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Il ruolo specifico dell’autonomia finanziaria nella classificazione delle forme di stato. Il federalismo fiscale

Le classificazioni esposte nel paragrafo precedente si basano su una visione d’insieme delle forme attraverso le quali il potere politico si articola sul territorio. Nella maggior parte dei casi si tratta di prospettive che pongono al centro gli aspetti istituzionali e la titolarità della potestà legislativa: non ci si può dunque stupire del fatto che il peso assunto dall’autonomia finanziaria nelle classificazioni sia relativo98.

Tuttavia, pur nella consapevolezza che «ogni criterio utilizzato singolarmente o congiuntamente ad altri fa emergere sempre la presenza di eccezioni»99, si può avanzare in questa sede la convinzione che al contrario l’autonomia finanziaria sia un criterio di assoluto rilievo, se non preponderante, per definire il grado di autonomia reale di un ente territoriale. Non è un caso che lo stesso Mortati definisca l’autonomia finanziaria «vera pietra angolare del sistema regionale»100. Anche questa affermazione va però precisata.

98 Si può fare in questa sede riferimento ad alcune opere di carattere generale e comparato: P. GIARDA,

Regioni e federalismo fiscale, Bologna, 1995; V. ATRIPALDI, R. BIFULCO (cur.), Federalismi fiscali e

Costituzioni, Torino, 2001; M. BERTOLISSI, L'autonomia finanziaria regionale, Padova, 1983; M. BERTOLISSI, Lineamenti costituzionali del “federalismo fiscale”, Padova, 1982; A. ZORZI GIUSTINIANI,

Competenze legislative e “federalismo fiscale in sei ordinamenti liberal- democratici, in Quad. cost., 1999;

F. TUNDO, Entrate degli enti territoriali, in AA.VV., Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, 2476 ss.; B. CARAVITA, Federalismo, Federalismo europeo, Federalismo fiscale, in federalismi.it; G.G. CARBONI,

Federalismo fiscale comparato, cit.; G.F. FERRARI (cur.), Federalismo, sistema fiscale, autonomie, Roma, 2010; S. GAMBINO (cur.), Il federalismo fiscale in Europa, Milano, 2014; F. GUELLA, Sovranità e

autonomia finanziaria negli ordinamenti composti. La norma costituzionale come limite e garanzia per le dimensioni della spesa pubblica territoriale, Napoli, 2014; V.NICOTRA,F.PIZZETTI,S.SCOZZESE (cur.), Il

federalismo fiscale, Roma, 2009; F. PALERMO, M. NICOLINI (cur.), Federalismo fiscale in Europa.

Esperienze straniere e spunti per il caso italiano, Napoli, 2012.

99 L. PEGORARO, A. RINELLA, Sistemi costituzionali comparati, cit., 325.

100 C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova, 1969, 842, il quale giustifica la sua affermazione sulla base di due assunti: in primo luogo, soltanto una reale autonomia finanziaria avrebbe ingenerato percorsi di responsabilità, permettendo agli amministrati di cogliere la corrispondenza tra le risorse e la gestione e suscitando quindi una maggiore attenzione sulla cosa pubblica, realizzando quindi un’«educazione politica dei cittadini»; in secondo luogo la strutturazione della finanza regionale avrebbe dovuto rispondere alla finalità di «realizz[are] l’incremento e lo sviluppo delle zone economicamente e politicamente più arretrate, specie del mezzogiorno e delle isole». La lungimiranza di queste affermazioni è tanto più rilevante in quanto fatte in un’epoca antecedente all’attuazione del regionalismo ordinario; non a caso l’interpretazione dell’art. 119 Cost. è svolta in buona misura con l’ausilio degli Statuti speciali. Tuttavia, va detto che proprio nella misura in cui rimarrà sostanzialmente inattuata l’autonomia finanziaria, così verranno disattese anche le considerazioni dell’illustre Autore, dal momento che si può dire che la concreta attuazione del regionalismo in Italia ha mancato sia l’obiettivo di responsabilizzare le classi dirigenti regionali (almeno sul piano finanziario), sia quello di rendere più omogenee le condizioni economiche e sociali del Paese.

