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3.3.1 La Costituzione

Nella Costituzione italiana l’articolo esplicitamente dedicato all’autonomia finanziaria regionale è il 119471. Esso compone assieme agli articoli 117 e 118 una “triade” ideale – della quale è posto a chiusura – che disciplina l’autonomia regionale nei suoi tre tratti più qualificanti: normativo, amministrativo e finanziario. È dunque dall’art. 119, come riformato nel 2001, che deve prendere il passo la presente analisi472.

La disposizione si apre con l’enunciazione «Le Regioni, le Province, i Comuni e le Città metropolitane hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa»473. Come detto in precedenza, quest’ultima precisazione era volta a superare i dubbi sulla natura dell’autonomia finanziaria regionale, che per alcuni si riduceva all’autonomia di spesa senza contemplare la potestà impositiva474. Questa disposizione di principio viene poi specificata immediatamente dai commi successivi, che disegnano le tipologie di entrate che sostanziano le «risorse proprie» degli enti territoriali:

- tributi ed entrate proprie, derivanti dall’esercizio di poteri impositivi propri475 o da altre forme di autofinanziamento, come i corrispettivi per servizi pubblici offerti alla collettività. La norma specifica che essi devono essere «in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» (c. 2). Il coordinamento finanziario e fiscale è una funzione volta a garantire il principio di unità all’interno dei diversi sistemi finanziari e tributari degli enti che costituiscono la

471 Nel paragrafo precedente si è esposta la logica che sottende all’esposizione delle disposizioni costituzionali secondo una logica tripartita: a) disposizioni appositamente dedicate all’autonomia finanziaria; b) altre disposizioni costituzionali rilevanti; c) disposizioni introduttive del pareggio di bilancio in Costituzione.

472 Per il testo integrale dell’articolo, presentato in maniera sinottica assieme alla versione originaria, v.

supra, par. 2.2. All’interno di una vastissima bibliografia, si possono richiamare F. GALLO, Prime

osservazioni sul nuovo art. 119, in Rass. trib., 2, 2002, 585 ss.; A. BRANCASI, Uguaglianze e disuguaglianze

nell’assetto finnziario di una Repubblica federale, in Dir. pubbl., 3, 2002, 909 ss.; L. ANTONINI, La vicenda

e la prospettiva dell’autonomia finanziaria regionale: dal vecchio al nuovo art. 119 Cost., in Le Regioni,

2003, 11 ss.; A. BRANCASI, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art.

119 Cost., in Le Regioni, 1, 2003, 41 ss.; M. BERTOLISSI, L’autonomia finanziaria delle regioni ordinarie, in Le Regioni, 2004, 429 ss.

473 Il comma 1 è stato ulteriormente modificato con l.cost. n. 1 del 2012, come si dirà oltre nel testo. 474 V. supra, cap. 2.2.

475 Si noti per inciso che il principio di legalità in materia tributaria (art. 23 Cost.) impedisce agli enti territoriali diversi dalla Regione di istituire tributi propri: essi possono esercitare soltanto il loro potere regolamentare nell’ambito stabilito dalla legge istitutiva dei tributi loro destinati.

Repubblica. I principi di coordinamento sono la cornice entro cui Regioni ed enti locali possono legittimamente esercitare il loro potere di stabilire ed applicare tributi ed entrate propri: in una discussa pronuncia, la Corte costituzionale ha peraltro operato un “congelamento” dell’autonomia impositiva, affermato che questi ultimi non avrebbero potuto dedurre in via interpretativa i principi della materia dalla Costituzione e dalla legislazione vigente – come normalmente avviene nelle materie di competenza concorrente – ma, per poter esercitare la propria potestà impositiva con l’istituzione di tributi propri regionali, avrebbe dovuto attendere l’adozione di un’apposita legge statale di coordinamento476. Per questa si sono dovuti attendere quasi dieci anni dall’approvazione della riforma costituzionale del 2001: si tratta della legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale;

- compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio, che consistono in quote di gettito dei tributi erariali, secondo il criterio che le risorse devono restare o tornare almeno in parte alle comunità che le producono (c. 2);

- entrate derivanti da un fondo perequativo, istituito con legge statale, il quale serve a garantire una distribuzione delle risorse finanziarie in funzione di perequazione a vantaggio dei territori la cui capacità fiscale pro capite è più bassa. Devono essere trasferite senza vincolo di destinazione, ossia senza stabilire specifiche finalità o funzioni a cui sono destinate (c. 3);

- entrate derivanti da risorse speciali e interventi aggiuntivi destinati dallo Stato a specifici enti territoriali, «per promuovere lo sviluppo economico» (c. 5).

