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STRUMENTI E METOD

IV. M ONASTERO DI L ANZO : GEOGRAFIA , STORIA , SOCIETÀ , LINGUA

5.3.1 Le occlusive velar

In posizione iniziale le occlusive velari si conservano se seguite da vocali posteriori: COLLU > [kɔl] ‘gola, collo’,

CURTU > [kyrt] ‘corto’, GUBBU > [gøp] ‘gobbo’;

A MdL, come nella maggior parte delle parlate delle Valli di Lanzo , la velare sorda 106 diventa fricativa, mentre la sonora si palatalizza:

Fonologicamente, in realtà, sono da considerarsi dei «falsi dittonghi» perché il primo elemento è

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consonantico (cfr. Romano 2008: 16).

Nelle varietà fp settentrionali del Piemonte si trovano parlate in cui l’evoluzione di CE- / CI- dà

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luogo a tipi diversi di fricativa: [f] a Ronco Canavese, [h] a Lemie, [h] / [χ] a Ingria; anche nelle parlate meridionali questi esiti sono presenti in numerose località. Una rassegna della forte variabilità di questo fenomeno in tutto il dominio fp è presente in Tuaillon (2007: 165-174).

V. FONETICA

CEREBELLU > [serˈvel] ‘cervello’, CINERE > [ˈsønːa] ‘cenere’,

GENUCULU > [dʒeˈnui̯] ‘ginocchio’, GINGIVA > [dʒanˈziva] ‘gengiva’;

tuttavia alcune parole, sul modello italiano, presentano un’evoluzione della velare sorda in affricata:

CAEMENTU > [tʃiˈmɑnt] ‘cemento’,

CAELU > [tʃel] ‘cielo’, ma [arkanˈsel] ‘arcobaleno’.

Davanti ad A la parlata di MdL non conosce (più) alcuna palatalizzazione delle occlusive velari, se non in poche eccezioni.

CANDELA > [kanˈdela] ‘candela’, CANE > [kɑŋ] ‘cane’,

CALIDU > [kau̯t] ‘caldo’, GALLINA > [gaˈlina] ‘gallina’, GAMBA > [ˈgamba] ‘gamba’, GALLU > [gal] ‘gal’.

La palatalizzazione di CA- e GA- , che caratterizza variamente tutte le parlate fp, d’oil e in parte quelle occitane, è un tratto che separa nettamente le parlate galloromanze dal piemontese e dall’italiano, privi di palatalizzazione . Gli esiti 107 palatalizzati nelle varietà fp in Piemonte sono sostanzialmente di due tipi: uno con le affricate alveolari [ts] e [dz], attestato in alcune parlate della media e bassa Valle di Susa (cfr. Falco 1978) e uno, maggioritario, con le affricate post-alveolari [tʃ] e [dʒ] . 108

Gli esiti in [ts] e [dz] in Piemonte sono ormai minoritari e mantengono una buona diffusione solo in Val Cenischia e a Giaglione, varietà fp tra le più vitali in Valle di Susa. Diverse parlate della sinistra orografica della Dora conoscono questa evoluzione (cfr. Falco 1975) ma attualmente il fenomeno è in fase di forte recessione

Una rassegna su questo fenomeno, con dati riguardanti anche il Piemonte, si trova in Pellegrini

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(1985) e in Romano/Molino/Rivoira (2005).

Anche le colonie fp pugliesi di Celle San Vito e Faeto presentano la palatalizzazione di CA e GA in

108

[tʃ] e [dʒ], segnale, secondo Schüle (1978), dell’arcaicità di queste parlate che mantengono tratti diffusi nel fp transalpino del 1300.

V. FONETICA

sotto la spinta del piemontese e dell’italiano . In area fp questo tipo di 109 palatalizzazione è molto diffuso e, secondo Tuaillon (2007), rappresenta l’esito originario e più autentico per quasi tutto il dominio; successivamente il francese, evolutosi in [tʃ] e [dʒ] tra il V e il VII secolo e poi passato a [ʃ] e [ʒ] (cfr. Celata 2002), ha «entamé les bordures septentrionales du domaine et même influencé une large bande périphérique» (Tuaillon 2007: 197). Sul versante cisalpino, oltre che in Valle di Susa, questo tratto è presente in Valle d’Aosta (cfr. Favre 2003) dove è diffuso in quasi tutte le parlate (cfr. Keller 1958: 83 il quale ipotizza un’evoluzione del tipo CA- > [kj-] > [tj-] > [ts-]).