Spostando l’attenzione dall’aspetto strutturale ai fini che giustificano l’articolazione territoriale del potere, vi è chi divide i processi federalistici in plurinazionali e mononazionali101: in un senso più ampio, si può affermare che diverso può essere il peso nelle dinamiche dell’autonomia (a) dell’elemento etnico-identitario e (b) dell’elemento “amministrativo-funzionale”, a seconda dell’esperienza concreta che si prenda in considerazione.

(a) L’elemento etnico-identitario assume assoluto rilievo in un contesto plurinazionale: il riconoscimento dell’autonomia dell’ente territoriale risponde così all’esigenza di dare “voce” a livello istituzionale a una comunità che si riconosce solo parzialmente nei tratti caratterizzanti dell’identità dello Stato-nazionale all’interno del quale è inserita mentre la potestà legislativa garantita allo stesso permette di proteggere la minoranza rappresentata dettando regole differenti rispetto a quelle previste dalla normativa statale, vuoi sul piano dei rapporti tra privati e amministrazione102, sia su quello dei rapporti interprivati103.

(b) L’elemento funzionale è costituito invece dall’attribuzione di funzioni amministrative enti territoriali: si può trattare della gestione di apparati complessi (come il sistema sanitario o l’istruzione) o di più ampi compiti regolatori o promozionali (come nel caso del governo dell’economia). Le ragioni per collocare a un determinato livello le funzioni amministrative sono

101 L. PEGORARO, A.RINELLA, Sistemi costituzionali comparati, cit., 327.

102 L’argomento è molto ampio. Per un quadro generale, v. V.PIERGIGLI, Lingue minoritarie e identità

culturali, Milano, 2001 e F. PALERMO, J. WOELK, Diritto costituzionale comparato dei gruppi e delle

minoranze, Padova, 2011. In Italia, la tutela di minoranze linguistiche, protette anche dal diritto

internazionale, ha avuto un’importanza centrale nella genesi delle Autonomie speciali alpine. In Spagna, la questione linguistica è disciplinata dall’art. 3 Cost., il quale da un lato proclama il castigliano lingua ufficiale dello Stato (c. 1), dall’altro stabilisce che le ulteriori lingue saranno ufficiali nell’ambito delle rispettive CCAA, conformemente a quanto stabilito dagli Statuti (c. 2).

103 Nel caso della Spagna si può ricordare in particolare il derecho foral, come espressione di regole peculiari in materia civilistica proprie dei Territori forali (sui quali, v. infra, cap. 7.1). Tali regole di natura consuetudinaria coesistono con il diritto castigliano – ora diritto comune operante in maniera suppletiva – fin dal Medioevo, ma sono state confinate dalla dinastia borbonica (a partire dal XVIII secolo) prima alla Cotona d’Aragona e poi ai soli Paesi Baschi e Navarra: J.A.SARDINA PÁRAMO, El concepto de fuero. Un

análisis filosófico de la experiencia jurídica, Santiago de Compostela, 1979; J. VALLETDE GOYTISOLO,

Estudios sobre fuentes del derecho y método jurídico, Madrid, 1982, 556-557. In Italia, si possono ricordare

ad esempio in ambito successorio le peculiarità dell’istituto del “maso chiuso”, disciplinato ora dalla l.p. Bolzano, n. 17 del 2001 (sul maso chiuso si è pronunciata più volte anche la Corte costituzionale, v. sentt. nn. 505 del 1988; 340 del 1996; 173 del 2010; 193 del 2017; e ordd. nn. 5 del 2010 e176 del 2013).

