “sex-appeal” e quella dell’“ingenuità”, fra una bellezza snella e una prosperosa, fra l’adolescente dalla figura efebica e ragazze giunoniche.

Anche nel 1947 a contendersi il pomo della vittoria furono due diverse bellezze: Lucia Bosé, la preferita della giuria per il suo profilo regolare, gli occhi profondi, i capelli corvini, l’aspetto moderno e sexy, già diverso da quello romantico della Martini che solo un anno prima era stata

65

laureata Miss Italia, e Gianna Maria Canale201, assai più vivace e procace, prediletta del pubblico.

La giuria resistette alle pressioni degli spettatori che chiedevano un ex aequo e premiò la Bosé. Nel 1948 si accese il già menzionato contrasto tra Fulvia Franco, la ragazza florida e sana che sfidava le rivali a lavarsi dalla faccia ogni ombra di trucco, e la bolognese Ornella Zamperetti, giovane dal fascino eccitante. I voti della giuria andarono, come noto, alla Franco e l’altra, sdegnata, rifiutò di partecipare alla sfilata finale, piantò clamorosamente la sede del concorso e successivamente chiese che la vincitrice fosse squalificata perché non aveva ancora compiuto i diciotto anni previsti dal regolamento. Citava in giudizio la Casa organizzatrice del concorso chiedendo che le venisse attribuito il titolo di Miss Italia, in caso contrario un risarcimento per danni morali pari a 8 milioni di lire202. Gli avvocati difesero la società Gi.Vi.Emme rilevando che la Franco quando si era presentata al concorso era già entrata nel diciottesimo anno di età e, dal momento che il regolamento del concorso non era esplicito sul punto, la giuria aveva ritenuto di poterla ammettere, nonostante i 18 anni non fossero stati compiuti. La vertenza terminò con la cessione da parte della Franco di una parte dei premi alla Zamperetti.

Nel 1949 i giudici restavano a lungo indecisi tra Bruna Rigo e Mariella Giampieri, cedendo infine all’aspetto “regale” di quest’ultima. Anche nel 1950 si riproponeva l’eterno dilemma tra una bellezza classica ma modesta e una conturbante e potenzialmente ‘pericolosa’. La giuria era in subbuglio e divisa tra Anna Maria Bugliari e Anna Maria Rossi203. Orio Vergani propendeva per la

prima che giudicava «spensierata, divertente, simpatica, comunicativa, una ragazza caratteristica del nostro Paese come fisico e temperamento»204. Luigi Romagnoli sosteneva invece la candidatura

della Rossi, da lui ritenuta una «bellezza popolare, ragazza che piace a prima vista, florida come si immaginano le ragazze italiane»205. La vittoria toccava alla Bugliari, forse anche per merito degli argomenti artistici addotti dal suo sostenitore Vergani che la paragonava a una figurina del Michetti o un bronzo di Gemito.

I giudici avevano scelto il tipo “da sposare”, ma il pubblico avrebbe premiato la donna più desiderabile e il cinema assecondato le richieste popolari.

Produttori e registi, come detto precedentemente, sedettero in giuria fin dalle prime edizioni: la loro presenza conferiva grande appeal all’evento e tra concorso e cinema nacque subito un forte sodalizio. All’indomani dell’elezione a Miss Italia nel 1947, l’immagine di Lucia Bosé venne subito

201 Gianna Maria Canale era una dattilografa fiorentina e dopo la partecipazione al concorso lavorò come attrice per

vent’anni finché non sposò Vittorio Battaglia, ricco uomo d’affari, decidendo di dedicarsi solo alla famiglia.

202 Ornella contro Miss Italia, «La Settimana Incom», 11 dicembre 1948, p. 27.

203 In verità la partita fu giocata a tre poiché Tofanelli e Ferry Meyer sostenevano una terza candidata: Liliana

Cardinale, eletta grazie alle selezioni di «Tempo».

204 G. Calvi, Miss Italia nata da un duello, «Settimo giorno», 14 settembre 1950, pp. 12-13. 205 Ibid.

66

impiegata nei manifesti che pubblicizzavano la competizione per invitare le ragazze che sognavano la carriera cinematografica a prendere parte alla gara.

Partecipare a una competizione che vedeva sedere in giuria dei responsabili cinematografici significava avere la possibilità concreta di mettersi in mostra e magari ottenere una particina in un film: il concorso di Miss Italia divenne così una delle porte principali attraverso le quali accedere al palazzo fatato del cinematografo. Le ragazze lo sapevano e non sognavano altro che direttori di produzione, registi, operatori. In vetta alle aspirazioni delle bellissime partecipanti ai concorsi, già alla fine degli anni Quaranta, sulla scia della celebrità conquistata dalla Bosè, dalla Lollobrigida, dalla Rossi Drago, si collocava il grande schermo206.