Gli esiti con affricata alveolare sono, invece, caratteristici di tutte le parlate fp settentrionali e si conservano in modo abbastanza uniforme e vitale. Nelle Valli di Lanzo già Terracini (1910-1922: 246-247) per Usseglio (e per tutta la Valle di Viù) segnalava voci non palatalizzate come [kar] ‘caro’, [ka] ‘casa’, [karŋ] ‘carne’ la cui provenienza è probabilmente piemontese ed esempi simili si trovano in Fasano (1976: 390-391) per la Val d’Ala, ma tendenzialmente la palatalizzazione resiste nella maggior parte delle parole.

A MdL si possono trovare alcuni relitti che fanno pensare a un precedente stadio in cui la palatalizzazione era presente:

CAMPU > [tʃamp] ‘campo’ , 110

CAPANNA > [tʃaˈvana] ‘edificio adibito a casa in alpeggio’, CADĔRE > [tʃei̯r] ‘cadere’,

CATTU > [tʃɐt] ‘gatto’ , 111

CAMINU > [tʃyˈmiŋ] ‘caminetto’,

così come si trovano numerose tracce nella toponomastica (cfr. ad esempio [au̯ tʃa ˈnai̯] ‘al canale’, ATPM 39: 153 o [au̯ tʃaˈzal] ‘al casale’, ivi: 159). Tuttavia il

Osservando i dati ALEPO per Condove (360) si può notare come gli esiti in [ts] e [dz] fossero

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maggioritari durante l’inchiesta pilota svolta nel 1975 e meno frequenti durante l’inchiesta principale del 1981. Es. Q 8 “fa caldo” [fai̯ tsau̯] ~ [e gro tʃau̯d]; Q 42 “la pioggia” [la ˈpjodzi] ~ [a ˈpjodʒə]

Si tratta di una variante arcaica, poco utilizzata e presente soprattutto in toponomastica.

110

Il termine comunemente usato in piemontese è [gat], tuttavia la variante [tʃat] è diffusa in numerose

111

parlate galloitaliche del Canavese e del basso cuneese e attestata nei dizionari piemontesi (cfr. Brero 2001: 427).

V. FONETICA

fenomeno non caratterizza più la parlata di MdL da molto tempo; ne sono un esempio le parole che presentano ancora la palatalizzazione: con l’esclusione di ‘cadere’ appartengono al lessico tradizionale o sono legate alla toponomastica. Inoltre, la scomparsa/assenza della palatalizzazione delle velari non ha “innescato” la palatalizzazione della [a] atona finale (cfr. supra § 5.2.2) dividendo nettamente, per questo aspetto, le parlate fp delle Valli di Lanzo da quella di MdL.

5.3.2 Occlusiva + L

I nessi consonantici composti da occlusiva + L presentano la palatalizzazione della liquida a MdL sia in posizione iniziale sia interna:

PLATEA > [ˈpjasa] (Cap) ‘piazza’, PLORARE > [pjuˈra] ‘piangere’, *BLANK > [bjaŋk] ‘bianco’, NEB(U)LA > [ˈnebja] ‘nuvola’, SUB(I)LARE > [syˈbja] ‘fischiare’.

Nel caso la consonante sia una velare anche quest’ultima si palatalizza: CLAVE > [tʃa] ‘chiave’,

CLARU > [tʃar] ‘chiaro’, ‘luce’, MASC(U)LU > [masʧ] ‘maschio’, GLACIA > [ˈdʒasa] ‘ghiaccio’, GLAREA > [ˈdʒai̯ra] ‘ghiaia’.