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sia di natura economica – la ricerca dell’ambito ottimale di gestione di un servizio pubblico è argomento da sempre approfondito nella scienza delle finanze – sia di natura più ampiamente politico-costituzionale: il principio di sussidiarietà, recepito nell’ordinamento italiano a partire dall’ordinamento UE104, indica che la funzione deve essere svolta dal livello di governo più vicino ai cittadini, salvo che ragioni oggettive legate al buon andamento dell’amministrazione (esigenze di esercizio unitario o di efficacia, etc.) impongano il loro esercizio a un livello superiore105. Si ricordi che, nella medesima logica, importanti competenze sono ormai collocate anche a livello sovranazionale, fra cui quelle di regolazione della finanza pubblica, rilevantissime per l’autonomia finanziaria degli enti territoriali106. Ebbene, l’attribuzione di una funzione amministrativa a un ente territoriale impone la correlativa attribuzione delle risorse necessarie a finanziarla: altrimenti, tale decisione si risolve in una “formula vuota” dato che l’ente non sarebbe dotato dei mezzi necessari per raggiungere i fini assegnatigli.

Non si vuole certo sostenere qui che i due aspetti, identitario e funzionale, siano separati l’uno dall’altro. Al contrario, essi sono compresenti in misura maggiore o minore in tutte le esperienze, tanto che si può dare al limite con riferimento a ciascuna un giudizio di prevalenza: difficile negare, ad esempio, la preponderanza dell’elemento identitario nel regionalismo speciale italiano rispetto al regionalismo ordinario, quantomeno rispetto al loro momento genetico107. Ancora, i due aspetti possono operare congiuntamente e in

104 Art. 5, par. 3, TUE; Art. 118, c. 1, Cost. italiana (nella formulazione successiva alla riforma costituzionale del 2001).

105 In maniera più ampia il concetto è ora espresso dall’art. 7, c. 1, l. 131 del 2003 (legge “La Loggia”): «attribuendo a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale, nel rispetto, anche ai fini dell’assegnazione di ulteriori funzioni, delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale, anche nei settori della promozione dello sviluppo economico e della gestione dei servizi. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni e Comunità montane favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».

106 A norma dell’art. 5, par. 3, TUE, il principio è applicato conformemente al Protocollo sull’applicazione

dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità (n. 30, annesso al TUE), sotto la vigilanza dei Parlamenti

nazionali.

maniera sinergica quando il senso di appartenenza a una comunità fa da leva che sostiene le istituzioni dell’autogoverno e le spinge nella direzione dell’efficienza, della responsabilizzazione, dell’assunzione di compiti sempre più ampi e rilevanti108.

In ogni caso, è difficile negare che l’autonomia finanziaria sia questione che inerisce soprattutto l’aspetto funzionale dell’autonomia, ossia i compiti amministrativi assunti dall’ente territoriale. L’ipotesi avanzata all’inizio di questo paragrafo – l’assoluta rilevanza dell’autonomia finanziaria nel classificare le esperienze di articolazione territoriale del potere politico – assume quindi pienamente significato proprio con riferimento all’aspetto funzionale del fenomeno, aspetto che peraltro risulta preponderante in entrambe le esperienze considerate.

Si sarà notato che in questa sede si privilegia l’espressione “autonomia finanziaria” rispetto a un’altra, pur estremamente diffusa, quella di “federalismo fiscale”: si tratta in effetti di una nozione coniata originariamente nell’ambito della teoria economica d’Oltreoceano – si ricordano in genere i nomi di Musgrave and Oates109 – e solo più di recente acquisita alla terminologia giuridica110.

Nella sua primitiva concezione economica, il federalismo fiscale era inteso come ambito di studio della migliore (nel senso di più efficiente) attribuzione dei poteri finanziari all’interno di un contesto decentrato, con particolare riferimento a tre funzioni: l'allocazione di beni e servizi pubblici, la distribuzione del reddito e la stabilizzazione dell'economia. La questione si poneva infatti in maniera particolarmente intensa di fronte alla possente espansione degli apparati pubblici, generata dall’assunzione di nuovi

108 Può, in altri termini, favorire forme di “responsabilità fiscale” intesa come principio per il quale «in un ordinamento con più livelli di governo ogni livello fa pagare le tasse ai suoi cittadini, per offrire loro servizi adeguati alle loro preferenze e/o al territorio» (G.G. CARBONI, Il federalismo fiscale: dalla nozione

economica a quella giuridica, in DPCE, 4, 2009, 1438).