Il comma 4 sancisce poi l’importante principio del parallelismo tra risorse economiche e compiti istituzionali (cd. principio di connessione risorse-funzioni). Si tratta di un principio di primaria importanza in un contesto – come quello del regionalismo italiano – in cui la Costituzione individua l’autonomia finanziaria non tanto come garanzia in chiave difensiva, al fine di evitare ingerenze del legislatore statale in un riparto di risorse in cui sono già garantiti gli spazi finanziari riservati alle Regioni, ma soprattutto quale obiettivo da realizzare: è bene ricordare infatti che è compito del

476 Corte cost., sent. n. 37 del 2004, la quale in un noto passaggio afferma: «L'attuazione di questo disegno costituzionale richiede però come necessaria premessa l'intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l'insieme della finanza pubblica, dovrà non solo fissare i principi cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche determinare le grandi linee dell'intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente, di Stato, Regioni ed enti locali».

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legislatore statale quello di trasferire le funzioni amministrative agli enti territoriali, conformemente al principio di sussidiarietà (art. 118 Cost.), e al tempo stesso decentrare un sistema tributario che nasce accentrato, garantendo al massimo livello il binomio tra sufficienza delle risorse per far fronte alle funzioni attribuite alle Regioni e responsabilizzazione (giuridica e politica) nel loro procacciamento e nel loro utilizzo. Il principio di connessione spiega fra l’altro pienamente il senso del fondo perequativo (c. 3) e delle risorse speciali (c. 5). Dal momento che il gettito dei tributi varia in funzione della ricchezza tassata, le regioni più povere avranno tendenzialmente meno mezzi finanziari su cui poter contare, rischiando di mettere a repentaglio l’uniforme tutela dei diritti sociali: il fondo perequativo ha la funzione di assegnare agli enti territoriali economicamente più deboli risorse aggiuntive, consentendogli appunto di finanziare integralmente le funzioni a loro attribuite, mentre i territori economicamente più forti dovrebbero raggiungere il medesimo obiettivo tramite risorse provenienti dal proprio territorio (tributi propri e compartecipazioni). Allo stesso modo, le risorse speciali sono volte a far fronte non tanto alle differenze economiche dei cittadini quanto al deficit infrastrutturale di alcune parti del Paese477; pure le infrastrutture svolgono peraltro un ruolo strumentale rispetto alle funzioni attribuite alla Regione.

L’art. 119, c. 6, Cost., infine, oltre a riconoscere che gli enti territoriali abbiano un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi della legge statale, prevede che gli stessi possano indebitarsi ricorrendo al mercato dei capitali, ma solo per compiere spese di investimento e non per sostenere spese correnti478. Si vieta poi espressamente che lo Stato presti garanzie sui prestiti contratti dalle Regioni.

Esaurita l’analisi dell’art. 119, è opportuno richiamare brevemente gli altri articoli della Costituzione che incidono sull’autonomia finanziaria regionale.

In primo luogo, non si può non richiamare un pugno di principi costituzionali che dovrebbero guidare l’azione del legislatore, ma che soprattutto finiscono per assumere un peso determinante nella giurisprudenza costituzionale479. L’art. 119, come anticipato, è

477R.BIN,G.FALCON, Diritto regionale, Bologna, 2012, 266.

478 Anche questo comma è stato modificato con l.cost. n. 1 del 2012, come verrà specificato oltre nel testo. 479 Lamenta ad esempio M.BERTOLISSI, Libertà e «ordine delle autonomie». La lezione di Silvio Trentin, in ID., Autonomia e responsabilità, cit., 73, n. 88, che «nel trattare del federalismo fiscale ci si limita a prendere in considerazione gli artt. 117, 118 e 119; talvolta, pure gli artt. 23 e 53 Cost., mai le disposizioni sostanziali della parte prima della legge fondamentale, che identificano la forma di Stato». Se così è, bisogna peraltro ammettere che queste – considerate da un punto di vista letterale – nulla dicono in tema di

una declinazione in campo finanziario del principio autonomista, garantito dall’art. 5 Cost. che parla di «riconoscimento e promozione» delle autonomie locali. Anche in questa materia, assumono poi un rilievo gli artt. 2 e 3, cc. 1 e 2, della Costituzione: ai nostri fini rileva sia la protezione dei diritti di libertà e dell’uguaglianza formale – che proibiscono la discriminazione fra cittadini di diverse regioni e la limitazione delle loro libertà, in particolare di movimento – sia il richiamo ai «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» e la garanzia dell’uguaglianza intesa in senso sostanziale, che costituiscono il fondamento della perequazione fra territori e della garanzia di un livello omogeneo di servizi sociali a tutti i cittadini, a prescindere dalla Regione di residenza.

