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La bocciatura alla Camera del disegno di legge avanzato dall’onorevole Galletto portava fuori dal Parlamento le miss, ma non metteva fine alla spinosa vicenda. Pur fallendo nell’obiettivo specifico, l’eco della lotta contro quelli che erano ritenuti dai cattolici moralisti i disvalori della società

593 P. Monelli, Reginette tristi in passerella. La conquista dell’illusione, «La Stampa», 3 settembre 1961. 594 Ibid.

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moderna non si spegneva. Non calava dunque il sipario sulle reginette di bellezza né si placavano le manifestazioni contro i concorsi, con strascichi che sarebbero durati almeno fino al 1958, e tanto meno la stampa abbandonava la sua linea ironica. Persi gli ‘agganci politici’, la battaglia per la difesa dei vecchi codici morali proseguiva ad opera di Comitati civici, parrocchie e soprattutto ferventi prelati. Mancata l’invocata legge di Stato, alcuni vescovi ripiegarono su una sanzione canonica contro il peccato che era una sorta di scomunica minore. Emblematico esempio di questa lotta solitaria l’“Avviso Sacro” fatto affiggere dal Vescovo Gioacchino di Belluno e Feltre nell’esterno delle porte d’ingresso del Duomo e letto nelle chiese da tutti i sacerdoti delle parrocchie cittadine in occasione delle manifestazioni organizzate dall’Ente provinciale per il Turismo nei giorni 20 e 21 settembre 1955, svoltisi al Torrione per l’elezione di Miss Belluno e la Reginetta delle Dolomiti. Dal pulpito tuonava come un anatema la scomunica contro i concorsi:

considerati la natura tipicamente pagana, antievangelica e moralmente contagiosa dei concorsi di bellezza femminili, il loro diffondersi con danno forse irreparabile di tante anime, per non mancare al nostro dovere pastorale e per non lasciare nulla di intentato allo scopo di frenare e vincere tanto male, dopo di avere più volte con pubblici richiami ammonito gli enti e le persone promotrici di tali manifestazioni sulla grave responsabilità che a causa di ciò si addossano davanti a Dio, ci vediamo costretti ad applicare qualche canonica sanzione contro promotori e partecipanti. Usando pertanto delle facoltà previste dal canone 2221, decretiamo quanto segue:

1. Saranno privati della benedizione pasquale delle case gli organizzatori diretti dei concorsi di bellezza femminili, i membri delle giurie, coloro che ospitano la manifestazione nei propri locali e le famiglie delle partecipanti.

2. Le figliole che si siano presentate ad un concorso di bellezza, in caso di matrimonio, avranno il trattamento previsto dalla costituzione sinodale 317; il matrimonio, cioè, sarà celebrato solo nei giorni feriali, nelle primissime ore del mattino ed esclusa qualsiasi solennità esterna.

3. I Parroci e i Rettori di Chiesa diano lettura del presente decreto penale in tutte le Chiese e vogliano ammonire i fedeli, affinché si astengano dal presenziare a tali sconvenientissimi spettacoli595.

Era l’estremo tentativo messo in atto dalle gerarchie ecclesiastiche per allontanare i fedeli dal pericolo del peccato.

La battaglia continuava particolarmente nelle “aree bianche” del lombardo-veneto, come Vicenza e Venezia. Qui nell’ottobre del 1955 ritroviamo in azione quel Padre Adeodato Padovan che nel 1953 si era già fatto notare per le rigide posizioni in materia di costume. Appellandosi al suo ruolo di membro dell’Associazione Nazionale per il Buon Costume e quale incaricato della Diocesi di Venezia per l’assistenza all’Ente Protezione del Fanciullo e della Giovane, nonché assistente diocesano al Segretariato Moralità di Venezia, inviava una accorata lunga missiva al Ministro