109 R. MUSGRAVE, P. MUSGRAVE, Public Finance in Theory and Practice, New York, MacGraw-Hill, 1989; W.E OATES, Fiscal Federalism, New York, Harcourt Brace, 1972.

110 Insiste in particolare sul fatto che il federalismo fiscale non va disgiunto dal federalismo tout court, dal momento che rappresenta il risvolto finanziario del federalismo stesso,M.BERTOLISSI, Federalismo fiscale:

una nozione giuridica, in Federalismo fiscale, 2007, 10 ss.. Sulla concezione economica del federalismo

fiscale, v. G.G. CARBONI, Il federalismo fiscale: dalla nozione economica a quella giuridica, cit.; L. GRECO,

Federalismo fiscale: una nozione economica, in Federalismo fiscale, 2007, 39 ss.; D. FAUSTO, Note sulla

teoria economica del federalismo fiscale, in D. FAUSTO, F. PICA (cur.), Teoria e fatti del federalismo fiscale, Bologna, 2000, 103 ss.

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compiti da parte delle amministrazioni (specie centrali) a seguito della Seconda guerra mondiale111.

Per completare questa brevissima carrellata sulle teorie economiche, va anche ricordato l’ulteriore importante passaggio costituito dalla c.d. teoria della Public Choice, la quale mira a spiegare le scelte politico-amministrative come il risultato di scelte razionali degli attori politici. Rispetto al federalismo fiscale, gli attori rilevanti sarebbero, da un lato, le classi politiche appartenenti ai diversi livelli di governo, (le cui decisioni di spesa sarebbero influenzate dalla volontà di preservare e ampliare il proprio consenso elettorale per preservare il potere acquisito), dall’altro, i cittadini che attraverso il voto mirerebbero a incidere sull’indirizzo politico e a controllare le istituzioni112.

Senza entrare nel merito delle varie interpretazioni della nozione di “federalismo fiscale”, si deve prendere atto che né la Costituzione italiana né quella spagnola la utilizzano, ed essa è recepita a livello legislativo soltanto in Italia, da parte della l. n. 42 del 2009 recante la “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione”: per dire il vero, questa espressione – applicata a contesti originariamente unitari quali quelli qui studiati – sembra assumere una connotazione più ideologica che tecnica, indicando la volontà politica di trattenere più risorse sui territori, garantendone la gestione agli enti rappresentativi della comunità territoriale, e, spesso, anche di ridurre la misura della perequazione fra territori, che sia in Italia che in Spagna ha seguito storicamente una direzione territoriale unilaterale (nord-sud), esacerbando le tensioni centripete presenti nei sistemi politici.

Che si voglia parlare di autonomia finanziaria o di federalismo fiscale, la problematica che questi termini indicano ha assunto nel tempo sempre maggiore rilevanza, parallelamente all’evolvere della stessa forma di Stato. Già nel paragrafo precedente si è visto come i concetti di “federalismo” e “regionalismo” si atteggino in maniera molto diversa nello Stato liberale e nello Stato democratico-sociale113: seguendo un’opinione consolidata, si può infatti affermare che quest’ultimo, in quanto Stato “pluriclasse” che accogliendo il principio pluralistico mira a tutelare le istanze di tutte le

111 G.G. CARBONI, Il federalismo fiscale: dalla nozione economica a quella giuridica, cit., 1419.

112 Alcune opere di riferimento sono, ad esempio, T.S. ULEN, Economic and Public Choice Forces in

Federalism, in Mason Law Review, 1997-1998, 921 ss.; J.M. BUCHANAN, Federalism and Fiscal Equity, in The American Economic Review, 1950, 583 ss.