Vi sono poi i due articoli specificamente dedicati alla materia tributaria, gli artt. 23 e 53 Cost. Il primo stabilisce che «Nessuna prestazione personale o patrimoniale puo` essere imposta se non in base alla legge»: viene così sancito il principio di riserva di legge in materia tributaria, riserva intesa in senso relativo, permettendo l’utilizzo della fonte regolamentare per tutti gli aspetti del tributo esclusi quelli essenziali: il presupposto di fatto, i soggetti passivi, i principi di determinazione delle aliquote, esenzioni e agevolazioni e le sanzioni480. Tale principio vale naturalmente anche per i tributi istituiti con legge regionale. L’art. 53 afferma invece, sul piano sostanziale, che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Senza voler entrare in questa sede in tutta la complessa evoluzione dell’interpretazione di questa disposizione e dei criteri che ne sono stati fatti derivare – in via dottrinale e giurisprudenziale – si può dire che il tributo (anche regionale) deve essere in ogni caso collegato ad un presupposto che esprima una “forza economica” idonea, effettiva ed attuale481.

autonomia finanziaria: è solo per il tramite dell’interpretazione storica, sistematica, teleologica e (ancora di più) per valori, tramite il bilanciamento di tutti gli interessi in gioco, che esse possono incidere sulla disciplina concreta dell’autonomia finanziaria. Questa interpretazione è compito del giudice costituzionale, v. infra, 4.1.

480 Tale riserva è interpretata in senso relativo a partire dal dato letterale che recita: «in base alla legge». A. FEDELE, La potestà normativa degli enti locali, in Finanza locale, 1998, 10 ss.; F. TESAURO, Istituzioni di

diritto tributario, 1, Parte generale, Torino, 2012, 15; G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario. Parte

generale, Padova, 2012, 145 ss.

481 L’idoneità consiste nella capacità del presupposto di esprimere una forza economica (correlata all’intensità del prelievo), l’effettività si dispiega nei confronti di norme tributarie che istituiscano presunzioni o automatismi, che sono incostituzionali se collegano il prelievo a indici apparenti o fittizi di capacità contributiva, la attualità limita la retroattività dell’imposizione, correlando il prelievo a una

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Naturalmente, alcuni elementi determinanti sono poi contenuti all’interno di altri articoli del Titolo V, oltre al 119. In particolare, un rilievo cruciale riveste l’art. 117 Cost., che contiene il riparto delle competenze legislative. Fra le competenze esclusive dello Stato (elencate al comma 2), si segnalano in particolare quelle di cui alla lettera e), «… sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie», e alla lettera m), «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»482.

Fra le materie di competenza concorrente, di grandissimo rilievo è quella al «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», all’interno della quale lo Stato dovrebbe limitarsi a porre le norme di principio, lasciando alle Regioni ogni disposizione di dettaglio, come fra l’altro dice testualmente l’art. 119, c. 2, Cost.483. Anche il primo comma dell’art. 120 Cost. contiene una previsione espressa in materia di autonomia tributaria regionale, stabilendo il divieto di «istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni», norma che (come anticipato) costituisce una declinazione dei fondamentali diritti di libertà e uguaglianza formale riconosciuti dagli artt. 2 e 3, c. 1, Cost.