Le evoluzioni palatalizzate coincidono con quelle galloitaliche ; anche le varietà fp 112 settentrionali non conservano il nesso consonantico originale ma, solitamente, le occlusive velari non evolvono in affricate e mantengono immutato il luogo di articolazione (es. Ceres [kja] ‘chiave’, Chialamberto [gjas] ‘ghiaccio’). A MdL questo fenomeno è assente se non in un arcaismo diffuso solo nelle frazioni alte:

*PITITTUS > [kiˈti] (Chi) ‘piccolo’, ‘bambino’.

Il REP (XXXIX) ipotizza uno stadio intermedio, precedente all’affricata postalveolare, costituito

112

«dall’affricata mediopalatale» anche se, in realtà, si tratta di un’occlusiva mediopalatale, cfr. Telmon (in stampa).

V. FONETICA

Una particolarità legata a questo fenomeno è il nome dialettale per il toponimo Chiaves che viene pronunciato [n ˈkjave] dagli abitanti delle frazioni basse e [n ˈtʃave] da quelli delle frazioni alte, mentre in piemontese è detto [ˈtʃaves].

Il toponimo è attestato già nel 1286 come «clauex» e successivamente una frase scolpita nei pressi del cimitero della frazione: «Claves Velut limes Canapitii» ha incentivato la paretimologia del toponimo come “chiave” del Canavese, cioè come limite estremo del Canavese o come punto di passaggio tra le Basse Valli di Lanzo 113 e la Valle del Tesso. La pronuncia odierna, modellata sul termine ‘chiave’, rispecchierebbe questa interpretazione . Presupponendo questo tipo di 114 paretimologia ci aspetteremmo, nella parlata di MdL, una variante affricata del nesso iniziale così come per il termine ‘chiave’: la pronuncia [n ˈkjave] potrebbe, perciò, essere un relitto di un’antecedente pronuncia velare del nesso CL conservatasi solo nella varietà delle borgate basse.

In realtà, l’origine del toponimo è incerta: Olivieri (1965: 128) lo fa derivare da un aggettivo locativo *CLAVICIS, tratto dal nome personale Clavius; Franceschi (2008 [1978]: 58) da CAVAS secondo «lo sviluppo francese (o francoprovenzale) di CA-» e Rousset (1991: 38) lo riferisce alla radice prelatina, diffusa in tutto l’arco alpino, *cal, *cla con il significato di ‘pietra’, ‘roccia’. Tuttavia, anche in questi casi, una delle due pronunce (quella del Capoluogo per le ipotesi di Olivieri e Rousset e quella delle borgate alte per l’ipotesi di Franceschi) attesta un’evoluzione maggiormente orientata verso il polo galloromanzo, segno di un precedente stadio della parlata di MdL circa gli esiti di CA- e CL-.

5.3.3 Occlusiva + R

I nessi occlusiva + R rimangono generalmente inalterati; alcune particolarità si riscontrano in singole parole che presentano metatesi:

In realtà i confini del Canavese non sono ben definiti e spesso il limite sud-occidentale dell’area

113

corrisponde con Balangero e Corio, escludendo i comuni della Valle del Tesso (cfr. Tonso 2017: 28-41.

Una situazione simile è descritta da Genre (1986: 3-4) per due toponimi della Val Chisone e

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Germanasca Chianaviere e Chiabrera costruiti sul modello dell’italiano “chiave” nonostante che l’origine e il significato fossero radicalmente diversi.

V. FONETICA

TRICHEA > [ˈtørsa] (Cap) ‘treccia’, GRAMINEA > [gørˈmun] ‘gramigna’, PREHENSIONE > [pərˈzuŋ] ‘prigione’;

o in alcune forme verbali dei verbi ‘crescere’ e ‘credere’, soprattutto nelle frazioni basse115

CREDERE > [ˈkørda] (Cap), (For) ‘credere’, ma [ˈkria] (Chi), CRESCERE > [ˈkørsa] ‘crescere’.

Sono presenti alcune eccezioni che modificano il grado di sonorità dell’occlusiva bilabiale:

*PRUNEA > [ˈbørɲa] ‘prugna’,

o lo mantengono, così come avviene nelle Valli di Lanzo e in numerose parlate canavesane, liguri e lombarde (cfr. AIS, carta 375)

PRUINA > [ˈprina] ‘brina.