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dell’Interno Tambroni «persona […] che veramente senta il problema della pubblica moralità e consideri con ansia l’attuale rovina di coscienze e di anime». Il vescovo lamentava il mancato rispetto all’interno dei concorsi di bellezza del regolamento dell’età (18 anni) e del divieto dell’uso del costume e soprattutto si rammaricava per l’esponenziale crescita di tali manifestazioni:

mentre una volta si facevano una, od al più due finali, ora ve ne sono molte di più. Ad Asiago Miss XX (eppure era concorso nazionale) a Rimini Miss Italia e Cinema poi Miss Universo, poi Miss Mondo a Palermo. Per le concorrenti di Miss Italia, saltarono da Rimini a S. Marino con nuova edizione e misurazione. Credo che il numero delle gare e presentazioni sia aumentato piuttosto che diminuito. Mi consta che solo a Capri la vincitrice, Diana De Greco avesse un due pezzi. A Capri poi il nudismo nella pubblica via è cosa da nulla. Lì siamo o non siamo in Italia?596

Accanto ai concorsi di bellezza ancora una volta finivano sotto la scure del prelato altri inconvenienti di ordine morale che erano oggetto di attenzione costante delle autorità politiche e religiose e che rappresentavano, in fondo, aspetti deprecabili della cultura americana e della sua smodata attenzione alla dimensione fisica, al divertimento, al denaro597. La contestazione cadeva in alcuni ambiti dello spettacolo come la produzione cinematografica, ritenuta dannosa per la gioventù, gli spazi della moda, dell’abbigliamento femminile, soprattutto di quello in uso presso le spiagge e le località di soggiorno e di villeggiatura. La polemica sui film era di vecchia data, rientrava nel clima di generale censura cui il cinema italiano era stato sottoposto negli anni, ma era ancora viva nell’Italia del boom economico598. Padre Adeodato accludeva alla lettera copie di

recensioni di «recenti film orribili come: La Cortigiana di Babilonia, Grisbì, le avventure di

Giacomo Casanova, Giorni d’amore [...] Si offende la religione e si passa ogni limite di decenza. E si tratta di film italiani: vedi Totò, vedi Proibito»599. Il vescovo puntava il dito contro il Governo che avrebbe dovuto cercare di migliorare la creazione delle pellicole e incutere timore nei produttori anziché mantenere le sovvenzioni con un 10% di premio persino per film vietati ai minori.

Nota è la mobilitazione di organizzazioni cattoliche600 e prefetti contro rappresentazioni teatrali e cinematografiche di cui resta traccia all’Archivio centrale di stato: sotto tiro anche I magliari601 di

596 Acs, Mi, Gab. 1953-56, b. 68, Esposto di Padre Padovan al Ministro dell’Interno Tambroni, Venezia, 31 ottobre 1955. 597 M. Barbanti, La battaglia per la moralità tra oriente, occidente e italocentrismo, cit., p. 176.

598 Sulla cesura cinematografica si veda: M. Argentieri e I. Cipriani, La censura cinematografica in Italia, Torino,

Einaudi, 1954; G. Gambetti, Cinema e cesura in Italia, Roma, Edizioni di Bianco e nero, 1972; M. Cesari, La censura in

Italia oggi: 1944-1980, Napoli, Liguori, 1982; D. Liggeri, Mani di forbice: la censura cinematografica in Italia,

Alessandria, Falsopiano, 1997; R. Curti, A. Di Rocco, Visioni proibite. I film vietati dalla censura italiana (1947-1968), Torino, Lindau, 2014.

599 Acs, Mi, Gab. 1953-56, b. 68, Esposto di Padre Padovan al Ministro dell’Interno Tambroni, Venezia, 31 ottobre 1955. 600 L’Archivio centrale dello stato conferma l’impegno di organizzazioni cattoliche contro gli spettacoli cinematografici:

Acs, Mi, Gab. 1957-60, b. 329, f. 17083, sf. Moralizzazione degli spettacoli. Proteste del clero.

