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BILANCIO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE IN ITALIA (in percentuale del PIL)

2.4 Gli obiettivi della politica monetaria europea

2.4.2 L’obiettivo della stabilità dei prezz

Tornando allo scopo primario perseguito dalla politica monetaria all’interno del SEBC (la già più volte citata stabilità dei prezzi), si vuole ora comprendere perché esso sia considerato così rilevante ai fini della realizzazione del processo di Unione economica e monetaria tra i vari Paesi europei. La risposta è più semplice di quel che si possa credere ed è da ricercarsi all’interno delle tensioni inflazionistiche presenti in svariati Paesi dell’Unione. Verrà ora illustrato l’importante concetto di prezzo della moneta e del valore della sua stabilizzazione per così comprendere che il miglior obiettivo per la politica monetaria è la stabilità dei prezzi.

Il valore di una moneta può esprimersi in tre diversi modi: rispetto a un’altra moneta assumendo le sembianze del tasso di cambio che, in seguito a delle sue modifiche, crea rivalutazione o svalutazione; rispetto a se stessa in un arco temporale differente, sotto forma di tasso d’interesse; rispetto a tutti i diversi beni e servizi generati all’interno dell’economia, sotto forma di potere d’acquisto, uguale a sua volta, all’inverso del livello dei prezzi, il cui cambiamento crea il tasso d’inflazione. Se si considera solo un lungo periodo temporale, esiste un’elevata correlazione tra le tre definizioni del valore

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44 della moneta. Un tasso d’inflazione maggiore rispetto ad altri Paesi, infatti, che comporti una progressiva perdita del potere d’acquisto, viene accompagnato da dei tassi d’interesse più elevati e da una svalutazione sul mercato dei cambi. Unificare le diverse monete europee fa sì che il loro prezzo debba divenire uguale in tutte e tre le definizioni: identico tasso d’interesse, identico tasso di cambio e identico tasso d’inflazione. Quindi, il successo della BCE relativamente al raggiungimento del suo obiettivo principale deriva dal fatto che il prezzo della moneta unica debba rimanere stabile nel tempo rispetto a tutti i differenti beni e servizi. Se il suo potere d’acquisto viene mantenuto costante, il metro monetario di tutti i Paesi facenti parte dell’Unione si conserverà uguale tra gli Stati e negli anni.

Il percorso per giungere a tutto ciò è stato piuttosto lungo e difficile. Come si è già potuto precedentemente osservare all’interno del primo paragrafo, tra il 1860 e il 1914 (il periodo in cui vigeva il sistema del gold standard) il metro monetario era sostanzialmente unico tra i diversi Stati, anche se si presentava sotto forma di diverse monete nazionali. Il suo potere d’acquisto era assai stabile, poiché il livello generale dei prezzi non presentava una tendenza secolare all’aumento o alla diminuzione, i tassi d’interesse dei Paesi più importanti non erano per nulla elevati e i tassi di cambio fra le monete erano costanti.

La situazione però era ben diversa nel medio periodo, nel quale erano spesso presenti fasi durature di aumento o di diminuzione dei prezzi, poiché non vi era alcun meccanismo che consentisse l’uguaglianza tra la domanda di oro e la sua offerta: quello che veniva considerato tra i metalli più preziosi al mondo si mostrava essere poco efficace nel medio periodo, oltre che notevolmente costoso per via della sua complicata lavorazione al fine di “costruire” la quantità di moneta necessaria per gli scambi. La situazione era peggiorata tra il 1915 e il 1945, dove a causa delle due Guerre mondiali, alla grande recessione degli anni ’30 e alla presenza di un forte protezionismo commerciale il prezzo della moneta era diventato piuttosto instabile. I venticinque anni successivi erano stati caratterizzati invece da un periodo di relativa stabilità. Gli scenari erano cambiati nuovamente nel 1971, quando l’allora Presidente degli Stati Uniti d’America Richard Nixon, aveva dichiarato l’assoluta inconvertibilità del dollaro in oro, ponendo così fine al sistema dei cambi che si era venuto a realizzare dopo l’incontro di Bretton Woods. Da quel momento le monete dei vari Paesi mondiali, e quindi non solo

45 europee, avevano iniziato a subire intense variazioni del loro prezzo. Lo stesso livello generale dei prezzi presentava una forte tendenza al rialzo e quindi anche il tasso d’inflazione risultava essere sempre più alto e variabile. Diverse monete si erano lentamente deprezzate rispetto ad altre e i tassi di cambio erano risultati notevolmente instabili (alcuni addirittura nel breve periodo). Infine anche i tassi d’interesse, così come l’inflazione, avevano presentato dei valori assai elevati.