Veniamo infine al terzo “plesso normativo” che abbiamo individuato nelle premesse, quello relativo all’equilibrio di bilancio. Anche in Italia nel 2012 la normativa in materia di autonomia finanziaria regionale vive un profondo momento di mutamento

capacità contributiva in atto, e non passata o futura (F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, 1, Parte

generale, Torino, 2012, 65 ss.). Ai fini dei tributi propri, non rileva il principio di progressività richiamato

dal c. 2 dell’art. 53: la Corte costituzionale ha infatti affermato che il rispetto del principio è riferito al «sistema tributario in genere e non i singoli tributi» (sent. n. 12 del 1960), anche considerando che «non tutti i tributi si prestano, dal punto di vista tecnico, all’adattamento al principio della progressività, che - inteso nel senso dell’aumento di aliquota col crescere del reddito - presuppone un rapporto diretto fra imposizione e reddito individuale di ogni contribuente» (sent. n. 128 del 1966). Si sostiene conseguentemente che «le regioni possono anche istituire imposte proporzionali… o addirittura regressive… ma dovranno farne un uso razionale e limitato, tale da non alterare il carattere progressivo dell’intero ordinamento» (R.BIN,G.FALCON, Diritto regionale, cit., 274). Si ricorda inoltre, per ragioni di completezza (anche se di scarso rilievo per i nostri fini), il limite contenuto nell’art. 20 Cost., a mente del quale «Il carattere ecclesiastico o il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di … speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività».

482 Sul punto, v. in particolare l’amplissimo contributo di L.TRUCCO, Livelli essenziali delle prestazioni e

sostenibilità finanziaria dei diritti sociali, in www.gruppodipisa.it.

483 In realtà, questa competenza è stata oggetto nel tempo di una lettura nettamente accentratrice da parte del legislatore statale, spesso avallata dalla giurisprudenza costituzionale. Sul punto, v. infra, 4.5.

sulla spinta del nuovo quadro regolatorio sovranazionale. Con l.cost. n.1 del 2012, viene adempiuto da parte del Legislatore italiano l’obbligo assunto con il Fiscal compact484. A seguito di una discussione parlamentare estremamente limitata – tanto da attirarsi le critiche della dottrina485 – vengono rivisti ben quattro articoli della Costituzione, e per aspetti non marginali. In particolare:

- viene cambiato radicalmente l’art. 81 Cost., con l’introduzione del principio dell’equilibrio di bilancio in Costituzione (nonostante la legge fosse rubricata “Introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione”)486. La differenza non è soltanto semantica: il pareggio è infatti una nozione statica, che si desume dalla differenza fra componenti positive e negative del conto economico, mentre l’equilibrio è una nozione dinamica, che mira a tenere conto del contesto economico in cui si inserisce un

484 In questi termini, espressamente, Corte cost., sent. n. 88 del 2014, secondo la quale: «Con il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (meglio noto come Fiscal Compact), … gli Stati contraenti, all’art. 3, comma 2, si sono impegnati a recepire le regole del «patto di bilancio» «tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio». Lo Stato italiano ha ritenuto di adempiere a questi impegni con un’apposita legge costituzionale – la n. 1 del 2012 – la quale, in primo luogo e per quanto qui rileva, ha riformato gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost.».

485 Sulla l.cost. n. 1 del 2012 la bibliografia è vastissima. Si possono qui richiamare, fra i primi commenti: F. BILANCIA, Note critiche sul c.d. pareggio di bilancio, in Rivista AIC, 2, 2012; G. BOGNETTI, Il pareggio

di bilancio nella Carta costituzionale, in Rivista AIC, 2, 2012; M. LUCIANI, Costituzione, bilancio, diritti e

doveri dei cittadini, cit.; AA.VV., Il principio dell'equilibrio di bilancio secondo la riforma costituzionale

del 2012. Atti del seminario svoltosi in Roma. Palazzo della Consulta, 22 novembre 2013, Milano, 2014;

G. VEGAS, Il bilancio pubblico, Bologna, 2014, 64 ss.; P. DE IOANNA, La nuova cornice costituzionale:

nuove dinamiche politico istituzionali. Elementi per una riflessione, Atti del Seminario La nuova governance fiscale europea. Fiscal Pact, cornice europea e modifiche costituzionali in Italia: problemi aperti e prospettive, Luiss Guido Carli, 9 novembre 2012, disponibile al seguente link:

http://www.rivistacorteconti.it/export/sites/rivistaweb/Fascicolo/De-Ioanna-CERADI.pdf. Fra i lavori più approfonditi, v. invece C. BERGONZINI, Parlamento e decisioni di bilancio, Milano, 2014; C. BUZZACCHI,

Bilancio e stabilità. Oltre l’equilibrio finanziario, Milano, 2015; G. LO CONTE, Equilibrio di bilancio,

vincoli sovranazionali e riforma costituzionale, Torino, 2015.