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Rosi, L’Avventura602 di Antonioni, Il bell’Antonio603, Una giornata balorda604 e La notte brava605

di Bolognini, La grande guerra606 di Monicelli, Rocco e i suoi fratelli607 di Visconti, I dolci

inganni608 di Lattuada, La dolce vita609 di Fellini.

Altro rimprovero rivolto alle autorità era la mancanza di controllo che aveva favorito la pratica non consentita dal Codice Penale e dalla legge di Pubblica Sicurezza dello spogliarello negli spettacoli di varietà e nelle sale da ballo, e si chiedeva di «impedire almeno questo incitamento sessuale e brutale»610.

In ultima istanza Padre Padovan considerava gli «abiti succintissimi» con cui le donne usavano presentarsi sulle spiagge e nelle vie della città di Venezia:

Riguardo all’abbigliamento per le vie di Venezia non possiamo sopportare che circolino indisturbate donne in mutandine o calzoncini ridottissimi, ed averle vicine negli affollatissimi vaporini e motoscafi in servizio pubblico, con evidentissimo disagio di moltissimi passeggeri. Fra tante offese alla pubblica decenza questa delle donne circolanti in questa foggia ed a seni a metà scoperti, non è proprio più sopportabile. Come può Iddio benedire la nostra cara Patria, quando per male inteso senso di riguardo si lascia correre tanto male? In tempo, poi, di Governo Democristiano611.

In mezzo a tante proteste compariva l’elogio per il “Concorso per la più brava e bella ragazza di Abruzzo e Molise”, ormai divenuto simbolo del concorso ideale per il cattolicesimo conservatore, proposto come sostituto di tutti gli altri concorsi:

Fra tanti mali merita lode la manifestazione sul concorso per la più bella e brava donna d’Abruzzo. Non si potrebbe sostituire con questi gli altri immorali concorsi di bellezza? Trascrivo una dura definizione del Regista Luigi Comencini in una intervista concessa a Filippo Guglia: “una gara di ballo, un concorso di bellezza, una fantomatica casa cinematografica possono essere il punto di partenza per la via della disonestà o del disonore, fino a diventare schiave bianche612.

602 L’avventura, Italia 1960, regia di Michelangelo Antonioni, con Gabriele Ferzetti, Monica Vitti, Lea Massari, Renzo

Ricci.

603 Il bell’Antonio, Italia 1960, regia di Mauro Bolognini, con Marcello Mastroianni e Claudia Cardinali. 604 La giornata balorda, Italia 1960, regia di Mauro Bolognini, con Jean Sorel e Lea Massari.

605 La notte brava, Italia 1959, regia di Mauro Bolognini, con Antonella Lualdi, Rosanna Schiaffino, Franco Interlenghi,

Jean-Claude Brialy.

606 La grande guerra, Italia 1959, regia di Mario Monicelli, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman. 607 Rocco e i suoi fratelli, Italia-Francia 1960, regia di Luchino Visconti, con Alain Delon e Annie Girardot. 608 I dolci inganni, Italia-Francia 1960, regia di Alberto Lattuada, con Catherine Spaak e Jean Sorel. 609 La dolce vita, Italia 1960, regia di Federico Fellini, con Anita Ekberg e Marcello Mastroianni.

610 Acs, Mi, Gab. 1953-56, b. 68, Esposto di Padre Padovan al Ministero dell’Interno Tambroni, Venezia, 31 ottobre

1955.

611 Ibid. 612 Ibid.

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Prevenendo l’eventuale diniego del Ministro e la giustificazione di essere occupato in questioni più gravi, Padre Padovan concludeva l’esposto proponendo lui stesso del personale disposto ad assumersi l’incarico di esercitare un più severo controllo:

Unisco, Eccellenza, la lettera da me inviata lo scorso anno a tutti i parlamentari ed i desiderata per un pur lieve ritorno alla decenza e al rispetto. Eccellenza voglia accogliere questo accorato appello che Le rivolgo in nome delle persone oneste, delle coscienze dei fanciulli e delle giovani, in nome di Dio e delle anime che vanno in rovina! Se le sue occupazioni non Le concedono tanto interessamento, voglia affidarlo alle nostre onorevoli: Maria Pia dal Canton D’Este che essendo proprio di Venezia lo prenderà a cuore, insomma a persone sensibili a questo grave, importantissimo problema, che sta alla base della rinascita spirituale, morale e materiale della nostra Patria! Voglia accogliere Eccellenza, il mio ossequio e la mia benedizione sacerdotale, e l’assicurazione che Iddio La premierà per quanto coraggiosamente ha fatto e fa a vantaggio della pubblica morale613.

Il 17 novembre 1955 il Ministro dell’Interno rispondeva all’esposto di Padre Padovan ricordando di aver sempre operato, nei limiti della propria competenza, per la tutela della pubblica moralità attraverso disposizioni che vietavano in occasione dei concorsi l’uso del costume a due pezzi e la partecipazione di giovinette inferiori ai 18 anni d’età. Demandava alla Direzione Generale dello Spettacolo i provvedimenti da assumere sulla produzione cinematografica, rammentando di essere intervenuto nel settore della pubblicità cinematografica per porre un argine ai dilaganti manifesti offensivi della morale e del pudore.

Il Ministro ribadiva di essere intervenuto con una serie di disposizioni che impartivano particolareggiate istruzioni per evitare e reprimere, nelle località di villeggiatura, e particolarmente sulle spiagge e nei luoghi di cura, gli inconvenienti di ordine morale determinati dall’abbigliamento e, spesso, dal contegno dei turisti e dei gitanti. Difendeva infine l’operato di Prefettura e Comune di Venezia sull’osservanza delle norme ministeriali per la tutela della morale e della pubblica decenza nei luoghi di soggiorno e di turismo, unitamente all’impegno degli albergatori e delle forze dell’ordine. A conferma del lavoro fatto, «gli organi di polizia, solo in limitati casi sono dovuti prontamente intervenire per frenare abbigliamenti troppo succinti da parte di giovani stranieri». Lapidaria la conclusione della nota ministeriale che conferma di non poter adottare provvedimenti diversi rispetto a quelli già assunti in materia614.

Nel giugno del 1956 il questore di Messina, col pretesto della minore età di alcune concorrenti e del mancato preavviso di sei giorni, impediva lo svolgimento delle selezioni per Miss Universo a Mondello dopo le proteste sollevate dalla curia vescovile di Palermo per la sfilata in bikini. I

613 Ibid.

614 Acs, Mi, Gab. 1953-56, b. 68, Risposta della Dgsp al Gabinetto in merito all’esposto di padre Padovan, Roma, 17

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giornali lamentarono l’intervento della polizia e criticarono l’atteggiamento di chiusura dell’Italia verso gli stranieri visto che partecipavano alla gara una ventina di ragazze francesi615.

Un’altra questione che animava l’opinione pubblica e che ricorda nel linguaggio la polemica contro le miss riguardava l’abbigliamento con cui, soprattutto d’estate, i fedeli o i turisti in genere accedevano ai templi. Il 15 agosto 1957, giorno della festa dell’Assunzione della Vergine Maria, il Cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, Patriarca di Venezia616, lanciava un «paterno e grave monito per il quale l’immodestia del vestire ha raggiunto aspetti sconcertanti»617, a valere anche come forte

richiamo ai turisti per il rispetto della Basilica di San Marco. Il Cardinale lamentava l’ingresso dei fedeli nelle Chiese in costume sconveniente e «la progressiva introduzione della leggerezza del vestire e del trattare in dispregio di quel pudore e principio di dignità e fortezza, ad indicazione di più gravi e terribili colpe»618. Pertanto, invitava le autorità civili, cui spettava la difesa del buon costume d’Italia e del decoro di Venezia, a mettere in atto le disposizioni idonee a regolare la pubblica decenza. L’invito ad adottare controlli analoghi era rivolto anche agli enti turistici e alberghieri.