classi sociali, comprese quelle più deboli, si fa carico di sempre maggiori finalità, istituendo all’uopo strutture amministrative complesse volte a erogare servizi pubblici, tanto che l’attività materiale diventa preponderante rispetto all’attività giuridica delle amministrazioni pubbliche114. In questo contesto è evidente che il “peso” dell’ente-Regione nel complesso degli apparati pubblici non vada valutato non tanto e non solo sulla base delle competenze legislative riconosciutele, quanto sulla base delle politiche pubbliche che la stessa è in grado di predisporre e porre in essere115. La potestà normativa, a questo fine, serve ben poco se non vi sono le risorse per sostenere la spesa pubblica che da tali politiche deriva. Non si tratta soltanto di questione quantitativa (aspetto evidente a livello intuitivo), ma anche di qualità delle risorse, intesa come reale disponibilità delle stesse da parte della Regione – in opposizione alle risorse vincolate a uno specifico fine – e come loro programmabilità, senza la quale diventa difficoltoso progettare politiche strutturate nel tempo.

114 Per l’utilizzo dei termini di Stato “monoclasse” e “pluriclasse” e la relativa ricostruzione storico-giuridica, v. M.S.GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1995.

115 Negli studi politologici e di scienze dell’amministrazione è ormai acquisito che il focus dell’analisi si sta spostando dagli aspetti istituzionali e normativi a quelli legati ai risultati dell’azione amministrativa e al processo di formulazione ed esecuzione delle decisioni che toccano le questioni pubbliche, nella consapevolezza che il vecchio strumentario degli studi amministrativi, creato per descrivere lo Stato liberale, diviene obsoleto di fronte alle trasformazioni del sistema politico dei paesi occidentali, che vede lo sviluppo del welfare State, l’assunzione di un peso centrale dei servizi pubblici all’interno delle attività svolte dai pubblici poteri, il valore dei risultati ottenuti come fonte di legittimazione degli stessi (A. FERNÁNDEZ, Políticas públicas, in M. CARMINAL BADIA, X. TORRENS, Manual de ciencia política, Madrid, 2015, 705 ss.). Il nuovo centro dell’analisi scientifica diventa quindi la “politica pubblica”, che può essere definita come «un insieme di decisioni interrelate, prese da un attore politico o da un gruppo di attori, sulla selezione degli obiettivi e dei mezzi atti al loro raggiungimento all’interno di una situazione specifica in cui gli attori hanno, in linea di principio, il potere di prendere tali decisioni» (W. JENKINS, Policy Analysis:

a Political and Organizational Perspective, London, 1978). L’esperienza dimostra come, nella logica della

realizzazione di politiche pubbliche concrete (come ad esempio un piano abitativo, o la predisposizione di un sistema sanitario efficiente), il potere normativo di per sé non sia sufficiente: al contrario, esse presuppongono l’agire sinergico e collaborativo del potere legislativo (nella predisposizione delle regole generali), del potere regolamentare (per gli aspetti di dettaglio e organizzatori), del potere amministrativo (per “mettere in moto” gli apparati con provvedimenti amministrativi individuali) e, soprattutto, del potere finanziario, per reperire le risorse necessarie per erogare le effettive prestazioni ai cittadini. Potere, quest’ultimo, che in questa prospettiva riveste un peso centrale. Sulle politiche pubbliche v. anche T.R. DYE, Undestanding Pubic Policy, Englewood Cliffs, 1992; C. HAM, M. HILL, The Policy Process in the

Modern Capitalist State, Brighton, 1984; M. MORAN, M. REIN, The Oxford Handbook of Public Policy, New York, 2006; G FREDDI, Scienza dell’Amministrazione e Politiche Pubbliche, Roma, 1989; G. MORO,

La valutazione delle politiche pubbliche, Roma, 2005; M.MALVICINI, Conoscere per deliberare. La

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Secondo un’autorevole opinione, il tema dell’autonomia finanziaria trascende così i confini tematici del riparto territoriale del potere, per toccare gli stessi fondamenti della forma di Stato. L’obiettivo del federalismo fiscale sarebbe infatti quello di coniugare i principi di autonomia e responsabilità, che si ripropongono alla pari nella riflessione sullo stato sociale: autonomia intesa come (autentica) discrezionalità politica nel determinare le priorità nell’allocazione delle risorse, cercando di rispondere alle istanze provenienti dalla società; specularmente, responsabilità come assunzione delle conseguenze giuridiche e politiche delle proprie decisioni, ma anche attenzione alla sostenibilità del sistema116.

