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Obiettivo generale: gestione venatoria

3. P IANO D ’A ZIONE

3.2. Azioni per le popolazioni storiche

3.2.4. Obiettivo generale: gestione venatoria

Il Capriolo e pertanto anche le popolazioni della sottospecie italica sono oggetto di prelievo venatorio nel territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia, come individuato ai sensi dell’articolo 10 e secondo le modalità stabi-lite dagli articoli 14 e 18 della legge 157/92, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.

Considerato il precario stato di conservazione delle popolazioni di Capriolo italico è tuttavia indispensabile che, nel rispetto della legisla-zione vigente, il prelievo sia ispirato ai più moderni e corretti principi di gestione faunistico-venatoria: le linee di intervento programmate nell’ambito della gestione venatoria devono mirare a stabilizzare nel tempo i vantaggi derivanti dalla “risorsa Capriolo”, assicurando un prelievo commisurato alle consistenze e alla struttura delle popolazioni e compa-tibile con le politiche di conservazione del taxon a livello nazionale e locale. La pianificazione deve dunque assicurare il mantenimento o il raggiungimento di prestabilite densità obiettivo, definendo anche densità soglia minime (ad es. 10 capi/100 ha) al di sotto delle quali non è opportuno iniziare il prelievo venatorio.

3.2.4.1. Obiettivo specifico: definizione delle tecniche di prelievo e dei tempi di caccia

Per garantire un utilizzo venatorio delle popolazioni di Capriolo italico compatibile con la conservazione del taxon, la definizione di adeguati piani di abbattimento acquisisce importanza fondamentale. Particolare attenzione andrà prestata al rispetto dei piani autorizzati, sia per quanto riguarda la consistenza del prelievo (numero di capi abbattuti), sia per quanto riguarda la sua struttura (ripartizione in termini di classi di sesso ed età). Il raggiungimento di tale obiettivo non potrà quindi prescindere dalla scelta di una opportuna tecnica di prelievo, in grado di garantire il rispetto dei piani. Sarà altresì fondamentale calibrare i prelievi in funzione delle caratteristiche biologiche della specie, prescrivendo tempi di prelievo tali da non interferire negativamente con fasi particolarmente sensibili del ciclo annuale.

AZIONI

Definizione di corrette tecniche di prelievo

Priorità: alta.

Tempi: inizio immediato; durata un anno.

Responsabili: Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Enti locali, gruppo

di lavoro.

Programma: stesura di un protocollo per la definizione delle tecniche di

prelievo applicabili al Capriolo. In particolare, si deve arrivare al divieto dell’utilizzo del cane da seguita, in quanto tale pratica non permette la valutazione del capo prima dell’abbattimento, aumenta la percentuale dei capi feriti e non recuperati ed esercita un disturbo indesiderabile sulle popolazioni di Capriolo. È invece necessario stimolare l’organizzazione dei servizi di recupero dei capi feriti attraverso l’uso dei cani da traccia. L’unico metodo di prelievo dovrebbe quindi essere la caccia di selezione effettuata da appostamento o alla cerca. Il prelievo selettivo si configura infatti come tecnica di gestione venatoria ottimale in quanto permette di meglio rispettare i piani di abbattimento annuali, quantitativi e quali-tativi per classi di sesso e di età, formulati sulla base di appositi censi-menti (si veda in proposito il § 3.2.1.1) e sulla base dell’incremento utile annuo di ciascuna popolazione sottoposta a prelievo. Tale misura, se adot-tata a livello provinciale e regionale, ha importanti ricadute anche nel limitare gli atti di bracconaggio.

Costi: limitati.

Definizione dei tempi di prelievo

Priorità: alta.

Tempi: inizio immediato; durata un anno.

Responsabili: Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Enti locali, gruppo

di lavoro.

Programma: stesura di un protocollo per la definizione dei tempi di prelievo.

I tempi stabiliti dovranno assicurare il rispetto delle fasi sensibili del ciclo biologico annuale della specie, con particolare riferimento al periodo ripro-duttivo in modo da evitare, nel lungo periodo, un indebolimento delle popolazioni, con variazioni della sex ratio alla nascita e riduzioni delle dimen-sioni corporee nei giovani e, di conseguenza, negli adulti delle generazioni successive. Il prelievo, di norma, dovrebbe essere effettuato, per quanto riguarda i maschi, dal 1 giugno al 15 luglio e dal 15 agosto al 31 ottobre. Per le femmine e gli individui di entrambi i sessi nati nella primavera prece-dente, tenendo conto delle peculiarità dell’ambiente mediterraneo, il prelievo

non dovrebbe invece iniziare prima del mese di gennaio, in modo da ridurre al minimo l’impatto sulla sopravvivenza dei piccoli.