La Questura non poteva ignorare la notificazione del Patriarca di Venezia, pubblicata sul settimanale «La Voce di S. Marco», ripresa e commentata da tutta la stampa cattolica nazionale compreso l’«Osservatore romano», e immediatamente interveniva con un appunto per il Segretario di Stato Guido Bisori619 ribadendo le istruzioni già impartite per la difesa della moralità e pubblica

decenza nei luoghi di soggiorno estivo, rilevando la cattiva abitudine, invalsa a Venezia come in altre città anche non di villeggiatura, da parte di turisti soprattutto stranieri di circolare in calzoncini più o meno corti e con abbondanti scollature. La Questura ricordava le ordinanze già emanate in merito, ma rilevava l’insufficienza di simili interventi repressivi se non preceduti da opera preventiva di propaganda e persuasione. Interessante la conclusione della circolare nella quale si notava come tali iniziative tese alla salvaguardia del buon costume si scontrassero in definitiva con le ragioni economiche dei cittadini stessi:

615 Raccomandazioni della P.S. per l’elezione di Miss Universo, «Tempo», 5 giugno 1956.

616 Angelo Giuseppe Roncalli eletto da papa Pio XII nel concistoro del 1953 cardinale, fu nominato patriarca di Venezia

dove poté finalmente esercitare quel lavoro pastorale immediato, a stretto contatto con i sacerdoti e il popolo che aveva sempre desiderato fin dal giorno della sua ordinazione sacerdotale. Il nuovo patriarca condusse una vita modesta. Si segnalò per alcuni gesti di apertura, fra i tanti va ricordato il messaggio che inviò al Congresso del Psi quando il 6 febbraio 1957 i socialisti si riunirono nella città lagunare, pur non rinnegando mai la continuità con le posizioni storiche della Chiesa nei confronti delle sfide quotidiane e individuando le cinque piaghe d’oggi del Crocifisso nell’imperialismo, nel marxismo, nella democrazia progressista, nella massoneria e nel laicismo. Fu eletto Papa col nome di Giovanni XXIII il 28 ottobre 1958 alla morte di Pio XII.

617 Acs, Mi, Gab. 1957-1960, b. 41, f. 11217/1, monito del Cardinale di Venezia ai turisti, Venezia, 15 agosto 1957. 618 Ibid.

619 Guido Bisori, 1902-1983, avvocato e politico italiano, appartenente alla Democrazia cristiana, fu eletto nel 1948 al

senato e sarà ininterrottamente rieletto fino alla V Legislatura. Ricoprì l’incarico di Sottosegretario di Stato al ministero degli interni dal 17 agosto 1953 al 17 gennaio 1954.

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Qui a Venezia qualsiasi azione od iniziativa, anche se strettamente legale, specie da parte dei cittadini, viene presa in esame, giudicata, valutata, al lume della “ragione turistica”. Tutti i cittadini, senza distinzione di colore politico, classe, ceto, professione, solidarizzano anche a scapito del prestigio della morale, dell’arte, della religione, quando si tratta di favorire l’afflusso di forestieri che apportano benessere”. Su tale argomento è stato ascoltato il conversare dell’uomo della strada, un veneziano, il quale, manifestando il proprio pensiero sull’abbigliamento licenzioso dei turisti, in dialetto veneto diceva “Va ben che i foresti ne porta schei”620.

Sembra che le Autorità ecclesiastiche si stessero accorgendo che le ragioni economiche stavano acquistando sempre più spazio anche in luoghi da sempre alfieri della moralità come il Veneto621. Anche il 1958 registrava missive firmate dai segretariati per la moralità richiedenti al Ministero dell’Interno e ai prefetti la conferma delle disposizioni impartite annualmente a tutela della moralità e pubblica decenza nei luoghi di soggiorno estivo, in particolare sulle spiagge622. La voce “turismo”, che negli interventi dei Ministeri aveva funzionato come motivazione per non abolire i concorsi di bellezza, funzionava in questa sede come aggravante per la tutela della moralità. Il 6 giugno 1958 i Vescovi del Veneto, pur convenendo sui benefici che il flusso turistico recava sul piano sociale ed economico, ponevano in evidenza anche i gravi inconvenienti che esso innescava:

L’abbigliamento di molti turisti, specie stranieri, è spesso esageratamente succinto, e ciò fuori degli arenili destinati a spiaggia; per le vie e le piazze delle stesse nostre città si è costretti a subire il vergognoso spettacolo di uomini e donne che passeggiano in costume balneare o quasi, suscitando la curiosità morbosa dei giovani e l’indignazione degli onesti. Non sempre i tutori dell’ordine intervengono o hanno ordine di intervenire; spesso per la preoccupazione che diminuisca l’afflusso dei turisti, si sollecita un’inerzia compiacente che contribuisce ad una maggiore licenza623.

Era richiesto un severo controllo sull’osservanza delle disposizioni eccessivamente violate e una concorde azione tra il Governo e la Presidenza dell’Ente del Turismo «affinché le disposizioni dell’Autorità non siano eliminate di fatto da organismi periferici di natura turistica». Il timore insomma era che le ragioni del mercato avessero la meglio su quelle dell’onore.

Fa eco a questa richiesta la lettera datata 10 giugno 1958, indirizzata al Ministro dell’interno da parte della Commissione Interdiocesana per la Moralità, composta dai Dirigenti dei Segretariati

620 Acs, Mi, Gab. 1957-1960, b. 41, f. 11217/1, notificazione del cardinale Patriarca di Venezia sull’abbigliamento dei

turisti, Venezia, 20 agosto 1957.

621 Acs, Mi, Gab. 1957-1960, b. 41, f. 11217/1, Appunto della Dpgs per il Gabinetto, Roma, 27 settembre

1957.Proseguono anche esposti contro turisti accusati di indossare abbigliamento sconveniente come quello del 21 agosto 1957 da parte del sacerdote Salvatore Tagliamonte ai danni di turisti francesi che nell’Isola di Ponza si sarebbero resi protagonisti di atteggiamenti immorali circolando sulla strada per raggiungere il lido con calzoncini corti. Le autorità intervenute avrebbero accertato l’infondatezza dell’esposto con la conseguenza di dover placare le ire degli accusati.

622 Acs, Mi, Gab. 1957-1960, b. 41, f. 11217/1, lettera della Presidenza Generale dell’Azione cattolica italiana al

sottosegretario per l’Interno Bisori, 26 aprile 1958.

623 Acs, Mi, Gab. 1957-1960, b. 41, f. 11217/1, Lettera dei vescovi del Veneto al Ministro degli interni su buon costume

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Diocesani e da alcuni membri qualificati delle otto Diocesi della Provincia Ecclesiastica Ligure: Albenga, Bobbio, Chiavari, Genova, La Spezia, Savona, Tortona, Ventimiglia. La missiva lamentava il peggioramento delle condizioni generali della pubblica moralità particolarmente in relazione al costume e al contegno della popolazione «che […] si verifica più spiccatamente e più sfacciatamente durante la stagione estiva, sia nelle località balneari della fascia costiera, sia in quelle termali e di villeggiatura generica dell’entroterra»624. Preoccupata dal punto di vista religioso e civico per la salvaguardia della sanità morale della massa dei cittadini, a fronte del numero esiguo di persone reclutate dalle Squadre del Buoncostume, invitava le autorità a prendere provvedimenti per il rispetto delle leggi dello Stato e dei regolamenti di Pubblica Sicurezza e Comunali. Chiedeva inoltre ai Prefetti di emanare «un’apposita ordinanza per la tutela della morale e della pubblica decenza sulle spiagge balneari e nei luoghi di villeggiatura estendendone l’applicazione anche ai frequentatori dei campings e che tale ordinanza, tradotta in francese, inglese e tedesco, fosse affissa

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