Il rilievo così attribuito all’autonomia finanziaria non dovrebbe stupire. In fondo, la questione fiscale è da sempre una delle “questioni costituzionali” (se non addirittura, intesa in senso ampio, la questione) per eccellenza. Essa rappresenta sicuramente un momento rilevante del rapporto autorità/libertà e tocca punti nevralgici del vivere assieme; non a caso essa costituisce il sostrato materiale delle tre grandi rivoluzioni liberali. Questa affermazione appartiene alla cultura comune con riferimento alla rivoluzione americana: è noto che la protesta dei coloni americani – esplosa nel Boston Tea Party del 1773 – aveva come suo slogan “No taxation without representation”, rivendicando poteri decisionali in merito all’imposizione fiscale e all’indirizzo politico generale, a fronte della partecipazione alla spesa pubblica117. Più raramente si ricorda il peso dei tributi nelle altre due grandi rivoluzioni liberali: una delle questioni centrali del conflitto fra Parlamento e Corona agli albori della Rivoluzione inglese era infatti il potere del Re di imporre tributi unilateralmente, senza il consent del Parlamento118, così come all’ordine del giorno della convocazione degli Stati generali dai quali sorgerà la Rivoluzione francese vi era l’estensione dell’imposizione fiscale alle classi sociali che da sempre vi erano escluse, nobiltà e clero119. Il paragone non sembra troppo ardito: la crisi finanziaria dello Stato impone sempre la ricerca di risorse ulteriori rispetto a quelle

116 M.BERTOLISSI, Stato sociale e federalismo fiscale, in ID., Autonomia e responsabilità sono un punto di

vista, Napoli, 2015, 359 ss.

117 La questione del federalismo fiscale rimarrà centrale nel federalizing process degli Stati uniti, essendo oggetto di dibattito fra federalisti (rappresentati da Hamilton) e anti-federalisti (rappresentati da Calhoun). Le riflessioni dei primi confluiranno poi nella raccolta di saggi nota come The Federalist (A.HAMILTON,J. MADISON,J.JAY, Il Federalista, Bologna, 1997), in particolare i saggi nn. 15, 32, 33.

118 G.F. FERRARI, Le libertà. Profili comparatistici, Torino, 2011, 53 ss.

119A. GIARDINA,G.SABBATUCCI,V.VIDOTTO, Nuovi profili storici, 2, Dal 1650 al 1900, Roma-Bari, 2008, 291.

disponibili, ricerca alla quale segue un conflitto fra diversi soggetti per determinare chi abbia il potere di determinare i criteri dell’imposizione e le relative forme. Tale conflitto cela a sua volta la questione politica centrale, ossia quale parte del corpo sociale (determinabile di volta in volta secondo criteri economici, sociali, ma anche territoriali) debba sopportare i sacrifici economici necessari per il sostentamento degli apparati pubblici. Nulla di strano dunque se anche sul piano dell’articolazione territoriale del potere le rivendicazioni relative all’autonomia finanziaria rivestono una posizione centrale.

In conclusione, sarà necessario saggiare il concreto grado di autonomia finanziaria di Regioni, in Italia, e CCAA, in Spagna – compito che ci si propone di svolgere nei prossimi capitoli – prima di trarre delle conclusioni sia sull’appartenenza dei due ordinamenti a una medesima tipologia sia più in generale sulla nozione stessa di “Stato regionale”, di cui i due ordinamenti studiati costituiscono gli esempi storicamente più noti e rilevanti.

CAPITOLO 2 LA STORIA

Sommario: 2.1 Il proceso autonómico spagnolo –2.2 Cenni sul regionalismo italiano –2.3 L’autonomia finanziaria regionale all’interno della finanza pubblica multivello. L’evoluzione della governance europea sotto la spinta della crisi.