Il cinema in quegli anni si apprestava ad entrare in una delle sue stagioni più luminose ed era alla ricerca di nuovi volti: Miss Italia rappresentava un’ampia riserva da cui reclutare giovani già selezionate. Puntare su una miss con un nome reso popolare dal concorso equivaleva a un vantaggioso risparmio pubblicitario per la casa cinematografica, cui restava tuttavia il compito di scoprire se, oltre al bel volto e al bel corpo, avesse anche il potenziale per essere trasformata in attrice207.

Ciò che colpiva i registi nella scelta delle proprie interpreti erano anzitutto le caratteristiche fisiche come la bellezza e la giovinezza, che assieme sono una «grazia, un dono miracoloso»208. Il corpo,

mezzo di comunicazione principale sulla scena, si imponeva anzitutto nei concorsi di bellezza209

permettendo l’accesso successivo al cinema210.

Ricorda Giovanna Griffagnini:

non è certo un caso allora il fatto che i migliori quadri del neorealismo (Visconti, De Sica, De Santis e altri) abbiano presieduto le giurie che dal 1946 assegnarono i titoli di Miss Italia. Così come non è un caso che i nuovi quadri divistici del cinema italiano siano usciti proprio da quel luogo (Mangano, Bosè, Pampanini, Lollobrigida e così via). Soprattutto in quel luogo infatti si celebrava l’apoteosi di un’iscrizione nel paesaggio italiano che le forme e le movenze di un corpo potevano rendere visibile; si elevava l’inno più alto all’apparizione di una bellezza «situata», capace di lasciar trasparire la fisionomia di un paesaggio, altrettanto situato211.

206 Ibid.

207 F. Patellani, La più bella sei tu, Milano, Editrice Magma, p. 165: Alberto Lattuada spiega in questi termini le ragioni

per cui i registi nell’immediato dopoguerra si rivolsero immediatamente alle ragazze che uscivano dai concorsi di bellezza.

207 P. Farné, Le olimpiadi della bellezza, «Tutto Salso», 2 settembre 1950. 208 E. Morin, I divi, Milano, Mondadori, 1963, p. 51.

209 G. Griffagnini, Il femminile nel cinema italiano, cit., p. 372. 210 E. Morin, I divi, cit., p. 41.

67

Tuttavia l’autrice manca di chiarire che il cinema italiano della ricostruzione cercava un tipo di bellezza esplosivo, erotico, provocante, capace di suscitare desiderio e passione212 catturando

l’attenzione del pubblico e tenendolo incollato al grande schermo e che quel tipo di bellezza non corrispondeva a Miss Italia nei suoi criteri caratteristici.

Le giurie del concorso si sono anzi sempre rifiutate di vedere “Miss Italia” o la “Bella italiana” impersonate da tipi che mostrassero in modo troppo evidente le loro doti fisiche. È il pubblico che chiede le dive “maggiorate” ed il cinema (scegliendole tra le segnalate nel concorso) gliele offre, forzando il personaggio, quando ne è il caso, oppure adattandolo ai requisiti che l’attrice possiede o può mostrare di avere213.

Si tratta di due filosofie di bellezza diverse: il cinema vuole il personaggio, Miss Italia vuole la “fidanzata” bella, ma di una bellezza da famiglia, “morale”.

Se il concorso nascondeva le forme delle ragazze dietro abiti da sera e costumi castigati, il cinema le metteva in mostra spettacolarizzando il corpo in certi suoi particolari elementi come le lunghe gambe, le labbra socchiuse e turgide, il seno florido214. I registi, che all’interno della gara si attenevano alla tipologia di bellezza delineata da Villani, evitando di scegliere le pin-up215, fuori dal contesto gara adottavano un metro di giudizio diverso. Non si guardava alla complessità della figura, alla ricerca di chissà quale armonia ed equilibrio tra anima e corpo, ma si puntava al particolare in una prospettiva moderna già nota in America che premiava Miss Gambe, Miss Fianchi o Miss Caschetto, e che si affermerà definitivamente in Italia solo negli anni Sessanta. La bellezza classica laureata dal concorso di Miss Italia era ben lontana da quella “segmentata” propria degli Stati Uniti che la impiegavano per diversi scopi. La star, soggetto e oggetto di pubblicità, finisce con essere essa stessa una merce: ogni centimetro del suo corpo è gettato sul mercato216. Molte delle seducenti fanciulle americane, senza esser reclutate per i film tra le vincitrici dei concorsi, venivano regolarmente scelte fra le modelle dei fotografi, adoperate per i cartelloni del “lancio” pubblicitario dei più diversi prodotti.