486 Da parte di alcuni Autori, era stato sostenuto che il principio dell’equilibrio di bilancio sarebbe stato già contenuto nella formulazione dell’art. 81 Cost. antecedente alla novella costituzionale, in particolare all’ultimo comma. La disposizione secondo la quale «ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte» si sarebbe infatti potuta interpretare nel senso che ogni legge che avesse comportato oneri finanziari avrebbe dovuto individuare risorse finanziarie effettivamente disponibili per garantire la copertura alle nuove spese. Nel tempo è tuttavia prevalsa decisamente la lettura secondo la quale il ricorso all’indebitamento poteva essere considerato un mezzo per “far fronte” alle spese pubbliche, che si trattasse di spese correnti o d’investimento, rispettando il dettato dell’art. 81 Cost.. La questione è ricostruita ad esempio da T.F. GIUPPONI, Il principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio e la sua

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determinato risultato finanziario. L’esito della modifica, che viene commentata in seguito, è reso evidente dalla tabella in calce;

- la potestà legislativa in materia di “armonizzazione dei bilanci pubblici” viene trasferita dalla competenza legislativa concorrente a quella esclusiva del legislatore statale (ovvero dal comma 3 al comma 2 dell’art. 117 Cost.)487;

- viene modificato l’art. 97 Cost., relativo all’Amministrazione pubblica, con l’introduzione di un nuovo primo comma, che recita: «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico»;

- viene modificato anche l’art. 119 Cost. in due suoi commi: il comma 1, come modificato, prevede che l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni e degli enti territoriali debba svolgersi nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e che le Regioni ed enti locali debbano concorrere ad assicurare il rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento UE. Naturalmente, questa norma si esplica nei confronti di tutti i vincoli esposti nel paragrafo precedente, sia quelli che implicano il raggiungimento di un determinato saldo d’esercizio (onde concorrere al mantenimento del saldo del conto consolidato nei limiti stabiliti dalle norme UE) sia quelli che impongono la riduzione del debito pubblico, dai quali deriva l’obbligo per gli Enti territoriali di partecipare alla riduzione del debito pubblico488. Il comma 6 viene poi

487 Questa scelta inizialmente ha creato delle perplessità perché la Corte costituzionale aveva più volte affermato che tale materia costituiva un’“endiadi” assieme a quella del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» (sentt. nn. 57 del 2010; 267 del 2006; 179 del 2007). In realtà, essa ha un significato autonomo e l’avocazione alla competenza esclusiva statale ha un significato preciso, funzionale al rispetto degli obblighi europei.

488 F. BILANCIA, Spending review e pareggio di bilancio. Cosa rimane dell’autonomia locale?, disponibile all’indirizzo:

https://www.unipd.it/scuolacostituzionale/documenti/2014/Riforma%20art%2081%20e%20spending%20 review%20-%20Bilancia.pdf, 23, formula la facile previsione che la formulazione di questa disposizione non garantisce affatto il binomio autonomia/responsabilità (anzi, aggiunge chi scrive, pone le premesse per contraddirlo!) in quanto finisce per «far gravare indistintamente su tutti gli enti i costi di tale indebitamento – e del relativo servizio – a prescindere dalla effettiva responsabilità̀ di ciascuno, seppur in termini percentuali, in relazione al suo accumulo. Determinando addirittura le condizioni per cui il costo del debito accumulato finisca per gravare maggiormente proprio in capo agli enti più̀ virtuosi, in quanto finanziariamente più̀ stabili». In termini più semplici, il debito statale si accredita come debito “di tutti” al risanamento del quale tutti, appunto, devono partecipare: non è ovviamente così, in quanto non è certo un mistero che tale debito è stato generato per finanziare una spesa non solo distribuita in modo disomogeneo a livello territoriale, ma soprattutto spesso svincolata da qualsiasi logica (che non sia quella clientelare, di cui la storia istituzionale italiana offre numerosi esempi). Ne consegue che la partecipazione ex post al risanamento dello stesso in maniera svincolata da una equa “resa del conto” (in senso contabile e politico)

modificato nel senso di limitare la possibilità per gli enti territoriali di ricorrere al debito: esso può essere contratto solo per finanziare spese di investimento, previa definizione dei piani di ammortamento e a condizione che sia rispettato l’equilibrio di bilancio.

Di seguito le due versioni dell’art. 81 Cost.

Comma Vecchia formulazione Nuova formulazione

1 Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del