Costi: limitati.

Definizione delle tecniche di prelievo e controllo per altre specie di Ungulati (art. 19, l. 157/92)

Priorità: alta.

Tempi: inizio immediato; durata un anno.

Responsabili: Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Province.

Programma: nelle aree di presenza del Capriolo italico, è necessario

disin-centivare l’utilizzo della braccata quale tecnica di prelievo venatorio e di controllo delle popolazioni di Cinghiale. Tale metodo di caccia si rivela infatti fortemente impattante, in termini di disturbo, sulle popolazioni di Capriolo. Il suo utilizzo per altre specie di Ungulati potrebbe inoltre creare i presupposti per una sua futura applicazione anche al Capriolo, in contrasto con la necessità di optare per una caccia selettiva della specie (si veda in proposito la precedente Azione: definizione di corrette tecniche di prelievo). L’esclusione della braccata come tecnica di controllo dovrebbe avvenire soprattutto nelle aree particolarmente importanti per il Capriolo italico, ad esempio nelle aree limitrofe ai Parchi che attual-mente ospitano popolazioni storiche del taxon. In tali contesti si dovrebbe quindi promuovere l’utilizzo della girata e del tiro da appostamento o alla cerca per il prelievo venatorio del Cinghiale.

Costi: limitati.

3.2.4.2. Obiettivo specifico: regolamentazione

AZIONI

Definizione di un regolamento per il prelievo venatorio

Priorità: media.

Tempi: inizio immediato; durata un anno.

Responsabili: Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Enti locali, gruppo

di lavoro.

Programma: definizione di un regolamento che indichi modalità, tempi e

tecniche di effettuazione dell’attività venatoria. Esso deve riportare le linee guida relative a: tecniche di prelievo e tempi di caccia; accesso dei caccia-tori al prelievo, organizzazione in squadre e coinvolgimento degli stessi nelle attività di monitoraggio; individuazione delle unità di gestione;

modalità e tempistiche della sorveglianza, nonché organizzazione e formazione del personale addetto al controllo e alla sorveglianza; asse-gnazione dei capi, infrazioni e penalizzazioni. Il regolamento dovrà rappresentare uno strumento versatile, in grado di adattarsi a differenti realtà territoriali e, in particolare, esso dovrà garantire l’adozione di un unico protocollo per il prelievo venatorio da parte degli Enti coinvolti nella gestione venatoria della specie nella Toscana meridionale.

Costi: limitati

3.2.4.3. Obiettivo specifico: gestione del territorio

AZIONI

Definizione di unità territoriali di gestione

Priorità: alta.

Tempi: inizio immediato; durata tre anni.

Responsabili: Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Enti locali, gruppo

di lavoro.

Programma: il territorio agro-silvo-pastorale soggetto a pianificazione

vena-toria andrà suddiviso, almeno per quanto attiene la caccia agli Ungu-lati, in unità di gestione di dimensioni appropriate (orientativamente 5-10.000 ha), omogenee dal punto di vista ambientale e delimitate da confini naturali. La definizione delle unità di gestione e di eventuali sub-unità dovrà essere chiara ed inequivocabile e, dopo una fase iniziale di assestamento, dovrà mantenersi stabile nel tempo, in modo da poter rile-vare serie storiche di dati riferite a ciascuna di esse. Il numero di caccia-tori ammessi per unità terricaccia-toriale di gestione dovrà essere legato a para-metri quali ettari di territorio/cacciatore (nell’ordine dei 100-200 ha/cacciatore) e ettari di bosco/cacciatore (nell’ordine di 50-100 ha), variabili a seconda delle densità delle popolazioni coinvolte.

Costi: inclusi nelle normali attività di gestione faunistico-venatoria.

3.2.4.4. Obiettivo specifico: raccolta dati cinegetici e monitoraggio delle dina-miche di popolazione

Affinché l’attività venatoria sia correttamente pianificata, è necessaria una approfondita conoscenza delle popolazioni cacciate. I dati di base sono rappresentati dai risultati delle stime quantitative, indispensabili per piani-ficare qualsiasi attività venatoria ed in particolare per formulare piani di prelievo calibrati sullo status delle singole popolazioni. Tuttavia, per moni-torare lo status di una popolazione e valutare l’entità del prelievo sosteni-bile, riveste notevole importanza anche la raccolta di dati relativi al rapporto

tra il carniere conseguito e lo sforzo di caccia applicato (indici cinegetici) e di informazioni sulle caratteristiche dei capi abbattuti (misurazioni biome-triche, valutazione di condizione e costituzione, analisi della fertilità, ecc.). La raccolta di queste informazioni si rivela ancora più importante nel caso delle popolazioni di Capriolo italico, in quanto permette di perseguire il duplice obiettivo di incrementare le conoscenze generali sul taxon e di migliorarne la gestione dal punto di vista venatorio.