Con riferimento al tasso d’inflazione, quanto appena detto si può osservare dalla Figura 2.3, nella quale sono piuttosto evidenti gli elevatissimi livelli di quest’indice di misura dei prezzi per i dodici Paesi che per primi hanno adottato la moneta unica europea:

Figura 2.3 - Convergenza dei tassi d’inflazione: zona euro 12 (valori annuali in %):

Dati: Eurostat, rielaborazione personale

Questa instabilità monetaria, che è perdurata fino alla prima metà degli anni ’80 ha così convinto gli economisti e l’opinione pubblica che i guadagni di occupazione che si possono avere attraverso l’inflazione sono fugaci e non ne compensano i costi, che invece sono permanenti. Si è deciso perciò di ricorrere, a partire da quel momento, a un utilizzo sempre più cospicuo della politica monetaria in funzione antinflazionistica, in modo da cercare di riuscire a tenere sotto controllo il tasso relativo di ogni Stato.

0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 30,00% 35,00% 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 AT BE FI FR DE EL IE IT LU NL PT ES

46 Ecco quindi del perché è stato affidato alla politica monetaria il raggiungimento dell’obiettivo primario di perseguire la stabilità dei prezzi. Tuttavia, a riguardo, il Trattato di Maastricht non fornisce una definizione precisa e accurata. La BCE però, vi attribuisce una notevole importanza, poiché ha ritenuto che una politica monetaria in grado di mantenere la stabilità dei prezzi in maniera duratura e credibile fornisca, nel medio periodo, il miglior contributo realizzabile in termini di aumento del reddito e dell’occupazione. Così, nel mese di Ottobre del 1998, la Banca centrale europea ha stabilito che:

“La stabilità dei prezzi è definita come aumento sui dodici mesi dell'indice armonizzato dei

prezzi al consumo (IAPC) per l’area dell’euro inferiore al due per cento [...] la definizione fa riferimento ai dodici mesi, come medio periodo in cui deve essere valutata o mantenuta la stabilità dei prezzi”.23

Questo importante obiettivo fa riferimento all’indice armonizzato dei prezzi al consumo, il quale rappresenta un nuovo indicatore che era stato formulato inizialmente per la valutazione della convergenza dei prezzi nella seconda fase prevista dal Trattato di Maastricht. Esso è armonizzato tra i vari Paesi dell’area dell’euro e si riferisce al solo territorio in cui circola la moneta unica europea. È ancor di più così confermata l’opinione secondo la quale le decisioni, intraprese dalla BCE, facciano riferimento a delle valutazioni esclusive sugli Stati aderenti all’Eurozona, piuttosto che sui singoli Paesi.

Importante è anche il significato della frase: “aumento inferiore al 2 per cento”; essa indica che la stabilità dei prezzi è compatibile con un tasso di variazione che deve situarsi in un intervallo compreso tra lo 0 e il 2 per cento e che quindi una eventuale deflazione non potrebbe essere ritenuta accettabile con l’obiettivo della stabilità.

Finalità tra l’altro difficile da mantenere piuttosto che da raggiungere, se si pensa che non vi è stato alcun Paese in grado di riuscire a tenere per un lungo arco temporale il tasso d’inflazione al di sotto della soglia prestabilita (basti rievocare il periodo che va dal 1950 al 1997 in cui la Germania riuscì a stabilizzare il suo tasso d’inflazione sotto il livello del 2 per cento solo in 15 dei 47 anni presi in considerazione). Emergono quindi

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47 alcuni importanti dubbi sulla capacità dei vari Paesi facenti parte dell’Eurozona di raggiungere tale obiettivo, considerato da molti studiosi piuttosto ambizioso.

2.4.3 La via di mezzo tra monetary targeting e inflation