Le bibite, le polveri per smacchiare, i dolci, i mobili, la biancheria, le sigarette, le automobili, in America non si vendevano se non erano raccomandate dal sorriso ammiccante di ragazze in atteggiamento attraente. Ognuna di queste “pose” era pagata alle modelle migliaia di dollari. Come tante altre famose, anche Marilyn Monroe si era esposta agli obiettivi dei fotografi pubblicitari

212 G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano. Dal neorealismo al miracolo economico. 1945-1959, Roma, Editori Riuniti,

1998, p. 255.

213 C. Liberti, Miss Italia e Miss Eleganza saranno elette a Salsomaggiore Terme, [A.D.V. - Milano, f. 1961]. 214 Si vedano gli scatti di Federico Patellani in La più bella sei tu, Roma, Peleti, 2002, pp. 85-94.

215 D. Villani, Come sono nate undici Miss Italia, cit., p. 148. 216 E. Morin, I divi, cit., p. 105.

68

prima di essere reclutata dal cinematografo. La gara per la proclamazione di una “miss” aveva da noi la stessa funzione selettiva che in America aveva, nei manifesti, l’ostentazione delle fanciulle di pregevole anatomia. Mentre lì la bellezza veniva sfruttata per mille occasioni pubblicitarie, in Italia si faceva attenzione a non urtare la suscettibilità dei moralisti e le foto delle miss, rigorosamente vestite, negli anni Cinquanta venivano richieste in pose non ardite217.

Non pare casuale che per le réclame del dentifricio Chlorodont e del sapone Lux, dove il corpo serviva al lancio e alla promozione del marchio, fossero scelte la Lollobrigida e la Loren, note per le forme prosperose, e non le Miss Italia detentrici del titolo218.

Un’ulteriore considerazione che sottolinea la differenza con i concorsi americani sta nel retroterra che si celava dietro le concorrenti. Quelle che si presentarono alle prime edizioni della kermesse italiana non provenivano da alcuna accademia che insegnava loro a sfilare o indossare con grazia gli abiti, non avevano alle spalle studios che ne curavano l’immagine. In America i talent scout abbordavano ragazze da cui erano colpiti, facevano loro delle foto e dei provini e subito le giovani bellezze sottoscrivevano un contratto, poi venivano ricreate da un team di massaggiatori, estetiste, dentisti e chirurghi che le “ricostruivano” per farne delle star. Veniva loro insegnato a camminare, a cancellare le inflessioni di pronuncia, a cantare, ballare e “comportarsi”. Da qui ulteriori selezioni per avere un ruolo in un film e fare carriera. Questo «formidabile «pigmalionismo» di tipo industriale che produce delle splendide dee»219 era assente in Italia dove le ragazze si affidavano

esclusivamente ad una bellezza intesa come dono di natura, ed erano generalmente timide e ritrose. Ma l’inibizione, tipica dei provinciali, costituiva un forte limite per il cinema e anche per la pubblicità che necessitavano di un volto e un corpo seducente, talora sfrontato.

Il cinema e la pubblicità con le loro scelte rimettevano in discussione il famoso dilemma: cosa vuol dire bellezza? «La bellezza è quella che erompe e spontaneamente esalta la folla o quella che si scopre con un lento esame di elementi costituenti che raggiungono l’equilibrio?»220. La vera bella è

la fidanzatina in pantofole con il viso regolare ma che non accende il desiderio? Se è così però non è adatta né al cinema che spesso chiede una bellezza erotica, né alla pubblicità i cui messaggi provocatori devono stimolare il desiderio del consumatore.

Ecco perché i registi e i produttori spalancavano le porte a quel sex appeal escluso dall’imbarazzata giuria di Miss Italia, e sceglievano attrici con belle gambe o un volto affascinante per vendere le

217 Il Cotonificio Fossati di Monza pubblicò un calendario con fotografie di Federico Patellani che riproducevano le miss

nei costumi più caratteristici della collezione Gi.Vi.Emme.