AZIONI

Monitoraggio demografico ai fini della gestione venatoria

Priorità: alta.

Tempi: entro 1 anno; da proseguire a tempo indeterminato. Responsabili: Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Province.

Programma: pianificazione di stime quantitative da effettuarsi prima della

realizzazione del prelievo a carico delle popolazioni di Capriolo italico. I metodi di stima andranno individuati, tra quelli suggeriti dal presente Piano d’Azione (si veda in proposito il § 3.2.1.1 e l’Allegato 1), sulla base delle caratteristiche ambientali delle diverse unità di gestione. In ogni caso, essi dovranno permettere la raccolta delle informazioni di base, indispensabili per la formulazione dei piani di abbattimento: consistenza, rapporto tra i sessi, struttura per classi d’età. Di fondamentale impor-tanza risulta anche la conoscenza dei tassi di natalità (numero di piccoli per femmina) e dell’Incremento Utile Annuo della popolazione (calco-lato come percentuale di giovani dell’anno che riesce a superare l’inverno e che giunge quindi al compimento di un anno di età). La densità reale (numero di capi ogni 100 ha), da confrontarsi con le densità obiettivo e con la densità soglia minima per avviare il prelievo venatorio, andrà calcolata come rapporto tra consistenza primaverile della popolazione e la Superficie Utile alla Specie. Le stime andranno effettuate annual-mente, in modo da permettere la raccolta di una serie storica di dati che consenta di valutare in modo oggettivo le tendenze demografiche di ogni popolazione gestita.

Costi: limitati, ove già presente una gestione faunistico-venatoria.

Raccolta dei dati cinegetici

Priorità: alta.

Tempi: inizio immediato; durata tre anni.

Responsabili: Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Enti locali, gruppo

Programma: per permettere un controllo “a posteriori” degli effetti

dell’at-tività venatoria e per consentire il rilevamento di dati biometrici sui capi abbattuti, è necessaria l’organizzazione di un sistema di raccolta, infor-matizzazione e analisi dei dati di caccia. A tal fine, gli Enti responsabili delle unità di gestione istituiscono, sul proprio territorio, uno o più centri di raccolta e controllo dei capi abbattuti. I cacciatori dovranno presen-tare il capo prelevato il giorno stesso dell’abbattimento (o il successivo, nel caso di abbattimento al tramonto) presso uno di tali centri, dove verranno effettuate tutte le misurazioni del capo abbattuto e dove verrà compilata una scheda di abbattimento contenente perlomeno le seguenti informazioni: data e località di abbattimento, numero di uscite effet-tuate per giungere all’abbattimento, sesso dell’animale, classe d’età, condi-zione riproduttiva nel caso delle femmine, peso (intero o completamente eviscerato), lunghezza del piede posteriore o garretto; per i maschi si effet-tuerà inoltre la misurazione del palco, con rilevamento della lunghezza delle stanghe, del numero delle punte e della circonferenza delle rose. La consegna della mandibola pulita permetterà ai tecnici di misurarne la lunghezza e di valutare l’età di ogni capo abbattuto.

Le informazioni raccolte presso i centri di raccolta permetteranno di stimare indici cinegetici di abbondanza e di analizzare la struttura in classi di sesso ed età dei capi abbattuti: la presentazione immediata del capo consentirà quindi di valutare la rispondenza tra i piani formulati e gli abbattimenti effettivamente realizzati. Ciò consentirà di apportare tempe-stivamente le necessarie modifiche alle soluzioni gestionali adottate (gestione adattativa del prelievo). Inoltre, la disponibilità di dati di abbat-timento georeferenziati (ad esempio riferiti ad unità di griglia di un reti-colo predefinito), permetterebbe di stimare anche il numero di capi abbattuti per unità di superficie e di valutare la densità di abbattimento pesata sullo sforzo di caccia.

Costi: limitati.

Note: l’Allegato 3 riporta la scheda proposta per il rilevamento dei dati

biometrici del Capriolo da Mattioli S. & De Marinis A.M. (a cura di) Guida al rilevamento biometrico degli Ungulati. Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.