218 Non risulta che né la Lollobrigida né la Loren siano mai state utilizzate per gli sketch di Carosello. Altre furono le

interpreti, tratte dal concorso di Miss Italia: Pina Bottin, Anna Maria Ferrero, Eleonora Rossi Drago, Lyla Rocco, Maria Grazia Buccella, Eloisa Cianni che al concorso non avevano ottenuto l’alloro ma erano state notate dai registi.

219 Ivi, p. 55.

69

proprie pellicole, assecondando il gusto popolare e la legge del mercato della bellezza e dal serbatoio del concorso traevano le proprie muse, non necessariamente tra le vincitrici, se escludiamo i casi eccezionali di Lucia Bosè o di Fulvia Franco.

Anche ragazze che avevano fallito, per ragioni diverse, al concorso nazionale, ricevevano dallo stesso, per riflesso, quella notorietà attorno al loro nome sufficiente per aprire le porte del grande schermo e venivano contattate dalle case cinematografiche per un provino, o un invito per un documentario o un corto metraggio per la pubblicità, quindi già la sola partecipazione si caricava di aspettative221.

Così era accaduto nel 1939 quando Vittorio De Sica, che faceva i suoi primi passi da regista, cercava per il film Teresa Venerdì222 non un’attrice nota, consunta dal successo e dalla routine, ma un personaggio comune, con un volto qualsiasi ma vero. Un giorno gli occhi gli caddero su un settimanale illustrato con tante fotografie di belle figliole che partecipavano al concorso «Cinquemila lire per un sorriso», trovò tra queste la sua “Teresa Venerdì” e la scritturò subito223.

Era Adriana Benetti e alla competizione per la più bella d’Italia si era classificata ventisettesima: inaugurava l’elenco di “non piazzate” al concorso che si presero una rivincita sulla Miss vincente224. Da quel momento in avanti infatti il bacino di Miss Italia avrebbe sfornato tante stelline di successo che pure sul palcoscenico della competizione non avevano ottenuto il podio225.

Nell’edizione 1947 la bellissima Gina Lollobrigida sfiorava il titolo classificandosi terza. Si presentava a Stresa dopo aver maturato qualche piccola esperienza in campo cinematografico, era stata infatti scritturata dal regista Riccardo Freda per il film Aquila Nera226con un compenso di

dodici mila lire, ed aveva esordito con lo pseudonimo di Giana Loris. Nell’estate del 1947 il giornalista Domenico Meccolile le aveva proposto di prender parte ad un concorso regionale, così Gina aveva ottenuto il titolo di “Miss Lazio” e con quello l’accesso a Stresa227. Qui il produttore svedese Hede, inventore di Greta Garbo e Ingrid Bergman, la notava e, ripartendo dall’Italia con

221 Il cinema già si occupa di loro, «Corriere Lombardo», 22-25 maggio 1948, [A.D.V. – Milano].

222 Teresa venerdì, Italia 1941, regia di Vittorio De Sica, con Adriana Benetti, Giuditta Rissone e Anna Magnani. 223 De Sica non aveva preso parte alle riunioni della giuria, ma seguiva il concorso per il quale aveva interpretato degli

sketch della serie “5000 lire per un sorriso” scritti da Marcello Marchesi.

224Dopo Teresa Venerdì la carriera cinematografica di Adriana Benetti ebbe uno sviluppo folgorante e si svolse negli

anni Quaranta e Cinquanta quando lavorò con registi importanti come Blasetti in Quattro passi fra le nuvole, progenitore del neorealismo e tuttora oggetto di studio per gli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

225 E. Serra, Miss. Qui vincono tutte, «Corriere della Sera», 24 agosto 2017. Nell’intervista Patrizia Mirigliani, che dirige

l’organizzazione, ripercorre la storia del concorso sottolineando come sia l’unica competizione dove non vince solo la prima classificata e adduce tra gli esempi molti casi di miss che non hanno conquistato la fascia nazionale ma sono divenute delle professioniste in ambiti diversi: Lollobrigida, Loren fino ai casi più recenti di Maria Grazia Cucinotta, Simona Ventura, Ilary Blasi, Caterina Balivo, Mara Carfagna, Michela Vittoria Brambilla, Claudia Pandolfi, Caterina Mulino.

226 Aquila nera, Italia 1946, regia di Riccardo Freda, con Rossano Brazzi, Gino Cervi, Irasema Dilian. 227 M. Caudana, Furono inventate in Texas le perfide gare, «Tutti», 4 luglio 1954, pp. 6-7.

70

ottanta ritratti in grande formato di Gina, eseguiti appositamente per lui da un noto fotografo, dichiarava di aver scoperto in Italia la sua terza diva e prometteva di aprirle la porta di

Documenti correlati